Se il difensore appella tardivamente si tratta di falsa rappresentazione della realtà

Il mancato o inesatto adempimento da parte del difensore di fiducia dell’incarico di proporre impugnazione, a qualsiasi causa ascrivibile, non è idoneo ad integrare le ipotesi di caso fortuito e di forza maggiore, poiché consiste in una falsa rappresentazione della realtà, superabile mediante la normale diligenza ed attenzione.

Questo il consolidato e maggioritario orientamento al quale la Corte di Cassazione ha deciso di dare continuità nella sentenza n. 16066, depositata il 17 aprile 2015. Il fatto. Il gup presso il Tribunale di Roma, all’esito di giudizio abbreviato, dichiarava due imputati responsabili del reato di rapina pluriaggravata in concorso. Gli appelli proposti contro tale pronuncia venivano dichiarati inammissibili, essendo stati proposti, nell’interesse dei due imputati, oltre il termine di 45 giorni previsto dalla legge. Contro tale provvedimento propongono, distinti ma omologhi, ricorsi per cassazione i due imputati, sostenendo che la tardività della proposizione dei gravami doveva essere giustificata con l’errore e la negligenza del difensore che aveva ritenuto l’applicabilità della sospensione dei termini feriali anche al periodo indicato dal giudice di primo grado per la redazione della sentenza. Omesso adempimento da parte del difensore dell’incarico di proporre impugnazione. Il Collegio ritiene tali ricorsi infondati, condividendo il consolidato orientamento della Corte di legittimità, in base al quale il mancato o inesatto adempimento da parte del difensore di fiducia dell’incarico di proporre impugnazione, a qualsiasi causa ascrivibile, non è idoneo ad integrare le ipotesi di caso fortuito e di forza maggiore, poiché consiste in una falsa rappresentazione della realtà, superabile mediante la normale diligenza ed attenzione . Non può nemmeno essere esclusa, si precisa, in via presuntiva, la sussistenza di un onere dell’assistito di vigilare sull’esatta osservanza dell’incarico conferito . Dando continuità a tale orientamento, il Collegio non ignora l’esistenza di una diversa e minoritaria giurisprudenza in base alla quale è illegittimo il diniego della richiesta di restituzione in termini per la presentazione dei motivi d’appello, quando l’omesso adempimento dell’incarico di proporre impugnazione da parte del difensore di fiducia, non attivatosi contrariamente alle aspettative dell’imputato, sia stato determinato da una situazione di imprevedibile ignoranza della legge processuale penale, tale da configurare un’ipotesi di caso fortuito o forza maggiore . Anche volendo dar seguito a tale minoritario orientamento, osserva il Collegio, nel caso di specie non ricorrono le condizioni richieste dalla giurisprudenza, perché manca del tutto la prova dell’esistenza di contrarie aspettative da parte degli imputati. Il Collegio sottolinea, altresì, come in applicazione del principio di ragionevole durata del processo, è imposto un onere di diligenza di tutte le parti processuali, gravante quindi sia sul difensore, che deve essere tecnicamente preparato, che sull’imputato, il quale non può nominare un legale e poi disinteressarsi del processo, ma deve vigilare sull’operato del professionista. Per tali ragioni, la S.C. dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 2 – 17 aprile 2015, n. 16066 Presidente Petti – Relatore Pellegrino Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 16.07.2013, il giudice per l'udienza preliminare presso il Tribunale di Roma, all'esito di giudizio abbreviato, dichiarava C. N. e H. J. responsabili del reato di rapina pluriaggravata in concorso e, per l'effetto, lì condannava alla pena di anni tre, mesi otto di reclusione ed euro 1.200,00 di multa ciascuno. 1.1. La sentenza veniva pronunciata alla presenza di H. J. e dei suo difensore ed in assenza di C. N. essendo invece presente il suo difensore in dispositivo, il giudice indicava il termine di novanta giorni per il deposito della sentenza, depositata il successivo 27.09.2013. 2. Gli appelli venivano proposti nell'interesse dei due imputati, con atti depositati presso la cancelleria del Tribunale di Roma in data 13.02.2014, oltre il termine di quarantacinque giorni previsto dall'art. 585, comma 1 lett. c cod. proc. pen. che, nella fattispecie, era già spirato per l'H. il 28.11.2013 e per il C., al quale l'estratto contumaciale della sentenza di primo grado era stato notificato il 20.11.2013, il 04.01.2014 da qui la declaratoria di inammissibilità degli atti di gravame. 