Il principio comunitario di specialità è applicabile anche per la fase esecutiva?

La regola della specialità opera anche per la fase esecutiva ed impedisce che il consegnato o l’estradato, in mancanza o in attesa di un provvedimento suppletivo, sia sottoposto a limitazione della libertà personale.

È quanto risulta dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 8580/15 depositata il 26 febbraio. Il caso. Il Tribunale di Foggia, in funzione di Giudice dell’esecuzione, emetteva ordinanza di rigetto dell’istanza con cui il condannato M.L. chiedeva la revoca dell’indulto applicato – ex l. n. 241/2006 – nei suoi confronti in relazione ad una pena di anni 2 di reclusione inflittagli dal medesimo Tribunale, deducendo la ineseguibilità della pena de qua . Avverso tale ordinanza il condannato ricorreva per Cassazione lamentando contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, oltre che inosservanza od erronea applicazione della legge penale in relazione al disposto di cui all’art. 14, lett. a della Convenzione di Parigi sull’estradizione in riferimento all’ineseguibilità della sentenza di condanna. Il principio di specialità. Secondo il combinato disposto degli artt. 721 c.p.p. e 14 della Convenzione Europea di estradizione del 13/12/1957 ratificata con la l. n. 300/1963, la persona consegnata allo Stato richiedente non può esservi sottoposta ad un procedimento penale, né essere condannata o altrimenti privata della libertà per eventuali reati anteriori alla consegna, diversi da quello per cui la consegna è avvenuta, salvi i casi espressamente previsti. Il principio di specialità è ulteriormente specificato dall’art. 26 della l. n. 69/2005 – recante Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio dell’Unione Europea del 13/6/2002 relativa al mandato di arresto Europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri – la quale prevede che la consegna sia sempre subordinata alla condizione che, per un fatto anteriore e diverso da quello per il quale è stata concessa, la persona non venga sottoposta ad un procedimento penale, né privata della libertà personale in esecuzione di pena, misura di sicurezza detentiva o altri provvedimenti egualmente o in altro modo limitativi della sua libertà. La stessa norma, tuttavia, al secondo comma introduce alcune ipotesi derogatorie che rendono inoperante tale principio di specialità, costituite dalla rinuncia da parte del soggetto che abbia subito la consegna a beneficiarne rispetto a reati anteriori alla sua consegna, ovvero dalla formulazione da parte dello Stato membro dell’istanza di assoggettare la persona ad un diverso provvedimento coercitivo della libertà, cui segua l’assenso suppletivo dello Stato richiesto. Gli effetti del principio di specialità. La giurisprudenza di legittimità ha più volte chiarito come, secondo l’interpretazione consentita dalla decisione quadro 2002/584/GAI, il principio di specialità non vada applicato in senso assoluto come ostativo alla sottoposizione della persona ricercata a procedimento penale nello Stato richiedente per reati diversi ed anteriori alla consegna, rispetto a quelli per i quali è stato emesso il mandato di arresto europeo, ma lo stesso resta inattuato, sia quando il titolo di reato per cui si indaga o si celebra il giudizio è ostativo all’adozione di una misura restrittiva, sia se si proceda penalmente contro la persona consegnata senza l’adozione di misure limitative della libertà personale. Nel diverso caso, invece, in cui tale soggetto sia destinatario di provvedimento impositivo di misura cautelare in procedimento per reati diversi da quelli per i quali la consegna è stata accordata e commessi anteriormente ad essa, in difetto di ulteriore consenso espresso dallo Stato che deve operare la consegna, che può essere richiesto in estensione una volta avvenuta la consegna, secondo quanto consentito dall’art. 26, comma 3 l. n. 69/2005, deve ritenersi preclusa allo Stato di emissione del mandato di arresto non già l’adozione della misura, che resta valida, ma la sua esecuzione, sia durante il procedimento che in esito allo stesso. La concreta applicazione della regola della specialità. Nel caso di specie, il