Chi danneggia un parco naturale non può invocare l’errore scusabile, ma può dimostrare di aver ottenuto la sanatoria

Ai sensi del comma 2 dell’art. 603 c.p.p., a fronte di una richiesta di rinnovazione dibattimentale, il giudice dell’appello ha l’obbligo di disporre l’integrazione probatoria ove le prove di cui la parte chiede l’assunzione siano sopravvenute o scoperte dopo la conclusione del giudizio di primo grado, ipotesi autonoma e ben distinta da quella di cui al comma 1 che attribuisce al giudice la facoltà di accogliere o rigettare la richiesta di parte, in base alla possibilità o meno di decidere la causa allo stato degli atti.

E’ quanto risulta dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 15248/15 depositata il 14 aprile. Il caso. La Corte d’appello di Bari confermava la sentenza di primo grado che aveva condannato l’imputato per aver distrutto e alterato le bellezze naturali di luogo soggetto alla speciale protezione dell’Autorità – il Parco dell’Alta Murgia - attraverso la demolizione di un tratto di muretto a secco e lo spianamento del terreno circostante. La Corte affermava, con riferimento all’elemento soggettivo, che l’imputato, ricorrendo alla normale diligenza, ben avrebbe potuto rendersi conto che quei lavori non rientravano nell’ordinaria pratica dell’agricoltura. I motivi del ricorso. L’imputato ricorre per la cassazione della sentenza di seconde cure denunciando l’illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta insussistenza di cause di giustificazione. In particolare, i giudici di merito avrebbero erroneamente escluso la buona fede dell’imputato, anche in riferimento alla richiesta ed ottenimento della sanatoria dei lavori effettuati, circostanza che, benché sopravvenuta, non aveva prodotto una rinnovazione del dibattimento essendo stata completamente trascurata la documentazione prodotta in giudizio dalla difesa, in violazione dell’art. 603 c.p.p La rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale. Il ricorso così articolato è fondato. Come afferma il ricorrente, il giudice d’appello a fronte di una richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale ex art. 603, comma 1, c.p.p., dispone l’integrazione solo ove ritenga che il processo non possa essere deciso allo stato degli atti. Nel caso in cui le prove siano invece sopravvenute o scoperte dopo la conclusione del giudizio di primo grado, il giudice d’appello dispone la rinnovazione dell’istruzione, nei limiti di cui all’art. 495, comma 1, c.p.p. art. 603, comma 2, c.p.p. . La disposizione processuale individua dunque due diverse ipotesi la cui distinzione, pacificamente riconosciuta, comporta l’obbligo del giudice dell’appello di disporre la rinnovazione del dibattimento se le prove di cui una parte chiede l’assunzione siano sopravvenute. In tal caso, afferma la Cassazione, vi è una sorta di restituzione in termini, venendo la parte rimessa nella situazione preesistente . Nel caso di specie la Corte territoriale ha invece completamente omesso di esaminare l’istanza di rinnovazione presentata dal difensore, ben potendola poi eventualmente disattendere. L’errore di diritto. Per quanto riguarda invece il profilo del merito della causa, non ricorrono le condizione per un proscioglimento ex art. 129 c.p.p., non essendo configurabile un errore di diritto scusabile, in quanto la normale diligenza avrebbe consentito all’imputato di accertare che la zona era soggetta a vincolo ambientale, posto anche che l’istituzione del Parco dell’Alta Murgia era stata oggetto di dibattito e di ampia diffusione tramite i mezzi di comunicazione. In conclusione, rilevando la fondatezza del primo motivo di ricorso e l’intervento del termine di prescrizione di 5 anni, la Cassazione annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché i reati sono estinti per prescrizione.