Liberazione anticipata speciale: possibile lo scioglimento del cumulo con i reati ostativi

Anche se la liberazione anticipata speciale integrativa” maggiorazione di 30 giorni, da 45 a 75, ai detenuti che abbiano ottenuto nel triennio pregresso la concessione della liberazione anticipata ordinaria , prevista dall’art. 4, comma 4, d.l. n. 146/2013 per i condannati ex art. 4-bis dell’ordinamento penitenziario, è stata eliminata, in sede di conversione, dalla l. n. 10/2014, in presenza di un titolo esecutivo che ricomprende plurimi reati, solo in parte rientranti nel catalogo dell’art. 4-bis, per l’accesso alla liberazione anticipata speciale si deve procedere allo scioglimento del cumulo per verificare se sia stata espiata la porzione di pena riferibile al reato preclusivo del beneficio e se, per la restante porzione di pena riguardante reati non ostativi, sussistano i presupposti per il riconoscimento dello stesso.

Questo il principio affermato dal Tribunale di Sorveglianza di Catania, nell’ordinanza del 19 febbraio 2015, che, recependo i recenti arresti della Suprema Corte, modifica il suo precedente orientamento tendente ad escludere lo scioglimento del cumulo. Niente liberazione anticipata speciale integrativa al condannato 4-bis. Prima però, il Giudice dell’esecuzione etneo deve rispondere alla domanda principale del reclamo proposto dal detenuto la possibilità di concedere la liberazione anticipata speciale integrativa” al condannato di reati, alcuni dei quali rientranti nel regime previsto dall’art. 4- bis ord. penit. Com’è noto, l’art. 4, comma 4, d.l. n. 146/2013 estendeva i benefici della liberazione anticipata speciale aumento, da 45 a 75 giorni, per ogni semestre di pena scontata anche ai condannati per reati di cui all'art. 4- bis ord. penit., sia per il futuro per un periodo di due anni, la detrazione di pena concessa con la liberazione anticipata prevista dall'ʹarticolo 54 della legge 26 luglio 1975, n. 354 è pari a settantacinque giorni per ogni singolo semestre di pena scontata , secondo il disposto dell’art. 4, comma 1, d.l. n. 146/2013 che per il passato a decorrere dal 1° gennaio 2010 , ex art. 4, comma 2, d.l. n. 146/2013, liberazione anticipata integrativa, ossia maggiorazione di giorni 30 a chi abbia ottenuto la concessione della liberazione anticipata ordinaria di cui all’art. 54 ord. penit. , a condizione che avessero dato prova, nel periodo di detenzione, di un concreto recupero sociale, desumibile da comportamenti rivelatori del positivo evolversi della personalità . L'ordinanza impugnata del Magistrato di sorveglianza di Catania si fonda sulla circostanza che la legge di conversione l. n. 10/2014 ha escluso in via generale la possibilità di concedere la liberazione anticipata speciale ai condannati per i delitti di cui all'art. 4- bis l. n. 354/1975, abrogando il comma 4 e premettendo alla regolamentazione una esplicita esclusione Ad esclusione dei condannati per taluno dei delitti previsti dall'articolo 4 bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni . Il percorso motivazionale del Tribunale di Sorveglianza catanese si allinea a quanto affermano le prime pronunce in argomento della Suprema Corte, ove quest’ultima ha già chiarito che in nessun modo può essere ipotizzata la permanente vigenza della norma del decreto legge nella parte non riprodotta in sede di conversione, anche se si tratta di norma più favorevole al condannato, per le ragioni che seguono. Carattere processuale delle norme penitenziarie. Le prime pronunce sul tema Cass. n. 34073/2014 n. 53871/2014 , ricordano che le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno stabilito che le disposizioni concernenti l'esecuzione delle pene detentive e le misure alternative alla detenzione, non riguardando l'accertamento del reato e l'irrogazione della pena, ma soltanto le modalità esecutive della stessa, non hanno carattere di norme penali