Il giudice penale può fidarsi degli accertamenti induttivi del fisco

In materia di reati tributari il giudice penale non è vincolato alle valutazioni compiute in sede di accertamento fiscale, potendo tuttavia apprezzare elementi induttivi in detta sede valorizzati per trarre elementi probatori sul piano penale, dandone adeguata motivazione, e ciò soprattutto in sede cautelare, essendo riservata al successivo giudizio di merito la verifica di ulteriori elementi probatori, acquisiti nel contraddittorio delle parti, a sostegno o smentita delle affermazioni del fisco.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 20883/15 depositata il 20 maggio. Il caso. Il Tribunale del riesame rigettava la richiesta presentata avverso il sequestro preventivo per equivalente disposto dal gip per violazione della disciplina tributaria. Avverso tale pronuncia, l’imputato propone ricorso per cassazione deducendo, con unico motivo di ricorso, l’omesso esame, da parte del Tribunale, del secondo motivo di gravame relativo all’insussistenza dell’elemento soggettivo del reato di cui all’art. 5, d.lgs. n. 74/2000, norma che prevede il dolo specifico della finalità di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto. Il ricorrente si duole inoltre per l’acritica recezione, da parte del giudice, delle conclusioni della guardia di finanza assunte all’esito di un accertamento tributario induttivo, atto a cui veniva riconosciuto autonomo valore di piena prova. L’accertamento induttivo. Il ricorso si palesa infondato. La Cassazione ribadisce come il reddito di impresa delle persone fisiche e delle società commerciali ed il reddito da lavoro autonomo possa essere determinato in via induttiva, in deroga all’accertamento analitico, ove la contabilità presentata dal contribuente non sia attendibile, ben potendo il fisco prescindere, in tutto o in parte, dalla contabilità medesima. La rilevanza penale. La giurisprudenza di legittimità ha affermato che in materia di reati tributari il giudice penale non è vincolato alle valutazioni compiute in sede di accertamento, potendo tuttavia apprezzare elementi induttivi in detta sede valorizzati per trarre elementi probatori sul piano penale, dandone adeguata motivazione. Inoltre, per superare la soglia di punibilità prevista dall’art. 5, d.lgs. n. 74/2000, ben può il giudice avvalesi dell’accertamento induttivo dell’imponibile, compiuto dagli ufficiali giudiziari, principio che trova specifica applicazione in sede cautelare, essendo riservata al successivo giudizio di merito la verifica dei ulteriori elementi probatori acquisiti nel contraddittorio delle parti, a sostegno o smentita delle affermazioni del fisco. L’elemento soggettivo del reato non rileva in sede cautelare. Anche la doglianza relativa all’insussistenza dell’elemento soggettivo del reato è priva di fondamento, atteso che in sede cautelare reale il sequestro preventivo è legittimamente disposto in presenza della concreta sussistenza di una condotta criminosa, a prescindere dall’accertamento dell’elemento psicologico del reato, posto che la verifica di questo elemento è estranea all’adozione della misura cautelare. Per questi motivi, la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 14 aprile – 20 maggio 2015, numero 20883 Presidente Fiale – Relatore Scarcella Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza emessa in data 13/10/2014, depositata in data 17/10/2014, il Tribunale del riesame di PESCARA, respingeva la richiesta di riesame presentata nell'interesse di D.S.M. avverso il decreto di sequestro preventivo per equivalente emesso dal GIP presso il medesimo tribunale in data 21-23/06/2014 per violazioni in materia tributaria d.lgs. numero 74 del 2000 . 2. Ha proposto ricorso D.S.M. a mezzo del difensore fiduciario - procuratore speciale cassazionista, impugnando l'ordinanza predetta con cui deduce un unico motivo di ricorso, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. penumero . 2.1. Deduce, con tale unico motivo, il vizio di cui all'art. 606, lett. c , cod. proc. penumero , per violazione dell'art. 325, comma primo, cod. proc. penumero in relazione all'art. 324, comma quinto, cod. proc. penumero . In sintesi, la censura investe l'impugnata ordinanza per aver il tribunale del riesame omesso di pronunciarsi sul secondo motivo proposto in sede di riesame in particolare, si osserva, il collegio cautelare, dopo aver affrontato il primo dei motivi dell'istanza di riesame, avrebbe omesso di motivare sul secondo, concernente l'insussistenza, nel caso di specie, dell'elemento soggettivo del reato di cui all'art. 5, d.lgs. numero 74 del 2000, norma che prevede il dolo specifico costituito dalla finalità di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto e ciò anche in ragione delle produzioni effettuate in udienza l'impugnata ordinanza, peraltro, si aggiunge in ricorso, non si sottrae a censura