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 11 marzo – 14 aprile 2015, numero 15248 Presidente Fiale – Relatore Amoresano Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 12/04/2013 la Corte di Appello di Bari confermava la sentenza dei Tribunale di Bari, sez. dist. di Acquaviva delle Fonti, emessa in data 19/03/2010, con la quale L. G. P., previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche dichiarate equivalenti alla contestata recidiva, era stato condannato alla pena di mesi 2, giorni 20 di arresto ed euro 11.000,00 di ammenda per i reati di cui agli articolo 181 D.L.vo 42/2004 capo b , 30 Legge Parchi in relazione all'articolo 6 e e articolo 4,5,6 DPR 357/97 e 120/03 capo c , 743 cod.penumero capo d , per avere distrutto o alterato le bellezze naturali del luogo soggetto alla speciale protezione dell'Autorità in seguito a lavori di demolizione di un tratto di muretto a secco e di spianamento dei terreno circostante. Nel disattendere i motivi di appello, rilevava la Corte territoriale che la condotta materiale di cui all'imputazione risultava accertata pacificamente non risultando neppure contestata dall'appellante ed era sussumibile nell'ipotesi di reato contestata. Quanto all'elemento soggettivo, riteneva la Corte che l'imputato, con il ricorso alla normale diligenza, avrebbe potuto rendersi conto che i lavori effettuati non rientravano nell'ordinaria pratica dell'agricoltura. Né poteva invocare la buona fede ex articolo 5 cod.penumero , come interpretato dalla Corte Cost. con la sentenza numero 364 del 1988, risultando l'esistenza di vincoli nella zona, con l'istituzione del Parco dell'Alta Murgia, oggetto di ampia diffusione ed informazione. 2. Ricorre per cassazione l'imputato, denunciando la manifesta illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta insussistenza di cause di giustificazione. La Corte territoriale erroneamente ha ritenuto che nella fattispecie in esame non fosse configurabile la buona fede. Denuncia altresì l'erronea applicazione ed inosservanza dell'articolo 603 cod.proc.penumero Il ricorrente aveva provveduto a richiedere e ad ottenere, come risultava dalla documentazione depositata in cancelleria, sanatoria per i lavori effettuati. Benchè si trattasse di prove sopravvenute, in ordine alle quali deve essere disposta senza alcuna discrezionalità da parte dei giudice di appello, la rinnovazione dibattimento, la Corte territoriale ha completamente omesso di esaminare la documentazione in questione e acquisirla agli atti in parziale rinnovazione dei dibattimento. Considerato in diritto 1. Il secondo motivo di ricorso è fondato. 2. Come ricorda anche il ricorrente, il giudice di appello, in presenza di una richiesta di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, a norma dell'articolo 603 comma 1 cod.proc.penumero , dispone l'integrazione istruttoria solo se ritenga che il processo non possa essere deciso allo stato degli atti. Nel caso in cui, invece, le nuove prove siano sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado, il giudice di appello dispone la rinnovazione dell'istruzione nei limiti previsti dall'articolo 495 comma 1 articolo 603 comma 2 c.p.p. . -Cass.penumero Sez. 3 numero 8382 del 22.1.2008 Cass.penumero sez.1 numero 39663 del 7.10.2010. La netta distinzione tra le due diverse ipotesi è pacificamente riconosciuta, per cui quando in appello venga richiesta l'assunzione di nuove prove, il giudice di appello è obbligato a disporre la rinnovazione dei dibattimento se le nuove prove di cui si chiede l'assunzione siano sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado, mentre negli altri casi solo se ritenga di non essere in grado di decidere allo stato degli atti. Il sistema delineato dal legislatore è, quindi, assolutamente lineare e coerente. La parte che non abbia fatto richiesta dei mezzi di prova nei limiti e nei termini di cui all'articolo 495,può a parte il caso di ammissioni di prove ex articolo 507 c.p.p. cui non può non far seguito l'ammissione delle eventuali prove contrarie , successivamente, vedersi riconosciuto il diritto alla prova soltanto se si tratti di prove nuove o scoperte dopo il giudizio di primo grado. In tal caso e solo in tal caso vi è una sorta di restituzione in termini , venendo la parte rimessa nella situazione preesistente sicchè il giudice deve decidere sull'ammissione della prova secondo i criteri di cui al combinato disposto degli articolo 495 comma 1 richiamato dall'articolo 603 comma 2 c.p.p. e 190 c.p.p., potendola quindi rigettare soltanto se manifestamente superflua o irrilevante . 