Dirigente di Polizia sotto accusa, ma sono ‘particolari’ i rapporti tra magistrati e avvocati: processo spostato

Riflettori puntati, alla luce di quanto lamentato dall’uomo, sugli intrecci tra avvocati e pubblici ministeri, intrecci resi ancora più importanti dal ristretto ambito territoriale e giudiziario. A rischio la imparzialità del giudizio accolta la richiesta di rimessione avanzata dal dirigente di Polizia.

Situazione border-line in Procura. Secondo quanto riferito da un collaboratore di giustizia, difatti, due avvocati vantano rapporti privilegiati” con alcuni ambienti giudiziari , tanto da poter conoscere con anticipo le misure cautelari a carico di personale di Polizia e vantare tali misure quale successo personale, così lasciando intendere una capacità di condizionamento . A completare il quadro poi, anche l’astio manifestato nei confronti di un dirigente del Commissariato , sotto processo in Tribunale, e i collegamenti” – anche grazie alla politica locale – con la Procura e con alcuni pubblici ministeri. Tutto ciò rende legittimi i dubbi del dirigente di Polizia sulla imparzialità di giudizio nei suoi confronti. Consequenziale la decisione di accogliere la richiesta di rimessione del processo” affidato ora a un diverso Tribunale Cassazione, ordinanza n. 18647/15, sesta sezione penale, depositata oggi . Rapporti sospetti Per l’uomo sotto accusa, dirigente di Polizia, vi è una grave situazione locale , come testimoniato dai rapporti tra alcuni avvocati e alcuni magistrati, situazione tale da turbare lo svolgimento del procedimento . Più precisamente, viene messo sul tavolo, con la richiesta presentata in Cassazione, il sospetto di un condizionamento dell’imparzialità dell’organo giudicante . Secondo i giudici del ‘Palazzaccio’, vengono prospettate situazioni particolari nell’ambiente giudiziario di un territorio ristretto, per popolazione e per dimensione conseguente degli uffici giudiziari . E tali situazioni meritano un esame attento Soprattutto perché a preoccupare, secondo le dichiarazioni di un collaboratore di giustizia , sono i rapporti ‘sospetti’ tra avvocati e magistrati , come testimoniato anche da alcune azioni disciplinari aperte nei confronti di tre pubblici ministeri . Imparzialità a rischio. Ebbene, ora, alla luce degli accadimenti riportati che toccano gli ambienti giudiziari di una piccola realtà territoriale, ove è inevitabile il coinvolgimento, nel tempo, di tutti i pochi pubblici ministeri in servizio nel processo in corso , pare, per i giudici del ‘Palazzaccio’, evidente la tensione tra l’uomo sotto processo e personale della Procura ed avvocati . Significativo, a questo proposito, anche il fatto che proprio gli avvocati, con un ruolo attivo anche nella politica locale , sono coinvolti in processi per rapporti opachi con personale della Procura , rapporti che, evidenziano i giudici, tenuto conto del piccolo organico , finiscono per riguardare, di fatto, tutto l’ufficio . Ad esempio, appare possibile che un ‘sostituto’ possa vedersi obbligato, per questioni di organico, a rappresentare l’accusa nel processo a carico del dirigente di Polizia, anche se quest’ultimo è, a sua volta, denunziante e testimone a suo carico Peraltro, viene aggiunto, bisogna considerare che ci si trova di fronte a una situazione che incide sull’esercizio dell’attività della Procura, che si incrocia con l’attività di esponenti del Foro locale e della Polizia giudiziaria, in relazione proprio al particolare processo che riguarda il dirigente di Polizia. Evidente, di conseguenza, il rischio di seri condizionamenti, o, comunque, di una immagine esterna di difficile sottrazione dell’organo giudicante a condizionamenti obiettivi, dovuti alla particolare situazione – visto anche l’ ambiente ristretto – e in relazione allo specifico processo . Per questo, vi sono le condizioni straordinarie per ritenere dotata di senso la richiesta di rimessione avanzata dall’uomo processo affidato, quindi, a un altro Tribunale.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, ordinanza 28 aprile – 5 maggio 2015, n. 18647 Presidente Milo – Relatore Di Stefano Motivi della decisione A.P., imputato nel processo 3774/2010 in corso innanzi al Tribunale di Siracusa, ha chiesto la remissione del processo ad altra sede, rappresentando situazioni che sono in grado di ingenerare il legittimo sospetto rilevante ai sensi articolo 45 cod. proc. pen. menomando l'imparzialità di giudizio. La richiesta è fondata. Delle varie ipotesi di cui all'articolo 45 cod. proc. pen., quella prospettata riguarda una grave situazione locale tale da turbare lo svolgimento del processo con i conseguenti motivi di legittimo sospetto e di condizionamento apparente dell' imparzialità dell'organo giudicante. All'esito di una ampia giurisprudenza di legittimità in materia può affermarsi che il principio generale in materia è il seguente , per grave situazione locale debba intendersi un fenomeno esterno alla dialettica processuale, riguardante l'ambiente territoriale nel quale il processo si svolga e connotato da tale abnormità e consistenza da non poter essere interpretato se non nel senso di un