Giudice dell’esecuzione, muovendo dal rilievo della fondatezza dell’assunto difensivo afferente la non operatività della deroga al principio di specialità sancito dalla Convenzione internazionale sull’estradizione, ha ritenuto che la questione riguardante l’ineseguibilità, per effetto di tale principio, della sentenza indicata dall’istante e la revoca dell’indulto sulla pena dalla stessa comminata non potessero essere fatte valere con l’incidente proposto, stante la mancata proposizione della medesima questione sin dal momento in cui il PM aveva, illo tempore , dato impulso dall’esecuzione mediante relativo ordine di carcerazione. Tuttavia, la Corte regolatrice, nell’annullare con rinvio l’ordinanza de qua , ha chiarito come non sussista alcuna norma, nazionale od internazionale, che imponga di far valere la clausola di specialità entro precisi limiti temporali e che configuri la sua deduzione come onere dell’interessato, dal cui mancato adempimento possa discendere la conseguenza della decadenza o comunque della preclusione ad avvalersi dei relativi effetti favorevoli in un momento successivo.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 28 novembre 2014 – 26 febbraio 2015, numero 8580 Presidente Cortese – Relatore Boni Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza in data 12 marzo 2014 il Tribunale di Foggia, pronunciando in funzione di giudice dell'esecuzione, respingeva l'istanza proposta dal condannato L.M. , di revoca dell'indulto di cui alla legge nr. 241/2006, già applicato nei suoi riguardi con ordinanza del 25 gennaio 2007 in relazione alla pena inflittagli con sentenza pronunciata dallo stesso Tribunale in data 26 gennaio 2001, irrevocabile l'1 aprile 2003. A fondamento della decisione si osservava che, sebbene non sussistessero cause di deroga ex art. 699 cod. proc. penumero , comma secondo, al principio di specialità, stabilito dalla Convenzione internazionale di Parigi sull'estradizione, nel caso specifico non poteva farsi valere in sede esecutiva la questione dell'ineseguibilità della sentenza di condanna, né chiedere la revoca dell'indulto applicatogli tale beneficio era stato correttamente accordato e non sussistevano le cause di revoca previste dall'art. 1 della legge nr. 241/2006, né era stato dedotto e dimostrato lo specifico interesse ad ottenere un provvedimento in tale senso, mentre la questione principale avrebbe dovuto essere proposta mediante incidente col quale contestare l'ordine di esecuzione, emesso dal P.M. in data 12 maggio 2013, iniziativa non assunta dall'interessato. 2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso l'interessato a mezzo del suo difensore, il quale ha dedotto i seguenti motivi a inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione al disposto dell'art. 14 lett. a della Convenzione di Parigi sull'estradizione in riferimento all'ineseguibilità della sentenza di condanna, pronunciata dal Tribunale di Foggia in data 26 gennaio 2001. Ha premesso il ricorrente che - in data 18 giugno 2004 nel procedimento penale sub nr. 9105/03 R.G.N.R. egli era stato attinto da ordinanza applicativa della custodia in carcere per vari reati, provvedimento non eseguito per la sua permanenza in Belgio - in seguito a mandato di arresto Europeo, emesso dal G.I.P. del Tribunale di Bari e reso esecutivo dall'Autorità giudiziaria belga in relazione ai delitti di cui ai capi A , A1 , A2 , A19 , A21 , A22 , A23 del decreto che disponeva il giudizio, in data 3 novembre 2005 egli veniva tratto a giudizio innanzi alla Corte di Assise di Foggia - tale Corte con ordinanza del 28 settembre 2006 dichiarava la parziale improcedibilità dell'azione penale per mancanza di un valido provvedimento di consegna in relazione ai reati commessi prima del 7 agosto 2002, mentre per quelli successivi di cui ai capi A , A19 , A21 , A22 , A23 procedeva al giudizio - in seguito a richiesta di estradizione formulata dal Ministero della Giustizia, l'omologo Ministro belga in data 12 ottobre 2006 concedeva l'estradizione per i reati antecedenti al 7 agosto 2002, ossia per quelli contrassegnati come A5 , A8 , A34 , A35 , A6 , A9 , A18 , A20 e A25 , oggetto di contestazione sempre nel procedimento