Va esente da responsabilità l’ex amministratore che si è limitato a registrare fatture per operazioni inesistenti

Non risponde del reato di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74/2000 – nemmeno a titolo di concorso con il successivo amministratore – l’amministratore di società, il quale, dopo aver acquisito e registrato fatture per operazioni inesistenti, sia cessato dalla carica prima della presentazione della dichiarazione fittizia per la cui realizzazione le fatture medesime vengano poi effettivamente utilizzate.

Questo il principio contenuto nella pronuncia della Corte di Cassazione n. 21025/15, depositata il 21 maggio. Alle origini del vigente sistema. La piena comprensione della valenza della massima in commento, che è espressione di una netta e precisa scelta operata dal legislatore del 2000, presuppone un brevissimo excursus storico. L’introduzione di un gran numero di reati tributari formali, avvenuto con la l. n. 516/1982 a tutti nota come manette agli evasori”, determinò uno straordinario aumento delle notizie di reato in materia tributaria, poiché di fatto si era operato un intervento penale che, senza enfasi, poteva definirsi a tappeto” in detta materia, volto a colpire, in un’ottica repressiva-punitiva, condotte di violazione meramente formale prodromiche rispetto all’evasione fiscale. Come spesso accade, la ratio ispiratrice della riforma venne per tale via irrimediabilmente tradita secondo una vera e propria eterogenesi dei fini la proliferazione tributaria finì, paradossalmente, per ingessare le Procure della Repubblica tanto che, come correttamente si è osservato, la panpenalizzazione in diritto” finì per tradursi in una depenalizzazione di prassi”, in quanto questi fascicoli, collegati a reati formali e percepiti come bagatellari e comunque meno gravi, molto spesso venivano lasciati dormire” negli armadi fino al maturare del termine di prescrizione. A tale situazione si reagì con la riforma realizzata con il d.lgs. n. 74/2000, che perseguiva lo scopo di un’ampia depenalizzazione, il superamento dei c.d. reati ostacolo” in materia tributaria, la criminalizzazione delle sole condotte decettive in danno dell’Amministrazione Finanziaria effettivamente lesive del bene tutelato e l’introduzione di soglie di punibilità, che conferivano penale rilevanza solo alle condotte caratterizzate da una significativa gravità. Dall’art. 4 l. n. 516/1982 all’art. 2 d.lgs. n. 74/2000. Inequivoca estrinsecazione del radicale mutamento di impostazione appena descritto è il raffronto tra il testo del previgente art. 4, lett. g , l. n. 516/1982 con la vigente formulazione dell’art. 2 d.lgs. n. 74/2000. La fattispecie criminosa contenuta nella l. n. 516/1982 puniva, infatti, anche il semplice inserimento in contabilità di fatture per operazioni inesistenti, indipendentemente dalla loro allegazione alla dichiarazione fiscale, mentre il vigente art. 2 d.lgs. n. 74/2000 configura un reato istantaneo, che si perfeziona solo con la condotta di presentazione della dichiarazione annuale fiscale, che utilizzi fatture per operazioni inesistenti. La chiara scelta del legislatore appare inequivoca sia dal dato letterale di cui all’art. 2, che incrimina la condotta di indicare” nelle dichiarazioni annuali elementi passivi fittizi, sia dalla introduzione della previsione di cui all’art. 6 d.lgs. n. 74/2000 che ha previsto espressamente la non punibilità a titolo di tentativo di tale reato. Tale palese esclusione di punibilità, come reso noto ed esplicito dalla Relazione Ministeriale, avvenne per evitare che il trasparente intento del legislatore di evitare il modello prodromico, risult[asse] vanificato dalla previsione del tentativo, che [avrebbe] pot[uto] agevolmente ravvisarsi in tutta una serie di attività che precedono l’utilizzo della fattura, quale la registrazione in contabilità delle fatture per operazioni inesistenti, le sottofatturazioni scoperte nel periodo di imposta, idonee ad integrare atti idonei diretti in modo non equivoco a porre in essere una successiva dichiarazione fraudolenta o infedele, come tali punibili ex se a titolo di tentativo . Il caso di specie. È sulla base di tali premesse e principi che i giudici della Suprema Corte forniscono soluzione al caso in esame. La Corte d’appello di Milano aveva infatti confermato l’affermazione di penale responsabilità dell’imputato in quanto ritenuto reo, quale amministratore di una società, di aver ideato e strutturato il meccanismo di ricezione e registrazione in contabilità