Sequestro preventivo se la libera disponibilità dell’immobile abusivo incide sul carico urbanistico

Il sequestro preventivo di cose pertinenti al reato può essere adottato anche su un immobile abusivo già ultimato e rifinito in quanto la libera disponibilità di esso possa concretamente pregiudicare gli interessi attinenti alla gestione del territorio ed incidere sul carico urbanistico.

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza n. 15253, depositata il 14 aprile 2015. Il fatto. La vicenda trae origine dal ricorso per cassazione proposto contro l’ordinanza con la quale il Tribunale del riesame di Latina rigettava la richiesta di riesame avverso il decreto di sequestro preventivo ex art. 321, comma 1, c.p.p., emesso nei confronti di due imputati per il reato di lottizzazione abusiva. Il requisito del periculum in mora. In questa sede ci soffermeremo solo sulle censure in ordine alla sussistenza del requisito del periculum in mora ritenute dal Collegio fondata e, dunque, meritevoli di accoglimento. Il Collegio ricorda sul punto quanto posto in rilievo più volte dalla Corte di legittimità, e cioè che è legittimo il sequestro preventivo di un manufatto abusivo già ultimato allorquando, pur cessata la permanenza, le conseguenze lesive della condotta sul bene protetto possano perdurare nel tempo, sempre che il pericolo degli effetti pregiudizievoli del reato presenti il requisito della concretezza . Viene, poi, aggiunto che il sequestro preventivo di cose pertinenti al reato può essere adottato anche su un immobile abusivo già ultimato e rifinito in quanto la libera disponibilità di esso possa concretamente pregiudicare gli interessi attinenti alla gestione del territorio ed incidere sul carico urbanistico . Tale pregiudizio deve essere valutato avendo riguardo agli indici della consistenza dell’insediamento edilizio, del numero dei nuclei familiari, della dotazione minima degli spazi pubblici per abitare nonché della domanda di strutture e di opere collettive. Nel caso di specie, osserva il Collegio, non c’è dubbio che i lavori in oggetto fossero ultimati da tempo al momento del sequestro. Dunque, ciò che viene in rilievo è l’aspetto del periculum nei termini sopra ricordati e dati dalla necessità di un incremento del carico urbanistico. L’ordinanza impugnata sul punto in questione risulta essere solo apparentemente motivata, pertanto, la S.C. ha deciso per il suo annullamento con rinvio al Tribunale di Latina perché proceda ad una nuova valutazione del requisito del periculum che tenga conto, ai fini dell’incremento del carico urbanistico e, conseguentemente, del pregiudizio per gli interessi attinenti alla gestione del territorio tale da giustificare la misura cautelare, dei termini di raffronto ricordati.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 10 marzo – 14 aprile 2015, n. 15253 Presidente Fiale – Relatore Andreazza Ritenuto in fatto 1. C.A. e Ch.Er.Al. hanno proposto ricorso avverso la ordinanza con cui il Tribunale del riesame di Latina ha rigettato la richiesta di riesame avverso il decreto di sequestro preventivo ex art. 321, comma 1, c.p.p., dell'intera struttura turistico ricettiva denominata Hotel omissis in relazione al reato di cui agli artt. 30 e 44 lett. c del d.P.R. n. 380 del 2001. 2. Con un primo motivo lamentano la violazione dell'art. 321 c.p.p. per insussistenza dei presupposti per l'adozione del sequestro preventivo e degli artt. 30 e 44 del d.P.R. n. 380 del 2001 nonché di altre norme lamentano, altresì, la nullità dell'ordinanza per mera apparenza della motivazione e travisamento della prova. Premessi alcuni richiami all'orientamento giurisprudenziale di legittimità secondo cui il giudice del riesame non può avere riguardo alla sola astratta configurabilità del reato ma deve tenere conto delle concrete risultanze processuali e dell'effettiva situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti, rilevano come l'ordinanza impugnata esordisca con un'affermazione del tutto priva di riscontri in atti, ovvero che nel procedimento n. 2192 del 2008, definito con la sentenza n. 845 del 2012 del Tribunale di Latina, non siano stati contestati tutti i lavori eseguiti in forza del permesso di costruire n. 83 del 2004, lavori che, quindi, giustificherebbero e renderebbero tuttora punibile la lottizzazione abusiva materiale di cui al procedimento in oggetto. In particolare il Tribunale non ha specificato in alcun modo quali sarebbero i presunti ulteriori lavori abusivi che differenzierebbero il fatto contestato nel procedimento penale definito in primo grado da quello di cui al provvedimento impugnato tanto più avendo l'originario decreto di sequestro elencato gli stessi e identici lavori già oggetto del procedimento definito in primo grado. 