Costituzione di parte civile del curatore fallimentare e del singolo creditore: limiti e rapporti

Ai sensi dell’art. 240 l.f. i creditori possono costituirsi parte civile nel procedimento penale per bancarotta fraudolenta quando manca la costituzione del curatore o quando intendono fare valere un titolo di azione personale. La contestazione di reati ulteriori rispetto alla bancarotta i.e. truffe e la richiesta di risarcimento estesa anche ai danni non patrimoniali, proprio perché consentono di individuare autonomi titoli di azione personale, giustificano la legittimazione del singolo creditore.

Questo il principio di diritto espresso dalla Sezione V, con la pronuncia n. 8619, depositata il 26 febbraio 2015. La sussidiarietà dell’azione del singolo creditore. Come noto, il canone principale dettato dall’articolo 240 l.f. postula la residualità dell’azione del singolo creditore in sede penale nei confronti del fallito, imputato di bancarotta fraudolenta per distrazione, rispetto alla eventuale costituzione di parte civile esercitata dal curatore fallimentare. Nel caso, dunque, di avvenuto esercizio dell’azione civile nel procedimento penale da parte del curatore fallimentare, il singolo creditore non avrà una propria analoga legittimazione. Viceversa, nell’ipotesi di inerzia del curatore fallimentare, che non abbia esercitato tale facoltà, ben potrà il singolo creditore avanzare una propria autonoma richiesta risarcitoria, mediante costituzione di parte civile nel processo penale per bancarotta fraudolenta per distrazione. Ciò in quanto è pacifico che anche il singolo creditore è persona offesa e danneggiata dal reato di bancarotta fraudolenta Cass. n. 2513/2008 , ed, in conseguenza, sussiste senza dubbio una sua generale legittimazione alla costituzione di parte civile. Tuttavia, il dettato normativo dell’art. 240, comma 2, l.f. delimita tale facoltà per quanto riguarda i crediti della massa, stabilendo che i creditori sono legittimati ad esercitare l'azione civile nel procedimento penale per bancarotta fraudolenta solo quando tale azione non sia stata esercitata dal curatore. E l’eccezione alla regola. Lo stesso Legislatore, una volta fissato il principio generale e cardine della disciplina, si preoccupa tuttavia di dettare immediatamente l’eccezione. La legge, infatti, chiarisce che, qualora i creditori intendano far valere un titolo di azione propria, di natura personale come nel caso di danni non patrimoniali , la costituzione di parte civile è consentita sempre a titolo di legittimazione principale . La Cassazione ha poi ulteriormente precisato che, fermi tali presupposti, la costituzione del singolo creditore può avvenire anche in concorso con l’azione civile esperita dal curatore Cass. n. 42608/2005 . Poiché, nel caso di specie, i singoli creditori risultavano aver esercitato l’azione civile nel procedimento per bancarotta, nonostante la avvenuta costituzione della curatela, la Corte viene chiamata a pronunciarsi sulla richiesta di estromissione avanzata dai singoli creditori. Rileva, correttamente, la Corte che, poiché nel caso di specie i creditori intendevano far valere un titolo di azione propria personale, l’istanza di estromissione è stata correttamente respinta dai giudici di merito. Interessante la pronuncia in esame laddove pare individuare fra i titoli di azione personale anche il risarcimento di danni non patrimoniali e dunque morali, oltre che quelli derivanti da reati diversi dal delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale. Rapporti fra diverse azioni Fra gli innumerevoli casi che potranno presentarsi, ci si deve sicuramente interrogare sul problema della eventuale concomitanza delle due azioni del curatore e del singolo creditore . Va chiarito che il problema non si verifica se il curatore si costituisce nel processo penale, perché in tal caso è preclusa salvo per i crediti di natura personale la costituzione del creditore. Quando, invece, il curatore scelga di intraprendere azione di responsabilità in sede civile, successivamente all'inizio del processo penale per bancarotta, si pone il problema di stabilire cosa succeda ad una costituzione di parte civile regolarmente effettuata dal creditore quando