Frasi minacciose da persona “stagionata”, ma non per questo il pubblico ufficiale non è intimidito

Per la consumazione del reato previsto dall’art. 336 c.p., l’idoneità della minaccia posta in essere per costringere il pubblico ufficiale a compiere un atto contrario ai propri doveri deve essere valutata con un giudizio ex ante, tenendo conto delle circostanze oggettive e soggettive del fatto. Perciò, l’impossibilità di realizzare il male minacciato, a meno che non tolga al fatto qualsiasi parvenza di serietà, non esclude il reato, dovendo riferirsi alla potenzialità costrittiva del male ingiusto prospettato.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 12505, depositata il 24 marzo 2014. Il caso. La Corte d’appello di Catanzaro assolveva un imputato dal reato di minaccia a un pubblico ufficiale art. 336, comma 1, c.p. . L’accusa era di aver detto ad un p.u. la frase ti voglio dare un consiglio, stai attento che ti può capitare qualcosa se non la finisci di fare questi controlli , mentre questo stava svolgendo dei controlli di lavori edilizi eseguiti dalla società amministrata dal figlio dell’imputato. Il Procuratore Generale ricorreva in Cassazione, deducendo l’indubbio e concreto significato intimidatorio dell’espressione pronunciata, peraltro oggetto di specificazione successiva in relazione alla perdita del posto di lavoro, mentre il pubblico ufficiale effettuava i controlli. Reato di pericolo. La Corte di Cassazione sottolinea che, ai fini della sussistenza del delitto ex art. 612 c.p. minaccia , la minaccia, valutata con un criterio medio ed in relazione alle concrete circostanze del fatto, oggettive e soggettive, deve essere idonea a cagionare effetti intimidatori sul soggetto passivo, anche se il turbamento psichico non si verifichi in concreto. È un reato di pericolo, che si consuma nel momento in cui l’azione intimidatoria sia portata a conoscenza del soggetto passivo. Idoneità della minaccia. Per la consumazione del reato previsto dall’art. 336 c.p., l’idoneità della minaccia posta in essere per costringere il pubblico ufficiale a compiere un atto contrario ai propri doveri deve essere valutata con un giudizio ex ante , tenendo conto delle circostanze oggettive e soggettive del fatto. Perciò, l’impossibilità di realizzare il male minacciato, a meno che non tolga al fatto qualsiasi parvenza di serietà, non esclude il reato, dovendo riferirsi alla potenzialità costrittiva del male ingiusto prospettato. Nel caso di specie, i giudici avevano escluso l’integrazione della fattispecie, valorizzando la genericità della condotta minatoria e la sua inidoneità a coartare il soggetto passivo, provenendo – oltretutto – da persona avanti negli anni e priva di alcuna concreta o notoria pericolosità . Tuttavia, rilevano gli Ermellini, era ingiustificato ritenere generica la minaccia, considerando anche la sua specificazione successiva. Inoltre, la Corte d’appello non aveva tenuto conto delle circostanze oggettive dell’esecuzione di controlli, non graditi, in cui la condotta era stata tenuta. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e rimanda la decisione ai giudici di merito.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 10 febbraio – 24 marzo 2015, n. 12505 Presidente Milo – Relatore Capozzi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 6.2.2014 la Corte di appello di Catanzaro, a seguito di gravame interposto dall'imputato F. G. avverso la sentenza di condanna emessa il 24.2.2010 dal Tribunale di Paola Sezione distaccata di Scalea, in riforma di detta sentenza, ha assolto perché il fatto non sussiste il predetto imputato dal reato di cui all'art. 3361 comma 1, cod. pen., così riqualificato il reato di cui all'art. 337 cod. pen. contestato, per aver profferito all'indirizzo di G. G., in servizio presso il comando di P.M. di Praia a mare l'espressione ti voglio dare un consiglio, stai attento che ti può capitare qualcosa se non la finisci di fare questi controlli , per opporsi al medesimo mentre compiva un atto del proprio ufficio consistente nel controllo di lavori edilizi eseguiti dalla EDIL F.G. s.r.l., amministrata dal figlio dell'imputato. 2. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il P.G. presso la Corte di appello di Catanzaro denunciando violazione della legge penale in relazione agli artt. 336-337 cod. pen. e mancanza, contraddittorietà della motivazione in relazione all'indubbio e concreto significato intimidatorio della espressione pronunciata dall'imputato nei confronti dei pubblico ufficiale, peraltro oggetto di specificazione successiva in relazione alla perdita dei posto di lavoro, mentre questi effettuava i controlli edilizi nel complesso residenziale che la ditta del figlio stava realizzando. Considerato in diritto Il ricorso è fondato. 1. Ai fini della sussistenza del delitto di cui all'art. 612 cod. pen., la minaccia, valutata con un criterio medio ed in relazione alle concrete circostanze del fatto, oggettive e soggettive, deve essere idonea a cagionare effetti intimidatori sul soggetto passivo, anche se il turbamento psichico non si verifichi in concreto. Si tratta, infatti, di reato di pericolo, che si consuma nel momento in cui l'azione intimidatoria sia portata a conoscenza del soggetto passivo Sez. 4, n. 8264 del 02/09/1985, Giannini, Rv. 170482 ed ai fini della consumazione del reato di cui all'art. 336 cod. pen., l'idoneità della minaccia posta in essere per costringere il pubblico ufficiale a compiere un atto contrario ai propri doveri deve essere valutata con un giudizio ex ante , tenendo conto delle circostanze oggettive e soggettive dei fatto, con la conseguenza che l'impossibilità di realizzare il male minacciato, a meno che non tolga al fatto qualsiasi parvenza di serietà, non esclude il reato, dovendo riferirsi alla potenzialità costrittiva dei male ingiusto prospettato. Sez. 6, n. 32705 dei 17/04/2014, Coccia, Rv. 260324 . 2. Nella specie, la sentenza liberatoria ha fondato la decisione sulla genericità della condotta minatoria e sulla sua inidoneità a coartare il soggetto passivo, provenendo - oltretutto - da persona avanti negli anni e priva di alcuna concreta o notoria pericolosità. 3. Ritiene il Collegio che l'assunto fatto proprio dalla Corte di merito violi la nozione penalistica di minaccia richiamata sia palesandosi ingiustificata la sua genericità anche rispetto alla sua specificazione successiva, sia non essendosi tenuto conto delle circostanze oggettive dell'esecuzione di controlli - evidentemente non graditi - in cui la inequivoca condotta è stata tenuta. 4. La sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Catanzaro per nuovo giudizio. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Catanzaro.