2.1. Rilevano inoltre come, pur avendo il Tribunale correttamente enunciato il principio per cui il reato di lottizzazione abusiva ingloberebbe in un unico illecito abusi che si verifichino anche a distanza di tempo l'uno dall'altro purché eseguiti nell'ambito di un unitario piano di lottizzazione, non ha in alcun modo chiarito quali furono gli iniziali atti di frazionamento delle prime opere di lottizzazione e chi e quando realizzò detti interventi. Al contrario, avendo lo stesso Tribunale affermato che i lavori iniziali vennero eseguiti in epoca risalente da persone diverse dagli attuali ricorrenti, a questi ultimi, a distanza ormai di 50 anni, sono attribuite responsabilità in termini di lottizzazione abusiva per presunte illegittimità derivanti da un unitario piano lottizzatorio assolutamente non riconducibile agli stessi e comunque sanate con il provvedimento di condono n. 5 del 1992, previa acquisizione di tutti i pareri ambientali occorrenti. Anche l'affermazione secondo cui la concessione in sanatoria del 1992 sarebbe illegittima sulla base di una assoluta inedificabilità della zona all'epoca asseritamente esistente, con conseguente illegittimità derivata dei permessi di costruire rilasciati ai ricorrenti 12 anni dopo, sarebbe erronea alla luce dell'art. 32, comma 2, lett. c della l.n. 47 del 1985 secondo cui sono suscettibili di sanatoria le opere insistenti su aree vincolate dopo la loro esecuzione salvo che le opere stesse non costituiscano minaccia alla sicurezza del traffico. In ogni caso, mentre la struttura sarebbe stata realizzata prima del 1980, il vincolo è stato imposto dal piano regolatore nel 1984 e, dunque, successivamente alla realizzazione dell'opera. Inoltre, essendo l'edificio ubicato 5 metri oltre la distanza minima di 15 metri rispetto al nastro stradale fissata da circolare dei lavori pubblici, l'opera sarebbe comunque stata sanabile. In definitiva assumono come la legittimità della concessione n. 5 del 1992 non possa essere seriamente contestata. La contestata lottizzazione sarebbe comunque insussistente posto che la stessa sarebbe stata già consumata all'epoca della trasformazione attuata da A. prima e da M. successivamente con la realizzazione del ristorante - bar - discoteca, mancando quindi l'essenziale presupposto della sussistenza di area non urbanizzata o solo parzialmente urbanizzata suscettibile di essere trasformata in area urbanizzata. In altri termini la struttura turistico - ricettiva non ha mai avuto in precedenza una destinazione agricola essendo stata sanata nel suo complesso proprio in ragione della sua originaria consistenza e classificazione turistico - produttiva - commerciale. Conseguentemente è necessario confrontare la destinazione successiva alla trasformazione con quella dei manufatti e delle relative aree pertinenziali già oggetto di condono e non con quella della zona all'interno della quale la struttura stessa è ubicata come invece ha fatto il Tribunale. In conclusione, atteso che il piano regolatore del Comune di Sperlonga ebbe ad entrare in vigore dopo la data di ultimazione delle opere abusive, e che, per effetto del permesso di costruire n. 83 del 2004, il ristorante e tutte le altre strutture accessorie divennero legittime strutture e pertinenze dell'albergo e che le superfici globali dell'intero compendio immobiliare sono rimaste praticamente le medesime di molti anni prima, deve ritenersi insussistente l'elemento soggettivo del reato ipotizzato, poiché nessun disegno unitario di lottizzazione abusiva potrebbe essere ascritto ai ricorrenti in termini di dolo o di colpa. 2.2. Quanto alla contestata violazione dell'art. 55 della legge regionale Lazio n. 38 del 1999 attinente alla ristrutturazione degli edifici già esistenti in zona agricola e necessari alla conduzione del fondo per l'esercizio di attività agricole e di quelle ad esse connesse, precisa come detta norma sia inapplicabile alla fattispecie giacché la struttura omissis non è mai stata qualificata come edificio residenziale esistente in zona agricola ma come un differente compendio immobiliare interamente produttivo e commerciale. Con riguardo poi al periculum in mora ravvisato nell'ordinanza impugnata contesta che il Tribunale non abbia considerato la certificazione di idoneità igienico sanitaria, il certificato di agibilità e la documentazione fotografica allegata alla richiesta di riesame, documenti tutti che avrebbero ulteriormente dimostrato che la trasformazione da ristorante ad albergo non ebbe a determinare alcun mutamento della sua destinazione d'uso, rientrando sempre nella categoria assimilata agli impianti produttivi. 