Udienza notificata via fax allo studio: l’eventuale chiusura al sabato pomeriggio non è un problema della cancelleria

Non costituisce fatto notorio che gli studi professionali siano chiusi il sabato pomeriggio, soprattutto nel momento in cui risultano regolarmente in funzione attrezzature telematiche idonee a ricevere le comunicazioni provenienti dagli uffici pubblici.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 21439, depositata il 22 maggio 2015. Il caso. Il tribunale di Roma confermava la misura cautelare della custodia in carcere ai danni di un indagato. Il suo difensore ricorreva in Cassazione, lamentando che il gip non avesse dato un tempestivo avviso dell’interrogatorio di garanzia presso la Casa circondariale di Velletri. La Corte di Cassazione rileva che il 27 settembre 2014 la cancelleria del tribunale di Velletri aveva comunicato, a mezzo fax inviato allo studio dell’avvocato del ricorrente, l’avviso di fissazione dell’udienza dell’interrogatorio dell’imputato ex art. 294 c.p.p. interrogatorio della persona sottoposta a misura cautelare personale , programmato per il 29 settembre alle 10.30. L’avvocato deduceva che costituisce un fatto notorio la circostanza che gli studi professionali sono chiusi al sabato l’avviso poteva essere inoltrato chiamando l’utenza del telefono cellulare del professionista. In questo modo, invece, l’avviso non era stato comunicato tempestivamente. Notifica effettuata nel rispetto di tutti i parametri normativi. Tuttavia, secondo gli Ermellini, la cancelleria aveva comunicato con più di 24 ore di anticipo la data e l’ora dell’interrogatorio della persona indagata, e lo aveva fatto con il mezzo più corretto e sicuro, essendo stato effettuato con il mezzo del fax allo studio dello stesso avvocato. Perciò, la comunicazione della cancelleria era stata inviata nel luogo di elezione previsto dalla legge, cioè l’ufficio del difensore, con mezzo idoneo, e in tempo ampiamente precedente al momento del compimento dell’atto. Perché dovrebbe essere chiuso lo studio? I giudici di legittimità contraddicono il difensore non costituisce fatto notorio che gli studi professionali siano chiusi il sabato pomeriggio, soprattutto nel momento in cui risultano regolarmente in funzione attrezzature telematiche idonee a ricevere le comunicazioni provenienti dagli uffici pubblici . Inoltre, gli aspetti organizzativi dello svolgimento di una professione privata non possono essere fatti ricadere sul servizio pubblico, una volta che quest’ultimo ha adempiuto a quanto previsto dalla legge. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 18 febbraio – 22 maggio 2015, n. 21439 Presidente Petti – Relatore De Crescienzo Motivi della decisione G.E., indagato per la violazione degli artt. 110 c.p., 10, 12, 14 1. 497/74 110, 630 c.p. 110, 582, 585 commi I e II c.p., tramite il difensore, ricorre per Cassazione avverso l'ordinanza 17.10.2014 con la quale il Tribunale di Roma ha confermato la misura cautelare della custodia in carcere. La difesa chiede l'annullamento del provvedimento impugnato per le seguenti ragioni così riassunte entro i limiti previsti dall'art. 173 disp. Att. C.p.p. § l. Violazione del IV comma dell'art. 294 c.p.p., perché il Giudice delle indagini preliminari ha omesso di dare un tempestivo avviso dell'interrogatorio di garanzia presso la Casa circondariale di Velletri. § 2. Violazione dell'art. 195 IV comma c.p.p. perchè il Tribu nale del riesame ha considerato utilizzabili ai fini della prova dei fatti contenuti nella misura cautelare della custodia in carcere, le dichiara zioni de relato acquisite dalla Polizia Giudiziaria nel corso delle inda gini, consistenti nella denuncia orale non verbalizzata della persona offesa. § 3. vizio di motivazione in ordine alla gravità indiziaria e alla sussistenza del delitto di sequestro di persona ex art. 630 c.p., poiché nulla emergerebbe dalla visione dei filmati e il reato appare spropor zionato in relazione all'entità della somma di denaro richiesta. Ritenuto in diritto Dall'esposizione in fatto contenuta nel ricorso della stessa difesa si apprende che in data 27.9.2014 la Cancelleria del Tribunale di Velletri ha comunicato alle ore 12,21, a mezzo Fax inviato allo studio dell'avvocato del ricorrente, l'avviso di fissazione dell'udienza dell'interrogatorio dell'imputato ex art. 294 c.p.p. per il giorno 29.9.2014 ore 10,30. La difesa lamenta che sarebbe fatto notorio che gli studi professionali sono chiusi nella giornata del sabato e che l'avviso poteva essere inol trato chiamando l'utenza del telefono cellulare del professionista. La difesa sostiene ancora che in tal modo l'avviso non sarebbe stato co municato in modo tempestivo, aggiungendo che la mattina stessa del 29.9.2014, chiamato l'ufficio matricola il professionista apprendeva che nessun interrogatorio era stato fissato dal giudice. La censura è infondata. Per stessa ammissione del ricorrente emerge che la cancelleria del magistrato ha comunicato con un antici po di ben più