il curatore era ancora inattivo. In tal caso, è pacifico che non si può consentire la duplicazione di azioni sebbene pendenti in sedi diverse e che si deve privilegiare l'azione del curatore, al fine di salvaguardare, in costanza di fallimento, il principio della par condicio creditorum . E ciò in quanto è evidente espressione della ratio perseguita dall’art. 240, comma 2, l.f., laddove, appunto, impedisce al creditore di costituirsi parte civile se già vi è stata costituzione del curatore per il medesimo credito. e possibili conflitti. Come è certamente noto, la legge fallimentare non affronta, però, il problema dell'azione esercitata in sede civile dal curatore tuttavia, tenuto conto della prevalenza dell'iniziativa del curatore quando agisce per recuperare crediti della massa, nel caso di azione di responsabilità successivamente intrapresa dalla curatela davanti al giudice civile, la costituzione di parte civile del singolo creditore deve ritenersi automaticamente caducata, analogamente a quanto avviene quando vi è identità di soggetto, ai sensi dell'art. 82, comma 2, c.p.p

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 12 dicembre 2014 – 26 febbraio 2015, n. 8619 Presidente Savani – Relatore De Marzo Ritenuto in fatto 1. Il procedimento definito con sentenza del 04/05/2011 dalla Corte d'appello di Genova scaturisce dalle impugnazioni proposte avverso la sentenza del G.u.p. del Tribunale di Genova del 15/10/2007 e la sentenza del G.u.p. del Tribunale di Savona del 04/06/2008. La prima, per quanto ancora rileva, aveva ritenuto F.E. , B.M. , D.N.S. ed G.E.E. responsabili dei reati di bancarotta fraudolenta documentale e di bancarotta per dissipazione nonché di avere con condotte dolose provocato il fallimento della Poggi Nino di Adriano Maurizio e C. s.a.s. e, infine, di varie truffe in danno di imprese fornitrici di merci La seconda, per quanto ancora rileva, aveva ritenuto F.E. , B.M. e D.N.S. responsabili del reato di cui all'art. 416 cod. pen., di una serie di truffe in danno di imprese fornitrici di merci, e, infine, con riguardo al solo F. , di bancarotta fraudolenta documentale e per distrazione delle merci acquisite con le truffe, in relazione alla società ICA s.n.c., fallita in data omissis . Con la menzionata sentenza, la Corte d'appello di Genova, nel dichiarare il non luogo a procedere in relazione ad alcuni episodi di truffa, per intervenuta prescrizione, ha confermato l'affermazione di responsabilità degli imputati odierni ricorrenti. 2. Sono stati proposti distinti ricorsi dal F. , nell'interesse del D.N. e del B. , nell'interesse del G. . 3. Il ricorso proposto dal F. si affida ad un unico motivo, con il quale si lamenta che né al ricorrente né al suo difensore era stato avviso del rinvio dell'udienza del 09/02/2011 - fissata per le repliche e la decisione - al 04/05/2011, rinvio imposto dalla loro assenza e dalla necessità di rinnovazione dell'attività svolta, scaturita dalla modifica del collegio giudicante. 4. Il ricorso proposto nell'interesse del D.N. e del B. si affida ai seguenti motivi, concernenti rispettivamente le questioni decise con l'ordinanza del G.u.p. del Tribunale di Genova del 26/09/2007 primi tre motivi , i fatti giudicati in primo grado dal medesimo G.u.p. dal quarto al sesto motivo , i fatti giudicati in primo grado dal G.u.p. del Tribunale di Savona ultimi tre motivi . 4.1. Con il primo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione dell'art. 240, comma secondo, l. fall., per avere la Corte territoriale omesso di affrontare l'eccezione di estromissione della parte civile M.A. , quantomeno con riferimento alle pretese esulanti dal danno morale, in ragione dell'avvenuta costituzione del curatore. 4.2. Con il secondo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione degli artt. 76, 122, 125 cod. proc. pen., per avere la Corte territoriale trascurato di approfondire l'eccezione di inammissibilità della costituzione di parte civile del curatore del fallimento della Poggi Nino s.a.s., giacché quest'ultimo, eccedendo il limite dell'autorizzazione ricevuta dal giudice delegato, avente ad oggetto la costituzione del primo e il conferimento del mandato alle liti ad un difensore, aveva conferito anche procura speciale al difensore nominato. 