È la speciale abilità fisica del ladro che elude, svia o impedisce la sorveglianza dell’uomo medio

Dal momento che la ratio dell’aggravante della destrezza è quella di sanzionare più pesantemente l’aggressione al patrimonio altrui in condizioni di minorata difesa delle cose di fronte all’abilità dell’agente e considerato che la destrezza persegue l’obiettivo di eludere la vigilanza della vittima sulla cosa, va da sé che una azione può considerarsi tale nella misura in cui sia compiuta con abilità e con scaltrezza cosa ben diversa da limitarsi a prelevare una cosa lasciata incustodita.

Questo l’orientamento al quale si è uniformata la Corte di Cassazione nella sentenza n. 9374, depositata il 4 marzo 2015. Il fatto. Il Procuratore Generale presso la Corte d’appello di L’Aquila propone ricorso per cassazione contro la sentenza della Corte d’appello con la quale veniva dichiarato non doversi procedere nei confronti dell’imputato di furto, perché l’azione non poteva essere iniziata per difetto di querela. Il ricorrente sostiene che la Corte territoriale abbia erroneamente esaminate le risultanze processali, le quali, se idoneamente valutate, avrebbero indotto a riconoscere l’aggravante dell’uso della destrezza che rende il reato procedibile d’ufficio. Il Collegio, al contrario, condivide la conclusione a cui sono giunti i giudici d’appello nel sostenere che, non potendo configurarsi alcuna aggravante, si è in presenza di un furto semplice. Primo orientamento. Nel sostenere ciò, il Collegio non ignora l’esistenza di un filone giurisprudenziale che riconosce l’aggravante della destrezza nella particolare abilità di cui si avvale l’autore del furto per sorprendere l’attenzione della persona offesa nella custodia della cosa, quando l’agente approfitti di una condizione contingente favorevole e di una frazione di tempo in cui la parte offesa ha momentaneamente lasciato la vigilanza sulla cosa perché impegnata, nello stesso luogo di detenzione della cosa o in luogo immediatamente prossimo, per curare attività di vita o di lavoro . E ancora, il soggetto ha agito al fine di approfittare di una qualunque situazione di tempo e di luogo idonea a sviare l’attenzione della persona offesa, distogliendola dal controllo e dal possesso della cosa . Secondo orientamento Però, il Collegio ritiene che tale orientamento presenti notevoli criticità, dato che anche il più recente sapere scientifico ha evidenziato che il concetto di destrezza, per unanime definizione di dottrina e giurisprudenza, indica una particolare abilità, astuzia, sveltezza nel commettere il fatto, posto che la destrezza presuppone l’esistenza di una abilità straordinaria, e cioè deve evidenziare una capacità superiore e tale comunque da saper evitare la vigilanza normale dell’uomo medio . confermato da giurisprudenza e La giurisprudenza di merito ha, infatti, affermato che in tema di furto aggravato, la destrezza si ravvisa quando la condotta dell’agente è connotata da particolare agilità e sveltezza, con mosse o manovre particolarmente scaltre, tali da eludere la sorveglianza dell’uomo medio, impedendogli di prevenire la sottrazione delle cose in suo possesso. Anche la Suprema Corte, in un caso precedente analogo a quello di cui si tratta, aveva escluso la sussistenza dell’aggravante della destrezza, laddove il ladro si impossessi di un bene presente all’interno di un autoveicolo lasciato temporaneamente incustodito dal proprietario . dottrina. Ricorda il Collegio, altresì, come, già subito l’entrata in vigore del Codice Rocco, è stato rilevato in dottrina che il concetto di destrezza comprende tutti quei modi di commissione del delitto che consistono nell’esplicazione di una speciale abilità fisica del ladro, tale da poter eludere, sviare o impedire che si ridesti l’attenzione dell’uomo medio . Nel caso in esame, osserva il Collegio, il reo non ha posto in essere nessuna particolare abilità finalizzata a distrarre la persona offesa ovvero ad attenuare la propria attenzione difensiva a protezione dei propri beni che deve, come detto, caratterizzare l’aggravante della destrezza. Da qui il rigetto del ricorso del pubblico ministero.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 18 febbraio – 4 marzo 2015, n. 9374 Presidente Petti – Estensore Pellegrino Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 29.05.2014, la Corte d'appello di L'Aquila, in riforma della sentenza del Tribunale di Chieti in data 22.11.2010, dichiarava non doversi procedere nei confronti di D.B.F. in relazione al contestato delitto di cui all'art. 648 cod. pen., qualificato il fatto ai sensi dell'art. 624 cod. pen., con la formula perché l'azione non poteva essere iniziata per difetto di querela. 