di fatture per operazioni inesistenti, pur non rivestendo più per intervenute dimissioni e nomina di nuovo amministratore la carica formale di amministratore della società al momento della presentazione della dichiarazione annuale fiscale. Nel dettaglio, l’affermazione della penale responsabilità si fondava di fatto sul ritenuto concorso – pur non formalmente contestato – dell’imputato ex amministratore con il neo nominato amministratore che materialmente aveva presentato successivamente la dichiarazione annuale. Avverso detta pronuncia propone ricorso per cassazione l’imputato evidenziando la natura del reato contestato proprio ed istantaneo e la consolidata giurisprudenza di legittimità che esclude la responsabilità dell’amministratore di società il quale, dopo aver acquisito e registrato in contabilità fatture per operazioni inesistenti, sia cessato da ogni carica sociale prima della presentazione della dichiarazione fiscale annuale. La soluzione. Gli Ermellini si muovono in piena linea di continuità con i principi ispiratori della riforma operata con il d.lgs. n. 74/2000 e con l’elaborazione giurisprudenziale che si è, in conseguenza, andata assestando. La giurisprudenza è, infatti, consolidata nell’affermare che il delitto di dichiarazione fraudolenta è reato istantaneo che si perfeziona solo al momento della presentazione della dichiarazione annuale fiscale e non già nel momento in cui detti documenti vengono registrati in contabilità. Anche in tempi recentissimi si è ribadito che [t]utti i comportamenti tenuti dall'agente prima della presentazione della dichiarazione, ivi comprese le condotte di acquisizione e registrazione nelle scritture contabili di fatture o documenti fittizi ovvero di false rappresentazioni anche con uso di mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l'accertamento, sono irrilevanti ai fini penali e non possono dare luogo nemmeno ad una forma di tentativo punibile, in quanto per la configurabilità dei reati in esame è indispensabile la presentazione della dichiarazione e l'effettivo inserimento nella stessa degli elementi fittizi Cass. n. 52752/2014, in DeG del 22 dicembre 2014 . La conseguenza necessitata di tale elaborazione giurisprudenziale, che prende le mosse proprio dall’intento profondamente innovativo e riformatore voluto dal legislatore del 2000 rispetto al previgente assetto normativo, è che le condotte poste in essere da un amministratore di società di acquisizione e registrazione in contabilità di f.o.i., meramente prodromiche dunque rispetto al successivo impiego delle medesime fatture fittizie nella dichiarazione fiscale annuale, non sono di per sé idonee ad integrare penale responsabilità qualora l’imputato sia cessato dall’incarico di legale rappresentante prima della presentazione della dichiarazione annuale e, dunque, prima della consumazione del delitto. Ciò nemmeno a titolo di concorso con il nuovo amministratore al primo subentrato e, dunque, effettivo sottoscrittore della dichiarazione fraudolenta. Il ricorso, pertanto, in parte qua, viene accolto con annullamento con rinvio della condanna sul punto. La Corte non manca peraltro di evidenziare, in parte motiva, che l’ ante factum strumentale alla realizzazione dell'illecito rimane al di fuori della copertura della fattispecie penale anche a livello di tentativo, ciò in quanto esplicitamente chiarito – come già nella presente nota si è avuto modo di rammentare – sin dalla Relazione governativa, dove si sottolineava come la ratio della novella, che escludeva la punibilità del tentativo di dichiarazione fraudolenta, fosse proprio quella di evitare che il trasparente intento del legislatore delegante, di bandire il modello del reato prodromico, risultasse concretamente vanificato dall'applicazione del generale principio di cui all'art. 56 c.p Resta tuttavia il concorso ex art. 110 c.p Non deve, tuttavia, trarre in inganno la pronuncia annotata nella parte in cui esclude, nel caso di specie, la configurabilità anche del concorso ex art. 110 c.p In linea generale, infatti, detto concorso è ben possibile e configurabile. Vero è che è stato escluso nel caso di specie, ma ciò in primis in quanto non formalmente contestato in sede di merito e, comunque, perché mancante nel momento consumativo del reato. Per contro, è bene evidenziare che proprio di recente la Suprema Corte pare anzi aver ampliato i confini della responsabilità a titolo di concorso di persone nel reato di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74/2000. È