Caduta mortale per la turista nell’isola, fatale la mancanza della ringhiera lungo la scala: responsabile l’esponente del Comune

Confermata la condanna a otto mesi di reclusione. Decisiva la consapevolezza, in qualità di dirigente del settore ‘Sviluppo e tutela del territorio’, della necessità di una messa in sicurezza delle strade comunali nell’isola di Alicudi.

Agosto 2005, estate piena nello splendido scenario dell’isola di Alicudi – appartenente all’arcipelago delle Isole Eolie – nel gruppo si concretizza lo spettro della morte. Fatale, per una turista, una passeggiata – ciabatte infradito ai piedi – lungo una scalinata che collega il centro abitato al porto. Ricostruita facilmente la dinamica del terribile episodio la donna inciampa, perde l’equilibrio e precipita nel sottostante burrone. L’impatto è tremendo, inevitabile la morte. Fatale, però, si rivela la mancanza di strutture – una ringhiera, ad esempio – a garanzia della sicurezza delle persone. E tale gravissima omissione conduce a ritenere responsabile, per la morte della turista, un dirigente del Comune di Lipari, condannato a otto mesi di reclusione per omicidio colposo Cassazione, sentenza n. 8524/15, quarta sezione penale, depositata il 25 febbraio . Cronaca nera. La drammatica conclusione della vacanza di una turista, nell’isola di Alicudi, conquista, come è facilmente immaginabile, l’attenzione dei media. Riflettori puntati non solo sull’episodio tragico in sé, ma anche, anzi soprattutto, sulle possibili ipotizzate responsabilità del Comune. Nel quadro della morte della donna, difatti, a destare perplessità sono soprattutto le condizioni strutturali della scalinata che ha fatto da scenario al terribile episodio. Su questo punto si soffermano gli inquirenti, evidenziando come la scalinata, larga due metri e mezzo, in assenza di illuminazione e barriere protettive, presenta insidie, specialmente per i turisti, a causa di sconnessioni nei gradini , sconnessioni che possono provocare perdita di equilibrio e determinare cadute nel burrone sottostante . E ciò pone nel mirino, ovviamente, il Comune A risponderne è il dirigente del settore ‘Sviluppo e tutela del territorio’, condannato per omicidio colposo dai giudici della Corte d’Appello. Decisivo il fatto di avere omesso di dotare di pubblica illuminazione, di idonei parapetti e protezioni laterali la scalinata . Sicurezza. Ora la vicenda è approdata in Cassazione, dove il legale del dirigente del Comune ha riproposto la tesi difensiva della condotta azzardata tenuta dalla turista. Secondo il legale, in sostanza, la caduta sarebbe dipesa non già da pericolosità o insidiosità della strada pubblica, bensì dal comportamento imprudente della giovane donna, la quale ben conosceva i luoghi e avrebbe quindi potuto adottare le opportune cautele , ad esempio evitando di indossare scarpe infradito . Ma questa visione viene valutata, dai giudici della Cassazione, come risibile. Ciò che pare lapalissiano, difatti, è il fatto che il percorso compiuto dalla donna era ad elevatissimo rischio , alla luce del dislivello della pavimentazione – che, verosimilmente, secondo la ricostruzione dell’episodio, ha provocato la caduta della turista – e della mancanza di una ringhiera . E di tutto ciò il dirigente del Comune era ben consapevole, sin dal dicembre del 2000, grazie ad una perizia realizzata da un ingegnere e relativa alla messa in sicurezza delle strade di Alicudi . Egli, in qualità di esponente del Comune, e competente per l’isola di Alicudi , avrebbe dovuto provvedere affinché fosse garantita adeguata sicurezza per cittadini e turisti. Evidente, quindi, la responsabilità del dirigente del Comune, concludono i giudici, per il mancato adempimento del suo obbligo , che, come detto, ha portato a conseguenze tragiche. E a rendere ancora più chiara la situazione basti pensare che nell’ultimo giorno del 2005 è stata emanata un’ordinanza con cui si è dato il ‘via libera’ alla realizzazione di 212 metri di ringhiera in ferro battuto, da installare lungo i tratti a rischio delle vie comunali di Alicudi

