Taxi a disposizione dei rapinatori, che non sono clienti normali: conducente accusato di rapina aggravata

Assai fragile la tesi difensiva proposta dall’uomo. Decisiva, innanzitutto, la considerazione che è impensabile coinvolgere un ignaro tassista in una rapina, affidandogli peraltro il compito delicato della fuga. In più, non si può trascurare la condotta tenuta al volante dall’uomo

Davvero insolito il veicolo utilizzato dai rapinatori per la fuga si tratta, difatti, di un taxi. Ma la ‘quattro ruote’ gialla non è stata sottratta con la forza al legittimo proprietario, il quale, anzi, da tassista d’esperienza, è regolarmente alla guida, avendo i rapinatori come propri passeggeri. Però risulta risibile l’ipotesi che l’uomo al volante abbia semplicemente svolto il proprio lavoro. Molto più sensato pensare che egli abbia preso consapevolmente parte all’operazione criminosa, anche tenendo presente la condotta da lui tenuta, una volta che il ‘colpo’ era andato a segno Reggono, quindi, le accuse relative al reato di rapina aggravata, e regge, quindi, la misura degli arresti domiciliari applicata nei confronti dell’uomo Cassazione, sentenza n. 9386, sez. II Penale, depositata oggi . Taxi in fuga Di fronte alla linea di pensiero espressa dai giudici di merito, e concretizzatasi nell’applicazione della misura degli arresti domiciliari nei suoi confronti per il reato di rapina aggravata , l’uomo ribadisce la propria estraneità ai fatti. E tale concetto viene sostenuto, con forza, anche nel contesto della Cassazione, dove l’uomo spiega che nella sua qualità di tassista e con il proprio taxi, si era limitato a trasportare sul posto i rapinatori, senza sapere che costoro avevano intenzione di effettuare una rapina . Peraltro, aggiunge l’uomo, è assurdo pensare che una persona agisca consapevolmente, rendendosi responsabile del delitto di rapina utilizzando il proprio taxi . Rapina. Ma alle obiezioni mosse dal tassista rispondono i giudici del ‘Palazzaccio’, ritenendole assolutamente risibili. Alla luce della vicenda, così come ricostruita nei giudizi di merito, difatti, è insostenibile affermare, come fatto invece dall’uomo, che egli, una volta saliti i rapinatori a bordo della sua automobile, non ne abbia compreso l’intento delittuoso . Anche perché, va aggiunto, è irricevibile l’idea di coinvolgere in una rapina un ignaro tassista, senza garantirsi la sua preventiva adesione all’impresa, visto che costui avrebbe dovuto condurre l’auto in fuga dal luogo del delitto . Per chiudere il cerchio, poi, i giudici richiamano anche il comportamento tenuto dal tassista in occasione della fuga , comportamento pienamente adesivo all’impresa egli, difatti, alla guida del proprio veicolo, e con i rapinatori a bordo, aveva ignorato l’alt imposto dai Carabinieri . Assolutamente lapalissiano, quindi, il coinvolgimento del tassista nella rapina, una volta presa nota dei gravi indizi di colpevolezza a suo carico.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 12 febbraio – 4 marzo 2015, n. 9386 Presidente Petti – Relatore Rago Fatto e diritto 1. Con ordinanza del 17/11/2014, il Tribunale del Riesame di Salerno confermava l'ordinanza con la quale, in data 25/10/2014, il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Vallo della Lucania aveva applicato a R.L. la misura degli arresti domiciliari per il reato di rapina aggravata. 2. Avverso la suddetta ordinanza, l'indagato, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione deducendo la manifesta illogicità della motivazione per avere il tribunale ritenuto la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza laddove, invece, non vi era alcuna prova che egli avesse avuto contezza di partecipare all'attività delittuosa altrui anzi, la circostanza che egli, nella sua qualità di tassista e con il proprio taxi, si era limitato a trasportare sul posto i rapinatori senza sapere che costoro avevano intenzione di effettuare una rapina, si desumeva dalla suddetta circostanza essendo improbabile che un soggetto agisca consapevolmente, rendendosi responsabile del delitto di rapina utilizzando il proprio taxi [. ] . 3. II ricorso, nei termini in cui è stata dedotta la doglianza è manifestamente infondato. Il ricorrente in questa sede, ha riproposto, sic et simpliciter, la medesima problematica dedotta davanti al tribunale ma da questo disattesa con motivazione ampia, logica e coerente con gli evidenziati elementi fattuali. Il tribunale, infatti, ha scritto Orbene, R., come si accennava, ha escluso di avere compreso l'intento delittuoso altrui. In realtà l'assunto non è solo è incredibile sotto un profilo logico, e già tanto basterebbe perché davvero è irricevibile l'idea di coinvolgere in una rapina un ignaro tassista senza garantirsi la sua preventiva adesione all'impresa visto che costui avrebbe dovuto condurre l'auto in fuga dal luogo del delitto , quanto è stato puntualmente smentito sia dal comportamento pienamente adesivo all'impresa da costui tenuto in occasione della fuga quando, è bene ricordarlo, trovandosi alla guida dell'auto, aveva ignorato l'alt imposto dai carabinieri, che dalla chiamata in correità operata dal M. che ha chiarito non solo il proprio ruolo di palo ma anche la cosciente partecipazione all'unica impresa delittuosa sia del suddetto R., che addirittura lo aveva in essa coinvolto, che del C., oltre che dei due motociclisti . Di conseguenza, il ricorso deve dichiararsi inammissibile non solo perché è meramente reiterativo non essendo evidenziabile alcuna illogicità o violazione di legge nel ragionamento del tribunale ma anche perché tace dei tutto su uno degli elementi più rilevanti evidenziati dal tribunale comportamento tenuto subito dopo la fuga avendo ignorato l'alt imposto dai carabinieri . Alla declaratoria d'inammissibilità consegue, per il disposto dell'art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in € 1.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.