Dall’avvocato di forma all’avvocato di sostanza

La partecipazione del Pubblico Ministero e del difensore nel procedimento penale riveste carattere funzionale. La violazione dell’art. 178, comma 1, lett. c , c.p.p. non può dirsi esclusa dalla mera presenza fisica del magistrato o dell’avvocato all’udienza essendo necessario che alle parti sia assicurata la possibilità di interloquire su ogni profilo dell’oggetto della decisione con relativo divieto del Giudice di porre a base del provvedimento prove non assunte nel contraddittorio tra le parti. Ne discende che non può il Giudicante fondare il proprio convincimento su prove che non sono state assunte e ammesse in presenza delle altre parti del procedimento penale pena la nullità del provvedimento eventualmente emesso in spregio a detto principio.

Lo ribadisce la Corte di Cassazione con la sentenza n. 8585/15 depositata il 26 febbraio. Il caso. L’imputato, condannato per ricettazione con sentenza del Tribunale in composizione collegiale di Roma passata in giudicato nel marzo del 1986, veniva attinto a distanza di anni da una cartella di pagamento con la quale l’Erario richiedeva il pagamento delle spese di custodia, dallo stesso dovute in relazione ai veicoli sequestrati nel corso del procedimento medesimo. Avverso tale richiesta l’imputato proponeva ricorso per incidente di esecuzione avanti al Tribunale ordinario di Roma, in funzione di giudice dell’esecuzione, sostenendo, in primo luogo, l’intervenuta prescrizione della richiesta di pagamento avanzata nei suoi confronti sul presupposto che tale pretesa fosse stata azionata col preliminare invito bonario dell’Ufficio campione penale nel febbraio del 2002, quando era ormai scaduto il termine decennale della prescrizione ordinaria, decorrente dal passaggio in giudicato della sentenza, e, comunque, nel merito, il proprio difetto di legittimazione passiva osservando che a dette spese di giustizia avesse concorso il comportamento colpevole del giudice del merito il quale aveva omesso di statuire in ordine alla destinazione dei veicoli sequestrati. Il Giudice dell’esecuzione, dopo aver dato atto delle risultanze di un carteggio acquisito in via interlocutoria presso l’ufficio campione penale acquisito con ordinanza inaudita altera parte, respingeva il ricorso ritenendo prive di fondamento entrambe le censure svolte dalla difesa dell’imputato. Avverso il provvedimento collegiale il condannato frapponeva ricorso per cassazione deducendo violazione di legge in relazione agli artt. 178, comma 1, lett. b e c e 666 c.p.p., con riferimento alla decisione del Giudice dell’esecuzione di fondare la propria decisione sulla prova documentale acquisita in violazione del principio del contraddittorio e del diritto di difesa poiché intervenuta con ordinanza emessa fuori udienza e, quindi, senza che le parti avessero potuto visionarne il contenuto ed esprimersi su di essa. Venivano reiterate con gli altri motivi di impugnazione le eccezioni di prescrizione e difetto di legittimazione passiva dell’imputato sollevate dalla difesa con il ricorso per incidente di esecuzione respinto. Il ricorso ha trovato accoglimento La Corte di Cassazione, nell’assumere la propria decisione, ribadisce ancora una volta a gran voce l’importanza di due principi fondamentali propri del processo penale italiano l’importanza che la formazione della prova intervenga nel contraddittorio tra le parti e la necessitò che l’intervento, l’assistenza e la rappresentanza dell’imputato e delle altre parti private vengano garantite e rese effettive in ogni stato del procedimento penale, indi compresa anche la fase di esecuzione. Il principio del contraddittorio e il divieto del Giudice di pronunciarsi su prove ammesse in violazione di esso. Argomentando sul perché ritenessero dirimente la questione proposta dalla difesa del condannato con riferimento alla violazione commessa dal Giudice dell’esecuzione il quale aveva ritenuto di fondare il proprio convincimento su prove documentali che non erano state ritualmente e preventivamente ammesse nel contraddittorio tra le parti, gli Ermellini ribadiscono ancora una volta l’importanza del principio del contraddittorio nella formazione della prova e la necessità che di esso venga data concreta ed effettiva applicazione. Non v’è dubbio che le tutte le parti coinvolte dal procedimento abbiano diritto di assistere, di partecipare attivamente alla formazione della prova. Parimenti, è indubbio che il Giudicante non possa fondare il proprio convincimento su prove che siano state altrimenti acquisite. Non sono ammesse eccezioni. È quanto il legislatore si era prefissato laddove ha introdotto nella Carta Costituzionale l’art. 111. Ora, se certamente importante è il contenuto del comma 4 della norma de qua laddove si afferma che il processo penale è regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova , ancor più lo è il contenuto del comma successivo. Resa esplicita l’importanza e la centralità del principio introdotto dal Legislatore, il comma quinto dell’art. 111 della Costituzione, infatti, così recita La legge regola i casi in cui la formazione della prova non ha luogo in contraddittorio per consenso dell’imputato