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 13 – 25 febbraio 2015, numero 8524 Presidente Massafra – Relatore Marinelli Ritenuto in fatto Con sentenza del 13 giugno 2012 nei confronti di D.V.B., imputato in ordine al reato di cui agli articoli 110,589 c.p., la Corte di appello di Messina, in parziale riforma di quella emessa in data 12.11.2009 dal giudice monocratico del Tribunale di Barcellona P.G.-sezione distaccata di Lipari-, rideterminava la pena in mesi otto di reclusione revocava le statuizioni civili adottate con la sentenza impugnata e, per l'effetto, revocava la condizione posta ai sensi dell'articolo 165 c.p. confermava nel resto. All'imputato, nella sua qualità di Dirigente del Comune di Lipari-III settore Sviluppo e Tutela del territorio, era stato contestato di avere, per colpa consistita nell'avere omesso di dotare di pubblica illuminazione, di idonei parapetti e protezioni laterali la scalinata che in località Vallone collega il porto di Alicudi a civili abitazioni, cagionato la morte di Vitrano Alessandra che, percorrendo la predetta scalinata, proprio a causa della mancanza di illuminazione inciampava e perdeva l'equilibrio, precipitando nel sottostante burrone e decedendo per le ferite riportate. Avverso la decisione di cui sopra ha proposto ricorso in cassazione l'imputato a mezzo del suo difensore, chiedendone l'annullamento e la censurava per i seguenti motivi 1 articolo 606 lett.b e c c.p.p.-violazione di legge e motivazione mancante in relazione all'articolo 192 c.p.p. travisamento della prova. Sosteneva la difesa che la Corte territoriale aveva travisato la prova raccolta davanti al giudice di primo grado, con particolare riferimento alle dichiarazioni dei testi escussi. Da tali testimonianze infatti non sarebbe affatto emerso che la Vitrano era caduta nel burrone a causa di insidie o trabocchetti presenti nel tratto di strada da lei percorso. La sua caduta sarebbe dipesa non già da pericolosità o insidiosità di tale strada pubblica, bensì dal comportamento imprudente della giovane Vitrano, che ben conosceva i luoghi e avrebbe quindi potuto adottare le opportune cautele. D.V.B. ha rinunciato alla prescrizione che, essendo stato il fatto commesso in data 24.08.2005, sarebbe maturata. Considerato in diritto Il ricorso non è fondato. Si osserva cfr. Cass., Sez.4, Sent. numero 4842 del 2.12.2003, Rv. 229369 che, nel momento del controllo della motivazione, la Corte di Cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga la migliore ricostruzione dei fatti, né deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento ciò in quanto l'articolo 606, comma 1, lett.e c.p.p. non consente a questa Corte una diversa lettura dei dati processuali o una diversa interpretazione delle prove, perché è estraneo al giudizio di legittimità il controllo sulla correttezza della motivazione in rapporto ai dati processuali. Tanto premesso la motivazione della sentenza impugnata appare logica e congrua e supera quindi il vaglio di questa Corte nei limiti sopra indicati. I giudici della Corte di appello di Messina hanno infatti chiaramente evidenziato gli elementi da cui hanno dedotto la sussistenza della responsabilità del D.V. in ordine al reato ascrittogli. In particolare hanno evidenziato che si trattava di un percorso ad elevatissimo rischio dal momento che la giovane Alessandra Vitrano per cause accidentali, quali verosimilmente il dislivello della pavimentazione di pietra, aveva perso l'equilibrio e, mancando elementi di appiglio o protezione, era precipitata nel burrone. Né poteva ritenersi che l'evento fosse dipeso da colposa imprudenza da parte della vittima, non potendo considerarsi censurabile, come si legge in sentenza, la circostanza che la giovane, in piena estate, indossasse scarpe infradito e dialogasse con i suoi compagni di percorso. I giudici della Corte territoriale hanno poi affrontato la tematica della consapevolezza da parte dell'imputato della pericolosità dei luoghi, concludendo sul punto in senso positivo, dal momento che il suo ufficio era stato investito della situazione di grave pericolo esistente in quella strada sin dal 18.12.2000, quando venne ivi inoltrata dalla Eolie Manutenzione la perizia redatta il 15.12.2000 dall'ing. R. avente ad oggetto la messa in sicurezza delle strade di Alicudi. I giudici di merito hanno pertanto ritenuto che l'imputato D.V.B., che dal giugno 2002 rivestiva la qualifica di Dirigente del III settore Sviluppo e Tutela del Territorio del Comune di Lipari, nella cui competenza rientra l'isola di Alicudi, fosse titolare di posizione di garanzia e che, per conseguenza, l'obbligo di provvedere alla messa in sicurezza delle strade di Alicudi fosse da lui concretamente esigibile, perché rientrante nelle attribuzioni del suo ufficio. In considerazione di tali circostarze l'evento era pertanto da lui prevedibile ed evitabile, dal momento che agli atti del suo ufficio vi era fin dal dicembre 2000 la perizia dell'ing. R. e quindi il D.V., se avesse attentamente espletato i suoi compiti, avrebbe dovuto essere a conoscenza del contenuto della stessa e quindi della pericolosità del percorso di cui è processo. I giudici di merito sono quindi pervenuti alla conclusione che la colposa ignoranza di una situazione che aveva l'obbligo di conoscere non poteva giustificare il mancato adempimento del suo obbligo di attivarsi fino all'evento mortale che ci occupa, risultando dalla lettura della sentenza che soltanto nel dicembre 2005, dopo il tragico fatto, con ordinanza numero 161 del 31.12.2005, il Sindaco del Comune di Lipari, quale Commissario delegato per l'emergenza, aveva approvato la perizia di cui sopra per la realizzazione di 212 metri di ringhiera in ferro battuto da installare lungo i tratti a rischio delle vie comunali di Alicudi . Il proposto ricorso deve essere, pertanto, rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.