Quando i residui da demolizione possono essere qualificati come sottoprodotto?

Integra il reato di cui all’art. 256 del d.lgs. n. 152/2006 attività di gestione rifiuti non autorizzata l’abbandono incontrollato di residui da demolizione, cha vanno qualificati come rifiuti speciali e non come materie prime secondarie o sottoprodotto. A tal fine, non possono essere qualificati come sottoprodotto i residui da demolizione, quando non siano destinati, sin dalla loro produzione, all’integrale riutilizzo senza trasformazioni preliminari o compromissione della qualità materiale.

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza n. 17126, depositata il 24 aprile 2015. Il fatto. Il Tribunale di Udine dichiarava due imputati colpevoli del reato di cui all’art. 256, comma 2, d.lgs. n. 152/2006 attività di gestione rifiuti non autorizzata . Contro tale pronuncia, ricorre per cassazione il titolare della società proprietaria del suolo dove erano in corso i lavori di costruzione di alcuni fabbricati. In tale area risultava sparso a terra materiale di provenienza edile, non ancora sbriciolato, trasportato sul luogo senza alcun formulario per il trasporto dei rifiuti, per essere utilizzato per la realizzazione di una stradina. Il Tribunale riteneva che il materiale trasportato, per essere utilizzato, doveva essere preventivamente frantumato, e che pertanto non potesse parlarsi di sottoprodotto, ma di rifiuto. Il ricorrente per cassazione deduce al contrario che il materiale dovesse essere qualificato come sottoprodotto. La definizione di sottoprodotto. Il Collegio ritiene il ricorso infondato. Ricorda sul punto come, ai sensi dell’art. 184 - bis , d.lgs. n. 152/2006, debba considerarsi sottoprodotto e non rifiuto qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfi contestualmente tutte le seguenti condizioni a la sostanza o l'oggetto è originato da un processo di produzione di cui costituisce parte integrante e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto b è certo che la sostanza o l'oggetto sarà utilizzato nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione da parte del produttore o di terzi c la sostanza o l'oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale d l'ulteriore utilizzo è legale ossia la sostanza o l'oggetto soddisfa per l'utilizzo specifico tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell'ambiente e non porterà ad impatti complessivi negativi sull'ambiente o la salute umana . Dunque, per consolidata giurisprudenza, è necessario, ai fini della qualificazione di una sostanza o di un materiale quale sottoprodotto, che le sostanze o i materiali non siano sottoposti ad operazioni di trasformazione preliminare. Nel caso di specie, quindi, afferma il Collegio, non può parlarsi di sottoprodotto, non ricorrendo tutte le condizioni richieste dalla norma. Attività di gestione rifiuti non autorizzata. Si è, infatti, affermato che integra il reato di cui all’art. 256 del d.lgs. n. 152/2006 attività di gestione rifiuti non autorizzata l’abbandono incontrollato di residui da demolizione, cha vanno qualificati come rifiuti speciali e non materie prime secondarie o sottoprodotto . A tal fine, non possono essere qualificati come sottoprodotto i residui da demolizione, quando non siano destinati, sin dalla loro produzione, all’integrale riutilizzo senza trasformazioni preliminari o compromissione della qualità materiale. A fronte di queste precisazioni, il Collegio ritiene che il Tribunale abbia fatto corretta applicazione dei principi richiamati, evidenziando che il materiale trasportato nell’area abbisognasse, comunque, per essere reimpiegato, di trasformazioni preliminari, mediante frantumazione. Operazione questa non rientrante nella normale pratica industriale e che già di per sé rendeva il materiale stesso non qualificabile come sottoprodotto. Per queste ragioni, la S.C. ha rigettato il ricorso e condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 9 – 24 aprile 2015, numero 17126 Presidente Squassoni – Relatore Amoresano Ritenuto in fatto 1.I1 Tribunale di Udine, con sentenza del 20/12/2013, dichiarava R.T. e F.Z. colpevoli del reato di cui agli articolo 110, 81 cpv. cod.penumero , 256 comma 2, con riferimento al comma 1 lett.a , D.L.vo 152/2006 loro ascritto, e riconosciute le circostanze attenuanti generiche, condannava ciascuno di essi alla pena sospesa alle condizioni di legge di euro 2.000,00 di ammenda. Rilevava il Tribunale che, dalle risultanze acquisite in dibattimento, era emerso come accertato in data 12/02/2011 che presso un cantiere sito in Bordo Viola, in zona classificata dal PRG come zona mista agricola e residenziale, erano iniziati i lavori di costruzione di alcuni fabbricati per civile abitazione e che il suolo era di proprietà della società Domus s.a.s. di Z. Fabio. Al momento dell'accertamento erano presenti sul posto alcuni dipendenti della ditta T. Radenko, esecutrice dei lavori, e nell'area risultavano sparsi a terra numerosi quintali di materiale di provenienza edile, come calcinacci, mattoni, guaine bituminose, coppi tale materiale non ancora sbriciolato, era stato trasportato sul posto senza alcun formulario per il trasporto rifiuti . Tanto premesso, dopo aver richiamato la distinzione tra rifiuto e sottoprodotto, riteneva il Tribunale che, nel caso di specie, essendo emerso che il materiale trasportato, per essere utilizzato per la realizzazione di una stradina, doveva essere preventivamente frantumato, non potesse parlarsi di sottoprodotto ma di rifiuto. Dei reato, poi, doveva rispondere anche Z., quale proprietario e committente delle opere, dovendo la stradina essere realizzata nel cantiere ed essendo quindi egli pienamente consapevole dell'illecito trasporto e successivo deposito. 