È decisiva la prova in grado di inquadrare la fattispecie come induzione indebita o concussione

Laddove l’assunzione di una prova sia in grado di definire in concreto la sussistenza di una fattispecie penale in luogo di un’altra ipotesi delittuosa, il giudice non può ritenere la stessa come sostanzialmente irrilevante e, quindi, rifiutarne l’ingresso nel processo. Ciò soprattutto quando la rilevanza di tale prova sopravvenga in ragione di modifiche legislative, che risultino più favorevoli all’imputato, prevedendo un regime sanzionatorio più tenue.

Con la sentenza n. 8936/2015, depositata il giorno 27 febbraio 2015, la Corte di Cassazione ha avuto modo di chiarire tali aspetti in un caso, per certi versi emblematico. Il caso. L’imputato, tratto a giudizio per concussione ex art. 317 c.p., nella formulazione antecedente la modifica intervenuta ad opera della l. n. 190/2012, aveva chiesto in appello l’acquisizione del progetto, nella sua forma originaria, predisposto dal concusso, onde verificare se quest’ultimo avesse o meno un interesse a prestare consenso alla indebita richiesta di danaro avanzata dal pubblico ufficiale accusato. La Corte di appello aveva ritenuto tale istanza come irrilevante essendo atto neutro ai fini della ricostruzione dei fatti . La Suprema Corte, invece, ha ritenuto fondata la lagnanza del ricorrente, secondo cui non era stata assunta una prova decisiva, in quanto la verifica dell’esatto contenuto dello specifico progetto rispetto al quale [il concusso] aveva richiesto il rilascio del nullaosta paesaggistico e si era determinato a versare la somma di cui al capo di imputazione, costituisce accertamento processuale di sicuro momento ai fini del corretto inquadramento della fattispecie, certamente non irrilevante né superfluo, ma assolutamente decisivo ai fini di prova, e che pertanto imponeva la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale ai sensi dell’art. 603, comma 1, c.p.p. . La ragione sottostante a tale giudizio è da rinvenire nel fatto che nelle more tra il primo e secondo grado di giudizio era intervenuta la modifica legislativa sopra segnalata, che, tra l’altro, ha introdotto l’art. 319 - quater c.p., che prevede una pena minore per chi induce altri a dargli del denaro e la punibilità del soggetto indotto. Come bene ha evidenziato la Corte nelle sue motivazioni, le Sezioni Unite della Cassazione hanno così definito i confini tra l’art. 317 e l’art. 319 - quater c.p. il reato di cui all'art. 317 c.p., come novellato dalla l. n. 190/2012, è designato dall'abuso costrittivo del pubblico ufficiale, attuato mediante violenza o - più di frequente - mediante minaccia, esplicita o implicita, di un danno contra ius , da cui deriva una grave limitazione, senza tuttavia annullarla del tutto, della libertà di autodeterminazione del destinatario, che, senza alcun vantaggio indebito per sé, è posto di fronte all'alternativa secca di subire il male prospettato o di evitarlo con la dazione o la promessa dell'indebito invece, il reato di cui all'art. 319 - quater c.p. è designato dall'abuso induttivo del pubblico ufficiale o dell'incaricato di un pubblico servizio, vale a dire da una condotta di persuasione, di suggestione, di inganno ma non quando si risolva in induzione in errore sulla doverosità della dazione , di pressione morale, con più tenue valore condizionante la libertà di autodeterminazione del destinatario, il quale, disponendo di più ampi margini decisionali, finisce col prestare acquiescenza alla richiesta della prestazione non dovuta, perché motivato dalla prospettiva di conseguire un indebito tornaconto personale, il che lo pone in una posizione di complicità col pubblico agente e lo rende meritevole di sanzione. Nei casi cd. ambigui - la cd. zona grigia dell'abuso della qualità, della prospettazione di un male indeterminato, della minaccia-offerta, dell'esercizio del potere discrezionale, del bilanciamento tra beni giuridici coinvolti nel conflitto decisionale - gli elementi del danno antigiuridico e del vantaggio indebito che, rispettivamente, contraddistinguono in prima battuta gli illeciti in questione, debbono essere valutati nella loro operatività dinamica all'interno della