sostanziali e pertanto in assenza di una specifica disciplina transitoria , soggiacciono al principio tempus regit actum , e non alle regole dettate in materia di successione di norme penali nel tempo dall'art. 2 c.p., e dall'art. 25 Cost. Principi analoghi sono stati affermati dalla Corte Costituzionale n. 10/1981 n. 376/1997 e dalla Corte europea dei diritti dell'uomo Grande Camera del 21 ottobre 2013, Del Rio Prada c/Spagna . In verità, una recente pronuncia della Cassazione ha statuito che, a fronte della successione di leggi diverse che regolano l’impugnazione, la disciplina è quella vigente al momento della pronuncia impugnata, che rimane insensibile a eventuali interventi normativi successivi Cass. n. 7654/2015 . Tale soluzione che il Collegio ritiene di applicare anche in riferimento al settore penitenziario e che è quella che non viola il principio dell’affidamento che la parte fa sull’applicazione della legge vigente al momento dell’emanazione del provvedimento impugnato potrebbe applicarsi quanto meno ai casi in cui durante il periodo della vigenza del d.l. n. 146/2013 23 dicembre 2013 - 20 febbraio 2014 il Magistrato di sorveglianza si sia pronunciato negativamente sulla richiesta di liberazione anticipata speciale. Ciò porterebbe a ritenere applicabile la disciplina del decreto legge proprio per tutelare la legittima aspettativa maturata dal condannato ai fini dell'accesso al beneficio, per il quale risultano integrati, al momento dell'istanza, tutti i presupposti e le condizioni di legge così, Mag. Sorv. Vercelli, 19 giugno 2014 . Niente successione di leggi nel tempo. In ogni caso, anche qualora si volesse sostenere il carattere sostanziale delle norme sulla liberazione anticipata speciale, la citata giurisprudenza costituzionale ed europea costantemente esclude che in materia di benefici penitenziari in genere e di liberazione anticipata in particolare sia applicabile il principio della irretroattività della legge più sfavorevole. L'impossibilità di interpretare il mancato recepimento di disposizioni di un decreto legge nella legge di conversione come fenomeno di successione di leggi nel tempo si ricava, comunque, direttamente dall'art. 77 Cost Questo, al comma 3, dispone difatti che I decreti perdono efficacia sin dall'inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione. Le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti . Non deroga, né potrebbe, a tale norma di rango superiore la l. n. 400/1988, art. 15, comma 5, laddove dispone che Le modifiche eventualmente apportate al decreto-legge in sede di conversione hanno efficacia dal giorno successivo a quello della pubblicazione della legge di conversione, salvo che quest'ultima non disponga diversamente , giacché la disposizione sta solo a prevedere che, diversamente da quanto in precedenza doveva ritenersi, tutti gli emendamenti approvati in sede di conversione entrano in vigore il giorno successivo a quello della pubblicazione della relativa legge, e non più dopo il decorso dell'ordinaria vacatio legis se nulla espressamente era disposto al riguardo Cass. n. 34073/2014 n. 4451/2015 . In altri termini, l’efficacia del decreto-legge in tutto o in parte non convertito che può farsi salva è da ritenere per principio circoscritta ai soli atti o rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti e non può in alcun modo essere estesa sino al riconoscimento di un diritto o di una aspettativa per comportamenti o situazioni precedenti quando la relativa domanda era ancora sub iudice al momento della conversione del decreto. Quindi, il Tribunale di sorveglianza di Catania ritiene che la disposizione dell’art. 4, comma 4, d.l. n. 146/2013, eliminata in sede di conversione, non può più applicarsi, e ciò a prescindere dalla data di presentazione della domanda da parte del condannato. Diversa lettura interpretativa. L’interpretazione della Suprema Corte, anche su