citato nr. 9105/03, dal cui novero erano esclusi i reati giudicati con la sentenza del Tribunale di Foggia del 26 gennaio 2001, sia perché commessi prima dell'agosto 2002, sia perché non inclusi nella istanza di estradizione, sicché per l'esecuzione della relativa pena non era mai stata richiesta, né concessa l'estradizione del condannato. Secondo il ricorrente, non sussiste comunque la causa di deroga al principio di specialità, che vieta di porre in esecuzione condanne diverse da quelle per le quali sia stata accordata l'estradizione, costituita dalla permanenza del condannato nel territorio dello Stato per quarantacinque giorni dalla sua liberazione definitiva, oppure dal suo volontario rientro una volta uscitone. Nel caso di specie, egli era stato scarcerato il 3 dicembre 2007 per decorrenza dei termini di custodia cautelare nel predetto procedimento sub nr. 9105/2003, ma era stato sottoposto alle misure coercitive minori ex art. 307 cod. proc. penumero dell'obbligo di presentazione alla p.g. e dell'obbligo di dimora in provincia di Foggia, sicché gli era stata rilasciata una carta d'identità non valida per l'espatrio in seguito, gli era stata applicata la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di p.s., sicché era stato giuridicamente e di fatto impedito dall'abbandonare il territorio nazionale. Pertanto, erroneamente era stato applicato l'indulto in riferimento a pena comminata con sentenza ineseguibile per carenza di una condizione di procedibilità ed il beneficio avrebbe dovuto essere revocato, onde consentirgli di fruirne in relazione ad altra condanna, b Contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione il Tribunale, pur avendo riconosciuto la fondatezza delle questioni sollevate con l'incidente di esecuzione, non ha considerato che il tema dell'ineseguibilità della sentenza nr. 94/01 del Tribunale di Foggia non avrebbe potuto essere fatto valere in data 12/5/2003, dal momento che la problematica sulla carenza della condizione di procedibilità si era posta quando il Procuratore della Repubblica in data 28 giugno 2006 aveva disposto la revoca della sospensione dell'esecuzione della relativa pena, ossia in un momento nel quale il ricorrente era detenuto presso la Casa Circondariale di Secondigliano in esecuzione dell'ordinanza di custodia cautelare e del mandato di arresto Europeo. Successivamente e sin dal 27 luglio 2006 il ricorrente aveva segnalato l'illegittimità dell'esecuzione per violazione del disposto dell'art. 721 cod. proc. penumero . Pertanto, avrebbe dovuto essere revocato l'indulto applicato in relazione a pena inflitta con sentenza ineseguibile. 3. Con requisitoria scritta depositata in data 24 luglio 2014 il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, dr. Giulio Romano, ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso perché fondato su censure non tempestivamente fatte valere con l'opposizione al provvedimento applicativo dell'indulto e comunque proposto in assenza di un concreto ed attuale interesse alla revoca invocata. 4. Con successiva memoria depositata in data 11 novembre 2014 la difesa del ricorrente ha illustrato il profilo della concretezza dell'interesse ad ottenere la revoca dell'indulto al fine di poterne beneficiare in relazione ad altre condanne riportate e ha ribadito che spetta al giudice dell'esecuzione accertare l'esistenza e la validità del titolo esecutivo, quale verifica pregiudiziale e prodromica ad ogni altra questione valutabile in sede esecutiva, per la quale non opera l'effetto devolutivo, proprio delle impugnazioni. Considerato in diritto Il ricorso è fondato e va dunque accolto. 1. Va in via preliminare rilevato che la considerazione del tenore complessivo dell'istanza rivolta dal L. nelle forme dell'incidente di esecuzione convince che, al di là delle espressioni testuali, egli ha inteso chiedere l'accertamento dell'ineseguibilità della pena di anni due di reclusione, infintagli con la sentenza del Tribunale di Foggia del 26 gennaio 2001, già oggetto del provvedimento applicativo dell'indulto. 2.La prima questione sollevata dal ricorrente verte sulla pretesa violazione del principio di specialità, verificatasi nella fase dell'esecuzione della predetta pronuncia. 