Anche lo spaccio in forma organizzata e non occasionale può essere di lieve entità

La circostanza attenuante speciale del fatto di lieve entità può essere riconosciuta solo nelle ipotesi di minima offensività penale della condotta, risultante dal dato quantitativo e qualitativo, oltre che da altri parametri normativamente richiamati, quali i mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione. Di conseguenza una minima attività rudimentale di spaccio, sinonimo della non occasionalità della condotta,non è di per sé ostativa ad una valutazione del fatto in termini di minima offensività.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 20410/15 depositata il 18 maggio. Il caso. La Corte d’appello di Lecce, in parziale riforma della sentenza di primo grado, riduceva la pena pecuniaria comminata nei confronti dell’imputata, ritenuta responsabile del reato di detenzione illecita di stupefacenti 23 grammi di eroina , confermando la pena detentiva. Avverso tale pronuncia ricorre in Cassazione l’imputata dolendosi per l’esclusione dell’ipotesi di lieve entità del fatto. La valutazione di lieve entità del fatto. La Corte di Cassazione rileva la fondatezza della doglianza ribadendo che, in tema di lieve entità del fatto, ai sensi dell’art. 73 d.P.R. n. 309/90, la circostanza attenuante speciale può essere riconosciuta solo nelle ipotesi di minima offensività penale della condotta, risultante dal dato quantitativo e qualitativo, oltre che da altri parametri normativamente richiamati, quali i mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione. Ove uno degli indici previsti dalla norma risulti assorbente, ogni altra considerazione risulta inconferente. L’ipotesi del microspaccio in forma organizzata. Nel caso di specie, la Corte territoriale oltre a considerare il dato ponderale della sostanza detenuta, ha valutato anche altri elementi della condotta che hanno concorso nell’esclusione della minima offensività del fatto, con particolare riferimento alla tipologia di clientela e alla non occasionalità della condotta. Al riguardo la Cassazione sottolinea come il legislatore non abbia previsto l’incompatibilità dell’ipotesi lieve con l’esercizio della condotta in forma organizzata, come si evince dall’ipotesi di reati di c.d. microspaccio di cui all’art. 73, comma 5. Conseguentemente, una minima attività rudimentale sinonimo di una non occasionalità della condotta di spaccio o detenzione dello stupefacente, non è di per sé ostativa ad una valutazione del fatto in termini di minima offensività. Per questi motivi, la Corte di Cassazione annulla la sentenza impugnata limitatamente alla configurabilità dell’ipotesi lieve, rinviando la causa alla competente Corte d’appello.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 27 marzo – 18 maggio 2015, n. 20410 Presidente Mannino – Relatore Aceto Ritenuto in fatto 1. La sig.ra M.M. ricorre, per il tramite del difensore di fiducia, per l'annullamento della sentenza del 22/09/2014 della Corte di appello di Lecce - Sez. distaccata di Taranto, che, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Taranto del 14/01/2014, ha ridotto la pena pecuniaria, quantificandola nella misura di Euro 18.000,00 di multa, confermando la pena detentiva di quattro anni di reclusione. L'imputata è stata irrevocabilmente ritenuta colpevole del reato di cui all'art. 73, comma I-bis, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, perché illecitamente deteneva, al fine di venderli, 23 grammi circa netti di sostanza stupefacente del tipo eroina, fatto commesso in OMISSIS . 1.1. Con il primo motivo eccepisce, ai sensi dell'art. 606, lett. b ed e , cod. proc. pen., inosservanza e/o erronea applicazione dell'art. 73, comma 5, d.P.R. 309 del 1990, e mancanza e/o manifesta illogicità della motivazione sul punto. Deduce, al riguardo, che la Corte di appello, per escludere l'ipotesi lieve si è limitata a dare rilievo al solo dato ponderale, niente affatto eccessivo, della sostanza detenuta, senza operare una valutazione congiunta e comparata dei diversi e ulteriori parametri di riferimento indicati dalla norma e senza considerare che nella propria abitazione non sono stati rinvenuti strumenti atti al confezionamento della sostanza. 1.2.Con il secondo motivo eccepisce, ai sensi dell'art. 606, lett. b ed e , cod. proc. pen., inosservanza e/o erronea applicazione dell'art. 99, cod. pen., e mancanza e/o manifesta illogicità della motivazione sul punto. Considerato in diritto 2. Il ricorso è fondato per quanto di ragione. 