2. Avverso detta pronuncia il Procuratore generale presso la Corte d'appello di L'Aquila propone ricorso per cassazione lamentando inosservanza o erronea applicazione della legge penale art. 606 lett. b cod. proc. pen. nonché mancanza di motivazione art. 606 lett. e cod. proc. pen. . 2.1. Assume il ricorrente come la Corte territoriale abbia erroneamente ritenuto insussistenti ipotesi aggravate del riconosciuto reato di furto in contrasto con le risultanze processuali che, di contro, se fossero state correttamente esaminate e valutate, avrebbero dovuto indurre a riconoscere l'aggravante dell'uso della destrezza art. 625 n. 4 cod. pen. che rende il reato procedibile d'ufficio. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato e, come tale, immeritevole di accoglimento. 2. Nella sentenza impugnata così si ricostruisce il fatto la parte offesa ha riferito a dibattimento che il giorno 3.7.2006 si era recato a lavorare in via Firenze a Pescara, ed aveva parcheggiato la propria autovettura all'interno di un locale-garage avendo chiuso la porta del locale, ritenne di poter lasciare aperta l'autovettura, all'interno della quale era custodito oltre al cellulare de quo, anche il portafoglio e un orologio nell'occasione si trovava con lui il D.B. , che conosceva da due giorni, il quale vide chiaramente che l'autovettura restava aperta e che all'interno vi erano degli oggetti la mattina del 3.7.2006 egli rimase a lavorare al piano di sopra fino a mezzogiorno, ma vide chiaramente che più volte il D.B. era sceso nel locale al piano terra a mezzogiorno si accorse del furto e il D.B. affermò che anche lui aveva subito il furto della borsa della motocicletta si recarono quindi insieme in Questura per sporgere denuncia, ma il D.B. , con un pretesto, si allontanò prima di denunciare il furto da egli asseritamente subito . 3. Assumono i giudici d'appello che si è in presenza di un fatto-reato da qualificarsi come furto semplice, non potendo configurarsi alcuna aggravante la conclusione a cui perviene la Corte territoriale appare pienamente condivisibile. 4. Non ignora il Collegio l'esistenza di un filone giurisprudenziale cfr., Sez. 6, sent. n. 23108 del 07/06/2012, dep. 12/06/2012 che riconosce l'aggravante della destrezza ex art. 625, comma 1, n. 4, cod. pen. nella particolare abilità di cui si avvale l'autore del furto per sorprendere l'attenzione della persona offesa nella custodia della cosa, quando l'agente approfitti di una condizione contingentemente favorevole e di una frazione di tempo in cui la parte offesa ha momentaneamente lasciato la vigilanza sulla cosa perché impegnata, nello stesso luogo di detenzione della cosa o in luogo immediatamente prossimo, per curare attività di vita o di lavoro nella fattispecie, l'azione furtiva era stata commessa all'interno di uno studio medico durante l'assenza del sanitario impegnato in attività di cura in una stanza contigua . 4.1. Tale approdo ermeneutico non rappresenta un episodio isolato nel panorama nomofilattico atteso che, già in precedenti occasioni, la Suprema Corte aveva reso pronunce di sostanziale analogo tenore cfr., sent. n. 45488 del 08/07/2008 con cui si era affermato che integra il reato di furto con destrezza la condotta di chi, approfittando del temporaneo allontanamento del proprietario per effettuare un prelievo allo sportello self-service di un centro commerciale, sottragga dall'abitacolo della vettura, lasciata incustodita ed aperta, danaro ed altri effetti personali , riconoscendo che, per destrezza, si deve intendere quella condotta significativamente volta all'approfittamento di una qualunque situazione di tempo e di luogo idonea ad attirare l'attenzione della persona offesa distogliendola dal controllo e dal possesso della cosa Sez. 1, sent. n. 3763 del 27/02/1998 . In un altro decisum Sez. 3, sent. n. n. 35872 del 08/05/07 , pur affermandosi che il furto di un'autovettura lasciata incustodita dal proprietario, momentaneamente allontanatosi, integrasse la circostanza aggravante della destrezza nel furto, la Suprema Corte ha ribadito come, per poter accertare la circostanza de qua, sia necessario appurare se il soggetto avesse agito al fine di approfittare di una qualunque situazione di tempo e di luogo idonea a sviare l'attenzione della persona offesa, distogliendola dal controllo e dal possesso della cosa Sez. 1, sent. n. 3763 del 25/03/1998 . Di talché è evidente che, pure in questo provvedimento, la Suprema Corte ha riaffermato la necessità che l'azione furtiva sia diretta nei confronti della persona al fine di distogliere la sua attenzione situazioni, queste ultime, peraltro diverse dalla prima nella quale il ladro non ha intrapreso alcuna azione contro la vittima al fine di derubarlo, essendosi limitato ad approfittare della sua assenza sulla scena del delitto. 