o per accertata impossibilità di natura oggettiva o per effetto di provata condotta illecita . La lettera della norma non lascia spazio a dubbi di sorta. Indubbio che essa abbia lo scopo di limitare i poteri del Giudicante in ordine alla formazione della prova, impendendogli ogni e qualsiasi intervento su di essa fuori dal contraddittorio, che non sia stato autorizzato dalle altre parti del procedimento le quali, compiutamente informate, abbiano rinunciato a parteciparvi, oppure che non sia stato reso necessario da impossibilità di natura oggettiva o per effetto di provata condotta illecita . A ragione, quindi, la Corte di Cassazione ha ritenuto assolutamente censurabile e contraria ad ogni principio, la decisione del Tribunale di Roma, in funzione di Giudice dell’esecuzione, di fondare il proprio convincimento sulla scorta di una prova documentale, in allora costituita dal carteggio dell’Ufficio campione penale, acquisita mediante ordinanza fuori udienza, successivamente alla riserva della decisione, e mai ammessa prima che le parti rassegnassero le proprie conclusioni. La violazione di legge in cui è incorso il Giudicante è palese e, oltre che comportare evidente violazione del principio sancito dall’art. 111 Cost., concretizzava certamente inosservanza delle disposizioni di cui agli articoli 127, comma 3 e 666, comma 4 del c.p.p. concernenti la partecipazione al procedimento del Pubblico Ministero, e la assistenza del condannato, entrambe necessarie anche nei procedimenti di esecuzione. Il mancato rispetto delle norme citate costituisce nullità assoluta, di ordine generale così come previsto dall’art. 178, comma 1, lett. c c.p.p. Questo il secondo fondamentale principio su cui la Corte di Cassazione si sofferma. L’importanza del principio di intervento, assistenza e rappresentanza dell’imputato e della altri parti private nel processo penale e la necessità che esso sia garantito in ogni fase di esso procedimento . Nell’argomentare la decisione assunta nel caso portato alla loro attenzione, gli Ermellini si preoccupano di dare sostanza al principio in questione preoccupandosi di precisare che la partecipazione del Pubblico Ministero e del difensore nel procedimento penale rivestono carattere funzionale. La questione non è di poco conto. L’accento è sull’importanza della difesa tecnica nel processo penale e la necessità che essa venga possa essere effettivamente svolta in ogni momento. La violazione dell’art. 178 comma, 1 lett. c , c.p.p. non può dirsi esclusa dalla mera presenza fisica del magistrato o dell’avvocato all’udienza essendo necessario che alle parti sia assicurata la possibilità di interloquire su ogni profilo dell’oggetto della decisione con relativo divieto del Giudice di porre a base del provvedimento prove non assunte nel contraddittorio tra le parti. Tale principio non è stato certamente tenuto in debito conto dal Tribunale di Roma laddove ha ritenuto di procedere all’acquisizione di una prova documentale senza tuttavia preoccuparsi di darne comunicazione alle altri parti del processo né consentire loro di esprimere le proprie valutazioni in ordine ad essa. Non può che seguirne la nullità di ogni e qualsiasi decisione assunta sulla scorta di quel corredo probatorio illegittimamente entrato a far parte del patrimonio cognitivo del Giudicante. A nulla rileva che poi la prova documentale fosse stata messa a disposizione delle altre parti affinché potessero consultarla in cancelleria. Non restava al Giudicante che fissare nuova udienza onde consentire alle parti di interloquire il materiale che intendeva assumere.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 11 – 26 febbraio 2015, n. 8585 Presidente Cortese – Relatore Vecchio Rileva 1. - Con ordinanza deliberata il 24 aprile 2014 e depositata il 30 aprile 2014, a scioglimento della riserva assunta alla udienza in camera di consiglio del 12 marzo 2014, il Tribunale ordinario di Roma, in composizione collegiale e in funzione di giudice della esecuzione, ha respinto l'incidente proposto da L. B., condannato giusta sentenza passata in giudicato il 28 marzo 1986, avverso la cartella esattoriale recante la somma di € 32.155,02 pretesa dall'Erario, a titolo di spese di custodia, dovute a far tempo dal 10 marzo 1989, in relazione ai veicoli sequestrati nel corso del procedimento. Il giudice della esecuzione, dopo aver dato atto del carteggio acquisito in via interlocutoria presso l'ufficio campione penale con ordinanza del 26 marzo 2014 , ha motivato deve essere disattesa l'eccezione di prescrizione proposta dal condannato sotto il profilo che la pretesa era stata azionata col preliminare invito bonario dell'Ufficio campione penale, in data 11 febbraio 2002, dopo che era scaduto il termine decennale della prescrizione ordinaria, decorrente dal passaggio in giudicato della sentenza il dies a quo della prescrizione matura non dalla data della irrevocabilità della sentenza, bensì dalla data 20 luglio 2001 di emissione del mandato di pagamento a favore del custode, in quanto solo allora il credito è divenuto certo, liquido ed esigibile la prescrizione è stata utilmente interrotta mediante gli inviti di pagamento spediti l'11 gennaio 2002 e il 6 aprile 2010 e regolarmente notificati al condannato, siccome documentato dal carteggio acquisito priva di fondamento è l'ulteriore eccezione difensiva di carenza della legittimazione passiva, sotto il profilo che alle spese di custodia aveva dato causa l'omessa statuizione del giudice in ordine alla destinazione dei veicoli sequestrati la questione in parola concerne, infatti, il quantum debeatur ed esula dalla competenza del giudice penale, rientrando in quella del giudice civile. 