La proporzionalità tra il valore del bene sequestrato e il profitto confiscabile. E se il reato è plurisoggettivo?

Il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente può avere ad oggetto solo e soltanto l’effettivo incremento patrimoniale derivante dal reato, sia esso monosoggettivo o plurisoggettivo, e non può attingere beni di valore complessivamente maggiore rispetto al provento della condotta criminosa. L’eccedenza non costituisce difatti beneficio aggiunto di natura patrimoniale e non può pertanto essere oggetto di ablazione, definitiva come cautelare, in ragione della prevalenza riconosciuta alla tutela della proprietà privata costituzionalmente garantita.

Lo afferma la Corte di Cassazione con la sentenza n. 12515/15 depositata il 24 marzo. Il fatto. Il gip del Tribunale di Milano disponeva il sequestro preventivo finalizzato alla confisca dei beni nella disponibilità dell’indagato per concorso in truffa aggravata, reato commesso in relazione al finanziamento ottenuto dalla Fondazione di cui egli era Commissario Straordinario. L’indagato proponeva ricorso avvero la misura cautelare sostenendo la mancanza di proporzione tra il valore dei beni sequestrati e l’entità del profitto confiscabile. Il Collegio rigettava il ricorso preferendo, contrariamente alla tesi difensiva, l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale è possibile disporre il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti del singolo concorrente anche per l’ammontare complessivo del profitto del reato, diversamente dalla confisca che, avendo natura sanzionatoria definitiva, non può in alcun modo eccedere l’ammontare del prezzo o del profitto del reato. L’ordinanza viene impugnata in Cassazione dall’indagato per aver il giudice del riesame trascurato la sproporzione tra il valore dell’immobile sequestrato e l’importo indicato dal gip quale profitto del reato confiscabile e per aver determinato il valore del bene sequestrato in base alla mera rendita catastale, in assenza di perizia ed omettendo di considerare la consulenza tecnica prodotta dalla difesa. Proporzionalità, adeguatezza e gradualità del sequestro. Il ricorso così articolato viene riconosciuto fondato dai Giudici di legittimità. L’istituto del sequestro preventivo è governato dai principi di proporzionalità, adeguatezza e gradualità che impogono al giudice di motivare adeguatamente in ordine all’impossibilità di conseguire il medesimo risultato attraverso una cautela meno afflittiva. Il valore delle cose sottoposte a sequestro deve pertanto essere adeguato e proporzionato all’importo del credito garantito, secondo la stima ponderata preventivamente dal giudicante e non differibile alla fase esecutiva della misura, come invece ritenuto dal Tribunale milanese. Come valutare il valore del bene da sequestrare. L’altro profilo di doglianza riguarda i criteri rilevanti in giudizio per la determinazione del valore del bene da sottoporre a sequestro. In merito, la S.C. afferma che la rendita catastale, in quanto indice per la determinazione del valore, appunto, catastale degli immobili quale base imponibile per le imposte, non costituisce un criterio affidabile per definire il valore di mercato del medesimo immobile, rilevando in tal modo l’erroneo apprezzamento dei giudici del riesame che, considerando esclusivamente il valore di catasto dell’edificio, hanno completamente trascurato le valutazioni della consulenza tecnica di parte. Il sequestro nel reato plurisoggettivo. L’ulteriore motivo sollevato con il ricorso eccepisce l’erroneità del ragionamento con cui il Tribunale ha ritenuto ammissibile il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, per l’intero ammontare del profitto del reato con riferimento a ciascun singolo concorrente. Secondo l’insegnamento di legittimità, il sequestro preventivo può incidere contemporaneamente o indifferentemente sui beni di ogni concorrente nel reato, senza però poter eccedere il valore del prezzo o del profitto del reato, in quanto la misura cautelare del sequestro deve corrispondere alla futura sanzione della confisca. La ratio dell’affermazione risiede nella funzionalità del sequestro preventivo rispetto alla sanzione definitiva della confisca e nei principi generali del diritto processuale. In conclusione, è possibile affermare che il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, può avere ad oggetto solo e soltanto l’effettivo incremento patrimoniale derivante dal reato, sia esso monosoggettivo o plurisoggettivo, e