Riprese audio-video inequivocabili: violenza psico-fisica sui piccoli alunni. Divieto di dimora per la maestra

Respinta la contestazione di una delle tre donne finite sotto accusa per i maltrattamenti messi in atto, in un asilo della provincia di Napoli, nei confronti dei bambini. Materiale probatorio grave, ed esigenze cautelari evidentissime confermata la misura adottata dal Tribunale del riesame.

Condotte aggressive, inimmaginabili e insopportabili, nel contesto di un asilo. Condotte ancor più difficili da metabolizzare perché a metterle in atto sono state, secondo l’accusa, tre maestre nei confronti dei loro piccoli allievi – di età compresa tra i 2 e i 5 anni –, vittime di una vera e propria vessazione, non solo fisica ma anche psichica. E ora, di fronte alla gravità delle contestazioni e alla luce del materiale probatorio – anche video –, è non discutibile l’applicazione della misura cautelare del divieto di dimora, nei confronti delle maestre, nella provincia dove è collocata la struttura scolastica Cassazione, sentenza n. 13084, Sesta Sezione Penale, depositata oggi . Accuse. A dare il ‘la’ alla tristissima vicenda – subito seguita con attenzione dai media – la denuncia della mamma di due bambini, preoccupata per i loro racconti e, soprattutto, per la presenza, sui loro corpi, di ecchimosi e altre lesioni personali . Punto di svolta, però, sono le indagini realizzate dagli uomini del ‘Ris’ di Roma, i quali, con riprese audio-video inequivocabili, hanno portato alla luce numerosi episodi di vessazione, fisica e verbale, operati da tre maestre, in un asilo della provincia di Napoli, ai danni dei loro piccoli alunni , tra i quali anche soggetti disabili . Inevitabile, per la Procura, la contestazione del reato di maltrattamenti , e la consequenziale applicazione di adeguate misure cautelari . Su questo punto, in particolare, il Giudice per le indagini preliminari ha optato per gli arresti domiciliari , mentre il Tribunale del riesame ha ritenuto più corretta l’applicazione della misura cautelare del divieto di dimora nella provincia di Napoli . Prove e misura cautelare. E proprio il ‘divieto di dimora’ è contestato in Cassazione da una delle tre maestre – la più giovane, per la precisione –, la quale ritiene illegittima tale misura cautelare , negando la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e rimarcando il provvedimento di sospensione dal servizio emesso dal dirigente coordinatore dell’Ufficio scolastico regionale per la Campania . Tale provvedimento, spiega la donna, le impedisce di frequentare non solo il suo vecchio istituto, ma anche qualsiasi altro istituto scolastico, rendendo in tal modo impossibile l’incontro con le persone offese e le colleghe di scuola . Ogni obiezione, però, viene ritenuta irrilevante dai giudici del ‘Palazzaccio’, i quali, difatti, confermano la legittimità dell’applicazione del divieto di dimora nella provincia di Napoli . Non discutibile, per i giudici, è la solidità del materiale probatorio dell’accusa, costituito, come detto, non solo dalla denuncia di una madre, ma anche, anzi soprattutto, alla luce degli esiti dell’attività captativa delle immagini oggetto della relazione tecnica del ‘Ris’ di Roma , che il Tribunale del riesame ha ritenuto sintomatici di reiterati trattamenti offensivi dell’incolumità psico-fisica dei minori . Allo stesso tempo, viene condivisa, dai giudici del ‘Palazzaccio’, la valutazione compiuta dal Tribunale del riesame, laddove le esigenze cautelari sono state ritenute lapalissiane non solo alla luce del pericolo di interferenze e contaminazioni nell’attività di acquisizione di ulteriori fonti di prova orale , ma anche del rischio di reiterazione delle condotte oggetto di addebito, in ragione della loro intrinseca gravità, del loro carattere continuativo e della specifica funzione di garanzia riconnessa alle esigenze di tutela dei minori nell’esercizio delle peculiari attività di educatrice scolastica affidate alla donna.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 10 -27 marzo 2015, n. 13084 Presidente Milo – Relatore De Amicis Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza emessa in data 29 dicembre 2014 il Tribunale del riesame di Napoli ha riformato l'ordinanza emessa dal G.i.p. presso il Tribunale di Noia in data 29 agosto 2014, che aveva applicato a Rosa Ambrosio la misura coercitiva degli arresti domiciliari in relazione all'ipotesi di reato di cui agli artt. 110, 61, nn. 11-ter, 11-quinquies e 572 cod. pen. per condotte di maltrattamenti in danno di allievi, dai due ai cinque anni di età, poste in essere nella qualità di docente dell'Istituto comprensivo per l'infanzia V. Russo di Palma Campania , sostituendo alla su indicata misura cautelare quella del divieto di dimora nella provincia di Napoli. 2. Avverso la su indicata decisione ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'indagata, deducendo due motivi di doglianza il cui contenuto viene qui di seguito sinteticamente riassunto. 