Ruba il portafogli di un agente assicurativo introducendosi nel suo ufficio: è furto in privata dimora

Il reato di furto in abitazione è integrato dalla condotta di colui che si impossessa di una cosa mobile altrui, sottraendola dal luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora, qualificabile come qualsiasi luogo nel quale le persone si intrattengono per compiere, anche in modo transitorio e contingente, atti della loro vita privata, compresi studi professionali, stabilimenti industriali ed esercizi commerciali.

È quanto afferma la Corte di Cassazione con la sentenza n. 9263/15 depositata il 3 marzo. Il caso. La Corte d’appello di Milano confermava la pronuncia del Tribunale di Pavia che condannava l’imputato di tentato furto in abitazione, per essersi introdotto in un’agenzia assicurativa ed aver sottratto un portafogli dalla giacca di un dipendente che, accortosi di ciò che stava accadendo, interveniva prima che l’imputato uscisse dall’ufficio facendosi restituire l’oggetto. L’imputato impugna la sentenza innanzi alla Corte di Cassazione censurando la qualificazione del luogo in cui era avvenuto il fatto quale privata dimora, di cui all’art. 624 – bis , c.p., lamentando inoltre alla carenza, nel caso di specie, della strumentalità dell’introduzione nei luoghi destinati in tutto o in parte a privata dimora rispetto all’impossessamento del bene. La qualificazione della privata dimora. La Corte di Cassazione, richiamando costanti orientamenti giurisprudenziali, ritiene infondato il ricorso. Dalla giurisprudenza risulta infatti che il reato di furto in abitazione è integrato dalla condotta di colui che si impossessi di una cosa mobile altrui, sottraendola dal luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora, qualificabile come qualsiasi luogo nel quale le persone si intrattengono per compiere, anche in modo transitorio e contingente, atti della loro vita privata, compresi studi professionali, stabilimenti industriali ed esercizi commerciali. Questa è la consolidata interpretazione dell’art. 624 – bis , c.p. introdotto nel 2001 al fine di ampliare la portata originaria del furto in abitazione di cui all’art. 625, n. 1, c.p Il necessario nesso strumentale tra introduzione e sottrazione del bene. Inammissibile è invece la doglianza relativa alla mancanza del nesso finalistico dell’introduzione nel luogo di privata dimora rispetto alla sottrazione del bene, in quanto, anche con riferimento a tale elemento del reato, è pacifica nella giurisprudenza l’affermazione della necessità di un collegamento, non meramente occasionale, ma propriamente strumentale dell’introduzione nell’edificio al fine di commettere il reato. Tale circostanza era già prevista dalla disciplina del furto rinvenibile nella precedente normativa, sulla quale l’introduzione dell’art. 624 – bis , c.p. non ha avuto pretese modificative. Per questi motivi la Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 24 novembre 2014 – 3 marzo 2015, n. 9263 Presidente Vessichelli – Relatore Miccoli Ritenuto in fatto 1. Con dei 10 dicembre 2013 la Corte d'appello di Milano confermava la pronunzia di primo grado dei Tribunale di Pavia, con la quale A. P., all'esito del giudizio abbreviato, era stato condannato alla pena di giustizia per il reato di tentato furto ex artt. 56 e 624 bis cod. pen. di un portafogli detenuto dalla persona offesa in una giacca mentre lavorava in una agenzia assicurativa. 2. Ha proposto ricorso l'imputato, deducendo sia la violazione di legge che il vizio di motivazione. Si censura la sentenza nella parte in cui ha ritenuto il luogo dove si è svolto il fatto riconducibile a quello destinato a privata dimora di cui alla fattispecie sanzionata dall'art. 624 bis cod. pen. Ha dedotto, inoltre, la carenza nel caso di specie dell'elemento della strumentalità dell'introduzione nei luoghi destinati in tutto o in parte a privata dimora rispetto all'impossessamento dei bene altrui. Considerato in diritto Il ricorso non è fondato. 1. I giudici di merito hanno ricostruito il fatto nel modo seguente. Il P. era stato sorpreso da un dipendente di una agenzia assicurativa mentre stava uscendo da tale ufficio, dopo essersi impossessato del portafogli del suddetto dipendente, sottraendolo dalla giacca di questi appesa a un appendiabiti posto nella stanza dove lavorava. 