non può attingere beni di valore complessivamente maggiore rispetto al provento della condotta criminosa. Qualunque surplus rispetto a tale soglia non può infatti ritenersi costituire beneficio aggiunto di natura patrimoniale” derivante in via immediata e diretta” della condotta criminosa e non può pertanto essere oggetto di ablazione, definitiva come cautelare, in ragione della prevalenza riconosciuta alla tutela della proprietà privata, costituzionalmente garantita, rispetto alle esigenze processuali di giustizia. Accorgimenti per il giudice del rinvio. L’ordinanza impugnata viene dunque annullata con rinvio al Tribunale di Milano che dovrà, in primo luogo, determinare in modo adeguato il valore del bene immobile attinto, con riferimento alla consulenza di parte ed all’eventuale valutazione degli inquirenti, per poi valutare se l’assoggettamento a vincolo reale di quel bene sia adeguato e proporzionato al profitto confiscabile e spostare il vincolo su altro bene laddove ravvisi una sproporzione. Dovrà inoltre aver cura di accertare se la misura cautelare non sia già stata disposta nei confronti degli altri concorrenti per un valore corrispondente al profitto del reato. In tal caso, il sequestro non potrà essere esteso in eccedenza” al ricorrente, posto il principio solidaristico di cui all’art. 187 c.p., nonché agli artt. 1292, 2055 e 2058 c.c., con la conseguenza che i concorrenti già attinti dalla misura potranno successivamente pretendere dal ricorrente la restituzione del dovuto, secondo un riparto pro quota del sacrificio patrimoniale imposto dell’ordinamento.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 27 gennaio – 24 marzo 2015, n. 12515 Presidente Ippolito – Relatore Bassi Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 12 giugno 2014, il Gip del Tribunale di Milano ha disposto il sequestro preventivo nei confronti di P.A. , indagato in relazione al reato di truffa aggravata capo D , commesso in relazione al finanziamento ex lege n. 285/1997 del progetto Uno sguardo sulla città dalla Fondazione Adolfo Pini di cui il ricorrente è Commissario Straordinario, deliberato dalla Giunta del comune di Milano su indicazione del Direttore del settore minori e giovani del Comune di Milano M.P. e dell'Assessore alla famiglia dello stesso Comune Mo.Ma. , progetto in effetti inesistente. Con il provvedimento ablativo sono stati assoggettati a vincolo reale ai sensi degli artt. 321, 104 cod. proc. pen. e artt. 322-ter e 640-quater cod. pen., beni nella disponibilità di P. sino alla concorrenza della somma di 50.015,59 Euro. 2. Con l'impugnata ordinanza del 9 luglio 2014, il Tribunale, sezione del riesame, di Milano ha rigettato il ricorso e confermato il provvedimento cautelare reale. Dopo avere premesso che la difesa non ha posto in discussione la sussistenza del fumus commissi delicti focalizzando le censure esclusivamente sul tema dell'entità del profitto confiscabile, il Collegio ha rilevato che, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, il valore del bene sottoposto a sequestro, tenuto conto della rendita catastale ed in assenza di stima, non appare iculi oculi sproporzionato rispetto all'importo individuato dal Gip che correttamente il primo giudice ha disposto nei confronti del ricorrente la confisca dell'intero importo del profitto ricavato dal delitto sul presupposto che, allo stato, non è immediatamente individuata né individuabile la quota di profitto attribuibile a ciascuno dei concorrenti, da accertare solo in fase di giudizio che -in linea con quanto deciso dal Gip - è da preferire l'orientamento di legittimità secondo il quale è possibile disporre il sequestro a fini di confisca nei confronti del singolo concorrente anche per l'ammontare complessivo del profitto, diversamente dalla confisca che, quale istituto di carattere sanzionatorio, non può in alcun modo eccedere l'ammontare del prezzo o del profitto del reato, e ciò in ragione del fatto che occorre assicurare l'effettività del successivo provvedimento di confisca anche in ipotesi in cui venga riconosciuta la responsabilità di alcuni soltanto degli indagati e di evitare, nelle more del giudizio di merito, la dispersione dell'equivalente del profitto. 