L’occhio lungo della sorveglianza non li ha mai persi di vista: il furto di carne è solo tentato

In caso di furto in supermercato, il monitoraggio dell’azione furtiva posta in essere, esercitato mediante appositi apparati di rilevazione automatica del movimento della merce, o attraverso la diretta osservazione da parte della persona offesa o dei dipendenti addetti alla sorveglianza oppure ancora delle forze dell’ordine presenti nel locale, ed il conseguente intervento difensivo immediato, impediscono la consumazione del delitto di furto che resta allo stadio di tentativo.

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza n. 21532, depositata il 22 maggio 2015. Il caso. Il gdp di Pisa condannava due imputati per il reato ex art. 626 c.p. furti punibili a querela dell’offeso . Secondo le accuse, si erano impossessati di merce salumi e carne per un valore complessivo di circa 85 euro, asportandola dai banchi di un supermercato. Gli imputati ricorrevano in Cassazione, deducendo la sussistenza dello stato di necessità, in quanto, non potendosi procurare diversamente il cibo per sopravvivere, erano stati costretti a rubarlo. Lamentavano poi la mancata concessione dell’attenuante della lieve entità, considerando che il furto riguardava beni per un valore di soli 85 euro ai danni di una catena di supermercati. Infine, sottolineavano che il furto doveva ritenersi solo tentato, non consumato, in quanto, dalle dichiarazioni dell’addetto alla sorveglianza, si evinceva che ci fosse stata una costante vigilanza sui beni oggetto del reato, dal momento della sottrazione fino alla restituzione dei beni. Potevano procurarsi il cibo legalmente. La Corte di Cassazione esclude innanzitutto la sussistenza dello stato di necessità, che si ha invece quando il soggetto ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo. Nel caso di specie, al contrario, i due imputati ben potevano procurarsi il cibo in maniera lecita ed in più essi erano noti per essersi resi responsabili di altri furti. Lieve entità. I giudici di legittimità ritengono infondato anche il motivo di ricorso riguardante la mancata concessione dell’attenuante della lieve entità il gdp non aveva riconosciuto tale circostanza, in quanto era stato contestato il reato di furto lieve per bisogno, ai sensi dell’art. 626 c.p., ed aveva quindi ritenuto che il valore della merce sottratta pari a 85 euro fosse in fatto incompatibile con la ratio dell’attenuante con riferimento al reato contestato. A supporto della decisione, gli Ermellini ricordano che il criterio della capacità economica del danneggiato dal reato nella specie un grosso esercizio commerciale , costituisce, rispetto a quello principale dell’entità oggettiva del danno, un parametro sussidiario di valutazione, utilizzabile solo qualora il danno sia di entità tale da rendere dubbia la sua oggettiva rilevanza. Sorveglianza costante. Invece, la Cassazione riconosce la qualificazione del fatto come tentativo richiamando la sentenza n. 52117/2014, la Corte sottolinea che, in caso di furto in supermercato, il monitoraggio dell’azione furtiva posta in essere, esercitato mediante appositi apparati di rilevazione automatica del movimento della merce, o attraverso la diretta osservazione da parte della persona offesa o dei dipendenti addetti alla sorveglianza oppure ancora delle forze dell’ordine presenti nel locale, ed il conseguente intervento difensivo in continenti , impediscono la consumazione del delitto di furto che resta allo stadio di tentativo. Infatti, l’agente non ha conseguito, neanche momentaneamente, l’autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva, non ancora uscita dalla sfera di vigilanza e di controllo del soggetto passivo. Nel caso di specie, questa era la situazione avvenuta, in quanto i due imputati, dopo essere usciti dal supermercato, non erano mai stati persi di vista. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e rimanda la decisione al gdp di Pisa.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 24 marzo – 22 maggio 2015, numero 21532 Presidente Izzo – Relatore Marinelli Ritenuto in fatto Con sentenza del 5/11/2013 il Giudice di Pace di Pisa dichiarava P.V. e S.C.I. colpevoli del reato di cui agli articoli 110, 626 c.p. e li condannava alla pena di euro 300,00 di multa ciascuno oltre al pagamento delle spese processuali. Avverso tale sentenza P.V. e S.C.I., a mezzo del loro difensore, proponevano ricorso per cassazione e ne chiedevano l'annullamento per i seguenti motivi l violazione e/o mancata applicazione dell'articolo 54 c.p Secondo la difesa sussisteva la causa di giustificazione dello stato di necessità in quanto i due imputati, non potendosi procurare diversamente il cibo per sopravvivere, sono stati costretti a prenderlo dai banchi di un supermercato. 2 Violazione e/o mancata applicazione dell'articolo 34 D.Lgs. 274/00. Secondo la difesa, anche se non dovesse ritenersi sussistente la causa di giustificazione dello stato di necessità, la fattispecie che ci occupa può agevolmente essere ricondotta nei limiti della particolare tenuità del fatto , limiti da cui discende la pronuncia di non procedibilità dell'azione in base al disposto dell'articolo 34 del D.lgs. sopra indicato. 3 Violazione e/o errata applicazione dell'articolo 56 c.p Secondo la difesa ci troviamo in presenza di un tentativo di furto e non già di un furto consumato, in quanto dalle dichiarazioni del teste B., addetto alla sorveglianza, si evinceva chiaramente che vi era stata costantemente una vigilanza sulla res oggetto del reato dal momento in cui i due imputati avevano sottratto i beni dal banco fino alla loro restituzione. 