3. Con un secondo motivo lamentano la violazione degli artt. 157 c.p. e 44 del d.P.R. n. 380 del 2001 con riferimento all'individuazione del momento consumativo della lottizzazione abusiva e della conseguente prescrizione del reato. In particolare sia la richiesta di sequestro che il decreto hanno eluso ogni specificazione della data di ultimazione dei manufatti sottoposti a sequestro fondando l'asserita permanenza del reato sul loro utilizzo. Rilevano tuttavia che secondo il costante indirizzo di illegittimità la durata nel tempo della contravvenzione di lottizzazione abusiva comprende l'attività negoziale e di edificazione frazionata e progressiva fino al momento consumativo costituito dalla realizzazione dell'ultima opera, sia essa una costruzione abusiva oppure un'opera di urbanizzazione primarie o secondarie. Ciò posto, con la richiesta di riesame si era dedotto che non risultava alcuna realizzazione di opere in epoca successiva al 4 giugno 2010, ovvero a meno di quattro anni dalla data del sequestro mentre il tribunale del riesame ha dedotto che l'edificazione sarebbe proseguita successivamente sulla base dei due accertamenti effettuati nelle giornate del 10 novembre 2010 e 14 ottobre 2011, tale affermazione, tuttavia, essendo un evidente travisamento della prova. Infatti nel fascicolo delle indagini preliminari non si rinvengono né il verbale del 10 novembre 2010 né quello del 14 ottobre 2011. In ogni caso, come è evincibile dalla consulenza tecnica del P.M. in atti l'edificazione delle opere accertate nel sopralluogo del 14 ottobre 2011 era già stata accertata in data 10 novembre 2010. Anche dalla sentenza del tribunale di Latina del 2 luglio 2012 risulta che tutti i manufatti sottoposti a sequestro sono stati edificati e ultimati in epoca precedente il 4 giugno 2010. Anche la chiusura con tende a vetro in luogo di tende in materiale plastico non potrebbe avere alcuna rilevanza ai fini dell'individuazione del momento consumativo della contravvenzione di lottizzazione abusiva. 4. Con un terzo motivo lamentano l'erronea applicazione dell'articolo 44 lett. c del d.p.r. 380 del 2001 a causa della violazione della riserva salvo che il fatto costituisca più grave reato . Infatti, ove anche l'ultimo episodio della ipotetica lottizzazione abusiva fosse stata la apposizione delle tende in vetro in luogo di quelle plastica, lo stesso sarebbe stato comunque già giudicato in primo grado dal Tribunale di Latina in termini di delitto ai sensi dell'art. 181, comma 1 bis, del d.lgs. n. 42 del 2004 con conseguente esclusione della configurabilità della contravvenzione di lottizzazione abusiva. 5. Con un ultimo motivo infine lamentano la violazione dell'art. 104 bis disp. att. c.p.p. e dell'art. 259 c.p.p Infatti, poiché la struttura hotel omissis viene a coincidere o comunque è legata da nesso di pertinenzialità con l'azienda turistico ricettiva hotel omissis che occupa 14 dipendenti, lamenta come nessuna prescrizione sia stata adottata dal G.i.p. per la conservazione e l'amministrazione dell'azienda e il mantenimento dei relativi livelli occupazionali nelle more del procedimento penale, ciò avendo determinato l'effetto irreversibile della cessazione dell'azienda sulla base del provvedimento cautelare. Alla luce della giurisprudenza costante di legittimità, infatti, sarebbe stato necessario nominare un amministratore giudiziario in ogni caso il provvedimento avrebbe completamente omesso di motivare in ordine alla omessa adozione delle prescrizioni per garantire la prosecuzione dell'azienda non sequestrata ai sensi dell'articolo 259 c.p.p 6. In data 20/2/2015 hanno presentato motivi definiti come nuovi. Con il primo, in realtà ripropositivo del primo originario motivo di ricorso, ribadiscono l'identità del fatto oggetto del procedimento con quello già vagliato dal Tribunale di Latina e dalla Corte d'Appello di Roma con sentenza in data 07/10/2014 mentre con il secondo viene riproposto l'assunto del secondo originario motivo in ordine alla insussistenza di un intervenuto cambio di destinazione d'uso quale che sia la classificazione delle destinazioni d'uso che si voglia adottare si evidenzia in ogni caso l'ulteriore violazione dell'articolo 23 ter del d.P.R. 380 del 2001 secondo cui il mutamento della destinazione d'uso all'interno della stessa categoria funzionale è sempre consentito sicché ove anche si ritenesse che gli interventi abbiano comportato un mutamento di destinazione d'uso, lo stesso non rileverebbe sul piano penale posto che una struttura adibita al ristorante bar discoteca appartiene alla medesima categoria funzionale di una struttura alberghiera. 