vicenda concreta in unione con gli ulteriori elementi che vi assumono peculiare significato quali, ad esempio, i beni giuridici in gioco, i principi e valori alla base del settore di disciplina, individuati all'esito di una approfondita ed equilibrata valutazione complessiva del fatto Cass., Sez. Unite Penali, sentenza n. 12228/2013 . Dato il contesto non può allora stupire l’utilità dell’acquisizione omessa. Infatti, benché non sia indubbia la punibilità astratta dell’imputato, è assolutamente necessario comprendere l’ambito della fattispecie rilevante, essendo in astratto applicabile - ex art. 2, comma 4, c.p. - la legge sopravvenuta in quanto lex minor . Se, infatti, dovesse risultare che l’ extraneus avesse avuto un qualche interesse alla dazione di danaro, per esempio per oliare” il corso della procedura di rilascio dell’autorizzazione amministrative , essendo in ipotesi corretti” i rilievi originari mossi dall’imputato al progetto iniziale, allora la situazione processuale dell’accusato sarebbe diversa e per l’effetto meritevole di diversa considerazione anche sanzionatoria. Da qui l’annullamento della decisione gravata e rinvio per un nuovo giudizio. Conclusioni. Vista nel suo complesso, la decisione de qua appare condivisibile ed assolutamente equilibrata, avendo peraltro risolto preliminarmente una serie di questioni processuali in particolare attinenti alla legittimità del giudizio immediato avanzato, questioni in effetti infondate. La portata pratica della sentenza, tuttavia, non è di poco conto, poiché ha nei fatti evidenziato il potere di sindacato della Cassazione in merito al giudizio sulla decisività della prova non ammessa. Se è vero che la decisione istruttoria non può essere censurata in sede di legittimità se correttamente motivata Cass., Sez. IV Penale, sentenza n. 4981/2003 , è però altrettanto evidente che i riferimenti motivazionali non possono essere arbitrari, poiché devono connettersi non solo al fatto imputato ma anche alla concreta fattispecie applicabile anche in ragione delle argomentazioni difensive sicché ove una delle due premesse risulti errata o contrastante con la legge o gli indirizzi giurisprudenziali dominanti, allora la decisione sul punto non può essere accettata e va, pertanto, cassata. Il criterio di decisività, insomma, proprio perché è fondamentale, non può essere rimesso alla piena disponibilità del giudizio, dovendo essere ancorato agli sviluppi processuali, che le parti istanti intendono portare avanti alla luce delle loro scelte difensionali. Si spiega così come il riferimento in materia non può essere dato semplicemente dal capo di imputazione e dalla contestazione ivi riferita, ma dallo status causae e, quindi, dalle specifiche contestazioni, che emergono nell’ambito del giudizio di primo o di secondo caso. Dopo tutto, se così non fosse, la difesa non avrebbe alcuna voce effettiva dovendosi dimostrare solo ciò che piace all’accusa.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 13 gennaio – 27 febbraio 2015, numero 8936 Presidente Milo – Relatore Bassi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 30 gennaio 2014, la Corte d'appello di Roma ha confermato la sentenza del 30 marzo 2012, con la quale il Tribunale di Roma condannava L.G. alla pena di anni due e mesi otto di reclusione, in relazione al reato di cui all'art. 317 cod. penumero , per avere, in qualità di funzionario del Comune di Roma dell'ufficio autorizzazioni paesaggistiche, costretto o quantomeno indotto P.G. a consegnare la somma di Euro 2000, quale acconto sul totale di Euro 4000, al fine di ottenere il parere favorevole al rilascio del permesso a costruire, fatto commesso il omissis . 2. Avverso il provvedimento ricorre l'Avv. Pasquale Bartolo, difensore di fiducia di L.G. , chiedendone l'annullamento per i seguenti motivi. 2.1. Violazione di legge penale, per avere la Corte d'appello erroneamente qualificato la fattispecie concreta ai sensi dell'art. 317 cod. penumero anziché ai sensi dell'art. 319-quater cod. penumero , laddove - come dato atto in sentenza - P.G. aveva agito al fine di ottenere l'indebito vantaggio costituito dal rilascio del nulla osta paesaggistico. 