2. Avverso l'ordinanza ha presentato ricorso ex art. 311 cod. proc. pen. l'Avv. Vittorio Di Pietro, difensore di fiducia di P.A. , e ne ha chiesto l'annullamento per violazione di legge penale in relazione agli artt. 125, 321 cod. proc. pen. e 322-ter e 640-quater cod. pen., per avere il Tribunale, in assenza di perizia, ritenuto non sproporzionato il valore dell'immobile sottoposto a sequestro rispetto all'importo indicato dal Gip ed, in particolare, per avere, da un lato, tenuto conto della rendita catastale, che non rientra in nessun modo fra i criteri utilizzabili ai fini della stima del valore dei beni immobili dall'altro lato, omesso di tenere in considerazione la consulenza tecnica prodotta dalla difesa in relazione al valore effettivo del bene. Sotto diverso profilo, il ricorrente ha posto in luce come l'orientamento giurisprudenziale fatto proprio dal Tribunale -secondo il quale è possibile adottare nei confronti di tutti i concorrenti il sequestro per l'intero ammontare del prezzo o del profitto confiscabile - è stato ormai superato dalla pronuncia di questa Corte a Sezioni Unite. 3. Il Procuratore generale Dott. A. P. Viola ha chiesto che l'ordinanza sia annullata con rinvio. L'Avv. Vittorio Di Pietro, nell'interesse del P.A. ha insistito per l'accoglimento del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato, con la conseguenza che l'ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Milano per nuovo esame. 2. Con il primo motivo di doglianza il ricorrente eccepisce l'evidente sproporzione fra il valore del bene assoggettato a vincolo reale e l'ammontare del profitto confiscabile. A tale proposito, deve essere evidenziato che, secondo l'insegnamento di questo giudice di legittimità, i principi di proporzionalità, adeguatezza e gradualità - dettati dall'art. 275 cod. proc. pen. per le misure cautelari personali - sono applicabili anche al sequestro preventivo, dovendo il giudice motivare adeguatamente sulla impossibilità di conseguire il medesimo risultato attraverso una cautela alternativa meno invasiva Cass. Sez. 3, n. 21271 del 07/05/2014, Konovalov, Rv. 261509 . Ne discende che il valore delle cose assoggettate a sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente deve essere adeguato e proporzionale all'importo del credito garantito e la stima deve costituire oggetto di ponderata valutazione preventiva da parte del giudice della cautela, controllabile dal Tribunale del riesame e non differibile alla fase esecutiva della confisca Cass. Sez. 3, n. 42639 del 26/09/2013, Lorenzini, Rv. 257439 . Ancora, il Tribunale del riesame deve adeguatamente apprezzare il valore dei beni sequestrati in rapporto all'importo del credito che giustifica l'adozione del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente art. 322-ter cod. pen. , al fine di evitare che la misura cautelare si riveli eccessiva nei confronti del destinatario Cass. Sez. 3, n. 17465 del 22/03/2012, Crisci Rv. 252380 . 3. Ritiene il Collegio che, nel confermare nei confronti di P.A. il vincolo reale disposto dal Gip ai sensi degli artt. 321, comma 2, cod. proc. pen. e 640-bis, 640-quater e 322-ter, comma 2, cod. pen., il Tribunale milanese non abbia fatto corretta applicazione delle sopra indicate e condivisibili coordinate ermeneutiche. Sotto un primo aspetto, deve essere posto in luce come, contrariamente a quanto argomentato dal giudice a quo, la valutazione in ordine al valore della res sottoposta a vincolo reale funzionale alla confisca per equivalente non possa essere rimandata alla fase esecutiva, ma debba essere operata già in sede di verifica dei presupposti della misura cautelare reale il Tribunale del riesame è dunque tenuto a verificare, in ossequio ai principi di adeguatezza e proporzionalità, se il sacrificio imposto al destinatario del provvedimento ablativo non sia eccessivamente gravoso in rapporto al profitto confiscabile e se il vincolo non possa attingere - sulla base degli accertamenti a cura dell'inquirente - un bene diverso nella disponibilità dell'indagato, trattandosi - appunto - di sequestro preventivo funzionale alla confisca di valore. Il mantenimento del vincolo reale su di un determinato bene deve dunque essere proporzionato all'entità del profitto da assoggettare all'ablazione definitiva ed, in tale ottica, risultare assolutamente necessario e non sostituibile aliunde. Non può invero sottacersi come la sottoposizione a sequestro preventivo, seppure formalmente sino alla concorrenza del profitto confiscabile stimato nella specie, di 50.000 Euro , di un bene immobile in ipotesi di valore di gran lunga superiore finisca, nella sostanza, per imporre al destinatario un sacrificio all'evidenza eccessivo rispetto al credito da garantire, in quanto tale ingiustificato e contrastante con il principio di proporzionalità operante anche in materia di misure cautelari reali. 