questo punto, non convince. Invero, nel caso de quo , in linea con quello che è l’indirizzo della dottrina maggioritaria, la legge di conversione non ha inciso totalmente sull’oggettiva validità delle norme emesse dalla decretazione d’urgenza, né le medesime norme sono state totalmente annullate e/o ristrutturate ex novo . Per cui, l’emendamento apportato alla legge di conversione n. 10/2014 non ha avuto alcun valore soppressivo, bensì modificativo”, posto che non è intervenuto in modo sostanziale sull’oggetto e sul senso dell’originaria disposizione, che ha continuato a disciplinare sempre e soltanto profili afferenti l’applicabilità dell’istituto penitenziario della liberazione anticipata speciale, ma ha escluso dalla regolamentazione una determinata tipologia di persone detenute, solo ed esclusivamente sulla base del loro titolo di reato. In definitiva, soltanto l’inclusione di tutti i condannati nel novero dei beneficiari della liberazione anticipata speciale integrativa individua un’interpretazione costituzionalmente orientata. Del resto, è ciò che testualmente prevede la disposizione pertinente l’art. 4, comma 2, l. n. 10/2014 . Quanto agli emendamenti introdotti ai commi 1 e 4 , se è valida la ricostruzione comunemente accettata della conversione quale esercizio di funzione legislativa, l’interprete deve muovere dalla premessa – una specie di presunzione iuris tantum - che di regola le nuove disposizioni introdotte dalla legge di conversione hanno efficacia per il futuro, salvo sia disposto diversamente cosa che la l. n. 10/2014 non si è minimamente peritata di fare . Prima niente scioglimento del cumulo. Negata la liberazione anticipata speciale integrativa ai detenuti 4- bis , questione conseguenziale è quella di stabilire se, in presenza di un titolo esecutivo che ricomprenda plurimi reati, solo in parte rientranti nel catalogo del suddetto art. 4- bis ord. penit., l'accesso alla liberazione speciale sia precluso per il solo fatto che la persona abbia riportato condanna per un reato c.d. ostativo oppure se si debba procedere allo scioglimento del cumulo per verificare se sia stata espiata la porzione di pena riferibile al reato preclusivo del beneficio e se, per la restante porzione di pena riguardante reati non ostativi, sussistano i presupposti per il riconoscimento dello stesso. Un primo orientamento del Tribunale di sorveglianza catanese intrapreso anche da Trib. sorveglianza Milano, 30.5.2014 che faceva leva sulla mancanza della finalità rieducativa della liberazione anticipata speciale riteneva inscindibile il cumulo ai fini dell’applicazione della liberazione anticipata speciale, posto che l’art. 4 l. n. 10/2014 prevede la maggiorazione sul beneficio ad esclusione dei condannati per taluno dei delitti di cui all’art. 4-bis interpreta tale inciso come rivolto al tipo delinquenziale”. Il significato letterale della norma porta ad escludere dal beneficio chiunque sia stato condannato” per tale tipologia di delitti Trib. Sorv. Catania, 10.11.2014 . In particolare, per i Giudici di sorveglianza etnei, la volontà del legislatore era quella di escludere in senso assoluto la tipologia d’autore” dalla estensione del beneficio si evince chiaramente dai lavoro parlamentari. Il d.l. n. 146/2013 prevedeva infatti l’estensione a tali soggetti a date condizioni. Nella società civile e, di conseguenza, nelle aule parlamentari, si scatenava la reazione indignata di chi riteneva che una riduzione di pena non fondata su una evoluzione individuale, ma dettata da esigenze di sfollamento carcerario, non dovesse applicarsi ai soggetti che si fossero distinti per aver commesso reati di particolare allarme sociale. Il Parlamento votava accoglimento a tale orientamento. La contrapposta soluzione della Cassazione. Tale orientamento cozzava con la diversa lettura interpretativa fornita dai primi arresti della Suprema Corte per la quale, in presenza