2.2. Violazione di legge processuale in relazione all'art. 192 cod. proc. penumero e vizio di motivazione, per avere la Corte erroneamente ritenuto infondata l'eccezione di inutilizzabilità delle dichiarazioni del P. , in quanto sentito quale testimone anziché quale chiamante in correità. 2.3. Mancata assunzione di una prova decisiva, segnatamente del DVD sequestrato dagli agenti operanti contenente il progetto come redatto dal P. nella sua versione originaria, indispensabile al fine di verificare se i rilievi mossi dal L. al progetto fossero o meno pretestuosi. 2.4. Violazione di legge processuale e vizio di motivazione in relazione agli artt. 415-bis, 453, comma 1-bis, 456, comma 4, 453, comma 1 e I-bis, 33 cod. proc. penumero e vizio di motivazione, in quanto 1 il decreto di giudizio immediato è stato emesso dal Gip senza preventiva notifica dell'avviso di conclusione delle indagini 2 il decreto immediato c.d. cautelare non può essere emesso in caso di custodia agli arresti domiciliari 3 unitamente al decreto che dispone il giudizio immediato non è stata notificata anche la relativa richiesta avanzata dal pubblico ministero 4 il giudizio immediato è stato disposto senza il preventivo espletamento dell'interrogatorio dell'imputato, non potendo questo essere sostituito dall'interrogatorio di garanzia 5 il decreto di giudizio immediato è stato emesso dallo stesso giudice che ha applicato la misura cautelare, in quanto tale incompatibile 6 il decreto di giudizio immediato e la stessa richiesta del P.M. sono stati emessi senza il preventivo deposito dei documenti acquisiti, con conseguente lesione del diritto di difesa. 2.5. Violazione di legge penale e di vizio di motivazione in relazione agli artt. 49, 323, 56 - 317 cod. penumero , per avere la Corte trascurato di considerare le emergenze delle intercettazioni ambientali ed omesso di motivare in ordine alla corretta qualificazione del fatto. 2.6. Mancata assunzione di prova decisiva e travisamento del fatto, per avere la Corte errato nell'interpretare le norme che disciplinano il rilascio del nullaosta paesaggistico, in quanto L. non era l'unica persona legittimata a concedere l'autorizzazione. 3. Nella memoria depositata in Cancelleria in data 13 gennaio 2015, l'Avv. Pasquale Bartolo ha prodotto copia della dichiarazione d'appello e dei motivi aggiunti nonché copia delle s.i.t. rese da M.C. , U.L. , Po.Anumero , Z.A. , Pr.Do. e I.P. . 4. Il Procuratore generale ha chiesto che il ricorso sia accolto con riguardo alla mancata assunzione di una prova decisiva, segnatamente l'acquisizione del DVD. L'Avv. Umberto Garofoli, per la parte civile Roma Capitale, ha insistito per il rigetto del ricorso e per l'accoglimento delle richieste formalizzate nelle conclusioni scritte e nota spese depositate a verbale. L'Avv. Pasquale Bartolo, difensore di fiducia di L.G. , ha insistito per l'accoglimento del ricorso. Considerato in diritto 1. In via preliminare occorre sgombrare il campo dalle eccezioni in rito, tutte manifestamente infondate. 2.1. In primo luogo, mette conto evidenziare che - come anche rilevato dalla Corte distrettuale - le medesime eccezioni processuali erano già stata sollevate dinanzi al Tribunale e decise con l'ordinanza del 7 gennaio 2014, con la quale era stata disposta la rinnovazione della notificazione all'imputato del decreto di giudizio immediato unitamente alla richiesta di giudizio immediato avanzata dal P.M. L'eccezione di nullità del decreto di giudizio immediato per omessa notifica della relativa richiesta della parte pubblica oggi nuovamente proposta sub punto numero 3 del paragrafo 2.4. del ritenuto in fatto , si appalesa pertanto all'evidenza infondata. 