Il sequestro per equivalente presuppone l’accertamento del fittizio depauperamento patrimoniale

Il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, ai sensi dell’art. 11, d.lgs. n. 74/2000, è integrato dall’uso di mezzi fraudolenti per occultare i propri o altrui beni al fine di sottrarsi al pagamento del debito tributario, delle sanzioni e dei relativi interessi e non presuppone come necessaria la sussistenza di una procedura di riscossione coattiva. È comunque imprescindibile la verifica dell’idoneità degli atti posti in essere, valutata ex ante, a rendere in tutto o in parte inefficace l’attività recuperatoria dell’Amministrazione finanziaria.

E’ quanto afferma la Corte di Cassazione con la sentenza n. 13878/15 depositata il 1° aprile. Il fatto. In seguito a verifiche fiscali, la Guardia di Finanza accertava a carico di una società anomalie contabili, oltre all’omissione della dichiarazione dei redditi con evasione di imposte, come quantificato nell’avviso di accertamento. La base imponibile sottratta al fisco veniva accertata in via presuntiva, così come le medesime irregolarità contabili e l’omissione delle dichiarazioni venivano presuntivamente accertate anche in riferimento all’annualità successiva. A seguito di rinvio per pronuncia rescissoria della Cassazione con cui veniva annullata l’ordinanza di rigetto dell’istanza di riesame proposta dall’imputato avverso il sequestro preventivo per equivalente, il Tribunale di Bari accoglieva parzialmente la medesima istanza. La misura cautelare veniva annullata nella parte relativa ai beni appartenenti alle persone giuridiche e fisiche diverse dagli indagati, riducendo inoltre il valore del sequestro con riferimento all’imputato. Quest’ultimo impugna la pronuncia in Cassazione. La sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte. Premettendo che tra i motivi proposti con il ricorso, solo il quarto afferisce alla decisione impugnata, essendo gli altri relativi a reati per i quali il ricorrente non è più indagato, la Corte di Cassazione specifica in primo luogo le condizioni che consentono di ritenere integrato il reato di cui all’art. 11, d.lgs. n. 74/2000. In tal senso la fattispecie è integrata dall’uso di mezzi fraudolenti per occultare i propri o altrui beni al fine di sottrarsi al pagamento del debito tributario, delle sanzioni e relativi interessi e non presuppone come necessaria la sussistenza di una procedura di riscossione coattiva, essendo invece sufficiente e al contempo necessario, l’accertamento dell’idoneità degli atti posti in essere, con valutazione ex ante , a rendere in tutto o in parte inefficace l’attività recuperatoria dell’Amministrazione finanziaria. Il Tribunale ha invece ritenuto – presuntivamente - il fumus dell’ipotesi delittuosa dall’esistenza di flussi finanziari privi di giustificazione. L’accertamento del fittizio depauperamento patrimoniale. L’ordinanza non risulta conformarsi al principio che la medesima Corte aveva formulato in sede di annullamento, secondo il quale, ai fini dell’integrazione del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, è necessaria la verifica dell’effettiva realizzazione del fittizio depauperamento patrimoniale, strumentale alla frustrazione della soddisfazione delle pretese erariali. A ciò si aggiunga il principio consolidato in sede di legittimità secondo il quale il sequestro per equivalente non può essere disposto, nei reati tributari, in base all’astratta configurabilità del reato, essendo invece necessario che sia individuato un profitto o un prezzo del reato effettivo, per procedere, anche in sede di sequestro, alla valutazione dell’equivalenza tra il valore dei beni oggetto della misura e l’entità del profitto. Per questi motivi, la Cassazione annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Bari per un nuovo esame.