7. È infine pervenuta, in data 04/02/2015, memoria di tale T.C. , che, qualificandosi come parte offesa danneggiata dalla lottizzazione abusiva contestata, ha insistito nella conferma del sequestro preventivo allegando copia di sentenza della Corte d'Appello di Roma del 07/10/2014. Considerato in diritto 8. Il ricorso è fondato unicamente con riguardo alle censure in ordine al requisito del periculum in mora . Quanto al primo profilo di doglianza sollevato con il primo motivo, ripreso anche, con riguardo ad una specifica condotta, dal terzo motivo, relativo alla circostanza che i fatti per i quali il sequestro è stato adottato sarebbero i medesimi già contestati nel procedimento n. 2192/2008 per i quali sono intervenute, dapprima, sentenza di condanna del Tribunale di Latina del 02/07/2012 e, successivamente, sentenza della Corte d'Appello di Roma del 07/10/2014, di talché sussisterebbe un bis in idem ostativo alla configurabilità del reato e, conseguentemente, alla adottabilità della misura reale, lo stesso è infondato. Anche a non disconoscersi che il presupposto storico - fattuale del presente procedimento coincida con le condotte poste in essere nel procedimento già definito in grado di appello, non può non osservarsi che, come già puntualizzato dall'ordinanza impugnata, mentre nel procedimento n. 2192/08 sono stati contestati i singoli abusi edilizi, nel procedimento in oggetto appare invece contestata la condotta lottizzatoria, fattualmente e giuridicamente ben distinta rispetto alle condotte che, pure, come appena detto, ne rappresentano in qualche modo il presupposto necessario. E, del resto, ove anche i fatti materiali fossero i medesimi, va ricordato come anche di recente si sia riaffermato come il principio del ne bis in idem impedisca al giudice di procedere contro la stessa persona per il medesimo fatto su cui si è formato il giudicato, ma non di prendere in esame lo stesso fatto storico e di valutarlo in riferimento a diverso reato, dovendo la vicenda criminosa essere valutata alla luce di tutte le sue implicazioni penali da ultimo, Sez. I, n. 12943 del 29/01/2014, Bausone, Rv. 260133 Sez. 2, n. 51127 del 28/11/2013, P.G. in proc. Ayachi ed altro, Rv. 258222 . Così come è di costante affermazione il principio secondo cui la preclusione di cui all'art. 649 c.p.p. non può essere invocata qualora il fatto, in relazione al quale sia già intervenuta una pronuncia irrevocabile, configuri un'ipotesi di concorso formale di reati, in quanto la condotta, già definitivamente valutata in un precedente giudizio penale, può essere riconsiderata come elemento di fatto e inquadrata, con valutazione diversa o anche alternativa, in una più ampia fattispecie incriminatrice tra le altre, Sez. 6, n. 1157 del 09/10/2007, Nocchiero, Rv. 238442 . E, nella specie, non potrebbe esservi dubbio, attesa anche la diversa oggettività giuridica, sulla configurabilità del concorso tra il reato di mera edificazione abusiva, od anche il reato di cui all'art. 181, comma 1 bis, del d.lgs. n. 42 del 2004, ed il reato di lottizzazione abusiva che è connotato dalla lesione del bene giuridico protetto dall'art. 30 del d.P.R. n. 380 del 2001 che è non solo quello dell'ordinata pianificazione urbanistica e del corretto uso del territorio, ma anche e soprattutto quello relativo all'effettivo controllo del territorio da parte del soggetto titolare della stessa funzione di pianificazione - cioè del comune - al quale spetta di vigilare sul rispetto delle vigenti prescrizioni urbanistiche, con conseguente legittima repressione di qualsiasi intervento di tipo lottizzatorio, non previamente assentito cfr., Sez. 3, n. 9307 del 24/02/2011, Silvestro e altra, Rv. 249763 . Va rammentato ancora come la giurisprudenza di questa Corte abbia da tempo elaborato una ormai consolidata descrizione generale dell'attività lottizzatoria v., ad es. SS. UU., n. 5115/02 del 28/11/2001, Salvini, Rv.220708 e, tra le più recenti, Sez. 3 n. 24096 del 07/03/2008, Desimine e altri, Rv.240726 Sez.3, n. 37472 del 26/06/2008, Belloi e altri, Rv. 241101 Sez.3, n. 39078 del 13/07/2009, Apponi e altro, Rv. 245345 che può dirsi configurata attraverso qualsiasi utilizzazione del suolo che, indipendentemente dalla entità del frazionamento fondiario e dal numero dei proprietari, preveda la realizzazione contemporanea o successiva di una pluralità di edifici a scopo