di un provvedimento di unificazione di pene concorrenti, è legittimo, nel corso dell'esecuzione, lo scioglimento del cumulo, quando occorre procedere al giudizio sull'ammissibilità della domanda di concessione di un beneficio Cass. n. 53871/2014 . La contrapposta tesi della inscindibilità del cumulo – continuano i giudici di legittimità – determinerebbe un'inaccettabile diversità di trattamento a seconda della eventualità, del tutto casuale, di un rapporto esecutivo unico, conseguente al cumulo, ovvero di distinte esecuzioni dipendenti dai titoli che scaturiscono dalle singole condanne. Una conclusione del genere si porrebbero in contrasto con i principi costituzionali di ragionevolezza, di uguaglianza e della funzione risocializzante della pena in favore del condannato che abbia già del tutto espiato la pena relativa ai reati ostativi e stia espiando quella inerente ai reati comuni e non troverebbe una giustificazione plausibile e razionale nel principio della pena unica, sancito dall'art. 76, comma 1, c.p. Cass. n. 53798/2014 e n. 3130/2015 . Il mutamento di opinione del Tribunale di sorveglianza etneo Richiamando e recependo tale recente giurisprudenza di legittimità, il Giudice di Sorveglianza catanese muta il suo precedente orientamento e risolve positivamente la questione dello scioglimento del cumulo. Il precedente orientamento restrittivo non sarebbe in linea con l’impianto costituzionale, in particolare con il principio posto dall’art. 27 Cost., laddove vieta la previsione di presunzioni assolute di pericolosità assolute di pericolosità sociale del soggetto in presenza di determinati reati o situazioni soggettive particolari. La Corte Costituzionale, con una fondamentale sentenza n. 361/1994 , ha affermato che la disciplina contenuta nell'art. 4- bis ord. penit. non delinea uno status di detenuto pericoloso e ha precisato che detta norma va interpretata - in conformità del principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 Cost. - nel senso che possono essere concesse misure alternative alla detenzione ai condannati per i reati gravi, indicati dalla giurisprudenza, quando essi abbiano espiato per intero la pena per i reati stessi e stiano espiando pene per reati meno gravi non ostativi alla concessione delle misure alternative alla detenzione . ma non di altri Tribunali di Sorveglianza. Se il Tribunale di Sorveglianza etneo ha modificato la propria soluzione sullo scioglimento del cumulo, altri Uffici di sorveglianza, pur prendendo atto della recente giurisprudenza di legittimità, ritengono di discostarsi da essa negando lo scorporo in quanto la liberazione anticipata speciale non sarebbe né una misura alternativa alla detenzione né a differenza della liberazione anticipata ordinaria” ex art. 54 ord. penit. un beneficio premiale strumentale al reinserimento sociale del condannato e/o alla sua rieducazione Mag. Sorv. Alessandria, ordinanza 10.2.2015 . Tuttavia, pur non nascondendosi che la liberazione anticipata speciale rientra tra misure per ridurre con effetti immediati il sovraffollamento carcerario, essa non si inquadra all’interno di una logica clemenziale è lo stesso legislatore d’urgenza a parlare di riduzione controllata” della popolazione carceraria in quanto, al contrario, il super-sconto è previsto, in funzione bensì deflattiva, ma come effetto aggiuntivo di una misura che ben applicata rappresenta un prezioso fattore di progressione nel trattamento penitenziario.