4. Sotto diverso profilo, mette conto rilevare come - nel rispondere allo specifico motivo di ricorso in ordine al valore del bene immobile assoggettato a sequestro preventivo -, il Collegio dell'impugnazione cautelare, da un lato, abbia completamente trascurato di prendere in considerazione le conclusioni della consulenza di parte versata nel fascicolo della procedura, che aveva commisurato il valore dell'immobile in oltre 410.000 Euro dall'altro lato, abbia valorizzato ai fini della valutazione del valore dell'alloggio assoggettato a vincolo reale un dato - quale la rendita catastale - privo di valenza dimostrativa certa. Ed invero, la rendita catastale è l'indice utilizzato per la determinazione del valore catastale degli immobili come base imponibile per il pagamento delle imposte e non costituisce un criterio affidabile ai fini della determinazione del valore di mercato di un alloggio si consideri come, secondo un dato di comune esperienza, gli immobili d'epoca nel centro storico di città d'arte, e dunque di pregio e di rilevante valore commerciale, abbiano solitamente rendite catastali di gran lunga inferiori a quelle di alloggi di nuova costruzione ma in zona periferica, seppure di valore commerciale decisamente più basso. Tale conclusione risulta del resto corroborata per tabulas dal disegno di legge sottoposto al vaglio del Parlamento recante la riforma del catasto, col quale saranno riviste le rendite catastali degli immobili, con il dichiarato scopo di allineare le medesime ai valori di mercato e di introdurre un sistema più affidabile - e dunque più equo - per la definizione del valore delle abitazioni seppure a fini fiscali . In linea con tali considerazioni, questa Corte regolatrice, pronunciandosi in un caso consimile, ha ritenuto corretta la decisione del Tribunale del riesame che, ai fini della determinazione del valore di un alloggio, aveva considerato la stima compiuta dalla Guardia di Finanza sulla base dei valori minimi attribuiti agli immobili nella zona dall'osservatorio del mercato immobiliare Cass. Sez. 3, n. 42639 del 26/09/2013, Lorenzini, Rv. 257439 . 5. Fondato è anche l'ultimo profilo di doglianza, con il quale il ricorrente eccepisce l'erroneità del ragionamento svolto dal Tribunale allorché ha ritenuto ammissibile l'adozione del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente per l'intero ammontare del profitto confiscabile nei confronti di ciascuno dei concorrenti. 5.1. Secondo l'insegnamento di questa Corte, espresso anche a composizione allargata, il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente del profitto del reato di corruzione può incidere contemporaneamente od indifferentemente sui beni di ciascuno dei concorrenti nel reato, senza, però, poter complessivamente eccedere il valore del suddetto prezzo o profitto e ciò perché il sequestro preventivo non può avere un ambito più vasto della futura confisca Cass. Sez. 6, n. 21222 del 25/01/2013, S.i.s.me.r. S.r.l. Rv. 256545 Sez. 6, n. 28264 del 26/03/2013, Anemone e altro Rv. 255610 Sez. 2, n. 21227 del 29/04/2014, Riva Rv. 259716 Sez. U n. 26654 del 27/3/2008, Fisia Italimpianti Spa e altri, Rv 239926 . Ancora, questo giudice di legittimità ha chiarito come non sia sostenibile la tesi secondo cui il sequestro preventivo può avere un ambito di applicazione più vasto della confisca ed il divieto di eccedere o di duplicare il valore relativo al profitto o al prezzo del reato, in presenza di una pluralità di concorrenti, scatta solo con il provvedimento definitivo di confisca, al quale viene riconosciuta natura sanzionatoria. Si è infatti rilevato come, per la funzione strumentale del sequestro preventivo e per i principi generali del diritto processuale, con il provvedimento cautelare non sia possibile ottenere più di quello che potrebbe essere conseguito con il provvedimento definitivo, in quanto uno degli aspetti che il giudice deve valutare ai fini dell'emissione della misura cautelare è costituito proprio dalla corrispondenza tra il valore dei beni oggetto della futura ablazione e l'entità del profitto o del prezzo del reato Cass. Sez. 6, 26/3/2013, n. 28264 Sez. 2, 26/11/2013, n. 47066 . 