pericolo concreto per la non imparzialità del Giudice inteso come l'ufficio giudiziario della sede in cui si svolga il processo di merito o di un pregiudizio alla libertà di determinazione delle persone che partecipano al processo medesimo e, dall'altro, che i motivi di legittimo sospetto possano configurarsi solo in presenza di questa grave situazione locale e come conseguenza di essa . Con riferimento al caso particolare, in cui si prospettano situazioni createsi nell'ambiente giudiziario del ristretto territorio per popolazione e dimensione conseguente degli uffici giudiziari , è opportuno richiamare la seguente decisione di accoglimento di una richiesta ex art. 45 cod. proc. pen. La richiesta di rimessione del procedimento deve essere fondata su circostanze gravi, tali da legittimare il timore che, per il concorso di una situazione ambientale anomala, la serenità e l'imparzialità dei giudici possano essere seriamente incise e menomate, con compromissione della corretta esplicazione della funzione giurisdizionale, e non può essere giustificata da mere congetture, supposizioni o illazioni ovvero da vaghi timori soggettivi dell'imputato. In applicazione di tale principio è stata ritenuta sussistente la grave situazione locale atta a legittimare l'accoglimento della istanza di rimessione proposta da un avvocato, imputato in un processo di diffamazione a seguito di accuse rivolte ai magistrati dell'Alto Adige, in quanto la stessa Associazione di categoria della Magistratura locale con un comunicato aveva evidenziato come tale condotta potesse pregiudicare i diritti fondamentali dei clienti assistiti dall'istante . Sez. 5, n. 41694 del 15/07/2011 - dep. 14/11/2011, Holzeisen, Rv. 251110 . In tale ipotesi, pur con la peculiarità dovuta al trattarsi della provincia di Bolzano, in cui il personale dei settore giustizia è assunto per permanere in quel territorio, si è dato rilievo al trattarsi di un ambito giudiziario ristretto A ciò si aggiunga come anche nella successiva circolazione delle persone interessate all'Amministrazione della Giustizia vi siano forti chiusure tali da determinare un ambiente giudiziario territorialmente chiuso ed altamente omogeneizzato. Tale situazione di fatto, che non può essere eccessivamente enfatizzata per non provocare ricadute di generica discriminazione, serve, però, ad illustrare come la portata del comunicato stampa posto in essere dai locali rappresentanti dell'Associazione Nazionale Magistrati, per conto dei Magistrati locali, nei confronti dell'odierna ricorrente abbia una portata inversamente proporzionale alle dimensioni territoriali del locale Foro . Ulteriori principi che vengono in questione nel caso di specie, sono Il pregiudizio effettivo, che si vuole evitare, richiesto dal primo comma dell'art. 45 cod. proc. pen., esclude che la turbativa possa essere solo potenzialmente idonea a produrlo, onde si richiede, rigorosamente, un'incidenza negativa di tal concreta portata, da diventare un dato effettivamente inquinante Cass. Sez. 1, sent. n. 6599 del 14/12/1995, dep. 09/01/1996, Rv. 203152 . e La pendenza di procedimenti penali a carico di magistrati non è di per sé sufficiente ad integrare la `grave situazione locale, tassativamente richiesta dall'art. 45 cod. proc. pen., ai fini della rimessione, allorché non risulti che essa, pur nella sua gravità, abbia proiettato un'ombra di indiscriminato sospetto e di generale sfiducia sugli uffici giudiziari nel loro complesso. Sez. 5, n. 49612 del 04/11/2014 - dep. 27/11/2014, Zagami, Rv. 261727 . Venendo al caso in esame Va premesso che la ricostruzione dei fatti di cui appresso è basata sugli atti depositati dalla difensa del richiedente. Si tratta, comunque, di atti depositati e, quindi, conosciuti alla pubblica udienza del processo in corso presso il Tribunale, udienza all'esito della quale è stata disposta la trasmissione degli atti a questa Corte. Ciò risulta dal verbale di udienza allegato. Va allora considerato come l'articolo 46 cod. proc. pen. preveda la immediata trasmissione da parte del giudice procedente, oltre che degli atti, anche di eventuali osservazioni che, ovviamente, possono comprendere anche quanto dedotto dalle altre parti processuali. In conformità alla citata disposizione, quindi, è stato di fatto consentito un possibile contraddittorio e la assenza di qualsiasi osservazione in ordine alla documentazione prodotta ne consente la piena valutazione, non dovendosi prospettare, allo stato, un rischio di parzialità. Si devono quindi considerare numerosi fatti obiettivi - rammentandosi che non rilevano ai fini del presente provvedimento i profili di fondatezza o meno delle varie fattispecie di reato /violazioni disciplinari prospettate nei confronti di vari soggetti, rilevando invece il clima di tensione locale che la situazione obiettivamente comporta. Sintetizzando le lunghe osservazioni ed il corposo materiale prodotto - un collaboratore di giustizia B. , già inserito in contesti di criminalità organizzata ha riferito dei rapporti di A.G. ed A.P., avvocati, con ambienti giudiziari di Siracusa che consentivano loro dì conoscere con anticipo le