2.Ricorre per cassazione F.Z., a mezzo del difensore, denunciando la violazione degli articolo 184 bis e 256 D.L.vo 152/2006. La nuova definizione di sottoprodotto prevista dall'articolo 184 bis ha introdotto l'ulteriore elemento della normale pratica industriale . Sul punto si sono formati due orientamenti giurisprudenziali, ma è sicuramente preferibile quello che vi ricomprende l'attività di frantumazione necessaria al riutilizzo degli inerti per la realizzazione di un prodotto. Rientrano, invero, nella normale pratica industriale quei trattamenti minimi come lavare, seccare, omogeneizzare, raffinare, frantumare. E tale, deve, quindi, considerarsi, in presenza di tutti gli altri requisiti richiesti per la qualifica di sottoprodotto, la frantumazione di inerti per riutilizzarli nella preparazione del sottofondo per costruire la stradina. Con il secondo motivo denuncia l'omessa ed insufficiente motivazione in ordine all'elemento soggettivo. II Tribunale si è limitato ad accertare che il ricorrente fosse titolare dell'area, senza tener conto che, secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, non è sufficiente, per affermare la responsabilità dl proprietario neppure la mera consapevolezza del deposito, essendo necessario provare il concorso nel reato. Considerato in diritto 1.I1 ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato. 2.Risulta accertato, in punto di fatto in proposito non vi è alcuna contestazione neppure da parte dei ricorrente che sulla particella catastale numero 684 erano stati depositati Kg. 4.860,00 di materiale consistente in inerti derivanti da attività di demolizione ed in particolare coppi, mattoni, ritagli di guaina bituminosa e parti in calcestruzzo . pag.3 sent. . 3.A norma dell'articolo 183 comma 1 lett.p D.L.vo 152/2006, come modificato dall'articolo 2 comma 20 D.L.vo numero 4/2008, che aveva novellato l'articolo 183 del D.L.vo 152/2006, erano sottoprodotti le sostanze ed i materiali secondo i seguenti criteri, requisiti e condizioni a siano originati da un processo non direttamente destinato alla loro produzione b il loro impiego sia certo fin dall'inizio ed integrale ed avvenga direttamente nel corso dei processo di produzione o di utilizzazione preventivamente individuato e definito c soddisfi i requisiti merceologici e di qualità ambientale idonei a garantire che il loro impiego non dia luogo ad emissioni e ad impatti ambientali qualitativamente e quantitativamente diversi da quelli autorizzati per l'impianto dove sono destinati ad essere utilizzati d non debbano essere sottoposti a trattamenti preventivi per soddisfare i requisiti merceologici e di qualità di cui al punto c e abbiano un valore economico di mercato . II D.L.vo 3 dicembre 2010 numero 205 ha introdotto, nel D.L.vo 152/2006, l'articolo 184 bis secondo cui è da considerare sottoprodotto e non un rifiuto ai sensi dell'articolo 183 comma 1 lett.a , qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfi tutte le seguenti condizioni a la sostanza o l'oggetto è originato da un processo di produzione di cui costituisce parte integrante e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto b è certo che la sostanza o l'oggetto sarà utilizzato nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione da parte del produttore o di terzi c la sostanza o l'oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale d l'ulteriore utilizzo è legale ossia la sostanza o l'oggetto soddisfa per l'utilizzo specifico tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell'ambiente e non porterà ad impatti complessivi negativi sull'ambiente o la salute umana. 3.1.La giurisprudenza di questa Corte ha, costantemente, ribadito che _ai fini della qualificazione di una sostanza o di un materiale quale sottoprodotto ai sensi dell'articolo 183 lett.p D.L.gs.3 aprile 2006 numero 152, come modificato dal D.L.gs. 16 gennaio 2008 numero 4, le cinque condizioni previste dalla norma citata devono sussistere contestualmente cfr.Cass.penumero sez.3 numero 10711 del 28.1.2009 . E' inoltre necessario che le sostanze o i materiali non siano sottoposti ad operazioni di trasformazione preliminare articolo 183, comma primo lett.p D. L.vo 3 aprile 2006 numero 152, come modif.dal D.L.vo 16.1.2008 numero 4 , in quanto tali operazioni fanno perdere al sottoprodotto la sua identità e sono necessarie per il successivo impiego in un processo produttivo o per il consumo