2.1 Giova premettere in punto di diritto che, secondo il combinato disposto dell'art. 721 cod. proc. penumero e dell'art. 14 della Convenzione Europea di estradizione del 13 dicembre 1957, ratificata con L. numero 300 del 1963, la persona consegnata allo Stato richiedente non può esservi sottoposta a un procedimento penale, né essere condannata o altrimenti privata della libertà per eventuali reati anteriori alla consegna, diversi da quello per cui la consegna è avvenuta, salvi i casi espressamente previsti. Tale principio ha ricevuto successiva conferma dalla L. numero 69 del 2005, art. 32, recante Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio del 13 giugno 2002, relativa al mandato di arresto Europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri con tale disposizione si è previsto che la consegna della persona ricercata è soggetta ai limiti del principio di specialità, con le eccezioni previste, relativamente alla procedura passiva di consegna, dall'art. 26 . La norma rimanda dunque testualmente ai limiti operativi dell'art. 26 della stessa legge, che prevede al primo comma la consegna è sempre subordinata alla condizione che, per un fatto anteriore alla stessa e diverso da quello per il quale è stata concessa, la persona non venga sottoposta ad un procedimento penale, né privata della libertà personale in esecuzione di pena, di misura di sicurezza detentiva o altri provvedimenti egualmente o in altro modo limitativi della sua libertà. Al secondo comma essa introduce alcune ipotesi derogatorie, che rendono inoperante il principio di specialità, costituite dalla rinuncia da parte del soggetto che abbia subito la consegna a beneficiarne rispetto a reati anteriori alla sua consegna, ovvero dalla formulazione da parte dello stato membro dell'istanza di assoggettare la persona a un diverso provvedimento coercitivo della libertà, cui segua l'assenso suppletivo dello stato richiesto. 2.3.1 Si è dunque affermato nella giurisprudenza di legittimità, che, secondo l'interpretazione consentita dalla decisione quadro 2002/584/Gai del Consiglio dell'Unione Europea del 13 giugno 2002, il principio di specialità non va applicato in senso assoluto come ostativo alla sottoposizione della persona ricercata a procedimento penale nello Stato richiedente per reati diversi ed anteriori alla consegna, rispetto a quelli per i quali è stato emesso il mandato di arresto Europeo, ma lo stesso resta inattuato, sia quando il titolo di reato per cui si indaga o si celebra il giudizio è ostativo all'adozione di una misura restrittiva, sia se si proceda penalmente contro la persona consegnata senza l'adozione di misure limitative della libertà personale Cass. sez. 1, numero 18778 del 27/03/2011, Reccia, rv. 256013 sez. 1, numero 38716 del 31/01/2013, Parasiliti Mollica, rv. 256760 sez. 1, numero 734 del 02/12/2011, Moscovita, rv. 249473 sez. 1, numero 40256 del 19/10/2007, Parasiliti Mollica, rv. 238052 . 2.3.2 Nel diverso caso in cui tale soggetto sia destinatario di provvedimento impositivo di misura cautelare in procedimento per reati diversi da quelli per i quali la consegna è stata accordata e commessi anteriormente ad essa, in difetto di ulteriore consenso espresso dello Stato che deve operare la consegna, che può essere richiesto in estensione una volta avvenuta la consegna, secondo quanto consentito dall'art. 26, comma 3, della legge numero 69/2005, deve ritenersi preclusa allo Stato di emissione del mandato di arresto, non già l'adozione della misura, che resta valida, ma la sua esecuzione, sia durante il procedimento, che in esito allo stesso Cass. sez. 6, numero 39240 del 23/09/2011, Caiazzo, rv. 251366 . A conferma della correttezza di tale interpretazione milita proprio la formulazione letterale dell'art. 26 citato, il quale prevede che lo Stato di emissione del mandato, nel richiedere di sottoporre la persona arrestata all'estero a un procedimento penale, ovvero ad un provvedimento coercitivo della libertà personale per un fatto anteriore alla consegna e diverso, debba corredare l'istanza delle informazioni indicate dall'art. 8, paragrafo 1 della decisione quadro, il quale al paragrafo c menziona appunto l'indicazione del mandato di arresto, il che implica la possibilità della sua emissione anche in attesa del consenso suppletivo. 