4.3. Con il terzo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione degli artt. 125, comma 3 e 441, comma 4, cod. proc. pen., per avere la Corte territoriale, attraverso il richiamo ad un'inesistente motivazione del giudice di primo grado, completamente omesso di argomentare in ordine all'eccezione, proposta per la prima volta con l'atto di appello, con la quale si poneva la questione dell'assenza di procura speciale idonea a sorreggere l'accettazione del rito abbreviato ad opera dei difensori delle parti civili. 4.4. Con il quarto motivo si lamentano vizi motivazionali, in relazione al ritenuto concorso degli imputati nell'attività delittuosa. In particolare, si rileva a che gli imputati, nelle loro dichiarazioni scritte e negli atti processuali, avevano sempre sostenuto di essersi limitati, dopo la negativa vicenda della società ICA, a prestare una mera promessa verbale di collaborazione, senza compiere alcun atto di acquisto di generi alimentari b che l'istruzione impartita dal Ba. alla T. , quale emergente dall'intercettazione di una comunicazione tra i due, di istituire una cartellina nella quale raccogliere le fatture degli acquisti operati dal D.N. , oltre a non coinvolgere in alcun modo il B. , era comunque probatoriamente neutra, poiché non dimostrava né che la cartellina fosse stata istituita, né che in essa fosse confluita alcuna fattura di acquisti procurati dal D.N. c che anche le dichiarazioni di A.M. , legale rappresentante della società fallita, secondo il quale i due ricorrenti erano addetti alla frutta e alla verdura, era inidonea a dimostrare che tale ruolo si fosse tradotto in atto d che, infine, il passaggio motivazionale in cui si addebitava ai ricorrenti di avere conferito il credito di 10.000 Euro, per l'aumento del capitale della società fallita, non trovava alcun conforto nelle dichiarazioni dei ricorrenti, i quali avevano riferito di avere promesso la loro collaborazione proprio perché il Ba. aveva comunicato che intendeva reimpiegare la somma di cui essi si ritenevano creditori per far fronte agli interessi da corrispondersi a fronte della somma ottenuta per ricapitalizzare la società. 4.5. Con il quinto motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione dell'art. 125 cod. proc. pen., in relazione agli specifici fatti di bancarotta di cui ai capi A, A1, A2, A3, per avere la Corte territoriale completamente trascurato di esaminare le censure sviluppate nell'atto di appello, quanto alla riconducibilità ai ricorrenti di tali episodi. 4.6. Con il sesto motivo, si lamentano vizi motivazionali e violazione dell'art. 125 cod. proc. pen., in relazione agli specifici fatti di truffa contestati ai capi b , c , d ed e e attribuiti ai ricorrenti dalla Corte territoriale sulla scorta del ritenuto - ma, per le ragioni sopra ricordate, in realtà insussistente - aumento di capitale che sarebbe stato da loro effettuato. 4.7. Con il settimo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, in relazione alla ritenuta partecipazione dei ricorrenti all'associazione a delinquere individuata dal G.u.p. del Tribunale di Savona, sottolineando che gli elementi valorizzati dai giudici di merito o sono di contenuto talmente generico da non consentirne alcuna obiettiva verifica così, per il riferimento, senz'altra puntualizzazione, al tenore delle intercettazioni o si fondano su un travisamento della prova, giacché mai i ricorrenti avevano dichiarato di avere aderito al programma criminoso del Ba. , giacché, al contrario, essi avevano rifiutato di assumere il ruolo di amministratori della società, segnalando l'esigenza del loro interlocutore a M.R. e mettendo quest'ultimo in contatto con il primo. 4.8. Con l'ottavo motivo si lamentano violazione di legge e vizi motivazionali, in relazione al ritenuto ruolo di promotori ed organizzatori attribuito ai ricorrenti, per avere la Corte territoriale trascurato a di affrontare la questione del se l'avere creato un contatto personale tra soggetti che poi si accordano autonomamente sia qualificabile come attività di stimolo all'adesione nei confronti del sodalizio b di valutare che la figura del promotore si correla ad un ruolo di supremazia, di direzione, di preminenza rispetto agli altri associati che i ricorrenti certamente non avevano avuto, rimanendo al contrario subordinati al Ba. , il quale anzi aveva anche espresso la volontà di licenziare i due sicilianetti . 