2.1. Violazione di legge e vizi motivazionali in relazione alla valutazione dei gravi indizi di colpevolezza, non avendo il Tribunale del riesame tenuto conto dell'esigenza, prospettata dalla difesa, di procedere all'ascolto e all'esame dei contenuti delle video-riprese contenenti le immagini, peraltro non chiare, oggetto del procedimento penale. La difesa, infatti, aveva contestato ogni singolo episodio ripreso dalle telecamere, ponendo in rilievo l'inesistenza del reato di maltrattamenti in danno degli alunni, mentre il Tribunale, non avendo preso visione dei filmati, ha fondato la sua decisione unicamente sull'esito della consulenza tecnica del P.M., senza argomentare sulle relative deduzioni difensive. 2.2. Violazione di legge e vizi motivazionali in relazione alla valutazione delle riscontrate esigenze cautelare di cui alle lett. a e c dell'art. 274 c.p.p., non avendo il Tribunale del riesame considerato che il provvedimento di sospensione dal servizio emesso dal dirigente coordinatore dell'Ufficio scolastico regionale per la Campania impedisce di per sé all'indagata di frequentare non solo l'Istituto V. Russo di Palma Campania, ma qualsiasi altro istituto scolastico, rendendo in tal modo impossibile l'incontro con le persone offese e le colleghe di scuola. Né il Tribunale ha considerato che l'Ambrosio, a differenza delle altre due imputate, non risiede in Palma Campania, luogo ove si trova la scuola interessata, con la conseguenza che alla stessa ben poteva concedersi una limitazione del divieto di dimora solo in quel Comune. Considerato in diritto 1. II ricorso è infondato e va pertanto rigettato per le ragioni qui di seguito indicate. 2. L'apparato motivazionale su cui si radica l'impugnato provvedimento ha offerto una valutazione analitica e globale delle emergenze investigative allo stato disponibili a carico della ricorrente, dando conto, in maniera logica e adeguata, delle ragioni che giustificano l'epilogo del relativo percorso decisorio. Entro tale prospettiva deve rilevarsi, avuto riguardo alla natura incidentale del procedimento de libertate, come l'impugnata ordinanza cautelare abbia fatto buon governo del quadro dei principii che regolano la materia in esame, puntualmente replicando alle obiezioni difensive e ponendo in evidenza i tratti maggiormente rilevanti del correlativo contesto storico-fattuale sulla base delle coerenti e dettagliate dichiarazioni rese dalla madre di due allievi, R.S., e dei riscontri indiziari al riguardo offerti dalle convergenti dichiarazioni rese da A.M. che, nella situazione di indisponibilità della prima, aveva accompagnato i minori all'asilo e li aveva ripresi all'uscita , oltre che degli esiti dell'attività captativa delle immagini oggetto della relazione tecnica del R.I.S. di Roma in data 24 settembre 2014 che il Tribunale del riesame ha motivatamente ritenuto non solo sintomatici di reiterati trattamenti offensivi dell'incolumità psico-fisica dei minori, ma anche resistenti, sul piano scientifico, ad ogni tipo di censura tecnica sul punto prospettabile . 3. Parimenti adeguata deve altresì ritenersi, nell'iter motivazionale dell'impugnato provvedimento, la giustificazione offerta riguardo alla sussistenza delle indicate esigenze cautelare, che il Tribunale ha desunto non solo dal rappresentato pericolo di interferenze e contaminazioni nell'attività di acquisizione di ulteriori fonti di prova orale, ma anche dall'evidenziato rischio di reiterazione delle condotte oggetto di addebito in ragione della loro intrinseca gravità, del loro carattere continuativo e della specifica posizione di garanzia riconnessa alle esigenze di tutela dei minori nell'esercizio delle peculiari attività di educatrice scolastica. 4. In definitiva, a fronte di un congruo ed esaustivo apprezzamento delle emergenze procedimentali, esposto attraverso un insieme di sequenze motivazionali chiare e prive di vizi logici, la ricorrente non ha individuato passaggi o punti della decisione tali da inficiare la complessiva tenuta del discorso argomentativo delineato dal Tribunale, ma ha sostanzialmente contrapposto una lettura alternativa delle risultanze investigative, facendo leva sul diverso apprezzamento di profili di merito già puntualmente vagliati in sede di riesame cautelare, e la cui rivisitazione, evidentemente, non è sottoponibile al giudizio di questa Suprema Corte. V'è, infine, da osservare che l'istanza subordinata dalla difesa prospettata in ordine ad una possibile limitazione dell'ambito applicativo della misura cautelare del divieto di dimora v., supra, il par. 2.2. non può essere per la prima volta affrontata in questa Sede, ma deve essere oggetto di una preventiva, specifica, richiesta proposta innanzi alla competente Autorità giudiziaria. 5. Per le considerazioni or ora esposte, dunque, il ricorso deve essere rigettato, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali ex art. 616 c.p.p. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.