2.3.3 In altri termini, si verifica con similitudine di effetti con quanto accade nelle procedure di estradizione, per le quali il principio di specialità ex art. 721 cod. proc. penumero , non osta alla conduzione di attività investigativa finalizzata ad assicurare le prove di responsabilità ed all'emissione di titoli custodiali per reati diversi da quelli oggetto della richiesta di estradizione, ma, in attesa di un consenso suppletivo dello Stato ove si trova la persona da estradare, per tali fattispecie di reato soltanto gli effetti del provvedimento cautelare restano inibiti, mentre la sua validità non ne resta vulnerata Cass. sez. 1, numero 16933 del 22/4/2010, Sarno, r. 247564 sez. 4, numero 24627 del 7/4/2004, Viglietta, rv. 228842 . 3. Deve poi considerarsi che questa Corte nelle pronunce già citate ha più volte affermato da ultimo, Sez. 1, numero 734 del 02/12/2010, dep. 14/01/2011, Moscovita, Rv. 249473, e in precedenza Sez. 1, numero 9145 del 28/02/2006, dep. 15/03/2006, Destro, Rv. 233943 Sez. 1, numero 3835 del 04/10/1993, dep. 02/11/1993, Lauro, Rv. 195444 , che la regola di specialità opera anche per la fase esecutiva ed impedisce che il consegnato o l'estradato, in mancanza o in attesa di un provvedimento suppletivo, sia sottoposto a limitazione della libertà, per effetto, ad esempio, del provvedimento di unificazione di pene concorrenti, comprensivo anche di sanzione inflitta per fatti diversi da quelli per cui l'estradizione è stata concessa o comunque di qualsiasi provvedimento successivo che renda eseguibile una sentenza di condanna. In tale contesto interpretativo si è in particolare osservato che anche la revoca della sospensione condizionale della pena non può essere disposta per fatti anteriori e diversi da quelli per i quali la consegna è stata concessa Sez. 1, numero 40256 del 19710/2007, Parasiliti Mollica, rv. 238052 , dovendo, al contrario, sospendersi la procedura esecutiva diretta a rendere eseguibili condanne, già condizionalmente sospese, in attesa della eventuale estradizione suppletiva e riattivarsi la stessa una volta che l'estradizione suppletiva fosse concessa. 2.2. Di tali principi, che il Collegio condivide e riafferma, non si è fatta esatta interpretazione e corretta applicazione nel caso di specie. Il Giudice dell'esecuzione, infatti, muovendo dal rilievo della fondatezza dell'assunto difensivo, secondo il quale non poteva ritenersi operante, nei riguardi del L. , la deroga al principio di specialità sancito dalla Convenzione internazionale sull'estradizione, ha ritenuto che la questione riguardante l'ineseguibilità, per effetto di tale principio, della sentenza indicata dall'istante e la revoca dell'indulto sulla pena dalla stessa comminata non potessero essere fatte valere con l'incidente proposto. Tanto sarebbe impedito - dalla legittima pronuncia del provvedimento applicativo dell'indulto nella ricorrenza di tutti i presupposti richiesti per legge - dall'insussistenza delle condizioni per procedere alla sua revoca - dalla mancata proposizione della medesima questione sull'ineseguibilità della condanna sin dall'epoca in cui il P.M. in data 12/5/2003 aveva dato impulso all'esecuzione mediante relativo ordine di carcerazione. 2.3 In realtà, ad avviso di questa Corte, tali rilievi non hanno fondamento giuridico e nemmeno riscontro dimostrativo negli atti processuali. 2.3.1 In primo luogo, nel caso specifico è incontestato che il titolo esecutivo si sia formato validamente ed in modo legittimo, dal momento che all'epoca della pronuncia della relativa decisione non si erano poste problematiche attinenti alla presenza dell'imputato in stato estero e da ciò la necessità di ottenerne il rimpatrio forzoso per sottoporlo al giudizio e poi all'espiazione della pena detentiva. Dagli atti processuali, richiamati in ricorso, risultano però le seguenti vicende esecutive - in data 12/5/2003 il P.M. aveva emesso nei confronti del ricorrente ordine di esecuzione per la carcerazione ed aveva contestualmente sospeso l'esecuzione ai