2. Alla luce di tale ricostruzione, sulla quale questa Corte non può intervenire, deve ritenersi privo di pregio giuridico il rilievo fatto dal ricorrente in ordine alla erroneità della configurazione giuridica del fatto. Invero, è pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che integra il reato di furto in abitazione art. 624 bis cod. pen. la condotta di colui che si impossessa di una cosa altrui sottraendola in un luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora, da ritenersi tale qualsiasi luogo nel quale le persone si trattengano per compiere, anche in modo transitorio e contingente, atti della loro vita privata, come studi professionali, stabilimenti industriali ed esercizi commerciali Sez. 5, n. 10187 del 15/02/2011 - dep. 14/03/2011, Gelasio, Rv. 249850 Sez. 5, n. 33993 del 05/07/2010 - dep. 21/09/2010, Cannavale e altri, Rv. 248421 . Tale interpretazione dell'art. 624 bis cod. pen. appare del tutto corretta non solo sul piano letterale, ma anche su quello logico - sistematico, perché il legislatore con l'art. 2 della legge 26 marzo 2001 n. 128, che ha introdotto l'art. 624 bis cod.pen. - ha voluto ampliare la portata della originaria previsione dei furto in abitazione di cui all'art. 625 n. 1 cod.pen., in modo da comprendere tutti i luoghi destinati in tutto - abitazioni - o in parte - gli altri luoghi indicati in precedenza - a privata dimora Sez. 4, 17 settembre - 14 novembre 2003, n. 43671, CED 226415 . E in tale ottica la giurisprudenza ha ritenuto luogo destinato in parte a privata dimora i luoghi ove si compiono attività lavorative Sez. 4, 16 aprile - 19 maggio 2008, n. 20022, CED 239980 e, quindi, anche gli studi professionali Sez. 4, 25 giugno - 25 settembre 2009, n. 37908, CED 244980 , la sagrestia Sez. 4, 30 settembre - 28 ottobre 2008, n. 40245, CED 241331 etc. 3. Inammissibile deve ritenersi il motivo di ricorso in ordine alla mancanza di un nesso finalistico tra l'ingresso del P. nell'agenzia assicurativa e l'impossessamento della cosa mobile. Infatti, dal testo della sentenza impugnata sembra che tale doglianza non sia stata avanzata con l'atto di appello. Comunque, la lettura della sentenza impugnata e di quella di primo grado, confermata dalla prima, consentono di ritenere sussistente nel caso di specie il suddetto nesso. A tal proposito, va rammentato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, ai fini della configurabilità del reato di furto in abitazione è necessario che sussista il nesso finalistico - e non un mero collegamento occasionale - fra l'ingresso nell'abitazione e l'impossessamento della cosa mobile, in quanto il nuovo testo dell'art. 624 bis cod. pen., novellato dalla L. n. 128 del 2001, art. 2, comma 2 pur ampliando l'area della punibilità in riferimento ai luoghi di commissione del reato, non ha innovato in ordine alla strumentalità dell'introduzione nell'edificio, quale mezzo al fine di commettere il reato, nesso già preteso dalla previgente normativa art. 625 c.p., comma 1, n. 1 Sez. 5, n. 21293 del 01/04/2014 - dep. 26/05/2014, Licordari, Rv. 260225 Sez. 5, n. 14868 del 15/12/2009 - dep. 16/04/2010, Franquillo, Rv. 246886 . Ed invero, la dizione mediante introduzione in un edificio o in altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora , propria del testo attuale, chiaramente esprime una strumentalità dell'introduzione nell'edificio, quale mezzo al fine di commettere il reato, non diversa da quella precedentemente espressa con le parole per commettere il fatto, si introduce o si intrattiene in un edificio . Ben diversamente si è espresso il legislatore quando ha voluto prescindere dal nesso finalistico, correlando le aggravanti di cui all'art. 625 nn. 6 e 7 cod. pen., alla pura e semplice collocazione delle cose sottratte in determinati luoghi, uffici o stabilimenti. 4. Va infine precisato che, sempre alla luce della ricostruzione dei fatti come desumibile dalle sentenze di merito in esame, deve ritenersi sussistente la fattispecie del reato tentato, non potendo rilevare in alcun modo la circostanza che il P., in seguito alla richiesta dei proprietario, gli abbia restituito il portafogli che, peraltro, aveva già occultato nel suo giubbotto. Infatti, la desistenza dall'azione delittuosa può ritenersi volontaria quando la determinazione del soggetto agente sia stata libera e non coartata, ossia quando la prosecuzione dell'azione non sia impedita da fattori esterni che ne renderebbero estremamente improbabile il compimento Sez. 6, n. 203 del 20/12/2011 - dep. 10/01/2012, Del Giudice, Rv. 251571 . P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.