2.2. Del tutto corrette sono le soluzioni date dal primo giudice e fatte proprie dalla Corte distrettuale in merito alle ulteriori eccezioni processuali sollevate dalla difesa. Sulla scorta del dato testuale e della consolidata giurisprudenza di legittimità risulta, invero, del tutto pacifico che, in caso di giudizio immediato, non è dovuto l'avviso di conclusione delle indagini preliminari ex plurimis Cass. Sez. 4, numero 11983 del 14/02/2007, Rv. 236283 . Ciò, del resto, risponde all'esigenza di rapida definizione del processo che sottosta allo specifico rito de quo, che difatti si instaura in situazioni di evidenza probatoria - che appunto non necessitano di approfondimenti istruttori -, ovvero in caso di attualità dello stato di custodia cautelare, che presuppone, da un lato, l'intervenuta discovery degli elementi posti a base del giudizio di gravità indiziaria, dall'altro lato, la necessità di pronta conclusione del procedimento, giusta la limitazione della libertà personale in atto. 2.3. Quanto alla terza doglianza, va evidenziato che, a mente del chiaro disposto dell'art. 453, comma 1-bis, cod. proc. penumero , il giudizio immediato può essere instaurato entro centottanta giorni dall'esecuzione della misura, per il reato in relazione al quale la persona sottoposta ad indagini si trova in stato di custodia cautelare, salvo che la richiesta pregiudichi gravemente le indagini . Non è revocabile in dubbio che con l'espressione custodia cautelare , senza ulteriori specificazioni, il legislatore abbia inteso riferirsi a tutte le ipotesi di custodia cautelare disciplinate dal codice di rito, quindi alla custodia cautelare in carcere ex art. 285, in un luogo di cura ex art. 286 ed agli arresti domiciliari ex art. 284. Ove il legislatore ha inteso riferirsi esclusivamente alla custodia cautelare in carcere lo ha espressamente precisato - come, fra le altre disposizioni, negli artt. 280, comma 2, e 294, comma 1, cod. proc. penumero -, sicché, secondo il principio ubi lex voluit dixit, il giudizio immediato cautelare può essere attivato in tutti i casi di custodia previsti dal codice di rito, ivi inclusa la custodia domiciliare. Del resto, lo stesso art. 284, comma 5, sancisce la piena equipollenza fra la misura degli arresti domiciliari e la custodia cautelare in carcere ai fini della individuazione delle regole applicabili a disciplina, prime fra tutte quelle in materia di termini massimi di custodia. L'equivalenza fra la custodia cautelare in carcere e la custodia in regime di arresti domiciliari ai fini dell'attivazione del rito immediato è già stata, del resto, riconosciuta anche da questa Corte in diverse decisioni Cass. Sez. 2, numero 38727 del 01/07/2009, Rv. 244804 Cass. Sez. 6, numero 7912 del 20/01/2011, P.M. in proc. Guarcello, Rv. 249476, pur massimate su profili diversi . 2.4. Con riferimento all'ulteriore censura, va evidenziato che, secondo il costante insegnamento di questa Corte in tema di giudizio immediato, l'interrogatorio svolto in sede di udienza di convalida del fermo secondo le prescrizioni contenute negli artt. 60 e 61 cod. proc. penumero , costituisce atto idoneo a supplire all'interrogatorio di garanzia di cui all'art. 453 cod. proc. penumero che disciplina i casi e i modi di giudizio immediato e, quindi, atto equipollente a quest'ultimo, in virtù del fatto che coinvolge aspetti della prova sul reato in contestazione Cass. Sez. 1, numero 41443 del 14/10/2005, Tegas ed altro, Rv. 232545 Sez. 2 numero 39334 del 07/10/2010, Salerno Rv. 248873 . 2.5. Infondata è anche la censura con la quale il ricorrente ha eccepito l'incompatibilità del Gip che abbia applicato la misura cautelare ad emettere il decreto di giudizio immediato. Ed invero, il decreto che dispone il giudizio immediato non ha natura di provvedimento decisorio di merito, in quanto non definisce con una sentenza un grado di giudizio e non esprime motivazioni vincolanti, ma ha natura di atto d'impulso squisitamente processuale, essendo semplicemente volto a verificare la sussistenza dei presupposti per la vocacio in iudicium e, segnatamente, l'ammissibilità della richiesta del P.M. di accedere direttamente al dibattimento sul presupposto dell'evidenza della prova ovvero della sussistenza dei requisiti del giudizio immediato c.d. cautelare, essendo riservato ad altro giudice il giudizio, da svolgersi nel contraddittorio dibattimentale piuttosto che con uno dei riti alternativi previsti quale trasformazione del giudizio immediato. In linea con il costante insegnamento di questa Corte regolatrice, il giudice che ha emesso un provvedimento cautelare personale non è pertanto incompatibile a provvedere in ordine alla richiesta di giudizio immediato nei confronti dello stesso imputato e per lo stesso fatto in senso conforme si veda Corte cost. 20 maggio 1996, numero 155 Cass. Sez. 4, numero 49334 del 13/10/2004, Bosso ed altro, Rv. 230218 Sez. 3, numero 5349 del 18/01/2011, P., Rv. 249571 . 