Tribunale di Sorveglianza di Catania, ordinanza 19 febbraio 2015 Presidente/Estensore Marchionni Osserva con provvedimento emesso dal Magistrato di Sorveglianza di Siracusa in data 15/05/2014 l'istanza di liberazione anticipata integrativa presentata dal condannato è stata rigettata in presenza di reati ex art. 4 bis O,P. Avverso tale provvedimento il condannato ha proposto reclamo, sostenendo di godere delle previsioni dell'art, 4 comma 4 del D.L_ 14612013, stante fa data di presentazione della domanda anteriormente alla legge di conversione, e che avrebbe dovuto concedersi da parte dei Magistrato di Sorveglianza, in presenza di condotta regolare e di concreto recupero sociale, la liberazione anticipata integrativa richiesta, dovendosi considerare, altrimenti, costituzionalmente illegittima la normativa nella parte in cui provvede nel confronti dei condannati ex art, 4 bis O. P. - Orbene, al fine dì esaminare il reclamo, deve segnalarsi che la Legge n. 10 del 2014, convertendo in legge il D.L. 146/2013 ha apportato delle modificazioni a tale decreto legge, escludendo che i detenuti per reati di cui all'art. 4 bis O.P. possano usufruire del beneficio della liberazione anticipata integrativa. In tal modo, viene meno la previsione dell'art. 4 comma 4 del D.L. 14612013 che consentiva tale beneficio in favore dei predetti condannati in presenza di un concreto recupero sociale. Tale disposizione normativa, pertanto, non può più applicarsi e ciò a prescindere dalla data di presentazione della domanda da parte del condannato. Nel caso in esame, infatti, non viene in rilievo l'art. 2 dei codice penale in materia di successione di leggi penali nel tempo, non potendosi sostenere la natura sostanziale. della disciplina invocata dal reclamante. Invero, deve osservarsi che tanto la giurisprudenza della Corte Costituzionale ved. Corte Cost. ord. n. 10 del 1981 , quanto la giurisprudenza della Corte EDU escludono che in materia di benefici penitenziari in genere e di liberazione anticipata in particolare sia applicabile il principio della irretroattività della legge più sfavorevole. La Sentenza della Corte EDU, Grande Camera dei 21.10.2013, in particolare, evidenzia la distinzione tra la misura che costituisce una pena e la misura che riguarda l'esecuzione o l'applicazione della pena, dovendosi distinguere, appunto, tra ciò che è pena poiché affittivo e punitivo e ciò che non lo è, poiché misura finalizzata a consentire la liberazione anticipata, con natura e fine non punitivo, ma, al contrario, premiale. Ciò, appunto, è il caso anche dei beneficio della liberazione anticipata speciale, che consente, in presenza di determinati presupposti, una riduzione di pena ulteriore. Per altro verso, deve osservarsi che l'efficacia del decreto legge in tutto od in parte non convertito che può farsi salva è da ritenere per consolidato principio ai soli atti o rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti e non può essere estesa sino al riconoscimento di un diritto per comportamenti o situazioni precedenti, quando la relativa domanda era ancora sub iudice al momento della conversione del decreto così Cass. n. 2103114 del 27/06/2014 . Con la conseguenza che la norma contenuta in un decreto legge non convertito non ha attitudine ad inserirsi in un fenomeno successorio quale quello descritto e regolato dai commi secondo e terzo dell'art. 2 c.p. ovverosia in un fenomeno successorio concernenti norme penali sostanziali così, ancora, Cass. n. 2103114 del 27/06/2014 . Per altro verso, che il Giudice debba decidere secondo la normativa in vigore al momento della decisione e non secondo la normativa in vigore al momento della domanda discende dallo speciale meccanismo previsto per la conversione dei decreto legge l'art. 77 della Costituzione dispone, infatti, che i decreti legge perdono efficacia fin dall'inizio se non convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione a tale norma di rango superiore non deroga l'art. 15 comma 5 della legge n. 400 del 1988, là dove dispone che le modifiche eventualmente apportate al decreto legge in sede di conversione hanno efficacia dal giorno successivo a quello della pubblicazione, salvo che quest'ultima disponga diversamente . Tale disposizione, infatti, deve intendersi nel senso che, diversamente da quanto prima doveva ritenersi, tutti gli emendamenti approvati