stata infatti riconosciuta la penale responsabilità ex art. 110 c.p. del professionista che si veda affidare il solo compito di redigere la dichiarazione sulla base dei documenti annotati in contabilità direttamente dal contribuente e si renda conto, al momento di predisporre la dichiarazione, che una fattura passiva si riferisce ad operazioni inesistenti, affermandosi che non v'è alcun dubbio che questi concorra con il cliente nel reato redigendo la dichiarazione Cass. n. 19335/2015, in DeG del 12 maggio 2015 . Al fine della penale responsabilità ex art 110 c.p., ben configurabile, decisivo è dunque il concorso consapevole nel momento consumativo del reato, che si realizza con la presentazione annuale della dichiarazione.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 4 dicembre 2014 – 21 maggio 2015, n. 21025 Presidente Fiale – Relatore Savino Ritenuto in fatto D.F. e P.E. venivano rinviati a giudizio per rispendere A del reato di cui agli art. 81, 2 co 1 d.lgvo 74/2000 perché, quali legali rappresentanti della Elitel srl con sede in , rispettivamente, E. , nel periodo dal 31.12.04 al 1.3.207, D. dal 1.3.2007 al 19.2.2008, al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture relative ad operazioni commerciali inesistenti emesse da 4Consult, con sede in Bratislava, Andex Italia con sede in , annotavano nella contabilità e indicavano nella dichiarazione annuale dei redditi periodo di imposta 2006 2 2007, elementi passivi fittizi derivanti dall'utilizzazione delle predette fatture, oggettivamente inesistenti B reato di cui agli art. 81,2 co 1 d.lgvo 74/2000 perché, nelle predette qualità, al fine di consentire a terzi l'evasione delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto, emettevano, ciascuno per il periodo di competenza, fatture relative ad operazioni commerciali inesistenti nei confronti delle società Andex e XDivision, C il solo D. del reato di cui all'art. 4 d.lvo 74/2000 perché, quale legale rappresentante della Elitel srl, al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, nella dichiarazione modello unico SC 2007, periodo di annualità 2006, presentata il 28.9.007, relativa a dette imposte, indicava elementi attivi inferiori nella misura di maggior imposta IVA dovuta Euro 1.537,962, 71 maggiore imposta IRAP dovuta Euro 284.498,00 e maggiore imposta IRES dovuta Euro 3.687.660,00. Con sentenza in data 18.3.2013 del Tribunale di Milano ha dichiarato D.E. responsabile dei reati ascrittigli ai capi A e B, uniti dal vincolo della continuazione e lo ha condannato alla pena di anni tre di reclusione, oltre alle pene accessorie di legge, lo ha invece assolto dal reato di cui al capo C perché il fatto non sussiste ed ha assolto il P. da tutti i reati ascrittigli perché il fatto nono costituisce reato. La Corte di Appello di Milano ha confermato la pronuncia con sentenza in data 28.11.013 avverso la quale ha proposto ricorso per Cassazione D. , a mezzo del difensore, per i seguenti motivi. 1- Erronea applicazione della legge penale, illogicità della motivazione e travisamento della prova con riguardo all'accertata sussistenza dei reati addebitati, sotto il profilo dell'elemento soggettivo. Assume la difesa del ricorrente che nel periodo in cui sono state presentate le dichiarazioni dei redditi e dell'IVA, 28.9.2007 e 11.11.2008, il predetto non era più amministratore della ELITEL essendo decaduto da tale carica il 1.3.2007, allorché era intervenuta una modifica della compagine societaria e conseguentemente un cambiamento nell'assetto della governance della predetta società. Sebbene dalle prove testimoniali e documentali assunte nel giudizio di primo grado fosse risultata la modifica dell'assetto societario in data 1.3. 07 a seguito della acquisizione nel 2006 del gruppo di telecomunicazioni di cui faceva parte la Elitel, e che con la modifica della compagine societaria, il D. aveva cessato la carica di amministratore a far tempo dal 1.3.07 con subentro di F. , che aveva provveduto alla sottoscrizione delle dichiarazioni IVA e dei redditi oggetto della contestazione, la Corte di appello ha ritenuto di confermare la sentenza di primo grado, in contrasto col dato normativo e con l'interpretazione giurisprudenziale che non consente di ascrivere all'imputato, in quanto non più amministratore della società al momento della presentazione delle dichiarazioni fiscali, il reato di cui all'art. 2 d.lvo 74/200, trattandosi di reato istantaneo che si perfeziona al momento della dichiarazione infedele o