misure cautelare a carico di personale di polizia e di vantare tali stesse misure quale successo personale, così lasciando intendere al collaboratore una loro capacità di condizionamento. - Il collaboratore riferiva anche che i medesimi A. avevano manifestato astio nei confronti di A., quando era dirigente del commissariato A., indicando la loro volontà di danneggiarlo anche nel suo caso avrebbero avuto conoscenza anticipata di procedimenti a suo carico. Riferisce anche che A.G. vantava i suoi rapporti con la Procura di Siracusa utilizzandoli quale mezzo di pressione nel contesto della politica locale, cui partecipava attivamente. - Presso il Tribunale di Messina era stata esercitata l'azione penale nei confronti di magistrati della procura di Siracusa M., R., C. e l'avv. A. per reato di abuso di ufficio. Vi era stata assoluzione ma la procura aveva proposto impugnazione, non essendo quindi esaurito il procedimento. - A. negli anni precedenti aveva svolto indagini a carico dell'avvocato A. e del sostituto procuratore M. aveva anche denunziato A.P.per vari reati cui era conseguita la emissione di una sentenza di applicazione della pena e la sospensione dell'Ordine degli Avvocati - Il procedimento a carico del sostituto M. fu archiviato ma intervenne la procura generale della Cassazione in sede disciplinare, chiedendo e ricevendo da A. una relazione sui fatti. - Il procedimento a carico del sostituto M. fu, quindi, riaperto e lo stesso rinviato a giudizio per concussione innanzi alla autorità giudiziaria di Messina. In tale processo A. è testimone - Tra il 2010 ed il 2011 la procura della repubblica di Siracusa apriva nove procedimenti penali a carico di A. che, però, otteneva dalla procura generale della Cassazione, ai sensi dell'art. 54 quater cod. proc. pen., la determinazione della competenza territoriale del pubblico ministero di Messina ai sensi degli artt. 11 e 12 cod. proc. pen. . - Nel 2012 si aprivano altre azioni disciplinari nei confronti dei pubblici ministeri C., M. e R., anche con riferimento ai rapporti con la famiglia A - La difesa ha rappresentato ulteriori elementi consistenti, tra l'altro, nel probabile incrocio di ruoli tra testimoni ed imputati nei vari processi nati dalle vicende di cui sopra ha altresì riportato la notizia del rientro presso la procura di Siracusa del sostituto M Poste queste premesse va considerato - si riferisce di accadimenti che toccano gli ambienti giudiziari di una piccola realtà territoriale, ove è inevitabile il coinvolgimento nel tempo di tutti i pochi pubblici ministeri in servizio nel processo in corso tanto che in uno dei verbali di udienza allegati risulta che a sostenere l'accusa era uno dei pubblici ministeri sopraccitati . - Appare indiscutibile che le vicende in questione abbiano creato condizioni di tensione tra I' imputato, il personale della procura ed avvocati con un ruolo attivo anche nella politica locale e coinvolti in processi per rapporti opachi con personale della procura che, tenuto conto del piccolo organico, finiscono per riguardare di fatto tutto l'ufficio. Ovviamente non è interesse in questa sede valutare fondatezza o meno delle varie anomalie contestate, rilevando solo la ricaduta obiettiva sulla immagine di imparzialità. - Le piccole dimensioni degli uffici giudiziari di Siracusa comporterebbero il necessario incrocio dei vari soggetti coinvolti nel processo, con possibili riflessi negativi sulla serenità e correttezza dei giudizio come vi è stata una partecipazione di uno dei PM coinvolti nelle vicende de quo al dibattimento, appare anche possibile che il sostituto M. possa vedersi obbligato, per questioni di organico, a rappresentare l'accusa nel processo a carico di A., pur ove questi è denunziante e testimone a suo carico. Quanto detto non ha di per sé rilievo diretto quanto al rischio di imparzialità del giudice pur ponendosi comunque il tema della libera determinazione della pubblica accusa , essendo i giudici del tribunale del tutto fuori dalle vicende riferite. Ciononostante, si deve considerare che si è in presenza di una situazione che incide sull'esercizio dell'attività della Procura, che si incrocia con la attività di esponenti dei foro locale e della polizia giudiziaria in relazione proprio al particolare processo che vede imputato A. il cui particolare ruolo si è indicato inoltre, il tutto si realizza in un ambiente ristretto. Vi è allora un rischio di seri condizionamenti o, comunque, di una immagine esterna di difficile sottrazione dell'organo giudicante a condizionamenti obiettivi dovuti alla particolare situazione ed in relazione, si ripete, allo specifico processo. Risultano quindi le straordinarie condizioni, non altrimenti eliminabili, che l'art. 45 cod. proc. pen. richiede per la remissione del processo ad altra sede, nel caso particolare da individuarsi nel tribunale di Messina. P.Q.M. In accoglimento della richiesta presentata da A.P., rimette il processo al Tribunale di Messina. Dispone che la presente ordinanza sia comunicata senza ritardo al Tribunale di Siracusa ed al Tribunale di Messina ai sensi dell'art. 48, comma 4°, prima parte, cod. proc. pen