residenziale, turistico o industriale, che postulino l'attuazione di opere di urbanizzazione primaria o secondaria, occorrenti per le necessità dell'insediamento ciò in presenza di un intervento sul territorio tale da comportare una nuova definizione dell'assetto preesistente in zona non urbanizzata o non sufficientemente urbanizzata, per cui esiste la necessità di attuare le previsioni dello strumento urbanistico generale attraverso la redazione e la stipula di una convenzione lottizzatoria adeguata alle caratteristiche dell'intervento di nuova realizzazione e ciò allorquando detto intervento non potrebbe essere in nessun caso realizzato, poiché, per le sue connotazioni oggettive, si pone in contrasto con previsioni di zonizzazione e/o localizzazione dello strumento generale di pianificazione, che non possono essere modificati da piani urbanistici attuativi. 9. Con riguardo poi al secondo complessivo profilo di doglianza, l'ordinanza ha spiegato che gli iniziali lavori, per i quali venne richiesta e ottenuta concessione edilizia in sanatoria nel 1992, posti in essere da terzi segnatamente la allora proprietaria società Tiberiade di M.G. ebbero a riguardare terreni ricadenti, giusta il Prg di Sperlonga del 20/11/1984, in parte in zona E sottozona E 2 agricola di salvaguardia ambientale e in parte in zona, ricadente sotto il disposto dell'art. 40 N.t.a. del P.r.g., di inedificabilità assoluta. Sicché, in disparte qui ogni questione circa la legittimità o meno della concessione in sanatoria del 1992, allorquando, ha proseguito l'ordinanza, gli odierni ricorrenti ebbero ad effettuare le ulteriori opere ovvero quelle che, come si vedrà oltre, hanno comportato la protrazione delle condotte lottizzatone sino a tempi secondo l'ordinanza non compatibili con l'eccezione di prescrizione sollevata dai ricorrenti , il lotto continuava ad essere sottoposto in parte a destinazione urbanistica agricola E 2 e per la restante parte a vincolo di inedificabilità assoluto senza che i lavori siano stati resi regolari, agli effetti della lottizzazione contestata, dai due permessi a costruire n. 83 del 2004 e n. 52 del 2005 e ciò perché, da un lato, si sarebbe trattato di interventi di nuova costruzione in difformità rispetto alla qualificazione formale di interventi di ristrutturazione di cui al primo permesso e di lavori in variante di cui al secondo con cui la struttura, aumentata sensibilmente nella superficie, venne trasformata in albergo, e, dall'altro, le concessioni sarebbero comunque state illegittime come già accertato nel procedimento definito in grado di appello perché contrastanti con la permanente destinazione urbanistica del lotto interessato quale zona a vincolo di inedificabilità assoluta e zona agricola E2 e con il P.r.g. che non consentiva, appunto, trasformazioni degli edifici in contrasto con le destinazioni di zona. Ora, se anche si convenisse con i ricorrenti sul fatto che il Piano regolatore di Sperlonga e le N.t.a. ebbero ad essere approvati nel 1994, con conseguente efficacia solo successiva alla ultimazione dell'originario edificio adibito a ristorante di proprietà A. , avvenuta, stando al ricorso, nel 1980 sì che, sotto tale profilo, la concessione in sanatoria del 1992, anch'essa anteriore alla approvazione degli strumenti, legittimamente non avrebbe considerato il vincolo di inedificabilità della zona e in particolare del lotto solo successivamente imposto , nondimeno i permessi a costruire del 2004 e del 2005 furono, evidentemente, illegittimamente rilasciati quanto meno senza cioè considerare gli aspetti intrinseci di provvedimenti sostanzialmente di nuova costruzione perché in contrasto con la destinazione urbanistica impressa dagli strumenti cfr., tra le altre, sulla illegittimità della concessione derivante dalla non conformità ai parametri di legalità urbanistica ed edilizia, Sez. 3, n. 41620 del 02/10/2007, Emelino, Rv. 237995 . Non è infatti condivisibile l'assunto, che appare fondare la sostanza delle argomentazioni del ricorso sul punto, secondo cui il solo fatto della realizzazione di struttura commerciale - turistica su zona solo successivamente qualificata come agricola e comunque di inedificabilità assoluta avrebbe, sol per questo, reso legittime, pur una volta approvati gli strumenti urbanistici, le ulteriori opere, tra l'altro comportanti la mutazione della destinazione d'uso della struttura da discoteca - ristorante in albergo. Né, anche al di là di eventuali statuizioni in senso contrario che fossero contenute negli stessi atti amministrativi, una licenza di effettuazione delle ulteriori opere