3. Manifestamente infondato è anche il motivo di ricorso sub punto 2.2. del ritenuto in fatto. A norma dell'art. 63, comma 2, cod. penumero , sono inutilizzabili erga omnes le dichiarazioni rese dalla persona che fin dall'inizio avrebbe dovuto essere sentita nella qualità di indagata. Come questo giudice di legittimità ha avuto modo di chiarire, la verifica della sussistenza di tale qualità va condotta non secondo un criterio formale - id est attraverso il riscontro dell'esistenza della notitia criminis mediante iscrizione nel registro degli indagati -, ma secondo il criterio sostanziale della qualità oggettivamente attribuibile al soggetto in base alla situazione esistente nel momento in cui le dichiarazioni sono state rese Cass. Sez. 6, numero 23776 del 22/04/2009, Pagano Rv. 244360 . D'altra parte, in tema di prova dichiarativa, allorché venga in rilievo la veste che può assumere il dichiarante, spetta al giudice il potere di verificare in termini sostanziali, e quindi al di là del riscontro di indici formali, come l'eventuale già intervenuta iscrizione nominativa nel registro delle notizie di reato, l'attribuibilità allo stesso della qualità di indagato nel momento in cui le dichiarazioni stesse vengano rese, e il relativo accertamento si sottrae, se congruamente motivato, al sindacato di legittimità Cass. Sez. U, numero 15208 del 25/02/2010, Mills, Rv. 246584 Sez. 2, numero 51840 del 16/10/2013, Caterino, Rv. 258069 . Sulla scorta di tali principi di diritto, risulta di tutta evidenza come, al momento in cui P.E. rese le dichiarazioni de quibus, certamente non aveva assunto la veste di indagato ai sensi dell'art. 319-quater, comma 2, cod. penumero , né, del resto, avrebbe potuto neanche in linea teorica, non essendo all'epoca ancora entrata in vigore la legge numero 190/2012. 4. Tanto premesso, ritiene il Collegio che il ricorso sia fondato con riguardo ai motivi sub punti 2.1. e 2.2. del ritenuto in fatto, e segnatamente in relazione alla mancata assunzione di prova decisiva, id est il DVD recante il progetto stilato da P.E. , in quanto suscettibile di riverberare sulla qualificazione del fatto quale induzione indebita. 4.1. In linea generale, giova rammentare come, alla stregua del chiaro disposto dell'art. 603, commi 1 e 2, cod. proc. penumero , l'assunzione di nuove prove in appello sia subordinata alla valutazione del giudicante di non essere in grado di decidere allo stato degli atti, salvo che non si tratti di prove sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado, nel quale caso il giudice dispone la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale nei limiti previsti dall'art. 495, comma 1. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale ai sensi dell'art. 603, comma 1, cod. proc. penumero , è subordinata alla verifica dell'incompletezza dell'indagine dibattimentale ed alla conseguente constatazione del giudice di non poter decidere allo stato degli atti senza una rinnovazione istruttoria, accertamento rimesso alla valutazione del giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità se correttamente motivata Cass. Sez. 4, numero 4981 del 05/12/2003, Rv. 229666 . Ancora, in tema di rinnovazione, in appello, della istruzione dibattimentale, mentre la decisione di procedere a rinnovazione deve essere specificatamente motivata, occorrendo dar conto dell'uso del potere discrezionale, derivante dalla acquisita consapevolezza della rilevanza dell'acquisizione probatoria, nella ipotesi di rigetto, viceversa, la decisione può essere sorretta anche da una motivazione implicita nella stessa struttura argomentativa posta a base della pronuncia di merito, che evidenzi la sussistenza di elementi sufficienti per una valutazione in ordine alla responsabilità, con la conseguente mancanza di necessità di rinnovare il dibattimento Cass. Sez. 6, numero 5782 del 18/12/2006, Rv. 236064 . 