sensi dell'art. 656 cod. proc. penumero , comma quinto - il condannato aveva avanzato istanza per l'ammissione a misura alternativa alla detenzione, respinta dal Tribunale di Sorveglianza di Bari con provvedimento del 9/5/2006 - il P.M. in data 28/6/2006 aveva revocato l'ordine di sospensione e ripristinato il decreto di esecuzione, notificato al L. all'epoca ristretto in carcere per altra vicenda processuale. Infatti, nelle more dell'assunzione di tale determinazione, costui era stato destinatario di un provvedimento di custodia cautelare in carcere nel procedimento sub nr. 9105/2003 R.G.N.R. - DDA, per la cui esecuzione, impedita dalla sua presenza nel territorio del Regno del Belgio, il G.I.P. del Tribunale di Bari in data 3/11/2005 aveva emesso un mandato di arresto Europeo, che era stato reso esecutivo dal Tribunale di Mons in data 2/12/2005, con consegna avvenuta il 4/1/2006, soltanto per i fatti di reato, successivi alla data del 7/8/2002, di omicidio, detenzione e porto d'armi, estorsione e tentata estorsione. In seguito, per le violazioni antecedenti alla predetta data, ma diverse dal delitto oggetto della sentenza del Tribunale di Foggia del 26/1/2001, per le quali non era consentito il ricorso alla procedura del mandato di arresto Europeo, tramite il Ministero della Giustizia era stata inoltrata all'autorità giudiziaria belga richiesta di estradizione del L. , accordata per i fatti di tentato omicidio, detenzione e porto d'armi e tentata rapina con provvedimento del 2/10/2006. 2.3.2 Pertanto, il rilievo del Tribunale circa la tardiva proposizione da parte dell'interessato della questione dell'eseguibilità della sentenza di condanna del 2001, è incoerente con i dati processuali, dal momento che nell'anno 2003, quando il P.M. aveva assunto le prime determinazioni d'impulso all'instaurazione del rapporto esecutivo inerente la pena detentiva inflitta al L. dal Tribunale di Foggia nel 2001 non sussistevano ancora le condizioni per eccepire alcun ostacolo, dipendente dal principio di specialità. Inoltre, non è dato rinvenire nel sistema processuale vigente, né nelle norme che disciplinano l'estradizione, quale forma di cooperazione internazionale tra Stati in relazione all'esercizio della giurisdizione penale, alcuna disposizione che imponga di far valere la clausola di specialità entro precisi limiti temporali e che configuri la sua deduzione quale onere dell'interessato, dal cui mancato adempimento possa discendere la conseguenza della decadenza o comunque della preclusione ad avvalersi dei relativi effetti favorevoli in un momento successivo. 2.3.3 Oltre a ciò, a ben vedere, è fondata l'obiezione difensiva che richiama e documenta la reiterata manifestazione di volontà del condannato di beneficiare di tale istituto non appena se n'erano creati i presupposti in tal senso assumono rilievo la dichiarazione di rifiuto a rendere interrogatorio al P.M. del 18/4/2006, nella quale il L. aveva esplicitamente affermato di voler essere giudicato soltanto per i reati per i quali il Belgio lo aveva consegnato all'Italia, nonché l'ancor più specifica richiesta del 27/7/2006, con la quale egli aveva invocato l'applicazione delle norme di cui agli artt. 720 e 721 cod. proc. penumero e chiesto la revoca dell'ordine di esecuzione per la pena di anni due di reclusione, comminatagli dal Tribunale di Foggia il 26/1/2001 in ragione della mancata prestazione del consenso alla procedura di estradizione. Di tali atti dava conto anche la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Foggia allorché in data 27/12/2006 sollecitava la Procura Generale presso la Corte di Appello di Bari a rivolgere istanza di estradizione suppletiva per poter porre concretamente in esecuzione la pena sopra citata. 