2.1. Con istanza con allegata documentazione ,depositata in cancelleria in data 5/2/2013, veniva sollecitata la rinnovazione dei dibattimento per l'acquisizione della concessione in sanatoria conseguita successivamente all'emissione della sentenza di primo grado. E dal verbale di udienza dei 20/2/2013 emerge che il difensore chiedeva rinvio, precisando di aver depositato in cancelleria concessione in sanatoria. La Corte territoriale, pur essendo stata espressamente sollecitata in tal senso, ha omesso completamente di esaminare la richiesta dei difensore, sia pure per disattenderla. Avrebbe infatti potuto, dopo aver esaminato la documentazione prodotta, accertare se si trattasse di prove sopravvenute e se quindi andasse disposta l'invocata rinnovazione e, comunque, verificare se ci si trovava in presenza di una concessione in sanatoria idonea a determinare l'estinzione del reato. Ha omesso, invece, ogni esame in proposito. 3. La fondatezza dei motivo di ricorso sopra indicato consente di dichiarare la prescrizione dei reati anche se maturata dopo l'emissione della sentenza impugnata. Il termine massimo di prescrizione di anni 5, cui va aggiunto il periodo di sospensione per complessivi giorni 111 giorni 60 per rinvio dell'udienza del 5/2/2012 per impedimento dei difensore, nonché dal 20/2/2013 al 12/4/2013 per rinvio dell'udienza su istanza del difensore è maturato infatti il 26/5/2013 risultando secondo la contestazione chiusa, il reato commesso fino al 4 febbraio 2008 . Va emessa, pertanto, previo annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, immediata declaratoria di estinzione dei reati per prescrizione, con revoca dell'ordine di rimessione in pristino. 4. Non ricorrono poi certamente le condizioni per un proscioglimento nel merito ex articolo 129 cpv. cod.proc.penumero L'errore di diritto scusabile, alla luce della sentenza della Corte Costituzionale numero 364 dei 24.3.1998, è configurabile solo se incolpevole a cagione della sua inevitabilità. Secondo le sezioni unite di questa Corte Per il comune cittadino tale condizione è sussistente, ogni qual volta egli abbia assolto, con il criterio dell'ordinaria diligenza, al cosiddetto dovere di informazione, attraverso l'espletamento di qualsiasi utile accertamento, per conseguire la conoscenza della legislazione vigente in materia. Tale obbligo è particolarmente rigoroso per tutti coloro che svolgono professionalmente una determinata attività, i quali rispondono dell'illecito anche in virtù di una culpa levis nello svolgimento dell'indagine giuridica. Per l'affermazione della scusabilità dell'ignoranza, occorre, cioè, che da un comportamento positivo degli organi amministrativi o da un complessivo pacifico orientamento giurisprudenziale, l'agente abbia tratto il convincimento della correttezza dell'interpretazione normativa e, conseguentemente, della liceità dei comportamento tenuto cfr. Cass.penumero sez.unumero 18.7.1994 numero 8154 . Anche la giurisprudenza successiva ha ribadito che La esclusione della colpevolezza nelle contravvenzioni non può essere determinata dall'errore di diritto dipendente da ignoranza non inevitabile della legge penale, quindi da mero errore di interpretazione che diviene scusabile quando è determinato da un atto della p.a. o da un orientamento giurisprudenziale univoco e costante da cui I' agente tragga la convinzione della correttezza dell'interpretazione normativa e, di conseguenza, della liceità della propria condotta cfr.ex multis Cass.penumero sez.3 numero 4951 del 17.12.1999 conf. Cass.penumero sez.3 numero 28397 dei 16.4.2004 sez. 3 numero 4991 del 4.11.2009 sez.6 numero 6991 del 25.1.2011 . La Corte territoriale, dopo aver rilevato che la condotta materiale non era in contestazione e che essa era sussumibile nella previsione dell'articolo 181 D.L.vo 42/2004, ha ritenuto non configurabile la buona fede, potendo l'imputato, con l'impiego della normale diligenza, accertare che la zona era soggetta a vincoli ambientali. Peraltro l'istituzione del Parco dell'Alta Murgia era stata oggetto di dibattito e di ampia diffusione con i mezzi di informazione. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché i reati sono estinti per prescrizione. Revoca l'ordine di rimessione in pristino.