4.9. Con il nono motivo, si lamentano vizi motivazionali, in relazione al mancato riconoscimento del vincolo della continuazione tra i reati contestati nei due procedimenti, nonostante la vicinanza cronologica delle due vicende, caratterizzate dalle medesime modalità operative e addirittura da una parziale commistione delle due attività. 5. Il ricorso proposto nell'interesse del G. si affida ai seguenti motivi. 5.1. Con il primo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione dell'art. 125, comma 3, cod. proc. pen., sostanzialmente riproponendo le considerazioni svolte nei primi tre motivi del ricorso proposto nell'interesse del D.N. e del B. . 5.2. Con il secondo motivo, si lamentano vizi motivazionali, per avere la Corte territoriale tratto la prova del concorso del ricorrente dal fatto, per altri imputati ritenuto neutro o di puro riscontro di altre risultanze probatorie, della predisposizione di una cartellina, della quale parla il Ba. in una conversazione intercettata con la T. e nella quale si sarebbero dovuti inserire gli ordini che sarebbero stati procurati dal primo, sino a quel momento rimasto inattivo. 5.3. Con il terzo motivo, si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, per avere la Corte territoriale ritenuto sussistere la responsabilità del G. , senza considerare a che non era dato inferire dalle emergenze processuali alcun contributo continuativo e non occasionale del ricorrente, il quale, non casualmente, non era stato riconosciuto dal magazziniere B. e dalla segretaria R. b l'inesistente significato probatorio dell'intercettazione di cui al secondo motivo c l'assenza di qualunque contributo nella fase di vendita dei beni e di distrazione dei proventi d l'assenza di qualunque elemento a carico del ricorrente, in relazione all'occultamento e alla distruzione delle scritture contabili, al fittizio aumento di capitale di 100.000 Euro, alla dissipazione relativa alle autovetture utilizzate da A.M. . 5.4. Con il quarto motivo, si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge in relazione ai fatti di truffa attribuiti all'imputato sulla scorta del ritenuto ruolo di coamministratore di fatto, mentre nessuno degli elementi probatori indicati in calce alla richiesta di rinvio a giudizio era a lui riferibile. 5.5. Con il quinto motivo, si lamentano vizi motivazionali, in relazione al mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all'art. 114 cod. pen Considerato in diritto 1. Il ricorso proposto dal F. è inammissibile. Ed, infatti, ai sensi dell'art. 443, ult. co., cod. proc. pen., il giudizio di appello avverso le sentenze rese a seguito di giudizio abbreviato si svolge con le forme previste dal successivo art. 599, il cui comma 1 richiama le regole procedimentali dettate dall'art. 127 del codice di rito. Ciò posto, l'art. 127, comma 3, cod. proc. pen. stabilisce che i difensori - al pari del pubblico ministero e delle altre persone interessate - sono sentiti solo se compaiono e prevede, ai sensi del comma 5, la nullità del procedimento, in conseguenza della mancata presenza del difensore, soltanto se tale assenza sia derivata dalla omissione della notificazione dell'avviso della data dell'udienza. Ne consegue che, una volta notificato l'avviso, deve ritenersi assicurato il contraddittorio e del tutto irrilevante è l'assenza del difensore, anche se causata da legittimo impedimento, essendo questo previsto quale causa di rinvio per il solo dibattimento. Con riferimento all'imputato, il comma 4 del medesimo art. 127 aggiunge che l'udienza è rinviata in presenza di legittimo impedimento dell'imputato che abbia chiesto di essere sentito nel procedimento. Al di fuori di tali ipotesi, certamente non ricorrenti nella specie, non sussiste alcuna necessità di comunicare rinvii di udienza a parti presenti o che devono essere considerate presenti. Non ricorre, pertanto, alcuna nullità in dipendenza del fatto che del rinvio disposto all'udienza del 