L’insegnante taglia i capelli al bambino autistico, ma non si può ignorare la volontà della madre

Nei confronti di un soggetto incapace o anche solo parzialmente capace, può verificarsi una situazione di costrizione nel momento in cui l’agente, proprio approfittando dello stato di soggezione psicologica o di incapacità/incoscienza della vittima, assuma, di propria iniziativa, senza alcuna autorizzazione e senza rispettare alcun previsto protocollo operativo, iniziative direttamente incidenti sulla sfera fisica o psichica del soggetto passivo.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 13538, depositata il 30 marzo 2015. Il caso. La Corte d’appello di Milano condannava per il delitto di violenza privata una donna ai danni di un minore affetto da autismo. Secondo le accuse, dopo aver suggerito alla madre del bambino di tagliargli i capelli per facilitarne l’asciugatura, lo aveva costretto a subire un taglio di capelli, da lei stessa effettuata. Il fatto era stato commesso con abuso di autorità, essendo una maestra di sostegno. L’imputata ricorreva in Cassazione, sostenendo che la propria condotta avrebbe potuto integrare eventualmente un illecito civilistico o disciplinare, ma non la fattispecie di reato ex art. 610 c.p A sostegno richiama la sentenza n. 2437/2008 delle Sezioni Unite, secondo cui non integra tale reato la condotta del medico che effettua su un soggetto anestetizzato un’operazione chirurgica diversa da quella originariamente concordata, quando, peraltro, il risultato è del tutto favorevole. Anche nel caso di specie, come in quello richiamato, mancherebbe il requisito della costrizione. Caso diverso. La Corte di Cassazione ritiene improprio il richiamo giurisprudenziale in quella pronuncia, le Sezioni Unite avevano affermato che non integra il reato di lesione personale, né quello di violenza privata, la condotta del medico che sottoponga il paziente ad un trattamento chirurgico diverso da quello in relazione al quale era stato prestato il consenso informato, nel caso in cui l'intervento, eseguito nel rispetto dei protocolli e delle leges artis , si sia concluso con esito fausto, essendo da esso derivato un apprezzabile miglioramento delle condizioni di salute del paziente, in riferimento anche alle eventuali alternative ipotizzabili e senza che vi fossero indicazioni contrarie da parte dello stesso . Tale fattispecie, secondo i giudici di legittimità, era diversa da quella in esame. In quell’occasione, infatti, si faceva riferimento a precisi protocolli da seguire, alla scrupolosa osservanza delle leges artis , nonché all’esito fausto dell’iniziativa del sanitario. Nessun consenso della madre. Inoltre, nel caso dell’operazione chirurgica, non c’erano state preventive indicazioni contrarie da parte del paziente, che aveva sì prestato il consenso per un’operazione, ma non lo aveva preventivamente negato per un altro, giudicato necessario dal chirurgo mentre il paziente era incosciente. Nel caso di specie, invece, la madre del bambino aveva preso l’impegno di far tagliare in futuro i capelli al figlio in questo modo, implicitamente ma inequivocabilmente, aveva negato il suo consenso ad eventuali iniziative improprie di soggetti terzi. Nel caso in commento, la violenza era consistita nell’essersi approfittata dello stato di soggezione e di incapacità del minore e nell’aver ignorato l’implicito dissenso della madre del bambino. Non può ritenersi che nei confronti di una persona in stato di incapacità, un soggetto, che ha anche una posizione di garanzia essendo insegnante di sostegno , possa assumere iniziative ad libitum perché la persona incapace non è in grado di esprimere una sua volontà o di opporsi alla volontà altrui. Perciò, secondo la Corte di legittimità, nei confronti di un soggetto incapace o anche solo parzialmente capace, può verificarsi una situazione di costrizione nel momento in cui l’agente, proprio approfittando dello stato di soggezione psicologica o di incapacità/incoscienza della vittima, assuma, di propria iniziativa, senza alcuna autorizzazione e senza rispettare alcun previsto protocollo operativo, iniziative direttamente incidenti sulla sfera fisica o psichica del soggetto passivo. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 10 febbraio – 30 marzo 2015, n. 13538 Presidente Lombardi – Relatore Fumo Ritenuto in fatto 1. C.O.A. è imputata di violenza privata in danno del minore - affetto da autismo - R.D., in quanto, dopo aver suggerito alla madre del predetto di tagliargli i capelli in modo da facilitarne l'asciugatura, lo costringeva a subire un inadeguato taglio di capelli, da lei stessa effettuato con un paio di forbici con l'aggravante di aver commesso il fatto profittando dell'handicap del minore, tale da ostacolarne la difesa privata e di aver commesso il fatto con abuso di autorità nella sua qualità di maestra di sostegno. In primo grado, con riconoscimento di attenuanti generiche equivalenti, l'imputata fu condannata alla pena sospesa di mesi quattro di reclusione. Fu concesso anche il beneficio della non menzione. La C. fu inoltre condannata al risarcimento dei danni, con provvisionale. 