2.3.4 Emerge dunque che, non appena il L. aveva avuto contezza dell'assunzione delle necessarie iniziative prodromiche alla sottoposizione ad espiazione in forza di titolo giudiziale, per il quale la procedura di consegna a seguito di mandato di arresto Europeo e di estradizione non era stata attivata, né compiuta, egli aveva tempestivamente negato il consenso a sottoporsi ad esecuzione ed aveva dichiarato di volersi avvalere del principio di specialità. Né a tal fine può valorizzarsi la circostanza dell'avere egli formulato istanza di applicazione dell'indulto, come riportato nel provvedimento che l'aveva applicato, dal momento che tale domanda non può essere univocamente interpretata quale manifestazione di consenso all'esecuzione di pena per qualsiasi reato, nonostante i presupposti di operatività del principio di specialità ed in deroga allo stesso in altri termini, la richiesta di beneficiare del condono non equivale a consentire l'assoggettamento alla pena per reato non compreso nel provvedimento di estradizione o nel mandato di arresto, ma al contrario è finalizzata ad evitare la carcerazione. Al riguardo giova richiamare la costante linea interpretativa, espressa da questa Corte, secondo la quale tale consenso deve essere espresso, formale ed inequivoco e non può essere dedotto in via interpretativa da manifestazioni volontà tendenti ad altri fini, ossia dirette a conseguire effetti favorevoli di altra natura, che, in quanto tali, non sono idonei a rivelare tale intenzione Cass. sez. 1, nr. 21344 del 12/4/ 2005, Forcieri ed altri, rv. 231801 sez. 1, nr. 33963 del 20/5/2004, Battaglia ed altri, rv. 229589 sez. 1, nr. 26301 del 6/5/2004, Chioccia, rv. 228206 sez. 1, nr. 40000 del 20/10/2005, P.G. in proc. Dentice, rv. 232945 . I superiori rilievi contraddicono l'affermazione del giudice dell'esecuzione in ordine alla corretta applicazione dell'indulto ed alla tardiva proposizione della questione dibattuta non si è tenuto conto di quanto pacificamente risulta dagli atti del fascicolo e che l'interesse dell'istante a sollevare l'incidente è divenuto attuale allorché le determinazioni del P.M. per l'esecuzione di successive condanne irrevocabili a pena detentiva per reati contestati in due diversi procedimenti, giusto provvedimento di unificazione di pene concorrenti, hanno costituito i presupposti per fruire per intero della misura indulgenziale di cui alla legge nr. 241/2006 in riferimento a pena eseguibile. 2.3.5 Oltre a ciò, non risulta corretta l'affermazione del Tribunale, che ha ravvisato come regolare e dovuta l'applicazione del beneficio dell'indulto per la ricorrenza dei presupposti normativi e l'insussistenza delle condizioni per disporne la revoca. L'applicazione di causa estintiva della pena postula che il relativo titolo esecutivo sia esistente, valido ed efficace e che la pena sia suscettibile di essere posta in esecuzione, condizione che non ricorre quando è proprio l'esecuzione ad essere paralizzata dal principio di specialità e difettino le condizioni per derogarvi di cui all'art. 699 cod. proc. penumero , comma secondo, ossia la procedura di estradizione suppletiva, o di estensione attiva della consegna, oppure il consenso dell'estradato. In tal modo il P.M. prima, il giudice dell'esecuzione poi nel respingere l'incidente proposto dall'interessato, hanno finito per disapplicare il principio di specialità nella fase esecutiva e per non considerare che, sebbene il disposto dell'art. 174 cod. proc. penumero preveda che nel concorso di più reati l'indulto vada applicato una sola volta dopo cumulate le pene , quelle inflitte con sentenze per le quali non è stata concessa l'estradizione o estesa la consegna non possono essere poste in esecuzione e quindi l'indulto spettante al condannato va concesso in riferimento agli altri titoli, suscettibili di immediata esecuzione, così come già affermato in casi analoghi dalla giurisprudenza di questa Corte Cass., sez. 5, nr. 816 del 10/12/1975, Bellotti, rv. 132372 sez. 1, 5/5/1999, Di Toro Mannarella, rv. 213397 sez. 1, numero 39331 del 08/10/2008, Altic, rv. 241151 . Per le considerazioni svolte l'ordinanza impugnata va annullata con rinvio al Tribunale di Foggia che nel prendere nuovamente in esame l'istanza avanzata dal L. dovrà anche verificare se nelle more della presente decisione sia stata avanzata istanza di estradizione suppletiva per il reato, giudicato con la sentenza del Tribunale di Foggia del 26/1/2001 e se sia stata concessa, rendendo così possibile dare esecuzione alla pretesa punitiva e validamente applicato l'indulto. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Foggia.