La distinzione tra violenza privata e stalking

Il reato di stalking risponde alla ratio di tutela della tranquillità della vita quotidiana personale da comportamenti che producano ansie, preoccupazioni, paure o altre influenze perturbatrici. Rispetto a tale fattispecie, la violenza privata costituisce un’ipotesi speciale per la cui configurazione non è sufficiente che nella vittima sia stato procurato uno stato di ansia e di timore per l’incolumità, bensì rileva come elemento specializzante lo scopo di costrizione a fare, tollerare od omettere qualcosa, impedendo la libera determinazione della persona offesa con una condotta immediatamente produttiva di una situazione idonea ad incidere sulla sua libertà psichica.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 20968/15 depositata il 20 maggio. Il caso. La Corte d’appello riformava la sentenza del gip, derubricando l’originaria imputazione di atti persecutori in quella di tentata violenza privata e molestie. Avverso tale pronuncia propone ricorso per cassazione l’imputato dolendosi per la manifesta illogicità della motivazione in ordine alla diversa qualificazione giuridica dei fatti, alla mancata concessione delle attenuanti generiche ed alla mancata sostituzione della pena detentiva con quella della libertà controllata. Stalking e violenza privata. Con riferimento alla qualificazione giuridica del fatto, i Giudici di legittimità negano ogni fondamento alla doglianza del ricorrente ribadendo come la fattispecie di cui all’art. 612 – bis , c.p., il c.d. stalking, risponde alla ratio di tutela della tranquillità della vita quotidiana personale da comportamenti che producano ansie, preoccupazioni, paure o altre influenze perturbatrici. Rispetto a tale reato, il delitto di violenza privata costituisce un’ipotesi speciale per la cui configurazione non è sufficiente che nella vittima sia procurato uno stato di ansia e di timore per l’incolumità, bensì rileva come elemento specializzante lo scopo di costringere altri, contro la sua volontà, a fare, tollerare od omettere qualcosa, impedendone la libera determinazione con condotta immediatamente produttiva di una situazione idonea ad incidere sulla libertà psichica di determinazione e azione del soggetto passivo . Nel caso di specie, corretta si rivela dunque la valutazione degli elementi fattuali e dell’elemento soggettivo del reato a fronte di un singolo comportamento dell’agente, volto, con atti idonei in modo univoco, ad interferire nella condotta di vita della parte offesa al fine di sottrarle il figlio a cui non poteva avvicinarsi per divieto giudiziale conseguente alla perdita della potestà genitoriale. Attenuanti generiche e pena sostitutiva. La doglianza relativa al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche è ugualmente priva di fondamento, avendo il giudice di merito adeguatamente motivato la scelta circa la modulazione del trattamento sanzionatorio dell’imputato. L’ultimo motivo del ricorso è invece fondato per l’erroneo convincimento espresso dalla sentenza impugnata di non poter concedere la sostituzione della pena per l’eccedenza della sanzione rispetto ai limiti biennali normativamente previsti, limiti che invece non vengono superati sia da quanto espresso nella motivazione che nel dispositivo. Per questi motivi, la Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata, determinando la durata della sanzione sostituiva della libertà controllata.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 24 marzo – 20 maggio 2015, n. 20968 Presidente Nappi – Relatore Sabeone Ritenuto in fatto 1. La Corte di Appello di Napoli, con sentenza del 22 novembre 2013, ha riformato la sentenza dei GIP presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere del 14 febbraio 2009 ed ha derubricato l'originaria imputazione di atti persecutori articolo 612 bis cod.pen. , posta in essere da D'Ambrosio Gennaro nei confronti del coniuge V.T., in quella di tentata violenza privata e molestie articoli 56, 610 e 660 cod.pen. . 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, a mezzo dei proprio difensore, lamentando 1 la inosservanza o erronea applicazione della legge penale e la manifesta illogicità della motivazione con riferimento alla diversa qualificazione giuridica dei fatti 2 la violazione di legge e la manifesta illogicità della motivazione con riferimento alla mancata concessione delle attenuanti generiche e al trattamento sanzionatorio applicato 3 la inosservanza o erronea applicazione della legge penale e la manifesta illogicità della motivazione con riferimento alla mancata sostituzione della pena detentiva con quella della libertà controllata. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato solo con riferimento all'ultimo motivo. 