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 24 febbraio – 1 aprile 2015, numero 13878 Presidente Romis – Relatore Piccialli Ritenuto in fatto La vicenda aveva preso l'avvio da una verifica fiscale a carico della Astra Bingo s.r.l., che gestiva nel 2007 una sala Bingo, arrivando poi a controllare quindici sale, con un notevolissimo incremento degli introiti, dalla quale erano emerse gravi anomalie contabili. Inoltre la società, a fronte di un volume di affari dichiarato di Euro 1.864.265,00 per l'anno 2007 e nonostante l'incremento aziendale degli anni successivi, aveva omesso la presentazione della dichiarazione dei redditi, con evasione delle imposte come quantificate nell'avviso di accertamento. Secondo l'impostazione accusatoria, la società aveva presentato, oltre i termini di scadenza, un modello unico relativo al periodo di imposta 2008, dichiarando Euro 5,00 al solo fine di eludere i controlli automatizzati e di giovarsi dell'istituto del ravvedimento operoso. La Guardia di Finanza aveva, tuttavia, accertato induttivamente la base imponibile sottratta al fisco per l'anno 2008 i ricavi non dichiarati ammontavano ad Euro 53.000.000,00 . Anche in relazione all'annualità successiva erano state accertate le medesime irregolarità contabili, nonché l'omissione delle dichiarazioni, con imposta evasa superiore ai limiti di legge per tale anno la dichiarazione era stata presentata in data 5 ottobre 2010 e quindi in violazione dell'articolo 13 d.lgs. 18 novembre 1997, numero 472 . Si contestava, altresì, sempre per gli anni 2008 e 2009, l'omesso versamento delle ritenute operate e certificate, con conseguente violazione dell'articolo 10 bis d.lgs. numero 74/2000. Gli ulteriori accertamenti avevano consentito di verificare che le medesime violazioni erano state poste in essere in relazione alla Gestsud s.r.l., esercente attività di intrattenimento mediante slot machines. Infine, era stata ipotizzata anche la violazione dell'articolo 11 d.lgs. numero 74/2000, essendo stati posti in essere atti fraudolenti attraverso la creazione di operazioni di debito e/o credito, sfornite di giustificazione economica, determinando un decremento patrimoniale solo apparente e la creazione di fondi patrimoniali occulti, al solo scopo di rendere inefficace la procedura di riscossione coattiva. Con sentenza numero 33186 del 12/06/2013, la Terza Sezione Penale di questa Corte annullava l'ordinanza del Tribunale di Bari in data 20 dicembre 2012 che aveva rigettato l'istanza di riesame proposto da A.A. , rinviando al medesimo giudice per nuovo esame affinché procedesse all'accertamento a delle specifiche norme antielusive concretamente violate dagli indagati ed del risparmio fiscale che ne fosse derivato ai fini dell'integrazione del reato di omessa dichiarazione dei redditi di cui all'articolo 5 d.Lvo 74/2000 della eventuale possibilità di riqualificazione del citato reato di cui all'articolo 5 in quello di cui all'articolo 4 dello stesso decreto, sempre che fosse stata superata la soglia di punibilità dell'effettiva corresponsione delle retribuzioni in relazione alle quali era stato commesso il reato di omesso versamento delle ritenute fiscali previsto dall'articolo 10 bis d.lvo 74/2000 dell'effettiva realizzazione del fittizio depauperamento patrimoniale strumentale alla frustrazione della soddisfazione delle pretese erariali, ai fini della integrazione del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte di cui all'articolo 11 del d.Lgs 74/2000 della legittima assoggettabilità a sequestro dei beni intestati a soggetti terzi rispetto agli indagati . Con ordinanza in data 13 febbraio 2014 il Tribunale di Bari, in sede di rinvio, accogliendo parzialmente l'istanza di riesame proposta nell'interesse di A.A. - indagato per il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, di cui all'articolo 11 d.Lvo 10.3.2000, numero 74 - avverso il provvedimento di sequestro preventivo per equivalente emesso dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Bari in data 13 novembre 2012, ha annullato detto provvedimento nella parte relativa ai beni appartenenti