cfr. cass.sez.3 numero 14323 del 4.12.2007-depo 7.4.2008 . Infine, incombe sull'interessato, anche successivamente alla modifica dell'articolo 183 comma primo Iet.p D.L.gs. numero 152/2006 ad opera del D.Lgs.numero 4 del 2008, l'onere di fornire la prova che un determinato materiale sia destinato con certezza e non come mera eventualità, ad un ulteriore utilizzo cfr.Cass.penumero sez.3 numero 41836 del 30.9.2008 . I principi sopra richiamati, debbono ritenersi validi pure alla luce della disciplina contenuta nell'articolo 184 bis. 3.2. E, palesemente, nel caso di specie, non può parlarsi di sottoprodotto, non ricorrendo tutte le condizioni richieste dalla norma. Si è, infatti, affermato che integra il reato previsto dall'articolo 256 D.L.vo 152/2006 l'abbandono incontrollato di residui da demolizione, che vanno qualificati come rifiuti speciali e non materie prime secondarie o sottoprodotto nel caso di specie non risultava che il materiale depositato, pietrame, impianti elettrici ed igienici-sanitari, fosse destinato, fin dalla sua produzione, all'integrale riutilizzo per la riedificazione senza trasformazioni preliminari o compromissione della qualità ambientale - Cass. sez. 3 numero 17823 dei 17/1/2012 e che integra il reato in questione il reimpiego di materiale inerte derivante dall'attività di scarifica dl manto stradale nel processo produttivo di conglomerato bituminoso, non potendo lo scarificato essere qualificato come sottoprodotto ai sensi dell'articolo 184 bis, neppure all'esito della modifica introdotta dall'articolo 12 D.L.vo 3/12/2010 numero 205 e che i fanghi di cemento ottenuti dal lavaggio delle betoniere sono qualificabili come rifiuti e non rientrano nella categoria dei sottoprodotti di cui all'articolo 184 bis D.Lvo. 152/2006, trattandosi di materiale non provenienti da un processo produttivo, ma da sottoporre per l'eventuale utilizzo ad ulteriore trattamento di pulitura diverso dalla normale pratica industriale cass. sez. 3 numero 42338 del 9/7/2013 e che non possono essere qualificati come sottoprodotto i residui da demolizione, quando non siano destinati, sin dalla loro produzione, all'integrale riutilizzo senza trasformazioni preliminari o compromissione della qualità ambientale Cass. sez.3 numero 3202 dei 2/10/2014 . 3.3.II Tribunale ha fatto corretta applicazione di tali principi, evidenziando che il materiale trasportato nell'area, come in precedenza descritto, abbisognasse, comunque, per essere reimpiegato di trasformazioni preliminari, mediante frantumazione. Operazione questa non rientrante nella normale pratica industriale e che già di per sé rendeva il materiale stesso non qualificabile come sottoprodotto. Inoltre non era stata fornita alcuna allegazione in ordine alla rispondenza della destinazione agli standard merceologiche e alle norme tecniche pag.4,5 . La giurisprudenza richiamata dal ricorrente Cass. sez.3 numero 41331/2008 riguarda, invece, le terre e le rocce da scavo, che non sono certo equiparabili agli inerti derivanti da demolizioni di fabbricati. Il materiale proveniente dalle attività di scavo era escluso dalla disciplina sui rifiuti alle condizioni stabilite con l'articolo 1 comma 17-19 della legge 21 dicembre 2001 numero 443, che interpretava autenticamente sia il comma 3 lett.b dell'articolo 7 dei decreto Ronchi, che l'articolo 8 lett.f bis del menzionato decreto, lettera inserita con l'articolo 10 comma 1 legge 23 marzo 2001 numero 93. La non assimilazione degli inerti derivanti da demolizione di edifici o da scavi di strade alle terre e rocce da scavo è stata ribadita con il decreto legislativo numero 156 dei 2006-articolo 186 cfr.Cass.penumero sez.3 numero 103 dei 15.1.2008-Pagliaroli . Lo scavo, infatti, ha per oggetto il terreno, mentre la demolizione ha per oggetto un edificio o, comunque, un manufatto costruito dall'uomo Cass.sez. 3 numero 37280 dei 12.6.2008 . 4. Non c'è dubbio che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, indicata anche nel ricorso Cass. sez. 3 numero 32158 dei 1/7/2002 Cass. sez.3 numero 36406 dei 26/6/2013 , la mera titolarità dell'area, pur nella consapevolezza da parte dei proprietario dell'abbandono di rifiuti, non sia sufficiente per affermare la penale responsabilità dello stesso, dal momento che la condotta omissiva può dar luogo ad ipotesi di responsabilità soltanto quando ricorra l'obbligo giuridico di impedire l'evento ex articolo 40 cpv. cod.penumero Ma, nella fattispecie in esame, li ricorrente non è stato certamente ritenuto responsabile per il solo fatto di aver tollerato e, comunque, per non aver impedito. il deposito dei rifiuti. Allo Z. si contesta di aver concorso con il coimputato nel trasporto e nel deposito dei materiale. Egli era, invero, oltre che proprietario dell'area, anche committente delle opere di costruzione che dovevano essere ivi realizzate era, quindi, interessato alla realizzazione della stradina attraverso lo sbriciolamento degli inerti trasportati per consentire il transito dei furgoni impegnati nel cantiere pag.5 sent. . P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.