fraudolenta. Censura la difesa la motivazione addotta dai giudici di merito a sostegno della ritenuta responsabilità, ravvisabile nell'essere D. responsabile della ideazione e strutturazione del meccanismo delle false fatturazioni, ragione per cui egli concorrerebbe nel reato di cui all'art. 2 cit. d.lvo con l'amministratore delegato della società, sottoscrittore delle dichiarazioni, pur mancando una contestazione in tal senso. Ritiene la difesa che tale motivazione si pone in contrasto con l'art. 9 stesso d.lvo che impedisce di estendere la punibilità ad eventuali intermediari, intervenuti nel corso della predisposizione delle false fatturazioni e con la consolidata giurisprudenza sull'argomento secondo cui non risponde del reato di cui all'art. 2 d.lvo 74/2000 l'amministratore della società che, dopo aver acquisito e registrato fatture per operazioni inesistenti, sia cessato dalla carica prima della presentazione della dichiarazione fiscale, per la cui redazione la medesima fattura venga poi utilizzata dal suo successore. Censura inoltre la difesa la motivazione della sentenza impugnata anche con riguardo al reato di cui all'art. 8 d.lvo 74/2000, pure contestato al D. . Assume in proposito che detta fattispecie criminosa si deve considerare a struttura unitaria nel caso in cui l'agente realizzi diverse condotte omogenee. E poiché è stata contestata come ultima operazione l'emissione di una fattura il 7.3.2007, momento in cui l'imputato risultava già esautorato dalla carica di amministratore della Elitel srl, il momento consumativo del reato non è stato correttamente individuato dai giudici di appello, pur in presenza di specifica censura sul punto. Rileva la difesa l'assenza dell'elemento soggettivo in quanto è impossibile che l'imputato avesse la coscienza e volontà di emettere documenti ideologicamente falsi, non potendo più incidere sulla governance della società sin dalla fine del 2006. 2- Carenza contraddittorietà della motivazione. Lamenta la difesa l'assenza di motivazione da parte dei giudici di appello sulla censura del travisamento della prova da parte del primo giudice consistita nell'erronea valutazione della illiceità della condotta dell'imputato laddove l'istruttoria dibattimentale espletata aveva evidenziato le corrette modalità di gestione delle operazioni di compravendita del traffico telefonico operata dalla Elitel. In definitiva la Corte di Appello non avrebbe motivato su nessuna delle censure mosse al costrutto argomentativo del primo giudice, recependolo acriticamente, non ha dato giustificazione delle ragioni per cui ha ritenuto di non accogliere i motivi di gravame, ha disatteso le prove orali comprovanti la corretta gestione sia contabile che contrattuale dei clienti esteri ed italiani. 3- Erronea applicazione della legge penale, difetto illogicità della di motivazione in relazione al trattamento sanzionatorio e alla mancata concessione delle attenuanti generiche. Lamenta la difesa del ricorrente la insussistenza di motivazione con riguardo alle attenuanti generiche, negate dal primo giudice sulla base della assenza di elementi positivamente valutabili ai fini della concessione delle attenuanti generiche e disattese dalla corte territoriale con riferimento alla gravità del fatto desunta dalla dimensione notevole del giro di false fatturazioni senza alcun riferimento alla pericolosità sociale dell'imputato, che è invece l'elemento di cui deve basarsi il riconoscimento delle attenuanti ex art. 62 bis c.p non essendo da solo sufficiente il rilievo della gravità del fatto per escludere dette attenuanti. Considerato in diritto Il primo motivo è fondato. La Corte di appello, recependo la tesi del primo giudice, ha ritenuto sussistere la responsabilità del D. per il reato di cui all'art. 2 dlgs 74/2000, pur non rivestendo il medesimo la carica formale di amministratore legale rappresentante della società al momento della presentazione della dichiarazione fiscale, sulla base del rilievo che egli, nel periodo precedente, fosse l'autore della ideazione e della messa a punto del meccanismo delle false fatturazioni confluite della dichiarazioni dei redditi, ragione per la quale è comunque ravvisabile un suo concorso nel reato di cui all'art. 2 d.lgs 74/2000 con l'amministratore delegato della società Elitel, sottoscrittore delle dichiarazioni, pur mancando una contestazione in tal senso. Osserva il Collegio che, secondo consolidato indirizzo di questa Corte, il reato di cui all'art. 2 d.lgs 74/2000 è reato istantaneo che si perfeziona al momento della presentazione della dichiarazione infedele o fraudolenta. Orbene, è pacifico ed incontestato che a far data dal 1.3. 