4.2. Di tali coordinate ermeneutiche non ha tenuto adeguatamente conto la Corte territoriale laddove ha respinto la richiesta di acquisizione del documento in oggetto, affermando trattarsi di atto avente un rilievo del tutto neutro ai fini della ricostruzione dei fatti. Stima, di contro, il Collegio che la verifica dell'esatto contenuto del supporto digitale che P. consegnò al L. sotto il diretto monitoraggio degli operanti la mattina dell'arresto unitamente alla somma di 2000 Euro e, quindi, dello specifico progetto rispetto al quale P. aveva richiesto il rilascio del nullaosta paesaggistico e si era determinato a versare la somma quale acconto della maggior somma di 4000 Euro, costituisca accertamento processuale di sicuro momento ai fini del corretto inquadramento della fattispecie, certamente non irrilevante né superfluo, ma assolutamente decisivo ai fini di prova, e che pertanto imponeva la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale ai sensi dell'art. 603, comma 1, cod. proc. penumero . 4.3. In merito all'inquadramento giuridico della fattispecie, occorre rammentare che questa Corte, chiamata a Sezioni Unite a risolvere il quesito ermeneutico di quale sia, a seguito della legge 6 novembre 2012, numero 190, la linea di demarcazione tra la fattispecie di concussione prevista dal novellato art. 317 cod. penumero e quella di induzione indebita a dare o promettere utilità prevista dall'art. 319-quater cod. penumero di nuova introduzione soprattutto con riferimento al rapporto tra la condotta di costrizione e quella di induzione e alle connesse problematiche di successione di leggi penali nel tempo, con la sentenza numero 10 del 24/10/2013 ha affermato i seguenti principi di diritto - il reato di cui all'art. 317 cod. penumero , come novellato dalla legge numero 190 del 2012, è designato dall'abuso costrittivo del pubblico ufficiale, attuato mediante violenza o - più di frequente - mediante minaccia, esplicita o implicita, di un danno contra ius, da cui deriva una grave limitazione, senza tuttavia annullarla del tutto, della libertà di autodeterminazione del destinatario, che, senza alcun vantaggio indebito per sé, è posto di fronte all'alternativa secca di subire il male prospettato o di evitarlo con la dazione o la promessa dell'indebito” - il reato di cui all'art. 319-quater cod. penumero , introdotto dalla legge numero 190 del 2012, è designato dall'abuso induttivo del pubblico ufficiale o dell'incaricato di un pubblico servizio, vale a dire da una condotta di persuasione, di suggestione, di inganno purché quest'ultimo non si risolva in induzione in errore sulla doverosità della dazione , di pressione morale, con più tenue valore condizionante la libertà di autodeterminazione del destinatario, il quale, disponendo di più ampi margini decisionali, finisce col prestare acquiescenza alla richiesta della prestazione non dovuta, perché motivato dalla prospettiva di conseguire un indebito tornaconto personale, il che lo pone in una posizione di complicità col pubblico agente e lo rende meritevole di sanzione” - nei casi c.d. ambigui, quelli cioè che possono collocarsi al confine tra la concussione e l'induzione indebita la c.d. zona grigia dell'abuso della qualità, della prospettazione di un male indeterminato, della minaccia-offerta, dell'esercizio del potere discrezionale, del bilanciamento tra beni giuridici coinvolti nel conflitto decisionale , i criteri di valutazione del danno antigiuridico e del vantaggio indebito, che rispettivamente contraddistinguono i detti illeciti, devono essere utilizzati nella loro operatività dinamica all'interno della vicenda concreta, individuando, all'esito di una approfondita ed equilibrata valutazione complessiva del fatto, i dati più qualificanti”. Come le stesse Sezioni Unite hanno chiarito nella motivazione della pronuncia, la fattispecie di cui all'art. 319-quater cod. penumero si differenzia da quella di cui all'art. 317 cod. penumero per due elementi fondamentali 1 per le diverse modalità con le quali si esplica l'abuso prevaricatore del pubblico agente, atteso che, in caso di concussione, la costrizione si realizza mediante violenza o si compie mediante minaccia, mentre in caso di induzione indebita la condotta si concretizza nella persuasione, nella suggestione, nell'allusione, nel