poteva provenire dalla concessione in sanatoria del 1992, la cui efficacia, naturalmente circoscritta al solo profilo di conservazione delle opere già poste in essere, non poteva, ovviamente, significare impossibilità - per l'amministrazione di imprimere a quella zona la destinazione urbanistica ritenuta più adeguata a tutelare i pubblici interessi si veda, nel senso che con la sanatoria edilizia non può automaticamente essere variata la destinazione urbanistica del terreno dove insiste l'edificio condonato e nemmeno può ritenersi mutata la relativa normativa urbanistica , Cons. Stato Sez. V, n. 5117 del 12/03/2002 . Da ciò deriva anche la non sostenibilità della tesi della non applicabilità nella specie dell'art. 55 della legge regionale Lazio n. 38 del 1999 secondo cui nuove edificazioni in zona agricola sono consentite solo nei limiti in cui le stesse siano necessarie alla conduzione del fondo, all'esercizio dell'attività agricola e di quelle ad essa connesse, posto che, come appena detto, la realizzazione delle originarie opere non poteva comportare l’ affrancamento della zona interessata dalle destinazioni imposte con gli strumenti al contrario, la legittima qualificazione dell'area come agricola non poteva, ancora una volta, non impedire di qualificare come legittime le opere realizzate nel 2004 e 2005. 10. Le censure in ordine alla mancata considerazione della intervenuta prescrizione del reato, quale elemento evidentemente ostativo alla configurabilità del fumus commissi delicti , oggetto del secondo motivo di ricorso, sono inammissibili. Va ricordato che le ordinanze in materia cautelare reale sono ricorribili per cassazione unicamente per violazione di legge sì che ogni doglianza che attenga al percorso motivazionale del provvedimento resta al di fuori del perimetro dell'impugnabilità salvo non si versi in ipotesi di totale assenza della motivazione o di motivazione meramente apparente, perché sprovvista dei requisiti minimi per rendere comprensibile la vicenda contestata e l' iter logico seguito dal giudice nel provvedimento impugnato, in tal caso ricadendosi nell'ambito della violazione dell'art. 125 c.p.p. Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013, Gabriele, Rv. 254893 . Nella specie va escluso che la motivazione resa dall'ordinanza impugnata con riguardo alla non maturata prescrizione sia annoverabile in dette ultime ipotesi. I giudici del riesame hanno infatti posto in rilievo che nelle giornate del 10/11/2010 e del 14/10/2011 personale del Nipaf di Latina ebbe ad accertare la chiusura perimetrale del pergolato su tutti e tre i lati con infissi a tutta altezza in vetro ed alluminio scorrevoli all'interno di apposita guida hanno in particolare precisato che, mentre alla data del 10/11/2010, era stata accertata la chiusura con vetrata solo dei due lati del manufatto nonché la chiusura della copertura, alla data del 14/10/2011 era stata poi constatata la chiusura anche del terzo lato, ciò avendo comportato, in totale difformità rispetto al permesso a costruire n. 83 del 2004, un ampliamento della sala ristorante sempre alla data del 14/10/2011 era stata accertata anche la completa chiusura dei pergolati posti a copertura dei ballatoi prospicienti le camere da letto al piano I sottostrada. La stessa ordinanza impugnata ha poi esaustivamente spiegato perché la documentazione richiamata dalla Difesa non sarebbe idonea a dimostrare che tali lavori siano invece stati effettuati prima del 14/02/2007, risolvendosi l'affermazione in senso contrario dei ricorrenti in una diversa lettura degli atti di per sé non suscettibile, evidentemente, di integrare un preteso travisamento della prova. Allo stesso modo, anche l'assunto per cui l'installazione delle tende a vetro avrebbe soddisfatto un'esigenza di natura esclusivamente temporanea e gestionale e non invece determinato, come rilevato dal Tribunale, un ampliamento della struttura di significativa incidenza in una condotta di lottizzazione abusiva contrassegnata dalla trasformazione del bar-ristorante in struttura alberghiera in zona come già visto di sostanziale inedificabilità, si risolve in una questione fattuale tanto più inammissibile in quanto dedotta nell'ambito di una procedimento cautelare necessariamente contraddistinto dai limiti cognitivi più volte ricordati da questa Corte in particolare, va rammentato che, seppure la giurisprudenza di questa Corte abbia progressivamente affermato nel tempo la necessità, peraltro nella specie ben considerata dai giudici di Latina, che il Tribunale del riesame tenga conto anche delle concrete risultanze