Società in fallimento: bancarotta per il socio illimitatamente responsabile che apre una nuova attività

In caso di fallimento di una società con soci a responsabilità illimitata, ciascun socio risponde dei fatti di bancarotta fraudolenta commessi sia sui beni propri che su quelli della società. Pertanto, iniziare una nuova attività commerciale durante il fallimento della società di cui si è socio illimitatamente responsabile, sottraendo risorse destinate al soddisfacimento delle ragioni creditorie, comporta la penale responsabilità per il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione.

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza n. 14203, depositata l’8 aprile 2015. Il fatto. La Corte d’appello di Catania confermava la decisione di primo grado, che aveva affermato la responsabilità dell’imputato, socio illimitatamente responsabile di una società dichiarata fallita, in relazione al reato di cui agli artt. 216, comma 1 e 222 l. fall. per avere, senza l’autorizzazione del giudice delegato, iniziato un’attività commerciale quando la società versava in stato di insolvenza, continuando la stessa anche nel corso la procedura fallimentare, con ingenti fatturati e ricavi non rimessi alla procedura e sottratti ai creditori. Fallimento di una società con soci a responsabilità illimitata. Nell’interesse dell’imputato viene proposto ricorso per cassazione, concentrato sull’assenza di autorizzazione del giudice delegato e, quindi, sulla condotta omissiva dell’agente. Per il Collegio, però, tale ricorso non coglie il fatto che la contestazione ha per oggetto una condotta attiva, consistita nel fatto che il socio illimitatamente responsabile, con la parallela attività imprenditoriale, ha sottratto risorse destinate al soddisfacimento delle ragioni creditorie. Detto ciò, l’esistenza di una diversa partita IVA non ha alcun rilievo, proprio perché il significato dell’art. 222, l. fall. risiede nella necessità di sanzionare anche i fatti distrattivi commessi dal socio illimitatamente responsabile sul proprio patrimonio personale. Infatti, ricorda il Collegio, in caso di fallimento di una società con soci a responsabilità illimitata, ciascun socio risponde dei fatti di bancarotta fraudolenta commessi sia sui beni propri che su quelli della società. Dolo generico. Ancora, a discapito delle doglianze proposte dal ricorrente, il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione è reato di pericolo a dolo generico per la cui sussistenza, pertanto, non è necessario che l’agente abbia la consapevolezza dello stato di insolvenza dell’impresa né che abbia agito allo scopo di recare pregiudizio ai creditori .

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 29 gennaio – 8 aprile 2015, n. 14203 Presidente Nappi – Relatore De Marzo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 06/02/2014 la Corte d'appello di Catania ha confermato la decisione di primo grado, che aveva affermato la responsabilità di N.G., socio illimitatamente responsabile della N.G. & amp C. s.a.s., dichiarata fallita in data 10/11/2004, in relazione al reato di cui agli artt. 216, comma primo, n. 1 e 222 I. fall., per avere, senza autorizzazione dei giudice delegato, iniziato un'attività commerciale in data 08/01/2004, quando la società versava in stato di insolvenza, proseguendo nella stessa anche durante la procedura fallimentare sino al terzo trimestre de! 2005. 2. Nell'interesse dell'imputato è stato proposto ricorso per cassazione, affidato ai seguenti motivi. 2.1. Con il primo motivo, si lamentano vizi motivazionali e violazione dell'art. 216, comma primo, n. 1, I. fall., in relazione all'art. 222 della medesima legge, criticando la sentenza impugnata per non avere considerato che l'attività, riferita ad altra partita iva,, diversa da quella del fallimento , non si era concretata in comportamenti positivi fraudolenti, ma in una condotta omissiva, consistita nel non richiedere l'autorizzazione al giudice delegato. Il ricorrente si duole, inoltre, dell'assenza di ogni riferimento, nella motivazione della sentenza impugnata, all'intenzione dell'imputato di recare pregiudizio ai creditori e al concreto danno loro arrecato. 2.2. Con il secondo motivo, si lamentano vizi motivazionali, per avere la Corte territoriale confermato il diniego delle circostanze attenuanti generiche, senza considerare i profili prospettati nell'atto di appello la perdurante ed endemica crisi del settore, il momento di grave coazione dell'impresa e di disorientamento anche psicologico del soggetto responsabile, l'assoluta trasparenza della sua condotta, il comportamento preprocessuale ed endoprocessuale dell'imputato . Considerato in diritto 1. II primo motivo è inammissibile, per manifesta infondatezza. Al riguardo, va premesso che, essendosi in presenza di una doppia pronuncia conforme in punto di penale responsabilità dell'imputato, le motivazioni delle due sentenze di merito vanno ad integrarsi reciprocamente, saldandosi in un unico complesso argomentativo cfr., in motivazione, Sez. 2, n. 46273 del 15/11/2011, Battaglia, Rv. 251550 . Nel caso di specie, il giudice di primo grado, la cui motivazione è stata richiamata dalla sentenza impugnata, ha rilevato - e si tratta di profilo non censurato in ricorso - che l'imputato aveva iniziato un'attività di commercio intracomunitario di fiori, in prossimità della dichiarazione di fallimento, proseguendola anche in epoca successiva, con ingenti fatturati e ricavi non rimessi alla procedura e sottratti ai creditori. Il Tribunale ha aggiunto che nel momento in cui siffatta attività era iniziata era ben noto lo stato di insolvenza, come comprovato dall'ingente debito verso i fornitori maturato sin dalla chiusura dei bilancio del 2001. Ciò posto, il ricorso, concentrandosi sull'assenza di autorizzazione del giudice delegato, non coglie che la contestazione ha per oggetto non un comportamento omissivo, ma una condotta attiva, consistita nel fatto che il socio illimitatamente responsabile, con la parallela attività imprenditoriale, ha sottratto risorse destinate al soddisfacimento delle ragioni creditorie. In tale contesto, l'esistenza di una diversa partita iva non assume alcun rilievo, giacché il significato dell'art. 222 I. fall. va colto proprio nella necessità di sanzionare anche i fatti distrattivi commessi dal socio illimitatamente responsabile sul proprio patrimonio personale. Ed, infatti, in caso di fallimento di una società con soci a responsabilità illimitata, ciascun socio risponde dei fatti di bancarotta fraudolenta commessi sia sui beni propri che su quelli della società si vedano i principi affermati da Sez. 5, n. 9575 del 12/03/1987, Vincenzetti, Rv. 176626 . Le ulteriori critiche contenute nel motivo sono, dei pari, manifestamente infondate, giacché il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione è reato di pericolo a dolo generico per la cui sussistenza, pertanto, non è necessario che l'agente abbia consapevolezza dello stato di insolvenza dell'impresa né che abbia agito allo scopo di recare pregiudizio ai creditori Sez. 5, n. 21846 del 13/02/2014 - dep. 28/05/2014, Bergamaschi, Rv. 260407 2. Inammissibile è anche il secondo motivo, in quanto non è manifestamente illogica la valutazione della Corte territoriale, che ha considerato la non minima gravità dei datti e il marcato allarme suscitato, laddove le critiche del ricorrente prospettano profili fattuali in termini del tutto generici e meramente assertivi. 3. Alla pronuncia di inammissibilità consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, in ragione delle questioni dedotte, appare equo determinare in euro 1.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.