di 24 ore la data e l'ora dell'interrogatorio della persona indagata, ciò facendo con il sistema più corretto e sicuro, essendo sta to effettuato con il mezzo del fax allo studio dello stesso avvocato ove l'apparato lo ha ricevuto. La comunicazione della cancelleria è stata inviata nel luogo d'elezione previsto dalla legge ufficio del difensore , e con mezzo idoneo fax e in tempo ampiamente precedente al momento del compimento dell'atto. Contrariamente a quanto sostenu to dalla difesa, non costituisce fatto notorio che gli studi professiona li siano chiusi il sabato pomeriggio, soprattutto nel momento in cui risultano regolarmente in funzione attrezzature telematiche idonee a ricevere le comunicazioni provenienti dagli uffici pubblici. Va infine osservato che gli aspetti organizzativi dello svolgimento di una pro fessione privata non possono essere fatti ricadere sul servizio pubblico una volta che quest'ultimo ha adempiuto a quanto previsto dalla legge. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato. La di fesa si duole dell'utilizzo de relato delle denuncia della persona offesa per di più non verbalizzata dalla polizia giudiziaria la difesa sostiene che dette dichiarazioni non potrebbero trovare ingresso nella fase delle indagini a fondamento di una misura cautelare, perché non potrebbe ro essere comunque utilizzate in dibattimento, alla stregua della sen tenza della Corte Costituzionale 305/2008 che ha sancito il divieto della testimonianza indiretta - ex art. 195 IV comma c.p.p., degli uffi ciali e degli agenti di Polizia Giudiziaria sul contenuto delle dichiara zioni acquisite da persone assunte a sommarie informazioni, senza ri spettare l'obbligo di verbalizzazione. Va sul punto ribadito, come già osservato in precedenti pronun ce che le regole sulla testimonianza previste dall'art. 194 e ss. C.p.p. attengono alla fase dibattimentale e sono impropriamente richiamate con riferimento alla fase delle indagini in cui l'obbligo di verbalizza zione degli atti indicati nell'art. 35 7 comma 2 c,p.p. non è prescritto a pena di nullità, sicché è da ritenere che, qualora la loro documenta zione sia avvenuta in altro modo che ne consenta comunque l'individuazione della relativa fonte, essa può fare parte del fascicolo del Pubblico Ministero da depositare a norma dell'art. 416 c.p.p. e se ne può tenere conto ai fini dell'adozione delle misure cautelaci e del rinvio a giudizio dell'imputato, mentre non può entrare a fare parte del fascicolo per il dibattimento nel quale gli atti irripetibili possono essere inseriti solo se risultanti da verbali Cass. n. 2073/1996 . Nel caso quindi di sommarie informazioni non verbalizzate ma solo ripor tate nell'informativa e cioè documentate in forme diverse da quelle previste dall'art. 351 c.p.p., la loro utilizzazione nelle indagini non può essere preclusa stante anche l'atipicità degli atti di indagine della polizia giudiziaria, in assenza di qualsiasi previsione di nullità o di inutilizzabilità generale di cui all'art. 191 c.p.p., ovvero di inutilizza bilità specifica. La prova si atteggia infatti informa diversa nelle in dagini e nel dibattimento per cui non si possono trasferire alla fase delle indagini le regole per l'assunzione dibattimentale della testimo nianza, anche perché il dibattimento, in presenza dei riti alternativi, è una fase solo eventuale del procedimento che impone regole diverse e risponde a logiche diverse . [Cass. n. 15563/2009 confermata ancora da Cass. n. 33818/2014]. La difesa [richiamando Cass. n. 168/1994] sostiene che la tesi in dirit to affermata dal Tribunale del riesame potrebbe essere seguita solo nel caso in cui la dichiarazione de relato, raccolta dalla polizia giudiziaria sia sorretta da adeguati riscontri o se il suo contenuto sia stato confer mato da colui che l'ha resa al dichiarante. La tesi è manifestamente infondata, perché, nel caso in esame, il Tribunale del riesame ha in dicato i plurimi elementi di riscontro alle dichiarazioni rese dalla per sona offesa. Per cui, al di là della fondatezza o meno di quanto soste nuto dal ricorrente l'argomento speso è smentito in fatto come si evin ce dalla motivazione della decisione impugnata, né le censure che so no formulate dalla difesa in relazione alla rilevanza o alla consistenza delle c.d. prove di riscontro può qui trovare accoglimento, posto che si tratta di censure che attengono a1 merito della valutazione delle prove stesse. Il terzo motivo del ricorso è manifestamente infondato poiché sono formulate censure del tutto generiche e riguardanti valutazioni di fatto che spingono in questa sede ad un apprezzamento delle prove, attività quest'ultima reclusa nel giudizio di legittimità. Il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente va condannato 1 paga mento delle spese processuali, mandandosi alla cancelleria per le co municazioni previste dall'art. 94 disp. att. cod.proc.pen. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, si provveda ai sensi dell'art. 94 disp. att