alle persone giuridiche nonché alle persone fisiche diverse dagli indagati e, riqualificato in fatto di cui all'ipotesi accusatola formulata ai capi a , b e c nei confronti di altri coindagati ai sensi dell'articolo 4 d.lgs. 10 marzo 2000, numero 74, ha ridotto il valore del sequestro nei confronti di A.A. ed altri due, nella misura di Euro 1.047.090,00 e nei confronti di altri indagati nella misura di Euro 22.225.533,65, confermando nel resto il provvedimento impugnato. Ricorre per cassazione A.A. censurando l'ordinanza impugnata per i seguenti motivi a con un primo motivo deduce violazione dell'articolo 606 lett. b c.p.p. in relazione all'articolo 4 d.lgs. numero 74/2000 ed alla insussistenza del fumus commissi delicti con riferimento al capo a dell'imputazione. Il ricorrente lamenta che il Tribunale del riesame abbia omesso di provare e indicare il superamento del secondo limite indicato nell'articolo 4 del decreto citato, in base al quale la dichiarazione fiscale infedele è punibile a condizione che l'ammontare complessivo degli elementi sottratti all'imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi, sia superiore al 10% dell'ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione o comunque superiore ad Euro 2.065.827,57. A fronte di un valore complessivamente dichiarato di componenti positivi pari ad Euro 11.677.604,00, la base imponibile determinata dall'Agenzia delle Entrate è stata per la Gestsud s.r.l. pari ad Euro 934.208,00, cioè pari all'8% b con un secondo motivo deduce violazione dell'articolo 606 lett. b c.p.p in relazione all'articolo 4 d.lgs. numero 74/2000 e alla insussistenza del fumus commissi delicti con riferimento ai capi b e c dell'imputazione. Secondo il ricorrente, il giudice del rinvio non si sarebbe attenuto a quanto richiesto dalla Cassazione, omettendo di fornire elementi circa la presunta violazione dell'articolo 4 d.lgs. numero 74/2000 in particolare, il Tribunale avrebbe omesso di considerare quanto documentato dalla difesa in merito ai componenti economici negativi regolarmente contabilizzati e quantificati dalla Guardia di Finanza, in contrasto con il principio secondo il quale la determinazione dell'imposta va operata tenendo conto sia dei ricavi che dei costi di esercizio fiscalmente detraibili. Il Tribunale, si assume, avrebbe omesso di fornire adeguata motivazione in merito a quali fossero gli elementi sui quali era fondata la presunta infedeltà delle dichiarazioni, adducendo esclusivamente presunte irregolarità contabili quali la diversità tra il risultato d'esercizio dichiarato ed il risultato fiscale ovvero la difformità tra i dati dei bilanci e i dati riportati nelle dichiarazioni fiscali. In merito al superamento della soglia di punibilità, il ricorrente lamenta l'erronea attribuzione di rilevanza penale all'eventuale evasione dell'IRAP, trattandosi di imposta che non rientra nel campo di applicazione del d.lgs. numero 74/2000, nonché l'erronea esclusione dell'esenzione in relazione alla dichiarazione dell'IVA, basata sull'asserita eterogeneità delle attività per le quali l'imposta sarebbe stata omessa rispetto a quelle costituenti l'oggetto sociale della Astra Bingo s.r.l., in contrasto con quanto emergente dai verbali d'indagine c con un terzo motivo denuncia violazione dell'articolo 606 lett. b c.p.p. in relazione all'articolo 10 bis d.lgs. numero 74/2000. Il ricorrente lamenta che il Tribunale abbia solo logicamente dedotto, senza indicare né motivare da quali elementi fosse emersa, l'effettiva corresponsione delle retribuzioni, violando quanto richiesto dalla sentenza di annullamento. Con riguardo alle somme asseritamente corrisposte a terzi, il Tribunale avrebbe omesso di valutare la documentazione prodotta dalla difesa ed avrebbe erroneamente computato due volte l'imposta evasa, una prima volta con riferimento ai capi di imputazione b e c ed una seconda con riferimento ai capi d ed e . Il provvedimento avrebbe, si assume, dedotto