2. Quanto al primo motivo giova premettere come sia stato l'odierno ricorrente in grado di appello a chiedere l'ottenuta derubricazione e che la motivazione dell'impugnata decisione non sia manifestamente illogica nell'aver ritenuto le condotte ascritte appostamento presso la Casa Famiglia ove trovavasi la moglie e il tentativo di sottrarre uno dei figli alla madre non integranti la originaria contestazione dei c.d. stalking. Invero, la fattispecie criminosa di atti persecutori stalking , di cui all'articolo 612 bis cod.pen., tutela il singolo cittadino da comportamenti che ne condizionino pesantemente la vita e la tranquillità personale, procurando ansie, preoccupazioni e paure. Essa è finalizzata a garantire alla personalità individuale l'isolamento da influenze perturbatrici. Ipotesi speciale rispetto a tale reato è il delitto di violenza privata, per la cui configurazione non è sufficiente che sia stato indotto nella vittima uno stato di ansia e di timore per la propria incolumità, fungendo invece da elemento specializzante lo scopo di costringere altri, contro la sua volontà, a fare, tollerare od omettere qualcosa, impedendone la libera determinazione con una condotta immediatamente produttiva di una situazione idonea ad incidere sulla libertà psichica di determinazione e azione del soggetto passivo. Nel delitto di cui all'articolo 610 cod.pen., il dolo è generico e consiste nella coscienza e volontà di costringere il destinatario della violenza a tenere, contro la sua volontà, la condotta pretesa dall'agente. La sussistenza degli elementi fattuali e dell'elemento soggettivo della violenza privata appare correttamente individuata dalla Corte di merito a fronte di un accertato singolo comportamento rivolto, con atti idonei diretti in modo non equivoco, ad interferire nella condotta di vita della parte offesa ai finì di sottrarre il figlio Giovanni dei quale, l'odierno imputato, aveva perso la potestà parentale e verso il quale esisteva il divieto di avvicinamento. Analogamente, quanto alla ritenuta sussistenza della contravvenzione di cui all'articolo 660 cod.pen., deve essere rilevato come, per pacifica giurisprudenza di questa Corte di legittimità, il reato di molestie, per sua natura non necessariamente abituale, possa essere realizzato anche con una sola azione v. Cass. Sez. 18 luglio 2010 n. 29933 e Sez. I 7 novembre 2013 n. 3758 . La condotta di appostarsi presso la sede della Casa Famiglia ove risiedeva la moglie, sicuramente configura il reato in questione, realizzando molestia in senso giuridico, posto che ha costretto la molestata a una non voluta visione dell'agente, peraltro vietata per motivi inerenti l'affidamento dei figli. 3. Con riferimento al secondo motivo, si osserva come le attenuanti generiche, nei nostro ordinamento, abbiano lo scopo di allargare le possibilità di adeguamento della pena in senso favorevole al reo, in considerazione di situazioni e circostanze particolari che effettivamente incidano sull'apprezzamento dell'entità del reato e della capacità di delinquere dell'imputato. Il riconoscimento di esse richiede, dunque, la dimostrazione di elementi di segno positivo. Secondo la giurisprudenza di questa Corte Suprema, la concessione o il diniego delle attenuanti generiche rientra nel potere discrezionale del Giudice di merito, il cui esercizio, positivo o negativo che sia, deve essere bensì motivato ma nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente il pensiero dello stesso Giudice circa l'adeguamento della pena concreta alla gravità effettiva del reato ed alla personalità dei reo. Anche il Giudice di appello, pur non dovendo trascurare le argomentazioni difensive dell'appellante, non è tenuto ad una analitica valutazione di tutti gli elementi, favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle parti ma, in una visione globale di ogni particolarità dei caso, è sufficiente che dia l'indicazione di quelli ritenuti rilevanti e decisivi ai fini della concessione o del diniego, rimanendo implicitamente disattesi e superati tutti gli altri, pur In carenza di stretta contestazione. Nella fattispecie in esame, la Corte di merito, nel corretto esercizio dell'indicato potere, ha ritenuto di non considerare prevalenti le già concesse attenuanti per l'assorbente considerazione dell'inesistenza di aggravanti nei nuovi reati accertati e verso le quali operare il giudizio di comparazione di cui all'articolo 69 cod.pen. Carente d'interesse è il motivo relativo al trattamento sanzionatorio. Infatti, nel corpo della motivazione della Corte territoriale, sembrerebbe essere stata determinata correttamente la pena di anni uno e mesi quattro di reclusione pena base per il delitto di cui agli articoli 56 e 610 cod.pen. anni uno e mesi sei di reclusione, aumentata ad anni due per la continuazione con la contravvenzione di cui all'articolo 660 cod.pen. e ridotta di un terzo per il rito mentre nel dispositivo, anche quello letto all'esito dell'udienza dibattimentale, si ridetermina la pena dei primo grado anni uno e mesi quattro di reclusione in quella di mesi dieci di reclusione. Non sussiste, pertanto, interesse dell'imputato all'ottenimento di una pena più grave. 4. Fondato, come già detto in precedenza, è l'ultimo motivo del ricorso e cioè quello relativo alla mancata sostituzione della pena detentiva in pena alternativa ai sensi dell'articolo 53 della L. 689/81. A tal proposito si osserva come del tutto erroneo sia il convincimento espresso nella impugnata decisione, che ha escluso la possibilità di effettuare la sostituzione a cagione della irrogazione di una sanzione eccedente i limiti biennali di cui all'indicata disposizione irrogazione, in ogni caso, non esistente sia con riferimento a quanto espresso nella motivazione anni uno e mesi sei che nel dispositivo mesi dieci . L'impugnata sentenza deve, pertanto, essere annullata senza rinvio, potendo questa Corte determinare la chiesta sostituzione ai sensi dell'articolo 620 lettera I cod.proc.pen. e nella misura di cui all'articolo 53 della legge 689/81. P.Q.M. La Corte, annulla senza rinvio la sentenza impugnata e determina in 10 mesi di libertà controllata la sanzione sostitutiva della sanzione detentiva di mesi dieci di reclusione.