2. - Il condannato ha proposto ricorso per cassazione, col ministero del difensore di fiducia, avvocato Giuseppe Grassi, mediante atto recante la data del 13 maggio 2014, col quale ha sviluppato tre motivi, denunziando violazione di legge e vizio di motivazione. 2.1 - Col primo motivo di ricorso il difensore censura l'acquisizione della prova documentale in violazione del contraddittorio e del diritto di difesa, esponendo che il carteggio dell'Ufficio campione penale è stato richiamato con l' ordinanza interlocutoria, dopo l'udienza in camera di consiglio e senza che fosse dato avviso alla difesa del deposito dei documenti. 2.2 - Col secondo motivo di ricorso il difensore ribadisce l'eccezione di prescrizione del credito azionato, opponendo le richieste del custode al giudice della esecuzione e i provvedimenti di costui nei confronti dell'ausiliario non hanno effetto interruttivo in relazione alla prescrizione del diritto erariale nei confronti del condannato errata è la tesi della inesigibilità della somma, in carenza della emissione del mandato di pagamento in quanto, così opinando, il credito sarebbe imprescrittibile. 2.3 - Col terzo motivo di ricorso il difensore reitera la contestazione della legittimazione passiva, deducendo in esito al passaggio in giudicato della condanna il giudice avrebbe dovuto disporre la confisca ovvero, alternativamente, la restituzione agli aventi diritto dei veicoli sequestrati a B., ritenuto responsabile della ricettazione dei beni in custodia, appartenenti a terzi illegittimamente sono state addebitate al condannato le conseguenze della omissione del Tribunale il giudice a quo ha eluso la questione facendo riferimento a supposta contestazione circa il quantum della somma richiesta, mai proposta dal ricorrente. 3. - Il Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte suprema di cassazione, con requisitoria del 16 settembre 2014, ha osservato ad adiuvandum il primo motivo di ricorso è dirimente il giudice della esecuzione non avrebbe dovuto deliberare se non previa fissazione di una nuova udienza camerale [ ] affinché le parti potessero prendere in esame la nuova documentazione . 4. - Il ricorso merita, nei termini che seguono, accoglimento. Affatto assorbente - rispetto all'esame degli altri mezzi di impugnazione - è il primo motivo di ricorso. Risulta pacificamente dalla stessa ordinanza impugnata che il Collegio ha fondato la decisione anche e decisivamente su prove che non furono ritualmente e preventivamente ammesse nel contraddittorio tra le parti. Tanto comporta la nullità della ordinanza impugnata ai sensi dell'art. 178, comma 1, lettere b e c , cod. proc. pen. L'articolo 666, comma 5, cod. proc. pen. stabilisce, infatti, il giudice della esecuzione [ ] se occorre assumere prove, procede nel rispetto del contraddittorio . Orbene la lesione del contraddittorio, consistita nella valutazione del carteggio dell'Ufifcio campione penale, acquisito mediante ordinanza fuori udienza, successivamente alla riserva della decisione, e mai ammesso prima che le parti rassegnassero le proprie conclusioni, concretizza inosservanza delle disposizioni di cui agli articoli 127, comma 3, e 666, comma 4, cod. proc. pen., concernenti la partecipazione al procedimento del Pubblico Ministero, e la assistenza del condannato, entrambe necessarie nei procedimenti di esecuzione. La partecipazione del Pubblico Ministero e del difensore, infatti, riveste carattere funzionale sicché non è integrata dalla mera presenza fisica del magistrato o dell'avvocato alla udienza camerale, postula, bensì, che alle parti sia assicurata la possibilità di interloquire su ogni profilo dell'oggetto della decisione col correlativo divieto per il giudice di porre a base del provvedimento prove non ammesse nel contraddittorio v., in relazione alla valutazione di prove non assunte nel corso della udienza camerale, prima della discussione, Sez. 1, n. 5203 del 09/11/1994 - dep. 11/02/1995, Bozzi, Rv. 200868 Sez. 2, n. 879 del 05/12/2003 - dep. 16/01/2004, Porchia, Rv. 227871 Sez. 1, n. 24095 del 26/05/2009 - dep. 11/06/2009, D'Argenio, Rv. 244032 cui adde Sez. 1, n. 44924 del 18/09/2013 - dep. 07/11/2013, Riggio, non massimata . Conseguono l'annullamento della ordinanza impugnata e il rinvio per nuovo esame al Tribunale di Roma il quale si uniformerà al seguente principio di diritto che questa Corte di legittimità enuncia ai sensi dell'articolo 173, comma 2, disp. att. cod. proc. pen. Non è consentito al giudice della esecuzione porre a base della decisione alcuna prova che non sia stata formalmente ammessa prima di aver raccolto le conclusioni delle parti necessarie . P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Roma.