in sede di conversione entrano in vigore il giorno successivo a quello della pubblicazione della relativa legge e non più dopo Il decorso dell'ordinaria vacatio legis, se nulla ò disposto diversamente al riguardo. Ne deriva, così come sopra riportato, che la norma contenuta in un decreto legge non convertito non ha attitudine ad inserirsi, alla stregua dei terzo e dell'ultimo comma dell'art. 77 della Costituzione, in un fenomeno successorio quale quello previsto dai commi secondo e terzo dell'art. 2 c.p. Deve aggiungersi anche che con sentenza recentemente emessa in data 1911212014 e depositata in data 2210112015 la Corte di Cassazione, oltre a confermare l'orientamento inaugurato dalla precedente sentenza dei 27106/2014, ha precisato che non può condividersi l'opinione dottrinale secondo la quale l'esclusione dei condannati per delitti ex art. 4 bis O.P. opera solamente per la liberazione anticipata speciale da concedersi, a norma dei comma 1 dell'art. 4 deI decreto legge n. 146 del 2013, così come convertito, soltanto per i periodi successivi all'entrata in vigore della stessa disciplina e non anche con riferimento ai periodi pregressi a far data dall'1 gennaio 2010, non essendo l'esclusione ripetuta, né richiamata dal comma 2 dell'art. 4. Secondo il Supremo Collegio, infatti, occorre una lettura non disgiunta, ma congiunta dei due commi, in maniera tale da integrarli ed evitare letture contraddittorie. In caso contrario, infatti, sì produrrebbe l'effetto paradossale tale che soltanto ai condannati che avevano già fruito della liberazione anticipata per la detenzione patita dall'e gennaio 2010 al momento dell'entrata in vigore del decreto legge in questione potrebbe riconoscersi l'integrazione e, cioè, l'ulteriore aumento di 30 giorni a semestre non anche, invece, a quelli che, essendo nelle condizìoni di ottenere il beneficio per il pregresso, non l'avessero già ottenuto o richiesto. Da qui, pertanto, la necessità di una lettura coordinata dei due commi, risultando, altrimenti, il testo normativo lacunoso ed irragionevole Cass. 1912/2014 . Peraltro, non può ritenersi che l'esclusione dei condannati per reati ostativi ex art. 4 bis O.P. dalla disciplina in tema di liberazione anticipata speciale sia costituzionalmente illegittima. Ed infatti non si tratta di norma che esclude dei tutto il beneficio della liberazione anticipata ai condannati ex art, 4 bis O.P., ma di una disciplina speciale che, con alcune eccezioni giustificate dalla gravità dei reato, estende il beneficio già previsto ed applicabile in favore di tutti i condannati. Ciò precisato, poiché il reclamante risulta attualmente detenuto sulla base di un provvedimento di cumulo che ingloba tanto sentenze dì condanna per reati comuni, quanto sentenze di condanna relative a reati ex art. 4 bis O.P., accorre ulteriormente stabilire se possano, comunque, venire in rilievo le nuove disposizioni normative introdotte dalla Legge n. 10 del 2004 nel caso in cui il condannato abbia già scontato la parte di pena relativa ai reati ostativi ex art. 4 bis O. P. e limitatamente a tale parte di pena. In proposito ed a tal fine, diventa preliminare la questione relativa allo scioglimento dei cumulo in presenza di reati ostativi. In via generale, deve osservarsi che lo scioglimento dei cumulo, secondo la giurisprudenza si risolve in un'operazione ideale e temporanea, effettuata dal giudice nell'ambito di un procedimento funzionale al raggiungimento di una determinata finalità prevista dalla legge. Sul punto, tuttavia, in passato, non vi è stata assoluta identità di vedute. L'orientamento restrittivo, sfavorevole allo scioglimento dei cumulo, è stato adottato dalla Corte di Cassazione in materia di sospensione condizionata dell'esecuzione della pena Cass. 24 giugno 2005, n. 34279 , ritenendosi che la scissione non sia possibile in ragione della presunzione di pericolosità discendente dalla