nemmeno nella parte in cui affronta il primo motivo, fondato sulla circostanza che il PM, nella richiesta di sequestro preventivo, e poi il GIP nel decreto oggetto dell'istanza di riesame, avevano acriticamente recepito le conclusioni della Guardia di Finanza assunte all'esito di un accertamento tributario induttivo, unicamente sulla mancata esibizione di documenti fiscali da parte di altra ditta terza, senza operare alcuna autonoma valutazione di dette conclusioni, aventi valenza solo in sede di accertamento tributario, né verifica dei presupposti di cui all'art. 5 citato, attesa l'autonomia del procedimento penale rispetto a quello tributario i giudici del riesame, in particolare, avrebbero erroneamente affermato che l'accertamento induttivo farebbe piena prova nel procedimento penale senza necessità alcuna di autonoma specifica valutazione in detta sede, tanto che l'indagato sarebbe onerato di dimostrare la fallacia delle conclusioni di tipo induttivo assunte dalla GdF in sede di accertamento tributario le argomentazioni poste a sostegno del rigetto importo elevatissimo del conto coincidenza del legale rappresentante della ditta con l'incaricato della società sottoposta ad accertamento non sarebbero però minimamente state indicate nel provvedimento impugnato né altrimenti evincibili, così da rendere incomprensibile l’ iter logico seguito e le ragioni fondanti il rigetto. Considerato in diritto 3. Il ricorso è infondato. 4. È quasi superfluo rammentare che il ricorso per cassazione contro le ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo , sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice, così, Sez. U, numero 25932 del 26 giugno 2008, Ivanov, Rv. 239692 in precedenza, con la sentenza Sez. U, numero 5876 del 13 febbraio 2004, P.C. Ferazzi in proc. Bevilacqua, Rv. 226710, è stato precisato che mentre rientra nel sindacato di legittimità la mancanza di motivazione o la presenza di una motivazione meramente apparente, non vi rientra la sua eventuale illogicità manifesta . 5. Non possono pertanto essere censurati in questa sede presunti vizi di motivazione del provvedimento impugnato, in riferimento alle circostanze di fatto, quale quella relativa agli argomenti esposti dal tribunale del riesame in sede di confutazione della doglianza secondo cui la determinazione di non procedere per l'annualità 2011 alla segnalazione di imposta afferente gli acquisti relativi al conto denominato Lavori eseguiti da terzi presente nel conto economico al 31/12/2011 per una posta di oltre 428.000,00 Euro con IVA pari ad Euro 85.700,00 sarebbe ingiustificatamente fondata sulla mancata esibizione delle fatture di riferimento da parte della ditta terza. Infatti, benché la doglianza concerne la motivazione dell'impugnata ordinanza che fa riferimento ad elementi fattuali che la ricorrente asserisce non essere stati indicati né evincibili importo elevatissimo del conto coincidenza del legale rappresentante della ditta con l'incaricato della società sottoposta ad accertamento , nella sostanza il motivo si risolve in sostanza nel dissenso della ricorrente rispetto al risultato della valutazione di tali elementi fattuali da parte del tribunale del riesame, operazione inibita in questa sede di legittimità. Infatti la giurisprudenza ha stabilito che si ha motivazione apparente e, quindi, inesistente soltanto quando la stessa risulti completamente avulsa dalle risultanze processuali ovvero si avvalga di argomentazioni di puro genere o di asserzioni apodittiche o di proposizioni prive di efficacia dimostrativa , per cui il ragionamento che il giudice ha posto a base della decisione adottata risulti meramente fittizio e perciò sostanzialmente inesistente cfr. Sez. 5, numero 24862 del 19/5/2010, dep. 1/7/2010, Mastrogiovanni, Rv. 247682 . Di contro, nel caso di specie l'ordinanza impugnata risulta immune da censure, in quanto ha esaustivamente motivato le ragioni del rigetto del gravame proposto, chiarendo le ragioni per le quali - pur nella sommarietà della delibazione dell'incidente cautelare svolto - risulta configurabile il fumus delicti quanto al reato di cui al D.Lgs. numero 74 del 2000, art. 5, stante la mancata dichiarazione del reddito d'impresa, spiegando le ragioni per le quali in fase cautelare sono utilizzabili gli esiti dell'accertamento induttivo della Guardia di Finanza. 