5. Detto orientamento giurisprudenziale presenta profili obiettivi di criticità. 5.1. Innanzitutto, lo stesso contrasta con quell'indirizzo nomofilattico secondo il quale, in tema di furto aggravato, la condotta di destrezza è quella qualificata da modalità dell'azione - connotata da particolare agilità e sveltezza, con mosse o manovre particolarmente scaltre - che si aggiungono all'attività di impossessamento e che si connotano per la loro idoneità a eludere la sorveglianza dell'uomo medio, impedendogli di prevenire la sottrazione delle cose in suo possesso opponendovisi tempestivamente e in costanza del fatto Sez. 4, sent. n. 42672 del 19/04/2007 , atteso che, ciò che caratterizza la destrezza, infatti, è la circostanza che l'agente si avvalga di una sua particolare abilità per distrarre la persona offesa, per indurla a prestare attenzione ad altre circostanze o, in sintesi, ad attenuare comunque la sua attenzione difensiva contro gli atti di impossessamento delle sue cose Sez. 4, sent. n. 11079 del 22/12/2009 nello stesso senso, sez. 4, sent. n. 13491 del 13/11/1998, secondo cui in tema di furto aggravato, la destrezza si ravvisa quando la condotta dell'agente sia connotata da particolare agilità, sveltezza, callido artificio ed atteggiamenti, mosse o manovre particolarmente scaltre ed ingannevoli, tali da eludere la pur vigile attenzione dell'uomo medio impedendogli di prevenire la sottrazione delle cose in suo possesso opponendovisi tempestivamente ed in costanza del fatto, senza che perciò possa assumere rilievo il fatto che la sottrazione sia scoperta anche subito dopo il suo avverarsi . La giurisprudenza di merito, dal canto suo, ha avallato tale percorso interpretativo, affermando in egual misura che, in tema di furto aggravato, la destrezza si ravvisa quando la condotta dell'agente sia connotata da particolare agilità e sveltezza, con mosse o manovre particolarmente scaltre, tali da eludere la sorveglianza dell'uomo medio, impedendogli di prevenire la sottrazione delle cose in suo possesso cfr., tra le tante, Trib. Torino, sez. 5, 08/06/2010 . Invero, secondo i giudici di merito, la condotta di destrezza è quella condotta significativamente volta al l'approfittamento di una qualunque situazione di tempo e di luogo idonea a sviare l'attenzione della persona offesa, distogliendola dal controllo e dal possesso della cosa App. Reggio Calabria, sent. n. 712 del 27/03/2008 . 5.2. La Suprema Corte, alla luce di tale diverso percorso argomentativo, ha escluso la sussistenza dell'aggravante della destrezza in un caso analogo e, segnatamente, laddove il ladro si impossessi di un bene presente all'interno di un autoveicolo lasciato temporaneamente incustodito dal proprietario Sez. 4, sent. n. 14992 del 17/02/2009 in senso similare, Sez. 5, sent. n. 26560 del 16/03/2011, secondo cui non può ravvisarsi la circostanza aggravante della destrezza nell'impossessamento della mercé esposta sugli scaffali nei grandi magazzini. Tale aggravante, infatti, presuppone comunque un'abilità, sia pure non necessariamente eccezionale, per far sì che il derubato non possa accorgersi della sottrazione, e l'approfittamento di una qualunque situazione di tempo e di luogo idonea appunto a sviare l'attenzione della persona offesa, distogliendola dal controllo che normalmente viene esercitato sulla cosa al fine di garantirsene il possesso. Sono situazioni, queste, che non ricorrono nell'ipotesi del furto di che trattasi, per la cui realizzazione non è richiesto un quid pluris rispetto all'ordinaria materialità del fatto-reato, ossia a quanto comunemente necessario per porre in essere la condotta furtiva consistente nella sottrazione della cosa e nel conseguente suo impossessamento . 