legge in presenza di condanne ritenute ostative all'applicazione del beneficio tale orientamento, tuttavia, è stato seguito con riferimento ad un beneficio il cd. indultino in relazione al quale il giudice non doveva operare alcun giudizio sulla meritevolezza. Occorre valutare, pertanto, se tale orientamento restrittivo sia esportabile ad altri istituti oppure se costituisca orientamento minoritario all'interno del quadro complessivo della materia dei benefici penitenziari. Occorre stabilire, soprattutto, in quale misura tale orientamento restrittivo sia in linea con l'impianto costituzionale ed, ancor più in particolare, con il principio posto dall'ari. 27 della Costituzione, principio che vieta la previsione di presunzioni assolute di pericolosità sociale del soggetto in presenza di determinati reati o situazioni soggettive particolari. Orbene, la stessa Corte Costituzionale, già con la sentenza n. 361 del 27 luglio 1994, pronunciandosi in relazione all'art. 4 bis O.P., ha escluso che tale previsione normativa abbia creato uno status di detenuto pericoloso tale da prescindere dallo specifico titolo di condanna in quest'ottica, la Corte Costituzionale ha, poi, dichiarato con la sentenza n. 255 del 4 luglio 2006 la illegittimità costituzionale dell'art. 1 comma 1 della legge 207 del 2003 nella parte in cui non prevede che il giudice di sorveglianza possa negare la sospensione condizionata dell'esecuzione della pena quando ritiene, comunque, il beneficio non adeguato alle finalità previste dall'art. 27 comma Ili della Costituzione, così agganciando anche il beneficio, per l'innanzi automatico, della sospensione condizionata dell'esecuzione della pena a'a principio costituzionale del trattamento rieducativo. In materia di scioglimento del cumulo ai fini dell'applicazione della detenzione domiciliare ex art. 47 ter comma 1 bis O.P., inoltre, già nel corso del 2012 la giurisprudenza della Corte di Cassazione Cass. 17 gennaio 2012, n. 5158 ha ammesso lo scioglimento, dovendosi interpretare la normativa ordinaria in conformità ai principi costituzionali anche dell'art. 3 della Costituzione si viola tale principio, infatti, quando non si concede il beneficio al condannato che abbia espiato per intero la pena relativa al reato ostativo e stia espiando la pena relativa ai reati meno gravi e non considerati ostativi dalla legge. In tal modo, diventa necessario lo scioglimento del provvedimento di cumulo imputando alla parte di pena già espiata o da espiare dapprima la pena relativa ai reati ostativi e successivamente la parte di pena relativa ai reati comuni , in quanto il provvedimento di cumulo emesso dalla Procura della Repubblica o dalla Procura Generale costituisce un provvedimento meramente dichiarativo, non in grado di precludere la concessione del beneficio penitenziario, pena la violazione del principio di eguaglianza di trattamento tra detenuti le cui condanne vengono per avventura cumulate e detenuti le cui condanne non vengono per avventura cumulate. In altri termini, in materia di benefici penitenziari emerge tanto dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale, quanto dalla giurisprudenza più recente della Corte di Cassazione, il principio cardine, derivante dall'applicazione congiunta degli articoli 3 uguaglianza e ragionevolezza e 27 risoci alizzazione e meritevolezza della Costituzione, principio secondo il quale lo scioglimento dei cumulo di pene deve considerarsi possibile ogni qual volta da esso derivi un risultato favorevole al condannato. Tale principio cardine appare applicabile, a maggior ragione, allorquando si tratta di stabilire se sia possibile lo scioglimento del cumulo ai fini della concessione della liberazione anticipata speciale ex art. 4 dei D.L. 146 del 2013, così come convertito dalla legge n. 10 dei 2014 l'istituto della liberazione anticipata, tanto ordinaria, quanto speciale, richiede, infatti, da