3. È fondato, in particolare, il solo primo motivo di ricorso. La Corte di appello ha escluso la qualificazione del fatto in termini di lieve entità ai sensi dell'art. 73, comma 5, d.P.R. 309 del 1990, in base alle seguenti considerazioni a l'imputata non fa uso di stupefacenti b la sostanza detenuta nella propria abitazione è pari a gr. 23,733 netti , divisi in 36 involucri di diverso taglio e con identico confezionamento, dalla quale sono ricavabili 47 dosi medie giornaliere c si trattava di sostanza già pronta per la cessione in diverso taglio e dunque destinata a clientela di diversa tipologia d due involucri, infatti, contenevano una pietra da quattro grammi ciascuno, quattro involucri contenevano circa 1,814/1,950 grammi di sostanza ciascuno, gli altri 30 involucri 0,488 grammi ciascuno e l'identica percentuale di principio attivo prova la provenienza dalla stessa partita di droga f l'imputata non è formalmente titolare di redditi o attività lecite che consentano di poter acquistare la droga sequestrata. In tema di lieve entità del fatto di cui all'art. 73, d.P.R. 309/90, va ribadito il principio secondo il quale la circostanza attenuante speciale può essere riconosciuta solo in ipotesi di minima offensivita penale della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dalla disposizione mezzi, modalità, circostanze dell'azione , con la conseguenza che, ove uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione resta priva di incidenza sul giudizio ” Sez. U, n. 35737 del 24/06/2010 così anche Sez. U, n. 17 del 21/06/2000, Primavera Sez. 4, 29 settembre 2005, n. 38879, Frank, rv. 232428 Sez. 6, 14 aprile 2008, n. 27052, Rinaldo, rv. 240981, richiamate in motivazione da Sez. U, 35737/2010, cit. . Nel caso di specie la Corte di appello, diversamente da quanto affermato dalla ricorrente, non si è limitata, per vero, a prendere in considerazione il solo dato ponderale della sostanza detenuta, ma ha valutato anche altre circostanze dell'azione che hanno concorso, a suo giudizio, a escludere la minima offensività del fatto. In particolare sono stati valorizzati i dati relativi alla diversa tipologia della clientela come desumibile dalle diverse modalità di confezionamento della sostanza , la provenienza della sostanza da un'unica partita, l'assenza di lecite fonti di reddito dato questo che lascia intendere l'esercizio non occasionale dell'attività . Si tratta, tuttavia, di elementi insufficienti, di per sé non idonei a escludere la minima offensività del fatto. Occorre al riguardo evidenziare che lo stesso legislatore non ritiene incompatibile l'ipotesi di lieve entità del reato di cui all'art. 73, d.P.R. 309 del 1990, con l'esercizio in forma organizzata dell'attività stessa, come si evince chiaramente dalla possibilità che l'associazione per delinquere di cui all'art. 74, stesso d.P.R., possa essere costituita anche al solo fine di commettere reati di c.d. microspaccio di cui all'art. 73, comma 5. Ne consegue che la predisposizione di una minima attività rudimentale, quale sintomo della non episodicità della singola condotta di spaccio o di detenzione di sostanza stupefacente non è di per sé ostativa ad una valutazione del fatto in termini di minima offensività cfr. sul punto, Sez. 6, n. 3724 del 27/01/1994, D'Alessandro, Rv. 197298 Sez. 6, n. 6615 del 14/02/1994, Greco, Rv. 199198 Sez. 6, n. 5415 del 10/03/1995, Corrente, Rv. 201644 Sez. 4, n. 1736 del 27/11/1997, Fierro, Rv. 210161 Sez. 6, n. 25988 del 29/05/2008, Lataj, Rv. 240569 Sez. 6, n. 29250 del 01/07/2010, Moutawakkil, Rv. 249369 Sez. 6, n. 21612 del 29/04/2014, Villari, Rv. 259233 . Peraltro, la circostanza che nell'abitazione dell'imputata non siano stati rinvenuti strumenti atti al confezionamento della sostanza, se da un lato non è tale da rendere manifestamente illogiche le conclusioni della Corte territoriali sulla riconducibilità della detenzione ad un'attività di spaccio, dall'altro non smentisce che si tratta di attività confinata ad un numero limitato di clienti, quasi tutti potenzialmente destinatari di dosi modestissime di sostanza. Sicché, in ultima analisi, il dato ponderale della sostanza ha assunto, nell'economia della motivazione, un peso quasi decisivo che rende fondate le doglianze dell'imputata. 4. È infondato il secondo motivo di ricorso. All'imputata è stata contestata ed applicata la recidiva specifica e reiterata in considerazione dei plurimi precedenti penali, anche per reati della stessa specie. Nel rigettare lo specifico motivo di appello, la Corte territoriale ha sottolineato che il fatto costituisce rinnovata espressione della pericolosità della ricorrente che persevera nella violazione della disciplina degli stupefacenti che, all'evidenza, costituisce la sua unica fonte di reddito”. Il giudizio così espresso, che fonda su circostanze non contestate l'attività di spaccio come unica fonte di reddito , se non vale a escludere la lieve entità del fatto, indica in modo più che sufficiente gli elementi in base ai quali la Corte territoriale ha ritenuto di dover ricondurre lo specifico episodio ad uno stile di vita che non solo esclude l'occasionalità della condotta, ma, secondo conclusioni non manifestamente illogiche, ne prefigura la possibile reiterazione. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla configurabilità dell'ipotesi lieve e rinvia alla Corte di appello di Lecce. Rigetta il ricorso nel resto.