07 il ricorrente aveva cessato la carica di amministratore, cui era subentrato il F. , a seguito dei mutamenti avvenuti nella compagine societaria della ELITEL quindi firmatario delle dichiarazioni per i periodi di imposta 2006, presentata il 28.9.2007 e 2007, presentata il 11.11.2008, in cui, secondo l'imputazione, sono esposti elementi passivi fittizi derivanti dall'utilizzazione di fatture emesse per operazioni inesistenti, è F. , subentrato all'imputato nella carica di amministratore della società. Una sua responsabilità a titolo di concorso nel reato contestato potrebbe ravvisarsi solo con riferimento alla fase antecedente, prodromica, della predisposizione delle fatture per operazioni inesistenti da utilizzare nelle dichiarazioni fiscali. A tale riguardo, la responsabilità dell'imputato si evince, secondo i giudici di merito, nella condotta precedente dell'imputato, consistita nel ricevere, in accordo con l'emittente della fattura, la fattura stessa e nel provvedere ad annotarla nei registri IVA, così ponendo in essere tutti gli adempimenti occorrenti per la successiva annotazione nella dichiarazione fiscale, portando in tal modo a consumazione il reato di cui all'art. 2 d.lvo 74/2000. Tuttavia una simile forma di partecipazione al reato è esclusa dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte, secondo cui non risponde del reato di cui all'art. 2 d.lvo 74/2000, neppure a titolo di tentativo, l'amministratore di una società il quale, dopo aver acquisito e registrato una fattura per operazione inesistente, sia cessato dalla carica prima della presentazione della dichiarazione fiscale per la cui redazione la medesima fattura sia stata poi utilizzata dal suo successore Cass. sez 3 27.4.2012 n. 23229, rv 252999 . Poiché il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti art. 2 d.lvo 74/2000 si consuma nel momento della presentazione della dichiarazione e non già al momento in cui detti documenti vengono registrati in contabilità, non ha rilievo il fatto che le fatture cui si riferisce la dichiarazione fraudolenta risalgano tutte al 2006 e ai primi del 2007, periodo fino al quale l'imputato ha rivestito la carica di amministratore della società, in quanto ciò che rileva è se tale carica fosse ricoperta al momento della presentazione della dichiarazione IVA, avvenuta in epoca successiva al marzo 2007, quando legale rappresentante era F. , a lui subentrato, e sottoscrittore delle dichiarazioni. La configurazione che ha assunto il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture, nella vigente disciplina introdotta dal dlgs 74/2000, vede focalizzato il momento consumativo, rispetto alla precedente normativa, nella stretta condotta della presentazione della dichiarazione fiscale con il conseguente abbandono del modello prodromico in precedenza considerato dal legislatore elemento indicatore di tale diversa configurazione è il dato testuale dell'art. 2 cit. d.lvo, ove la condotta è espressamente contemplata in quella di indicare in una delle dichiarazioni annuali relative alle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, elementi passivi fittizi . In stretta connessione con ciò, l’art. 6 dlvo 74/2000 ha previsto che il reato in questione non sia punibile a titolo di tentativo e la espressa esclusione della punibilità come reato tentato è stata voluta, come si legge nella relazione ministeriale, proprio per evitare che il trasparente intento del legislatore di evitare il modello prodromico risulti vanificato dalla previsione del tentativo, che potrebbe agevolmente ravvisarsi in tutta una serie di attività che precedono l'utilizzo della fattura, quale la registrazione in contabilità delle fatture emesse per operazioni inesistenti, le sottofatturazioni scoperte nel periodo di imposta, idonee ad integrare atti idonei diretti in modo non equivoco a porre in essere una successiva dichiarazione fraudolenta o infedele, come tali punibili ex sé a titolo di tentativo”. Dalla nuova struttura assunta dal reato in esame, deriva che solo con la condotta di presentazione della dichiarazione fiscale il reato può considerarsi perfezionato, e che, a differenza della precedente disciplina di cui alla L. 516/092 art. 4 ltt. g che puniva anche il semplice inserimento in contabilità di fatture per operazioni inesistenti indipendentemente dalla loro allegazione alla dichiarazione fiscale , le condotti, che precedono la presentazione della dichiarazioni Iva sono non hanno rilevanza penale. Si richiamano in proposito i principi espressi da questa Corte In tema di reati tributari, i delitti di dichiarazione fraudolenta previsti dagli artt. 2 e 3, D.Lgs. n. 74 del 2000, si consumano nel momento della presentazione della dichiarazione fiscale nella quale sono effettivamente inseriti o esposti elementi contabili fittizi, essendo penalmente irrilevanti tutti i comportamenti prodromici tenuti dall'agente, ivi comprese le condotte di acquisizione e registrazione nelle scritture contabili di fatture o documenti contabili falsi o artificiosi ovvero di false rappresentazioni con l'uso di mezzi fraudolenti idonei ad ostacolarne l'accertamento. Fattispecie in cui la Corte ha annullato la sentenza impugnata che aveva affermato la responsabilità dell'imputato in ordine al reato di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, per verificare se a seguito dell'annotazione contabile del fittizio acquisto di un immobile tali elementi fossero poi confluiti nella dichiarazione dei redditi Sez. 3, Sentenza n. 52752 del 20/05/2014 Ud. dep. 19/12/2014 Rv. 262358 . In definitiva, il reato di dichiarazione fraudolenta mediante l'inserimento di fatture per operazioni inesistenti si consuma al momento della presentazione della dichiarazione fiscale e non già nel momento in cui detti documenti vengono registrati in contabilità Cass. sez 1 5.3.09 n. 25483, rv 244155, sez 2, 17.9.010 n. 42111, rv 248499, sez 3, 21.11.08, n. 626 rv 242343 . Discende dai principi testé enunciati che le condotte riconducibili al D. , poste in essere nel periodo in cui era amministratore della società, prodromiche rispetto al successivo impiego delle fatture nelle dichiarazioni fiscali, segnatamente l'acquisizione e registrazione delle fatture fittizie nella contabilità della società, non sono idonee ad integrare alcuna responsabilità dell'imputato per il reato di dichiarazione fraudolenta contestato, neppure sotto il profilo del concorso col successivo amministratore, a lui subentrato, sottoscrittore della dichiarazione fiscale indicando in essa le fatture emesse per operazioni inesistenti, concorso peraltro non contestato nel capo di imputazione. Solo con la condotta di presentazione della dichiarazioni fiscale il reato si perfeziona, ragione per cui l'antefatto strumentale alla realizzazione dell'illecito rimane estraneo ai requisiti occorrenti per la configurabilità della condotta contestata. Di conseguenza la circostanza che il D. , in qualità di amministratore della ELITEL, prima della cessazione di tale carica, abbia acquisito e registrato le fatture per operazioni inesistenti poi utilizzate nelle successive dichiarazioni fiscali non rileva ai fini di una sua responsabilità concorsuale. Si richiamano in proposito i principi enunciati da questa Corte secondo cui non risponde del reato di cui all'art. 2 d.lvo 74/2000 l'amministratore di società il quale, dopo aver acquisito e registrato una fattura per operazione inesistente, sia cessato dalla carica prima della presentazione della dichiarazione fiscale per la cui realizzazione la medesima fattura venga poi utilizzata Cass. sez. 3, 27.4.012 n. 23229 . Si ribadisce in proposito che il reato di cui all'art. 2 dlgs 74/2000 non è stato contestato al D. in concorso col successivo amministratore F. , che ha sottoscritto le dichiarazioni fiscali contenenti gli elementi passivi fittizi. È invece infondato il motivo di gravame dedotto con riferimento all'altro reato contestato al D. , quello di emissione di fatture per operazioni commerciali inesistenti al fine di consentire a terzi di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto art. 8 d.lvo 74/2000 . Detto reato si perfezione con l'emissione della fattura in favore della società che andrà ad utilizzarla nella propria dichiarazione fiscale ai fine di dedurre elementi passivi. La difesa, partendo dal presupposto che la fattispecie di cui all'art. 8 d.lvo 74/2000 si deve considerare a struttura unitaria nel caso in cui l'agente realizzi diverse condotte omogenee, ancora il momento consumativo del reato alla data di emissione dell'ultima fattura, quella del 7.3.07, in cui D. non era più amministratore della società, per sostenere la sua estraneità al reato, consumatosi in un momento successivo alla cessazione della sua carica. La tesi non è condivisibile posto che la massima parte delle fatture ideologicamente false emesse dalla ELITEL risalgono al periodo