09/02/2011 non sia stata notizia al F. e al suo difensore, in dipendenza della loro semplice assenza. Ne discende, altresì, che solo ad una scelta volontaria dell'odierno ricorrente deve ricondursi la mancata riproduzione delle proprie conclusioni dinanzi al nuovo collegio giudicante, talché è piuttosto a tale mancata opposizione che deve darsi rilievo per individuare un implicito consenso della parte si vedano i principi affermati da Sez. 5, n. 5581 del 30/09/2013 - dep. 04/02/2014, Righi, Rv. 259518 . L'inammissibilità del ricorso, implicando il mancato perfezionamento del rapporto processuale, cristallizza in via definitiva la sentenza impugnata, precludendo in radice la possibilità di rilevare di ufficio l'estinzione per prescrizione del reato di cui al capo a del procedimento definito in primo grado con la sentenza del G.u.p. del Tribunale di Savona, prescrizione intervenuta successivamente alla pronuncia in grado di appello Cfr., tra le altre, Sez. U, n. 21 dell'11/11/1994, Cresci, Rv. 199903 Sez. 3, n. 18046 del 09/02/2011, Morrà, Rv. 250328, in motivazione . 2. Nell'esaminare i primi tre motivi del ricorso proposto nell'interesse del D.N. e del B. , occorre premettere che il vizio di motivazione denunciabile nel giudizio di legittimità è solo quello attinente alle questioni di fatto e non anche di diritto, giacché ove queste ultime, anche se in maniera immotivata o contraddittoriamente od illogicamente motivata, siano comunque esattamente risolte, non può sussistere ragione alcuna di doglianza Sez. 2, n. 19696 del 20/05/2010, Maugeri, Rv. 247123 . Ciò posto, rileva il Collegio che il primo motivo è infondato. È certamente esatto che, ai sensi dell'art. 240, comma secondo, l. fall., i creditori possono costituirsi parte civile nel procedimento penale per bancarotta fraudolenta quando manca la costituzione del curatore o quando intendano far valere un titolo di azione propria personale. E, tuttavia, nel caso di specie, la contestazione di alcune truffe e la richiesta di risarcimento estesa anche ai danni non patrimoniali, proprio perché consentono di individuare autonomi titoli di azione personale, giustificano la soluzione adottata dai giudici di merito, quanto alla legittimazione del singolo creditore, dovendosi l'obiettivo del legislatore, di semplificare l'esercizio delle azioni civili, concentrarsi sulla soluzione di merito della determinazione del quantum risarcitorio, estranea al presente procedimento e, infatti, si veda il percorso argomentativo sviluppato da Sez. 5, n. 19216 del 09/04/2014, Colacito, Rv. 258915, a proposito del rapporto tra azione risarcitoria esercitata dal curatore in sede civile e costituzione di parte civile nel processo penale da parte dei singoli creditori . 3. Infondato è anche il secondo motivo del medesimo ricorso, giacché l'autorizzazione del curatore è richiesta dall'art. 25, comma primo, n. 6, l. fall., in correlazione con il successivo art. 31, per l'esercizio delle azioni e per la resistenza in giudizio, ma non anche per il conferimento di una procura speciale. Tale essendo la portata della censura prospettata se ne impone, pertanto, il rigetto. 4. Del pari infondato è il quarto motivo, in quanto l'art. 441, comma 4, cod. proc. pen. non richiede alcun atto di accettazione del rito ad opera della parte civile, ma disciplina le conseguenze della mancata accettazione dello stesso, talché appaiono fuori fuoco le critiche che attengono alla sussistenza di un potere dei difensori delle parti civili di accettare il rito. E, infatti, coerentemente si è riconosciuto che, qualora la parte civile, in luogo di esprimere la volontà di non accettare il rito abbreviato, così determinando, ai sensi dell'art. 441, comma 4, cod. proc. pen., l'unico effetto di rendere inapplicabile il disposto di cui all'art. 75, comma 3, stesso codice che prevede la sospensione del processo civile fino alla definizione di quello penale , si limiti a non esprimere né dissenso né consenso all'instaurazione del suddetto rito speciale, tale comportamento processualmente neutro, non può essere interpretato come indicativo di una scelta della parte civile di trasferire la domanda civilistica nella sua sede naturale, rinunciando all'azione proposta nel processo penale Sez. 1, n. 10001 del 05/02/2004, Pisanelli, Rv. 227115 . 