silenzio o nell'inganno sempre che esso non induca la vittima in errore circa la doverosità della dazione o della promessa, configurandosi in tale caso il reato di truffa , purché tali atteggiamenti non si risolvano in una minaccia implicita, integrante - come si è detto - il reato di concussione 2 per il fine determinante di vantaggio indebito che, in caso induzione indebita, l’extraneus si propone, mentre in caso di concussione il pubblico agente realizza un danno antigiuridico, senza alcun vantaggio indebito per l’extraneus. Il vantaggio indebito, al pari della minaccia tipizzante la concussione, assurge dunque al rango di criterio di essenza della fattispecie induttiva, sì da giustificare, in coerenza con i principi fondamentali del diritto penale e con i valori costituzionali colpevolezza, pretesa punitiva dello Stato, proporzione e ragionevolezza , la punibilità dell'indotto. Sempre da un punto di vista teorico, occorre ancora evidenziare che, nella già ricordata pronuncia, le Sezioni Unite hanno chiarito come, quanto alla posizione del pubblico agente, la nuova fattispecie di induzione indebita a dare o promettere utilità di cui all'art. 319 quater cod. penumero si ponga su di una linea di piena continuità normativa rispetto alla concussione per induzione di cui al previgente art. 317 cod. penumero , con la conseguenza che, con riguardo ai fatti precedenti all'entrata in vigore della novella del 2012 - come appunto il caso di specie -, deve essere applicata la norma di cui all'art. 319 quater cod. penumero , ai sensi dell'art. 2, comma quarto, cod. penumero , quale lex minor. 4.4. Tanto premesso in linea teorica, risulta di tutta evidenza la sussistenza nel caso di specie dei presupposti ex art. 603, comma 1, cod. proc. penumero per acquisire il documento recante il progetto rispetto al quale P. aveva acconsentito a versare e, quindi, consegnato a L. la somma di denaro. La Corte capitolina avrebbe invero dovuto verificare, attraverso l'analisi del progetto ed l'eventuale riscontro di irregolarità o di profili di inammissibilità della richiesta di autorizzazione amministrativa, se i rilievi mossi dal pubblico ufficiale L. deputato, quale responsabile del procedimento, a rilasciare un parere determinante ai fini della concessione del nullaosta fossero legittimi, e non pretestuosi, e se pertanto la dazione di denaro da parte dell'extraneus fosse o meno correlata ad un preciso interesse ad oliare il corso della procedura di rilascio dell'autorizzazione amministrativa, che, giusta la normativa applicabile, non avrebbero potuto ottenere. In altri termini, la prova illegittimamente negata dai giudici d'appello risulta fondamentale - almeno in astratto - a sciogliere il nodo ermeneutico circa il corretto inquadramento giuridico della fattispecie fra le due previsioni incriminatrici alternative di cui all'art. 317 e 319-quater cod. penumero , in quanto indispensabile al fine di acclarare se, sullo sfondo della condotta abusiva del pubblico ufficiale, sia ravvisabile un indebito tornaconto personale della persona offesa , che - in effetti - potrebbe avere agito non tanto per evitare un danno contra ius, ma al fine di ottenere un trattamento di favore nella procedura amministrativa. Il che, secondo i principi fissati da questa Corte a Sezioni Unite sopra delineati, porterebbe a sussumere il fatto, piuttosto che nella fattispecie originariamente contestata di cui all'art. 317 cod. penumero in quella di recente conio di cui all'art. 319-quater cod. penumero . 5. La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte d'Appello di Roma che giudicherà in ossequio ai principi di diritto sopra delineati. Nel giudizio di rinvio, acquisito il documento indicato e verificata la fondatezza ovvero la pretestuosità dei rilievi mossi da L. , i decidenti di merito potranno verificare se il vantaggio che P. si proponeva, cioè ottenere l'autorizzazione paesaggistica, fosse o meno indebito, dato di sicuro momento ai fini dell'inquadramento della fattispecie sub art. 317 anziché sub art. 319 quater cod. penumero . 6. Gli ulteriori motivi sono assorbiti. P.Q.M. annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d'Appello di Roma.