Documenti contabili non tenuti: è sufficiente per l’integrazione del reato

Integra il delitto di distruzione o occultamento di documenti contabili, previsto dall’art. 10 d.lgs. n. 74/2000 anche l’omessa tenuta della documentazione contabile, essendo sufficiente un’impossibilità relativa oppure una semplice difficoltà di ricostruzione del volume degli affari e dei redditi.

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza n. 11267, depositata il 17 marzo 2015. Il caso. La Corte d’appello di Ancona condannava un imputato per il reato di occultamento o distruzione di documenti contabili, ai sensi dell’art. 10 d.lgs. n. 74/2000. I giudici valorizzavano l’omessa esibizione del registro ai verbalizzanti della Guardia di Finanza che ne avevano fatto richiesta. L’uomo ricorreva in Cassazione, deducendo l’erronea applicazione della norma, in quanto mancava l’accertamento della distruzione o dell’occultamento della documentazione. Di conseguenza, era insussistente la prova del dolo specifico, essendo possibile che l’imputato potesse esibire la documentazione in un altro momento. Basta la difficoltà. La Corte di Cassazione ricorda che integra il delitto di distruzione o occultamento di documenti contabili anche l’omessa tenuta della documentazione contabile, essendo sufficiente un’impossibilità relativa oppure una semplice difficoltà di ricostruzione del volume degli affari e dei redditi. Dolo specifico. Inoltre, sottolineano gli Ermellini, la previsione del dolo specifico, necessaria per la sussistenza del delitto di occultamento o distruzione di documenti contabili a fini di evasione, richiede la prova della produzione di reddito e del volume di affari che possono desumersi, in base a norme di comune esperienza, dal fatto che l’agente era titolare di un’attività commerciale. Nel caso di specie, i giudici di merito avevano accertato la mancata esibizione alla Finanza del registro IVA ed avevano desunto l’elemento soggettivo dalla qualità di evasore e dall’inottemperanza all’invito all’esibizione, che aveva comportato l’impossibilità di ricostruire gli affari gestiti. In più, riguardo alla tesi della possibilità di esibizione in un secondo momento, proprio l’esistenza di tale opportunità, insieme alla mancata successiva esibizione del documento, avvalorava ulteriormente le accuse. Per questi motivi, la Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 26 febbraio – 17 marzo 2015, n. 11267 Presidente Teresi – Relatore Orilia Ritenuto in fatto La Corte d'Appello di Ancona con sentenza 27.5.2013 ha confermato la colpevolezza di P.P. Luigi per il reato di occultamento o distruzione di documenti contabili art. 10 D. Lvo n. 74/2000 , osservando, per quanto ancora interessa in questa sede, che la prova del reato non risiede affatto nelle dichiarazioni rese alla Guardia di Finanza sicché risultano superflue le deduzioni sul punto ha valorizzato invece l'omessa esibizione del registro ai verbalizzanti che ne avevano fatto richiesta e l'accertata qualità di evasore, unitamente alla mancata esibizione in un secondo momento. Il difensore dell'imputato ricorre per cassazione proponendo due censure. Considerato in diritto 1. Col primo motivo deduce l'inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità e inutilizzabilità violazione degli artt. 63 e 191 cpp secondo il ricorrente la dichiarazione resa in sede di accertamento tributario sulla mancanza dei registro IVA doveva ritenersi inutilizzabile in quanto resa senza le garanzie di legge. Il motivo è inammissibile per difetto di interesse art. 591 lett. a cpp contrariamente a quanto in ricorso, il giudizio di colpevolezza non si è basato affatto sulle dichiarazioni rese dal prevenuto alla Guardia di Finanza, come a chiare lettere ha affermato la Corte d'Appello e pertanto non si riesce a comprendere la ragione di una siffatta doglianza. 2 Col secondo motivo il ricorrente deduce l'erronea applicazione degli artt. 10 e 192 cpp il mancato accertamento della distruzione dell'occultamento della documentazione rendeva, a suo dire, insussistente la prova del dolo specifico e dunque mancava la prova della colpevolezza ogni ragionevole dubbio, essendo ben possibile che l'imputato potesse esibire la documentazione in un altro momento. La censura, ripetitiva di quella proposta e valutata in appello, è manifestamente infondata e pertanto va dichiarata inammissibile. Integra il delitto di distruzione od occultamento di documenti contabili art. 10, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74 anche l'omessa tenuta della documentazione contabile, essendo sufficiente un'impossibilità relativa ovvero una semplice difficoltà di ricostruzione dei volume degli affari e dei redditi tra le varie, Sez. 3, Sentenza n. 28656 dei 04/06/2009 Ud. dep. 14/07/2009 Rv. 244583 Sez. 3, Sentenza n. 36624 del 18/07/2012 Cc. dep. 21/09/2012 Rv. 253365 . E' stato altresì affermato che la previsione del dolo specifico richiesta per la sussistenza del delitto di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10 occultamento o distruzione di documenti contabili al fine di evasione richiede la prova della produzione di reddito e dei volume di affari che possono desumersi, in base a norme di comune esperienza, dal fatto che l'agente era titolare di un'attività commerciale cfr. Sez. 3, Sentenza n. 41540 dei 2009, Morciano, non massimata nonchè Sez. 3, Sentenza n. 20786 del 18/04/2002 Ud. dep. 28/05/2002 Rv. 221616 . Nel caso di specie la Corte d'Appello ha accertato innanzitutto la mancata esibizione alla Guardia di Finanza del registro IVA ed ha quindi desunto l'elemento soggettivo dalla qualità di evasore e dall'inottemperanza all'invito all'esibizione, da cui è derivata l'impossibilità di ricostruire gli affari gestiti ha osservato altresì - quanto alla tesi della possibilità di esibizione in un secondo momento - che proprio l'esistenza di detta opportunità e la mancata successiva esibizione del documento avvalora ulteriormente l'ipotesi accusatoria. Il percorso argomentativo è lineare e corretto in diritto, come tale inattaccabile dalla generica censura che, ancora oggi, non contiene alcun elemento concreto che possa suffragare la tesi della dimenticanza o dello smarrimento come ad esempio una avvenuta esibizione tardiva oppure una denunzia di smarrimento presentata alle autorità di polizia Non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità Corte Cost. sentenza 13.6.2000 n. 186 , alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria ai sensi dell'art. 616 cpp nella misura indicata in dispositivo. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di €. 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.