1.1. La corte d'appello di Milano, investita dalla impugnazione dell'imputata, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha ritenuto la prevalenza delle attenuanti generiche e ha rideterminato la pena in mesi si due di reclusione, confermando nel resto la pronuncia di primo grado. 2. Ricorre per cassazione personalmente l'imputata e deduce erronea applicazione della legge penale, in quanto la condotta tenuta, al massimo, può integrare illecito civilistico o disciplinare, ma non integra certamente il delitto di cui all'articolo 610 cp. Invero il taglio di capelli esercitato su di una persona in stato di incapacità, quale sicuramente era il minore, non può integrare il delitto di violenza privata. La giurisprudenza di legittimità ha chiarito - a sezioni unite - che non integra il predetto reato, né quello di lesioni, la condotta di un medico che abbia effettuato su di un soggetto anestetizzato un'operazione chirurgica diversa da quella originariamente concordata, quando peraltro il risultato sia stato del tutto favorevole. In realtà, M., nel caso appena illustrato, così come in quello per il quale è processo, il requisito della costrizione. Considerato in diritto 1. II ricorso è infondato e merita rigetto la ricorrente va condannata alle spese del grado. 2. La sentenza delle sezioni unite, impropriamente citata nel ricorso si tratta della sentenza numero 2437 e non numero 2347 del 2008 non può essere utilizzata come supporto argomentativo da parte della ricorrente. Invero le sezioni unite ebbero ad affermare che non integra il reato di lesione personale, né quello di violenza privata, la condotta del medico che sottoponga il paziente ad un trattamento chirurgico diverso da quello in relazione al quale era stato prestato il consenso informato, nel caso in cui l'intervento, eseguito nel rispetto dei protocolli e delle leges artis, si sia concluso con esito fausto, essendo da esso derivato un apprezzabile miglioramento delle condizioni di salute del paziente, in riferimento anche alle eventuali alternative ipotizzabili e senza che vi fossero indicazioni contrarie da parte dello stesso ric. Giulini, RV 241752 . 2.1. Si tratta, ad evidenza, di fattispecie del tutto diversa. Innanzitutto, nella sentenza delle S.U., si fa riferimento a precisi protocolli da seguire e alla scrupolosa osservanza delle leges artis circostanze che, nel caso di specie, ovviamente non ricorrono, né potevano ricorrere in secondo luogo, perché vi è riferimento all'esito fausto della iniziativa che il sanitario ha dovuto assumere. Il transeunte stato di incoscienza del paziente anestetizzato, d'altra parte, non può minimamente essere accostato con il permanente stato d'incapacità del soggetto affetto da autismo. è da aggiungere che, nel caso della operazione chirurgica, come si legge nella sentenza del supremo consesso, non vi furono preventive indicazioni contrarie da parte del paziente, che aveva prestato il consenso per una operazione, ma non lo aveva preventivamente, appunto negato per altro intervento, giudicato necessario dal chirurgo mentre l'ammalato era in stato di incoscienza laddove, nel caso di specie, la madre del minore aveva assunto l'impegno di far tagliare - in futuro - i capelli al figlio, con ciò implicitamente ma inequivocabilmente negando il suo consenso ad eventuali iniziative improprie di chicchessia. 2.2. Nel caso in esame, ovviamente, la violenza è consistita nel l'approfitta mento dello stato di soggezione e di incapacità e nell'aver voluto ignorare il ricordato, implicito dissenso della madre del bambino, la quale - come premesso -aveva certamente concordato sulla necessità del taglio dei capelli del figlio, ma si era riservata di attuare o far effettuare tale operazione nel momento più propizio e con gli accorgimenti più oppO.ni, per non turbare il delicato equilibrio psichico del minore. 2.3. Diversamente ragionando, si dovrebbe giungere alla paradossale conclusione che, nei confronti di una persona in stato di incapacità, un soggetto - e per di più un soggetto rivestente una particolare posizione di garanzia quale è certamente l'insegnante di sostegno - possa assumere iniziative ad libitum poiché l'handicappato non è in grado di esprimere una sua volontà e/o di opporsi alla volontà altrui. 2.4. Si deve dunque affermare che, nei confronti di un soggetto incapace o anche solo parzialmente capace, ben può verificarsi una situazione di costrizione nel momento in cui l'agente, proprio approfittando dello stato di soggezione psicologica o di incapacità/incoscienza della vittima, assuma - di sua iniziativa, senza autorizzazione alcuna e senza rispettare alcun previsto protocollo operativo - iniziative direttamente incidenti nella sfera fisica, ovvero psichica del soggetto passivo. 3. Ricorrono i presupposti in base ai quali, ai sensi del d. I.svo 196/2003, deve disporsi il cosiddetto oscuramento dei dati. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del procedimento dispone che, in caso di diffusione della presente sentenza, siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.