Minacce verso l’ex-compagna, il “turbinio di emozioni” non esclude il dolo

Nel delitto di minaccia, il dolo, come componente del fatto contestato, consiste nella cosciente volontà di minacciare ad altri un ingiusto danno ed è diretto a provocare l’intimidazione del soggetto passivo, senza che sia necessario che in tale volontà sia compreso il proposito di tradurre in atto il male minacciato oggetto del delitto è unicamente l’azione intimidatrice.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 18184, depositata il 30 aprile 2015. Il caso. Il gdp di Chiari assolveva un imputato dal reato ex art. 612 c.p. minaccia , perché il fatto non costituiva reato. Nonostante l’uomo avesse effettivamente pronunciato le frasi contestate all’indirizzo dell’ex-compagna, secondo il giudice mancava l’elemento psicologico del reato, in quanto la volontà dell’imputato era compromessa da un turbinio di emozioni e sentimenti di varia natura esplicantesi in comportamenti più a scapito di sé stesso che della ex-compagna , con cui era in contrasto per le modalità di visita della figlia. Il pm ricorreva in Cassazione, contestando l’esclusione della sussistenza dell’elemento soggettivo e deducendo che l’efficacia intimidatoria della minaccia deve essere apprezzata in astratto e non rispetto all’effettivo turbamento generato nella persona offesa. Elemento oggettivo presente. La Corte di Cassazione sottolinea che il riferimento alla necessità di accertare l’effettivo timore cagionato nella persona offesa dall’espressione adoperata, anche se inesatto, non aveva rilievo nel caso di specie, in quanto il gdp non aveva escluso la sussistenza dell’elemento oggettivo del reato. Stati emotivi irrilevanti. I giudici di legittimità rilevano però che la sentenza impugnata, senza giungere ad escludere la capacità di intendere e di volere dell’imputato, sembrava aver dato rilievo a stati emotivi penalmente irrilevanti, ai sensi dell’art. 90 c.p., e, a fronte del tenore dell’espressione indirizzata contro la persona offesa, valorizzava un istinto di morte dell’imputato, il quale però non escludeva l’elemento soggettivo del reato. Nel delitto di minaccia, il dolo, come componente del fatto contestato, consiste nella cosciente volontà di minacciare ad altri un ingiusto danno ed è diretto a provocare l’intimidazione del soggetto passivo, senza che sia necessario che in tale volontà sia compreso il proposito di tradurre in atto il male minacciato oggetto del delitto è unicamente l’azione intimidatrice. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e rimanda la decisione ai giudici di merito.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 13 marzo – 30 aprile 2015, n. 18184 Presidente Nappi – Relatore De Marzo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 17/03/2014 il Giudice di pace di Cagli ha assolto D.G. dal reato di cui all'art. 612 cod. pen., perché il fatto non costituisce reato. Il giudice di merito, pur avendo accertato che l'imputato aveva pronunciato all'indirizzo di M. F. le espressioni contestate Tu M., farai una finaccia, io andrò in galera o in casa di cura come quello che ha buttato dal ponte la ragazza, ma tu farai la stessa fine , ha rilevato che non era sussistente l'elemento psicologico dei reato, poiché la volontà del G. era compromessa da un turbinio di emozioni e sentimenti di varia natura esplicantesi in comportamenti più a scapito di se stesso che della ex compagna , con la quale erano insorti contrasti in ordine alle modalità di visita della figlia minore. 2. II P.M. presso il Tribunale di Urbino ha proposto ricorso per cassazione, lamentando vizi motivazionali e violazione di legge, in relazione agli artt. 43 e 612 cod. pen., sottolineando a che, nella sentenza impugnata, non è dato cogliere alcun richiamo a profili di valutazione idonei ad escludere la sussistenza dell'elemento soggettivo dei reato contestato b che l'efficacia intimidatoria della minaccia va apprezzata, in astratto e non rispetto all'effettivo turbamento generato nella persona offesa,. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. Al riguardo, si osserva che il riferimento nella sentenza impugnata alla necessità di accertare l'effettivo timore cagionato nella persona offesa dall'espressione adoperata, pur inesatto giacché, secondo l'orientamento più volte espresso da questa Corte, il reato di minaccia è un reato formale di pericolo, per la cui integrazione non è richiesto che il bene tutelato sia realmente leso, bastando che il male prospettato possa incutere timore nel soggetto passivo, menomandone la sfera della libertà morale la valutazione dell'idoneità della minaccia a realizzare tale finalità va fatta avendo di mira un criterio che rispecchi le reazioni dell'uomo comune Sez. 5, n. 8264 del 29/05/1992, Mascia, Rv. 191433 , non ha rilievo nell'economia della decisione, poiché il giudice di pace non ha escluso la sussistenza dell'elemento oggettivo dei reato. Piuttosto, i vizi motivazionali si colgono nel fatto che la sentenza impugnata, senza giungere ad escludere la capacità di intendere e di volere dell'imputato, per un verso, sembra aver dato rilievo a stati emotivi penalmente irrilevanti, ai sensi dell'art. 90 cod. pen., e, per altro verso, del tutto illogicamente, a fronte dei tenore dell'espressione adoperata e chiaramente indirizzata contro la F., ha valorizzato un istinto di morte dello stesso G., che non esclude l'elemento soggettivo del reato. Del resto, nel delitto di minaccia, il dolo, quale componente del fatto contestato, consiste nella cosciente volontà di minacciare ad altri un ingiusto danno ed è diretto a provocare la intimidazione del soggetto passivo, senza che sia necessario che in tale volontà sia compreso il proposito di tradurre in atto il male minacciato. Infatti, oggetto del delitto è unicamente l'azione intimidatrice Sez. 1, n. 7382 del 11/06/1985, Dessi, Rv. 170186 . 2. Alla stregua delle suesposte considerazioni, si impone, pertanto, l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio, per nuovo esame, al giudice di pace di Cagli. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio al giudice di pace di Cagli per nuovo esame. In caso di diffusione del presente provvedimento, si omettano le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'art. 52 del d.lgs. n. 196 del 2003.