5. Passando a considerare il quarto e il sesto motivo del ricorso, esaminabili congiuntamente, in quanto investono l'apparato argomentativo che sorregge la conclusione della responsabilità dei due ricorrenti in relazione alle truffe di cui ai capi da b ad e del procedimento definito in primo grado dal G.u.p. del Tribunale di Genova, occorre preliminarmente rilevare, agli effetti penali, che i reati, consumati tra il novembre 2003 e il gennaio 2004, sono tutti prescritti, in dipendenza del decorso del termine prescrizionale di sette anni e mezzo. Cionondimeno, per la presenza delle parti civili, vanno comunque affrontati i profili di doglianza prospettati. In particolare, le censure articolate con il quarto e il sesto motivo del ricorso in esame sono fondate, giacché la scarna motivazione dei giudici di merito, per un verso, valorizza elementi, in sé, privi di univocità quanto alla dimostrazione del concreto apporto causale dei due imputati alla commissione di ciascuna delle singole truffe contestate così, ad es., l'intenzione di istituire una cartellina nella quale far confluire le prove dei singoli ordini che sarebbero stati procurati dagli imputati o la generica affermazione dell'A. che questi ultimi erano addetti al settore della frutta e della verdura e, per altro verso, assume come decisivo l'aumento di capitale al quale i ricorrenti avrebbero partecipato, in tal modo contribuendo a fornire all'esterno un'immagine di solidità della società acquirente, senza spiegare in che termini tale partecipazione si sarebbe concretizzata, giacché le dichiarazioni dei due imputati, per come riportata in ricorso, rivela piuttosto che essi, a fronte della richiesta di soddisfacimento di un loro credito - la cui esatta causale non è neppure scrutinata -, furono dal Ba. informati che era stato effettuato un aumento di capitale che dunque rappresenta un prius rispetto alla loro richiesta e che, per restituire le somme ottenute in prestito a tal fine, occorreva versare 20.000 Euro di interessi. In definitiva, non emerge, stando a tali dichiarazioni, alcun contributo autonomamente ascrivibile agli imputati né emergono ulteriori indicazioni in tal senso da parte della sentenza impugnata. 6. Del pari fondato è il quinto motivo del ricorso che si esamina. In effetti, le considerazioni sopra svolte nel punto 5 della presente motivazione mostrano l'assoluta fragilità degli elementi evidenziati quanto alla responsabilità dei due ricorrenti per i singoli episodi di truffa e riverberano i loro effetti anche quanto alla partecipazione ai delitti di bancarotta, allo stato non estinti per prescrizione, di cui ai capi A1, A2 e A3 del procedimento definito in primo grado dal G.u.p. del Tribunale di Genova. E ciò senza dire che neppure si colgono nella sentenza impugnata considerazioni specifiche rispetto a ciascuna delle fattispecie di bancarotta contestate, alcune delle quali come la bancarotta per dissipazione di autovetture neppure astrattamente collegabili al sistema di truffe ordito dai principali protagonisti della vicenda. 7. Passando ad esaminare i motivi del ricorso che concernono i fatti decisi in primo grado dal G.u.p. del Tribunale di Savona, rileva il Collegio che il reato di cui al capo a ascritto ai due ricorrenti - e al quale si riferiscono il settimo e l'ottavo motivo - si è estinto per prescrizione successivamente alla sentenza di secondo grado. Poiché, peraltro, in quest'ultimo procedimento non si registra costituzione di parti civili, non v'è luogo ad esaminare i prospettati vizi motivazionali, giacché, in presenza di una causa di estinzione del reato, non sono rilevabili in sede di legittimità vizi di motivazione della sentenza impugnata, in quanto il giudice del rinvio avrebbe comunque l'obbligo di procedere immediatamente alla declaratoria della causa estintiva Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244275 . 8. Poiché, per effetto della estinzione per prescrizione, non residua, a carico dei ricorrenti, alcun reato tra quelli relativi al procedimento definito in primo grado dal G.u.p. del Tribunale di Savona, resta assorbito il nono motivo del ricorso che si esamina, con il quale si lamenta il mancato riconoscimento del vincolo della continuazione tra i reati contestati nei due procedimenti. 