la sussistenza del reato affermando l'esistenza di componenti negativi di costo, costituiti dalle retribuzioni, pur avendo in precedenza negato credito alle indicazioni contenute nelle dichiarazioni dei redditi d con un quarto motivo denuncia violazione dell'articolo 606 lett. b . c.p.p. in relazione all'articolo 11 d.lgs. numero 74/2000 e alla insussistenza del fumus commissi delicti . Presupponendo tale reato che il contribuente depauperi il proprio patrimonio allo scopo di non pagare quanto dovuto all'Erario, secondo il ricorrente il Tribunale avrebbe dovuto tenere conto sia dei ricavi che dei costi di esercizio fiscalmente detraibili per verificare la sussistenza di atti fraudolenti tali da diminuire il patrimonio sociale e desumerne, in base alle risultanze istruttorie, l'insussistenza di tali atti. Nell'ordinanza impugnata, si assume, si sarebbe fatto riferimento a dichiarazioni dei redditi tardivamente presentate nonostante nella sentenza di annullamento tutte le dichiarazioni dei redditi fossero state ritenute regolari e tempestive e si sarebbe attribuito rilievo ad operazioni finanziarie che avrebbero determinato uno svuotamento delle casse sociali, trascurando che la Astra Bingo s.r.l. e la Gestsud s.r.l. sono società commerciali che non operano sulla base del principio di cassa ma sul principio della competenza economica, in cui il risultato economico è determinato dalla differenza fra ricavi e costi piuttosto che dalla differenza tra incassi e pagamenti essendo i valori complessivi dell'attivo patrimoniale della Astra Bingo s.r.l. passati da 1,7 milioni di Euro nel 2007, a 28,9 milioni di Euro nel 2008, a 36,2 milioni di Euro nel 2009, la verifica di tali dati avrebbe dovuto escludere l'ipotesi di reato in esame, non essendo venuta meno la garanzia patrimoniale nei confronti dell'Erario e con un quinto motivo denuncia violazione dell'articolo 606 lett. b c.p.p. in relazione alla erronea individuazione del quantum oggetto del sequestro preventivo. Secondo il ricorrente, la somma da sottoporre a sequestro per equivalente sarebbe stata determinata, non in misura rigorosa ma, sulla base di erronee presunzioni, omettendo di valutare gli elementi negativi di reddito nella misura quantificata dagli accertatori, tenendo conto anche dell'IRAP ed omettendo di provvedere alla puntuale e coerente quantificazione del sequestro in stretta correlazione con il valore del profitto del reato, limitandosi ad applicare la presunzione tributaria, riconoscendo rilievo all'IVA relativa all'anno 2008, di importo inferiore alla soglia di punibilità. Considerato in diritto Deve, preliminarmente rilevarsi che l'odierno ricorrente è indagato solo per il reato di cui all'articolo 11 d.lgs 74/2000 e solo con riferimento a tale reato risulta attinto dal provvedimento di sequestro preventivo, oggetto di riduzione da parte dell'ordinanza impugnata che ne ha rideterminato il valore in Euro 1.047.090, pari all'importo complessivo dei movimenti finanziari, riconducibili al ricorrente e ad altri due indagati che hanno prodotto una perdita per la società Astra Bingo. In questa prospettiva l'unico motivo da prendere in considerazione è il numero 4, con il quale l'A. si duole della violazione di legge in cui sarebbe incorso il giudice a quo nel ritenere sussistente il fumus commissi delicti in relazione al reato di sottrazione fraudolenta di imposte. Gli altri motivi risultano manifestamente infondati in quanto afferenti a punti della decisione che non hanno coinvolto il ricorrente. Ciò premesso, il quarto motivo di ricorso è fondato nei termini che seguono. Va ricordato in via preliminare che la sentenza di annullamento chiedeva al giudice del rinvio di verificare, ai fini dell'accertamento del fumus del reato di cui all'articolo 11 d.lgs. numero 74/2000, l'ammontare della somma di danaro sottratta all'eventuale azione esecutiva dell'Erario, ossia se si fosse determinata una diminuzione patrimoniale che avrebbe potuto impedire