processuali e degli elementi forniti dalla Difesa, con essi avendo l'onere di confrontarsi da ultimo, Sez. 3, n. 19594 del 26/01/2011, Cinturino, non massimata sul punto Sez. 3, n. 6656 del 12/01/2010, Calvaruso, non massimata sul punto Sez.3, n. 27715 del 20/05/2010, Barbano, Rv.248134 , il giudizio in ordine alla misura cautelare reale resta pur sempre, in necessaria coerenza con la fase delle indagini preliminari, che è di delibazione non piena, ed in assenza del requisito della gravità indiziaria, un giudizio di apprezzamento della plausibile sussistenza del fatto si è, in particolare, specificato che la verifica delle condizioni di legittimità della misura cautelare reale, da parte del tribunale del riesame, non può tradursi in anticipata decisione della questione di merito concernente la responsabilità del soggetto indagato in ordine al reato oggetto di investigazione, ma deve limitarsi al controllo di compatibilità tra la fattispecie concreta e quella legale ipotizzata, mediante una valutazione prioritaria della antigiuridicità penale del fatto per tutte, Sez. U. n. 6 del 27/03/1992, Midolini, Rv. 191327 Sez. 5, n. 6252 del 19/11/1998, Pansini, Rv. 212511 . Diversamente, si finirebbe con lo utilizzare surrettiziamente la procedura incidentale di riesame per una preventiva verifica del fondamento dell'accusa, con evidente usurpazione di poteri che sono per legge riservati al giudice del procedimento principale cfr. Sez. 6, n. 316 del 04/02/1993, Francesconi, Rv. 193854 Sez. 3, 14 ottobre 1994 Petriccione, non massimata sul punto Sez.3, n. 1970 del 26 aprile 1996, Beltrami, non massimata sul punto . Né sono rilevabili, nel percorso argomentativo impiegato, affermazioni contra legem al contrario, esattamente l'ordinanza impugnata ha dato rilievo agli incrementi d'opera collocati da ultimo nel 2011 alla luce della giurisprudenza di questa Corte, ricordata del resto anche dai ricorrenti, secondo cui la contravvenzione di lottizzazione abusiva si protrae nel tempo fino al momento consumativo costituito dalla ultimazione dei manufatti che giunge a compimento solo con la ultimazione delle costruzioni, ovvero al momento di realizzazione dell'ultima opera, sia essa una costruzione abusiva oppure un'opera di urbanizzazione primaria o secondaria da ultimo, Sez. 3, n. 13840 del 21/01/2014, Finizio ed altri, non massimata Sez.3, n. 3703 del 23 novembre 1999, P.M. in proc. Scala R ed altro, Rv. 215056 . 11. Con riguardo all'ultimo motivo, volto a lamentare la mancata adozione di prescrizioni per la conservazione e l'amministrazione dell'azienda e il mantenimento dei relativi livelli occupazionali nelle more del procedimento penale, va precisato che la decisione di nominare un amministratore giudiziario ai sensi dell'art. 104 bis disp. att. c.p.p. per consentire la gestione e l'esercizio del complesso dei beni aziendali non è obbligatoria ma è rimessa alla sfera discrezionale del giudice. Questa Corte ha infatti posto in rilievo che con l'introduzione del menzionato art. 104 bis non si è in alcun modo sottratto al giudice il potere di privare il titolare della materiale disponibilità del bene, provvedendo in tal caso alla nomina di un custode, salvo ritenere che non sia necessario procedervi quando il bene non presenti particolari esigenze di conservazione e le esigenze cautelari risultino ugualmente garantite anche qualora lo stesso rimanga nella disponibilità di colui che lo detiene sia esso l'indagato o un soggetto terzo . Si è aggiunto che proprio il tenore letterale dell'art. 104 bis, che fa espresso riferimento all'istituto della custodia e dunque implicitamente proprio alla disciplina del citato art. 259 , è tale da dissolvere ogni residuo dubbio in proposito. La stessa disposizione facoltizza poi la gestione attiva, tra l'altro, dei beni di cui sia necessario assicurare l'amministrazione , rimettendo all'evidenza al giudice il compito di individuare in concreto quali beni richiedano un tale tipo di intervento Sez. 3, n. 13041 del 28/02/2013, Iaconisi, Rv. 255115 Sez. 5, n. 25118 del 08/05/2012, Minischetti, Rv. 253223 . Va dunque osservato che le suddette disposizioni non prevedono alcun obbligo specifico di nomina dell'amministratore per l'autorità procedente, che resta rimessa ad una scelta discrezionale del giudice cfr. Sez. 3, n. 35801, del 02/07/2010, P.M. in proc. Spandre ed altri, Rv. 248556 e Sez. 3, n. 22028 del 29/04/2010, Muzzarelli, Rv. 247276 . Né le pronunce richiamate dai ricorrenti Sez. 3, n. 19248 del 08/03/2012, De Rosa e altro, Rv. 252623 Sez. 1, n. 18550 del 03/03/2009, Hu, Rv. 243560 e Sez. 1, n. 34605 del 06/07/2007, Yu ed altro, Rv. 237683 , in realtà riferite a ben altre situazioni, possono condurre a diverse conclusioni. Va aggiunto che, mentre l'art. 104 bis richiama inequivocabilmente la nozione di azienda individuata dall'art. 2555 c.c., nella specie oggetto del sequestro non è certo l'azienda in sé, bensì il mero risultato di un'attività edificatoria illecita a nulla rilevando che le opere realizzate abbiano avuto come destinazione successiva un'attività turistico - ricettiva. 