parte dei giudice la verifica della meritevolezza dei beneficio alla luce della partecipazione del condannato all'opera di rieducazione non si tratta, cioè, di valutare la pericolosità sociale del condannato così come, invece, occorre operare allorquando si tratta di applicare una misura alternativa , ma di valutare semplicemente il percorso rieducativo dei reo, premiandolo ove quest'ultimo sia positivo e sintomatica di avvenuta rieducazione. La diversa interpretazione che non consente lo scioglimento del cumulo violerebbe tanto i principi di uguaglianza e di ragionevolezza in presenza di situazioni identiche situazione dei detenuto con condanne per reati ostativi e per reati comuni non cumulate e situazione dei detenuto con condanne per reati ostativi e comuni cumulate situazioni diverse soltanto per la presenza o meno di un provvedimento casuale e meramente dichiarativo come il provvedimento di cumulo , quanto i principi di risocializzazíone, di rieducazione e di meritevolezza, nella misura in cui preclude al giudice di sorveglianza di valutare la partecipazione all'opera di rieducazione in favore del condannato che abbia già del tutto espiato la pena relativa ai reati ostativi e stia espiando la pena relativa al reati comuni, al fine di concedergli la liberazione anticipata speciale in relazione esclusivamente a questa ultima parte dí pena. Evidente, risulta, quindi, che l'interpretazione della norma, che pur si presta a diverse interpretazioni, deve essere unicamente quella costituzionalmente orientata in aderenza ai principi di meritevolezza e di divieto di disparità di trattamento in presenza di situazioni sostanziali analoghe e soltanto formalmente differenti presenza di cumulo o meno , Non può, peraltro, non evidenziarsi che anche la recentissima sentenza della Corte di Cassazione in data 19/12/2014 sopra già richiamata al fine di escludersi che possa applicarsi la disposizione non convertita che consentiva la maggiore riduzione di pena in presenza di concreto recupero sociale anche ai soggetti esclusivamente condannati per reati di cui all'art. 4 bis O.P. , pronunciandosi espressamente anche sul punto della scindibilitä del cumulo ai fini della liberazione anticipata speciale, ammette tale possibilità, facendo leva sui principi di ragionevolezza e di pari trattamento e, quindi, rinviando al Tribunale di Sorveglianza che aveva emesso l'ordinanza impugnata ai fini di un nuovo esame sul punto. Risolta favorevolmente la questione relativa allo scioglimento dei cumulo, nel caso concreto, non appare, tuttavia, che, nel caso in esame, sia stata ancora interamente espiata dal condannato reclamante la pena relativa ai reati ostativi. Il provvedimento di cumulo in esecuzione ricomprende, infatti, oltre a sentenze di condanna relative a reati ostativi ex art. 4 bis O.P. i reati di cui agri arti. 575 e 416 bis c.p. anche sentenze di condanna relative a reati comuni. La pena relativa ai reati comuni, tuttavia, ammonta ad anni 3 mesi 2 di reclusione. Tenuto conto di ciò e dei fatto che la data di scadenza della pena dei condannato risulta attualmente fissata per il 12/10/2025, l'espiazione della pena relativa ai reati comuni non era ancora iniziata in data 1/01/2010 data di decorrenza dei periodo di pena valutato dal Magistrato di Sorveglianza con il provvedimento impugnato , né allo stato appare ancora iniziata. Ne discende il rigetto dei reclamo, tanto perché non può applicarsi la previsione dell'art. 4 comma 4 del D.L. 146/2013 non convertita e non più in grado di rivivere nemmeno ex art. 2 cod. pen. , quanto perché il reclamante non ha ancora nemmeno iniziato ad espiare la parte di pena relativa a reati comuni. P.Q.M. sciolta la riserva visto l'art. 2 della legge 277 del 2002 e fa legge n. 10 dei 2014 visto il parere del P.M. rigetta li reclamo proposto da D.V . Ordina che la presente ordinanza sia notificata all'istante ed al suo difensore.