6. Né risulta fondato il vizio di violazione di legge quanto all'utilizzo del metodo induttivo disciplinato dall'art. 39, d.P.R. numero 600 del 1973. Va premesso che il reddito di impresa della persone fisiche e delle società commerciali, ed il reddito di lavoro autonomo degli artisti e dei professionisti, in deroga al criterio dell'accertamento analitico, può essere determinato in via induttiva - in altre parole extracontabilmente - ai sensi e per gli effetti dell'articolo 39 comma 1 lett. d e comma 2. In particolare, l'accertamento analitico induttivo è regolato dall'articolo 39 comma 1 lett. d . Nello specifico, la lettera d , prevede che, qualora l'incompletezza, la falsità o l'inesattezza degli elementi indicanti nella dichiarazione o nei suoi allegati, risulti dalle ispezioni o verifiche compiute nei confronti del contribuente, e da dati e notizie raccolte dell'ufficio mediante l'esercizio dei suoi poteri ai sensi dell'articolo 32 del d.P.R. numero 600/1973, è prevista la possibilità per l'amministrazione di desumere l'esistenza di attività non dichiarate o l'inesistenza di passività dichiarate sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti. Diversamente l'accertamento induttivo vero e proprio è regolato dal comma 2 dell'articolo 39 del DPR numero 600/1973. In particolare, tale norma prevede che in presenza di contabilità inattendibile l'Ufficio può prescindere in tutto ed in parte dalle risultanze contabili e determinare il reddito mediante presunzioni anche non dotate dei requisiti di gravità, precisione e concordanza. Per quanto attiene all'ambito di rilevanza penale, la giurisprudenza di legittimità ha affermato il principio, da un lato, secondo cui in materia di reati tributari, il giudice penale, mentre non è vincolato dalle valutazioni compiute in sede di accertamento, può tuttavia con adeguata motivazione apprezzare gli elementi induttivi in detta sede valorizzati per trame elementi probatori, che ritenga idonei a sorreggere il suo convincimento obiettivo v., tra le tante Sez. 3, numero 8319 del 10/06/1994 - dep. 23/07/1994, De Filippis, Rv. 198777 , e, dall'altro, che, proprio ai fini di verificare il superamento della soglia di punibilità di cui al D.Lgs. numero 74 del 2000, art. 5, il giudice può legittimamente avvalersi dell'accertamento induttivo dell'imponibile compiuto dagli uffici finanziari cfr, Sez.3, numero 24811 del 28/4/2011, dep. 21/6/2011, Rocco, Rv. 250647 tale principio, affermato in relazione al giudizio sulla responsabilità, vale innanzitutto nella sede cautelare, essendo riservato al giudizio di merito la verifica degli altri elementi eventualmente acquisiti nel contraddittorio tra le parti, che corroborino , od al contrario possano smentire, le affermazioni del Fisco in applicazione della normativa richiamata sull'art. 39, d.P.R. numero 600 del 1973. 7. Quanto, poi, all'ulteriore profilo di doglianza, secondo cui il tribunale del riesame non avrebbe esaminato il secondo motivo di ricorso di cui all'istanza di riesame, riguardante la configurabilità dell'elemento soggettivo del reato di cui all'art. 5, d.lgs. numero 74 del 2000, lo stesso si appalesa manifestamente infondato per due ragioni. Anzitutto, perché, trattandosi di censura con cui si sollecita la Cassazione a valutare l'omesso esame di un motivo di impugnazione, è onere del ricorrente suffragare la validità del suo assunto mediante la completa trascrizione dell'integrale contenuto degli atti medesimi ovviamente nei limiti di quanto era già stato dedotto in sede di riesame , dovendosi ritenere precluso al giudice di legittimità il loro esame diretto, a meno che il fumus del vizio dedotto non emerga all'evidenza dalla stessa articolazione del ricorso, circostanza non emergente nel caso in esame per quanto si dirà oltre v., tra le tante Sez. F, numero 37368 del 13/09/2007 - dep. 11/10/2007, Torino, Rv. 237302 . In secondo luogo, perché è del tutto inammissibile la censura avanzata in sede di incidente cautelare reale avente ad oggetto la mancata verifica da parte del tribunale del riesame della sussistenza dell'elemento psicologico del reato, atteso che il sequestro preventivo è legittimamente disposto in presenza di un reato che risulti sussistere in concreto, indipendentemente dall'accertamento della presenza dei gravi indizi di colpevolezza o dell'elemento psicologico, atteso che la verifica di tali elementi è estranea all'adozione della misura cautelare reale v., tra le tante Sez. 6, numero 45908 del 16/10/2013 - dep. 14/11/2013, Orsi, Rv. 257383 . Ne consegue, dunque, che a fronte dell'inammissibilità originaria del secondo motivo asseritamente proposto in sede di riesame, l'omesso esame di tale motivo da parte del giudice della cautela non determina alcun vizio dell'impugnato provvedimento. Ed invero, è pacifico nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo cui in tema di ricorso per cassazione, non costituisce causa di annullamento della sentenza impugnata il mancato esame di un motivo di appello che risulti manifestamente infondato v., tra le tante Sez. 4, numero 24973 del 17/04/2009 - dep. 16/06/2009, Ignone e altri, Rv. 244227 . Principio, questo, ovviamente estensibile per analogia di ratio anche all'impugnazione dei provvedimenti cautelari, sia reali che personali. 8. Il ricorso dev'essere, complessivamente, rigettato. Segue, a norma dell'articolo 616 c.p.p., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.