4 Omessa valutazione delle circostanze attenuanti di cui all'articolo 62 numero 4 c.p. ed errata applicazione della legge penale in relazione all'applicazione dell'articolo 62 bis c.p.- motivazione illogica. Secondo la difesa il giudice avrebbe dovuto concedere l'attenuante della lieve entità, trattandosi di un furto di beni del valore di soli 85 euro in danno di una nota catena di supermercati e cioè la Esselunga S.p.a. e avrebbe altresì dovuto concedere le circostanze attenuanti generiche, in considerazione della modesta gravità del fatto e della lieve entità del danno. 5 Erronea applicazione della legge penale in relazione alla pena irrogata pari ad euro 300 di multa, mentre l'articolo 626 c.p. prevede la pena della reclusione fino ad un anno ovvero la multa sino a 206 euro. Considerato in diritto Il ricorso è fondato per quanto di ragione. A P.V. e a S.C.I. è stato contestato di essersi impossessati, in concorso tra loro, di merce salumi e carne per un valore complessivo di euro 85,40, asportandola dai banchi del Supermercato Esselunga, commettendo il fatto per un grave ed urgente bisogno. Tanto premesso si osserva che infondato è il primo motivo di ricorso, non essendo sussistente nel caso che ci occupa la causa giustificazione dello stato di necessità che si ha allorquando il soggetto ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo. Tale situazione, all'evidenza, non si verifica nella fattispecie che ci occupa, essendo stati i due imputati, che ben potevano procurarsi il cibo in maniera lecita, noti per essersi resi responsabili di altri furti, fermati all'esterno del supermercato con addosso le confezioni di carne sottratte. Infondato è altresì il secondo motivo di ricorso. Non sussistono infatti i presupposti per l'applicazione dell'istituto della improcedibilità per particolare tenuità del fatto, di cui all'articolo 34 del D.lgs. numero 274 del 2000, in considerazione del fatto che nella fattispecie che ci occupa mancano i presupposti per la sua applicazione, quali l'esiguità dell'offesa all'interesse tutelato, l'occasionalità della violazione i due imputati erano noti alle Forze dell'Ordine per essersi resi responsabili di altri furti , il ridotto grado di colpevolezza, il pregiudizio che il procedimento penale è idoneo ad arrecare alle esigenze di lavoro, di studio, di famiglia o di salute dell'imputato. Infondato è altresì il quarto motivo di ricorso. La Corte territoriale non ha riconosciuto l'attenuante del danno di lieve entità, essendo stato contestato il reato di furto lieve per bisogno articolo 626 c.p. e avendo quindi ritenuto che il valore della merce sottratta pari a 85 euro fosse in fatto incompatibile con la ratio dell'attenuante con riferimento al reato contestato. Va aggiunto altresì che il criterio invocato dal ricorrente della capacità economica del danneggiato dal reato, nella specie un grosso esercizio commerciale, costituisce, rispetto a quello preminente dell'entità oggettiva del danno, parametro sussidiario di valutazione, utilizzabile solo nel caso in cui il danno sia di entità tale da rendere dubbia la sua oggettiva rilevanza cfr, Cass., sez.5, sent. numero 49592 del 13.10.2014, Rv.261343 . Anche a proposito del diniego delle attenuanti generiche la sentenza impugnata è adeguatamente e congruamente motivata, avendo i giudici della Corte territoriale fatto riferimento ai precedenti e agli analoghi episodi in cui erano incorsi gli imputati Fondato è invece il terzo motivo di ricorso. La giurisprudenza di questa Corte si è orientata per lungo tempo in vario modo a proposito della circostanza se costituisca furto consumato o tentato quello che si commette all'atto del superamento della barriera delle casse di un supermercato con merce prelevata dai banchi e sottratta al pagamento, sotto il costante controllo del personale del supermercato, incaricato della sorveglianza, come appunto è avvenuto nella fattispecie oggetto dell'odierno processo. Di recente, peraltro, in data 17.07.2014, è intervenuta la sentenza numero 52117 delle sezioni unite di questa Corte Rv.261186, che ha risolto il conflitto in tale materia. Secondo la sopra indicata sentenza infatti, in caso di furto in supermercato, il monitoraggio della azione furtiva in essere, esercitato mediante appositi apparati di rilevazione automatica del movimento della merce ovvero attraverso la diretta osservazione da parte della persona offesa o dei dipendenti addetti alla sorveglianza ovvero delle forze dell'ordine presenti nel locale ed il conseguente intervento difensivo in continenti impediscono la consumazione del delitto di furto che resta allo stadio di tentativo, non avendo l'agente conseguito, neppure momentaneamente, l'autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva, non ancora uscita dalla sfera di vigilanza e di controllo del soggetto passivo. Essendo appunto quella descritta nella sentenza di cui sopra la situazione che si è verificata nella fattispecie che ci occupa, dal momento che i due imputati, dopo essere usciti dal supermercato, non erano mai stati persi di vista, l'uno dall'addetto alla sorveglianza Paolo B., l'altro dall'ex agente di P.S. Scorza Giovanni, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio al giudice di Pace di Pisa per nuovo giudizio, ritenendosi assorbito il quinto motivo di ricorso. P.Q.M. Annulla la impugnata sentenza con rinvio al giudice di Pace di Pisa per nuovo giudizio.