2.1. Avverso li provvedimento de quo, H. J. e C. N. propongono distinti, ma sostanzialmente omologhi, atti di ricorso per cassazione evidenziando come la tardività della proposizione dei gravami doveva giustificarsi con l'errore e la negligenza del difensore avv. A. R., difensore - peraltro - formalmente officiato dal solo H., essendo il C. assistito dall'avv. F. N. che avrebbe impugnato la sentenza secondo le direttive dell'avv. R. che aveva ritenuto l'applicabilità della sospensione dei termini feriali anche al periodo indicato dal giudice di primo grado per la redazione della sentenza ed aveva depositato l'impugnazione come se la sospensione fosse applicabile situazione che aveva determinato una situazione assimilabile al caso fortuito e che non poteva risolversi a carico degli incolpevoli assistiti. Considerato in diritto 1. I ricorsi sono entrambi manifestamente fondati e, come tali, risultano inammissibili. 2. Rileva il Collegio come, a fronte di due isolate pronunce della giurisprudenza di legittimità Sez. 6, sent. n. 35149 del 26/06/2009, dep. 10/09/2009, A., Rv. 244871 Sez. 2, sent. n. 31680 del 14/07/2011, dep. 09/08/2011, Lan, Rv. 250747 secondo cui sarebbe da ritenersi illegittimo il diniego della richiesta di restituzione in termini per la presentazione dei motivi di appello ex art. 175 cod. proc. pen., quando l'omesso adempimento dell'incarico di proporre impugnazione da parte del difensore di fiducia, non attivatosi contrariamente alle aspettative dell'imputato, sia stato determinato da una situazione di imprevedibile ignoranza della legge processuale penale, tale da configurare un'ipotesi di caso fortuito o forza maggiore, si contrappone - altro e consolidato - orientamento, che il Collegio condivide e fa proprio, secondo cui il mancato o inesatto adempimento da parte dei difensore di fiducia dell'incarico dì proporre impugnazione, a qualsiasi causa ascrivibile, non è idoneo ad integrare le ipotesi di caso fortuito e di forza maggiore - che si concretano in forze impeditive non altrimenti vincibili, le quali legittimano la restituzione in termini - poiché consiste in una falsa rappresentazione della realtà, superabile mediante la normale diligenza ed attenzione. Né può essere esclusa, in via presuntiva, la sussistenza di un onere dell'assistito di vigilare sull'esatta osservanza dell'incarico conferito, nelle ipotesi in cui il controllo sull'adempimento defensionale non sia impedito al comune cittadino da un complesso quadro normativo cfr., ex multis, Sez. 5, sent. n. 43277 del 06/07/2011, dep. 22/11/2011, Mangano e altro, Rv. 251695, in cui il difensore aveva ritenuto che il termine per il deposito della motivazione rimanesse sospeso nel periodo feriale Sez. 4, sent. n. 20655 del 14/03/2012, dep. 28/05/2012, Ferioli, Rv. 254072 Sez. 3, sent. n. 39437 del 05/06/2013, dep. 24/09/2013, Leka, Rv. 257221 . 3. Il Collegio intende dare continuità a detto orientamento, pur non ignorando - come detto - l'esistenza di una diversa e minoritaria giurisprudenza secondo cui è illegittimo il diniego della richiesta di restituzione in termini per la presentazione dei motivi di appello ex art. 175 cod. proc. pen., quando l'omesso adempimento dell'incarico di proporre impugnazione da parte dei difensore di fiducia, non attivatosi contrariamente alle aspettative dell'imputato, sia stato determinato da una situazione di imprevedibile ignoranza della legge processuale penale, tale da configurare un'ipotesi di caso fortuito o forza maggiore. 3.1. In ogni caso, non ricorrono nella fattispecie le condizioni richieste da tale giurisprudenza perché manca dei tutto la prova dell'esistenza di contrarie aspettative da parte degli imputati aspettative, cioè, di una tempestiva impugnazione da parte dei loro difensore, peraltro - come si è detto - formalmente officiato da uno solo dei due . 3.2. Né la legittimazione ad opposta conclusione può essere tratta dalla giurisprudenza CEDU, che deve essere interpretata e calata nella realtà dell'ordinamento processuale italiano. In tale contesto, la giurisprudenza sovranazionale considera ineffettiva la difesa solo dopo avere giudicato il processo nel suo complesso e non con riferimento ad un singolo atto. Inoltre, il principio di ragionevole durata dei processo impone un onere di diligenza delle parti processuale, gravante sia sul difensore, che deve essere tecnicamente preparato, che sull'imputato, il quale non può nominare un legale e disinteressarsi dei processo, ma è chiamato, pur dopo il conferimento dei mandato fiduciario, a vigilare sull'operato dei professionista soprattutto nei momenti più significativi come quello dell'impugnazione. 4. Ne consegue l'inammissibilità dei ricorsi e, per il disposto dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in euro 1.000,00 per ciascuno P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.