il soddisfacimento della pretesa erariale, con conseguente profitto dell'agente. Occorre, in proposito, rimarcare che il reato previsto dall'articolo 11 d.lgs. numero 74/2000, è integrato dall'uso di mezzi fraudolenti per occultare i propri o altrui beni al fine di sottrarsi al pagamento del debito tributario, delle sanzioni e relativi interessi e non presuppone come necessaria la sussistenza di una procedura di riscossione coattiva, essendo, invece, sufficiente, ma comunque necessario, verificare l'idoneità degli atti posti in essere, con giudizio ex ante, a rendere in tutto o in parte inefficace l'attività recuperatoria dell'Amministrazione finanziaria Sezione III, 9 aprile 2013, numero 39079, Barei e altro, rv. 256376 . Il Tribunale, come detto, ha desunto il fumus dell'ipotesi delittuosa dall'esistenza di flussi finanziari privi di giustificazione tra la Astra Bingo s.r.l. e talune persone fisiche e giuridiche specificamente indicate, con un saldo finale delle operazioni costantemente negativo per la Astra Bingo s.r.l. e con una complessiva diminuzione del patrimonio quantificabile in Euro 6.130.177,59, pari alla differenza tra i complessivi flussi in uscita e quelli in entrata dalle casse della società. Con particolare riferimento ad A.A. e ad altri due indagati è stato precisato che i movimenti finanziari nei quali gli stessi - e le società delle quali sono amministratori - risultano coinvolti hanno prodotto una perdita limitata ad Euro 1.047.090 ed in questi termini è stato rideterminato il valore del sequestro nei loro confronti. Nel provvedimento impugnato è stata così evidenziata l'entità della riduzione della garanzia patrimoniale, omettendo tuttavia di valutare tale ammontare in relazione al complessivo patrimonio attivo della società. L'ordinanza impugnata non risulta, pertanto, sul punto, rispettosa del principio affermato da questa Corte nella sentenza di annullamento, secondo il quale ai fini della integrazione del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte di cui all'articolo 11 del d.Lgs 74/2000 è necessaria la verifica dell'effettiva realizzazione del fittizio depauperamento patrimoniale strumentale alla frustrazione della soddisfazione delle pretese erariale. Nella fattispecie il Tribunale ha sostanzialmente omesso le indagini in proposito, dal momento che, anche alla luce delle deduzioni difensive, non ha accertato se attraverso il complesso di atti posti in essere si era determinata una deminutio patrimoniale che avrebbe potuto impedire il soddisfacimento della pretesa erariale con conseguente profitto dell'agente. Costituisce principio di diritto consolidato che per disporre il sequestro per equivalente nei reati tributari non sia sufficiente l'astratta configurabilità del reato ma è necessario individuare un profitto o un prezzo, sicché il giudice di merito deve individuare l'effettivo profitto del reato e quindi, procedere, anche in sede di sequestro, alla valutazione dell'equivalenza tra il valore dei beni e l'entità del profitto v. tra le altre, Sezione VI, 23 novembre 2010, numero 45504, Marini . Il profitto va, pertanto, individuato nella riduzione simulata o fraudolenta del patrimonio di cui il fisco di cui il fisco ha diritto di soddisfarsi. L'ordinanza impugnata va, pertanto, annullata sul punto, con rinvio perché si accerti da parte del Tribunale l'ammontare del profitto, dunque della somma confiscabile per equivalente, in relazione all'effettivo e concreto, parziale o totale, pericolo di sottrazione di somme ad eventuali azioni di riscossione da parte dell'Erario, necessariamente collegato all'entità della garanzia patrimoniale complessivamente riferibile alla Astra Bingo s.r.l Conclusivamente, va disposto l'annullamento dell'ordinanza impugnata con rinvio al medesimo Tribunale per nuovo esame, che tenga conto dei rilievi e dei principi sopra enunciati. P.Q.M. Annulla la impugnata ordinanza e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Bari.