5.2. A tali consolidate coordinate ermeneutiche non si è conformato il giudice milanese laddove ha ritenuto che il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, non solo possa interessare indifferentemente ciascuno dei singoli concorrenti nel medesimo reato per l'intera entità del profitto di volta in volta accertato affermazione del tutto in linea con il principio di solidarietà fra correi pacificamente riconosciuto da questa Corte , ma possa anche realizzare una duplicazione o, comunque, uno sconfinamento - avuto riguardo all'ablazione operata nei confronti della globalità dei concorrenti - oltre l'ammontare complessivo del profitto conseguito, e ciò al fine di scongiurare che, qualora sia riconosciuta la responsabilità di alcuni soltanto degli indagati, si realizzi la dispersione dell'equivalente del profitto o anche solo di parte di esso . Mette conto ribadire come, secondo i principi bene espressi da questo giudice di legittimità anche a Sezione Unite e sopra ricordati, l'ablazione dell'indebito vantaggio tratto dall'attività delittuosa - anche qualora disposta in via anticipata rispetto all'accertamento di merito - non possa mai comportare un sacrificio patrimoniale maggiore di quello realizzabile in via definitiva, di tal che il vincolo reale complessivamente disposto in capo ai vari concorrenti non può mai essere superiore all'indebito vantaggio tratto dall'illecito. Ed invero, l'ablazione, anche disposta in via cautelare, può avere ad oggetto solo e soltanto l'effettivo incremento patrimoniale derivato dal reato, sia esso monosoggettivo o plurisoggettivo, e non può pertanto attingere beni di valore complessivamente eccedente il provento della condotta illecita. Qualunque surplus rispetto a tale soglia non può infatti ritenersi costituire beneficio aggiunto di natura patrimoniale derivante in via immediata e diretta dalla condotta criminosa, facendo difetto rispetto ad esso il nesso pertinenziale fra res suscettibile di ablazione e reato. In altri termini, l’”eccedenza non costituisce ontologicamente profitto del reato e non può, pertanto, essere oggetto di ablazione, definitiva come cautelare, neanche nelle ipotesi in cui si tratti di fattispecie plurisoggettiva, risultando le esigenze di giustizia delineate dal Tribunale - allorché ha giustificato l'ablazione per un valore complessivamente superiore al profitto confiscabile per scongiurarne la possibile dispersione in caso di esito processuale liberatorio per taluno dei concorrenti - all'evidenza recessive rispetto alla tutela del diritto di proprietà costituzionalmente garantito. 6. L'ordinanza impugnata deve pertanto essere annullata con rinvio al Tribunale di Milano. Nel riesaminare il ricorso, il giudice di rinvio dovrà attenersi ai principi di diritto affermati da questo Collegio in punto di individuazione della res da assoggettare a sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente ed, in particolare, dovrà dapprima stimare in modo adeguato il valore del bene immobile attinto, tenendo conto della consulenza di parte e dell'eventuale valutazione compiuta dagli inquirenti avendo riguardo al reale valore di mercato dell'alloggio e non alla sua rendita catastale dovrà, quindi, valutare se l'assoggettamento a vincolo reale di detto bene sia adeguato e proporzionato al profitto confiscabile ed, in caso di valore spropositato rispetto al profitto confiscabile, dovrà verificare se l'ablazione non possa trasferirsi su altro bene dell'indagato di valore più vile. D'altra parte, il Tribunale distrettuale avrà cura di scongiurare che il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, trattandosi di imputazione provvisoria in relazione ad una fattispecie plurisoggettiva, non sia già stato adottato nei confronti degli altri concorrenti per un valore complessivamente superiore al profitto confiscabile, stimato, nella specie, in 50.105,59 Euro. In tale ultimo caso, il sequestro preventivo non potrà essere esteso in eccesso anche nei confronti di P. e, giusta il principio solidaristico fissato nell'art. 187 c.p. in relazione agli artt. 1292, 2055 e 2058 cod. civ. e posto a base della disciplina del concorso di persone nel reato che consente di ritenere legittima l'imputazione dell'intera azione delittuosa e, quindi, anche dell'ablazione dell'intero profitto nel patrimonio di uno qualunque dei correi , i concorrenti già attinti dall'ablazione potranno, in un secondo tempo, pretendere che P. restituisca il dovuto secondo un riparto pro quota del sacrificio patrimoniale imposto dall'ordinamento, aspetto che nondimeno non assume alcun rilievo penale e che rimane pertanto estraneo al sindacato di questa Corte. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Milano per nuovo esame.