9. Il primo, articolato motivo del ricorso presentato nell'interesse del G. , che nella sostanza, propone le stesse critiche contenute nei primi tre motivi del ricorso proposto nell'interesse del D.N. e del B. , è infondato, per le medesime ragioni illustrate supra sub 2, 3 e 4. 10. Fondati sono i restanti quattro motivi, giacché la partecipazione del ricorrente sia ai delitti di bancarotta, sia ai delitti di truffa questi ultimi prescritti per le ragioni indicate supra sub 5, ma da considerare per la presenza delle costituite parti civili viene desunta dalla Corte territoriale a dalla presenza, anche per il G. , di una cartellina destinata a verificarne la produttività che, tuttavia, esprime un indice tutt'altro che univoco del suo concreto contributo ai singoli episodi di truffa e, in conseguenza, anche in astratto, ai reati fallimentari b dal suo ruolo di coamministratore di fatto, per un verso, desunto dal non dimostrato apporto ad acquisti e dall'ancor meno accertato apporto alle successive rivendite, e, per altro verso, non ancorato, anche a voler ritenere sussistente - sulla base di elementi, si ripete, non emergenti dalla motivazione della sentenza impugnata - il coinvolgimento del G. in alcune attività di acquisto, alla ricorrenza di elementi sintomatici dell'inserimento organico del soggetto con funzioni direttive, in una qualsiasi fase della sequenza organizzativa, produttiva o commerciale dell'attività della società Sez. 5, n. 35346 del 20/06/2013, Tarantino, Rv. 256534 . 11. In conclusione, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio, agli effetti penali 1 nei confronti del D.N. e del B. , per essere estinto per prescrizione il reato di cui al capo a della sentenza del G.u.p. del Tribunale di Savona del 04/06/2008, 2 nei confronti dei medesimi imputati e del G. , per essere estinti per prescrizione i reati di cui ai capi b , c , d ed e della sentenza del G.u.p. del Tribunale di Genova del 15/10/2007. La medesima sentenza va annullata nei confronti dei tre imputati sopra indicati con riferimento ai capi A1, A2 e A3 della sentenza del G.u.p. del Tribunale di Genova del 15/10/2007, nonché, con riferimento alle questioni civili relative ai reati prescritti e considerati nella medesima sentenza, con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Genova. Va, invece, precisato che l'annullamento con rinvio non può riguardare anche, secondo il dispositivo letto in udienza, anche il reato di cui al capo cc del procedimento definito con la sentenza del G.u.p. del Tribunale di Savona del 04/06/2008, ritenuto insussistente già in primo grado a carico del B. e del D.N. ed inserito nel dispositivo stesso per mero refuso redazionale. Al riguardo, va aggiunto che è stata già sollecitata la correzione dell'errore materiale. Alla pronuncia di inammissibilità del ricorso del F. consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, in ragione delle questioni dedotte, appare equo determinare in Euro 1.000,00. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata senza rinvio agli effetti penali nei confronti di D.N.S. e B.M. , per essere estinto per prescrizione il reato di cui al capo a della sentenza del Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Savona, in data 4 giugno 2008 annulla la sentenza impugnata senza rinvio agli effetti penali nei confronti di D.N.S. , B.M. e G.E.E. , per essere estinti per prescrizione i reati di cui ai capi b , c , d ed e della sentenza del Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Genova in data 15 ottobre 2007 annulla la sentenza impugnata, nei confronti di D.N.S. , B.M. e G.E.E. , con riferimento ai capi A1, A2 e A3 della sentenza del Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Genova in data 15 ottobre 2007, nonché, con riferimento alle questioni civili relative ai reati dichiarati prescritti, con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Genova. Rigetta nel resto i ricorsi dei sopra indicati imputati. Dichiara inammissibile il ricorso di F.E. che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.