12. È invece fondata, come già anticipato, la doglianza circa la sussistenza del requisito del periculum in mora . Va premesso che questa Corte ha più volte posto in rilievo che è legittimo il sequestro preventivo di un manufatto abusivo già ultimato allorquando, pur cessata la permanenza, le conseguenze lesive della condotta sul bene protetto possano perdurare nel tempo, sempre che il pericolo degli effetti pregiudizievoli del reato presenti il requisito della concretezza, della cui sussistenza in punto di fatto il giudice di merito deve fornire adeguata giustificazione tra le tante, Sez. 3, n. 4745 del 12/12/2007, Giuliano, Rv. 238783 . Si è aggiunto, ancora, che in tanto il sequestro preventivo di cose pertinenti al reato può essere adottato anche su un immobile abusivo già ultimato e rifinito in quanto la libera disponibilità di esso possa concretamente pregiudicare gli interessi attinenti alla gestione del territorio ed incidere sul carico urbanistico , il pregiudizio del quale va valutato avendo riguardo agli indici della consistenza dell'insediamento edilizio, del numero dei nuclei familiari, della dotazione minima degli spazi pubblici per abitare nonché della domanda di strutture e di opere collettive Sez.4, n. 2389/14 del 06/12/2013, P.M. in proc. Gullo, Rv. 258182 Sez.3, n. 6599 del 24/11/2011, Susinno, Rv. 252016 . Ciò posto, nella specie, come già visto sopra trattando degli aspetti inerenti il tempus commissi delicti , non è in dubbio che i lavori in oggetto fossero, al momento dell'intervenuto sequestro, già ultimati da tempo, venendo dunque concretamente in rilievo l'aspetto del periculum nei termini appena ricordati e dati, appunto, dalla necessità di un incremento del carico urbanistico e tuttavia l'ordinanza impugnata, su detto specifico punto, appare solo apparentemente motivata. Il Tribunale, dopo avere evidenziato che ai fini della valutazione del carico sarebbe illogico fare riferimento al solo numero di clienti destinati ad affluire all'interno della struttura dovendo invece guardarsi alle caratteristiche di stabilità e di durata della permanenza, ha concluso per la maggiore incidenza di carico derivante da una struttura alberghiera, destinata in quanto tale ad accogliere in maniera tendenzialmente stabile i propri clienti rispetto a quella insita, invece in una struttura che, consistendo in un bar - ristorante - discoteca, è volta ad accogliere i destinatari dei servizi per brevi lassi temporali. Sennonché, anche a volere condividere una tale impostazione, sono i termini di tale raffronto ad essere stati inesattamente individuati atteso infatti che, come emergente pacificamente dalla stessa ordinanza impugnata, la struttura alberghiera era già in essere per effetto dei lavori svolti a seguito dei permessi di costruire n. 83 del 2004 e 52 del 2005, la valutazione della maggiore incidenza del carico avrebbe dovuto essere effettuata sulla base del raffronto tra le caratteristiche della struttura alberghiera realizzata appunto a seguito di detti permessi e le struttura, sempre alberghiera, risultante a seguito degli incrementi di superficie per effetto della chiusura con vetrata, dapprima su due lati, e poi su tre, intervenuta tra il 10/11/2010 ed il 14/10/2011 poco importa, infatti, che i permessi a costruire del 2004 e del 2005 siano stati valutati dallo stesso Tribunale come illegittimamente rilasciati, dovendo comunque la valutazione in ordine al periculum in mora , di per sé naturalmente ancorata ad un dato fattuale, evidentemente prescindere dalla legittimità o meno della trasformazione in struttura alberghiera, unicamente rilevante sotto l'aspetto del fumus commissi delicti . Sicché, in definitiva, l'ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Latina per nuova valutazione del requisito del periculum che tenga conto, ai fini dell'incremento del carico urbanistico e, conseguentemente, del pregiudizio per gli interessi attinenti alla gestione del territorio tale da giustificare la misura cautelare, dei termini di raffronto appena sopra evidenziati. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Latina.