5.3. Ebbene, il Collegio ritiene tale indirizzo nomofilattico preferibile per le ragioni di seguito indicate. Innanzitutto, vi sono considerazioni di ordine teleologico. Infatti, dal momento che la ratio dell'aggravante della destrezza - che è quella di sanzionare più pesantemente l'aggressione al patrimonio altrui in condizioni di minorata difesa delle cose di fronte all'abilità dell'agente Sez. 5, sent. n. 15262 del 23/03/2005 e, considerato che, la destrezza persegue l'obiettivo di eludere la vigilanza della vittima sulla cosa, va da sé che una azione può considerarsi tale nella misura in cui sia compiuta con abilità e con scaltrezza cosa questa ben diversa dal limitarsi a prevelare una res lasciata incustodita. In secondo luogo, autorevole dottrina ha avallato da tempo tale costrutto interpretativo. In effetti, già subito dopo l'entrata in vigore del Codice Rocco, è stato rilevato che il concetto di destrezza comprende tutti quei modi di commissione del delitto che consistono nell'esplicazione d'una speciale abilità fisica del ladro, tale da poter eludere, sviare o impedire che si ridesti l'attenzione dell'uomo medio, anche se in concreto non consegua lo scopo. Del resto, anche il più recente sapere giuridico ha evidenziato in egual modo che il concetto di destrezza, per unanime definizione di dottrina e giurisprudenza, indica una particolare abilità, astuzia, sveltezza nel commettere il fatto, posto che la destrezza presuppone l'esistenza di una abilità straordinaria, e cioè deve evidenziare una capacità superiore e tale comunque da saper evitare la vigilanza normale dell'uomo medio. Inoltre, vi sono considerazioni storicistiche che militano a sostegno di questo assunto. Tali ragioni sono state esemplarmente evidenziate nella sentenza emessa dal Tribunale di Rovereto in data 22/01/2002 in cui il giudice di prime cure ha preso atto che a l'art. 12 della legge 25 giugno 1999, n. 205 Delega al Governo per la depenalizzazione dei reati minori e modifiche al sistema penale e tributario , rendendo procedibile a querela di parte il delitto di furto salvo che ricorra una o più delle circostanze di cui agli articoli 61 numero 7 e 625 , persegue una chiara finalità deflattiva e dunque, sarebbe palesemente contrario alla ratio legis un orientamento interpretativo che, attraverso l'attribuzione del significato più ampio del furto possibile alle singole ipotesi previste dall'art. 625 cod. pen., rendesse marginale, per non dire del tutto eccezionale, la stessa configurazione semplice, perseguibile a querela, vanificando il risultato perseguito il legislatore b la modifica apportata dalla la legge 26 marzo 2001, n. 128 Interventi legislativi in materia di tutela della sicurezza dei cittadini proprio in considerazione del contemporaneo aumento di pena previsto per il furto semplice di cui all'art. 624 cod. pen., perlomeno con riguardo al limite edittale minimo, appare avvalorare l'indicazione che anche le altre ipotesi previste dall'art. 625 cod. pen., rimaste circostanze, debbano essere interpretate in senso restrittivo . 6. In conclusione, fatta applicazione dei principi da ultimo evidenziati, non ritiene il Collegio di poter condividere l'assunto del ricorrente secondo cui, nella vicenda de qua, la destrezza sarebbe consistita nel fatto che il D.B. , dicendo alla parte offesa e alle altre due persone che stavano lavorando con lui al primo piano, che aveva bisogno di andare al bagno, che si trovava invece al piano terreno dello stabile nel quale i quattro lavoravano, riusciva in tal modo a recarsi in modo indisturbato nel negozio sottostante dove la parte offesa aveva lasciato il telefonino ed altri beni nell'abitacolo aperto della propria autovettura e ad impossessarsene approfittando della disattenzione della parte offesa impegnata a lavorare e che era stata comunque da lui tratta in inganno con la suddetta giustificazione . 6.1. Nella fattispecie, invero, nessuna particolare abilità il reo ha posto in essere se non la mera affermazione labiale seguita dalla condotta di doversi allontanare per raggiungere il bagno finalizzata a distrarre la persona offesa ovvero ad attenuare la propria attenzione difensiva a protezione dei propri beni che, in ogni caso, la persona offesa non stava direttamente proteggendo essendo fisicamente lontani dalla propria sfera di vigilanza e controllo che, come si è visto, deve caratterizzare l'aggravante della destrezza. Ma non solo. Pur se l'argomento assume carattere di ultroneità rispetto al decisum , va detto che, proprio la manifestata esplicita richiesta di allontanamento, lungi dallo sviare l'attenzione della persona offesa, ben avrebbe potuto indurre quest'ultima - al contrario - ad ipotizzare possibili altrui condotte di reato e ad attivare azioni protettive di prevenzione e/o di controllo finalizzate ad impedire la condotta del malintenzionato da qui il rigetto del ricorso del pubblico ministero. P.Q.M. Rigetta il ricorso.