in cui D. era ancora amministratore della società, all'infuori della sola fattura emessa il 7.3.07, pochi giorni dopo la cessazione dalla carica di amministratore avvenuta il 1.3.07. Quanto all'individuazione del momento consumativo del reato di cui all'art. 8 dlvo 74/2000, esso è dato dall'emissione della singola fattura, ovvero, dall'ultima di esse nel caso di emissione di una pluralità di fatture nel medesimo periodo di imposta. La tesi della struttura unitaria del reato previsto dall'art. 8 dlvo 74/2000 deve essere intesa limitatamente al periodo di imposta nel senso che, nel caso di rilascio di una molteplicità di fatture nel medesimo periodo di imposta, non si deve fare riferimento alla data di commissione di ciascun episodio ma all'ultimo di essi Cass. sez 3 6.2.2013 n. 10558, rv 254759, n. 6264/010 rv 246193 . Deve però trattarsi di rilascio di un molteplicità di fatture nel corso dello stesso periodo di imposta. Nel caso in esame, le fatture ideologicamente false sono state emesse in distinti periodi di imposta, e, per l'anno 2006, nel corso del quale il D. ha continuativamente svolto le funzioni di amministratore, legale rappresentante della ELITEL, non vi è dubbio che le fatture siano a lui riferibili, al pari delle prime emesse fino al primo marzo 2007, data di cessazione della carica. 3- Infondato è anche il terzo motivo del ricorso concernente la motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche. Va al riguardo rammentato che le statuizioni in ordine al riconoscimento o meno delle attenuanti generiche, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, rientrano nell'ambito di un giudizio di fatto rimesso alla discrezionalità del giudice, che sfugge al sindacato di legittimità qualora non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretto da sufficiente motivazione. Sez. U, Sentenza, del 25/02/2010 Ud. dep. 18/03/2010 Rv. 245931, Sez. 2, Sentenza del 18/01/2011 Ud. dep. 01/02/2011 Rv. 249163 . Il relativo giudizio deve essere motivato nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente la valutazione circa l'adeguamento della pena alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo. Di conseguenza, ai fini della concessione o del diniego delle circostanze attenuanti generiche, il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall'art. 133 cod. pen., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all'entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può essere sufficiente in tal senso, non essendo necessario che siano esaminati tutti i parametri di cui all'art. 133 cod. pen Cass. Sez. 2, Sentenza 18/01/2011 - 01/02/2011 rv. 249163, Sez. 1, Sentenza del 07/07/2010 - 13/09/2010 Rv. 247959 . Orbene, la sentenza impugnata ha fornito adeguata e congrua motivazione della scelta operata, fondata su un'attenta ponderazione della gravità della condotta, secondo i criteri direttivi di cui all'art. 133 c.p. motivazione conforme ai principi espressi dalle richiamate pronunce della Suprema Corte, del tutte esente da censure di legittimità, a nulla valendo il rilievo del mancato riferimento ai profili soggettivi della pericolosità sociale dell'imputato. In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente al reato di cui al capo A . I giudici di seconde cure, alla stregua dei principi enunciati da questa Suprema Corte sulla struttura del reato di dichiarazione fraudolenta ex art. 2 dlgs 74/2000, come sopra richiamati, dovranno spiegare le ragioni per le quali ritengono che tale reato sia ascrivibile al ricorrente D. indipendentemente dallo svolgimento delle attività di predisposizione, acquisizione delle fatture ideologicamente false e di registrazione nella contabilità della società dal medesimo amministrata, attività che, secondo il costante orientamento di questa Corte sopra richiamato, sono prive di rilevanza penale quanto alla configurazione della condotta criminosa in esame. In definitiva i giudici di appello, in sede di rinvio, dovranno indicare gli elementi in base ai quali ritengono ravvisabile la responsabilità dell'imputato per la condotta di dichiarazione fraudolenta pur non essendo egli il sottoscrittore delle dichiarazioni fiscali, tenendo conto che tale condotta viene addebitata al D. non in concorso col successivo amministratore F. . Il ricorso deve invece essere rigettato con riguardo agli altri motivi. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo a dell'imputazione e rinvia ad altra sezione della Corte di Appello di Milano. Rigetta nel resto il ricorso.