Il giudice dell’esecuzione ha il potere di disporre il sequestro preventivo finalizzato alla confisca

L’esigenza di disporre il sequestro preventivo, al fine di salvaguardare la conservazione dei beni oggetto di confisca, può verificarsi in qualsiasi fase e grado del procedimento, dunque anche in quella esecutiva.

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza n. 8188, depositata il 24 febbraio 2015. Il fatto. La Corte d’appello di Reggio Calabria, in funzione di giudice dell’esecuzione, disponeva il sequestro e la contestuale confisca di beni di titolarità del condannato per il reato di cui all’art. 629 c.p. estorsione . Il Tribunale di Reggio Calabria, al quale veniva proposto ricorso per riesame, confermava l’ordinanza impugnata. Contro tale ultima decisione il condannato ha proposto ricorso per cassazione. Viene contestato il potere del giudice dell’esecuzione di adottare il sequestro preventivo, in quanto trattasi di misura cautelare che può essere adottata solo nel corso del procedimento dal giudice competente a pronunciarsi nel merito, assumendo che stessa disciplina è applicabile anche quando il sequestro sia finalizzato alla confisca. Confiscabilità” dei beni. Il Collegio, innanzitutto, riprende ciò che è noto e cioè che, in forza del combinato disposto degli artt. 12 – sexies del d.l. n. 306/1992 e 321, comma 2 c.p.p., il legislatore ha previsto la possibilità che sia disposto sequestro preventivo di cose di cui è consentita la confisca e, tra tali beni, rientrano denaro, beni o altre utilità di cui il condannato per i delitti tra cui rientra l’estorsione non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica . Pertanto, la condizione di confiscabilità” del bene, a norma degli articoli sopra richiamati, consiste nella presenza di indizi dell’esistenza delle stesse condizioni che legittimano la confisca, quindi la sproporzione del valore dei beni rispetto al reddito o alle attività economiche del soggetto e la mancata giustificazione della lecita provenienza dei beni stessi. Sulla base di tali considerazioni, il Collegio ha ritenuto come le valutazioni e gli apprezzamenti svolti dai giudici di merito su questo punto siano ampiamente giustificati e correttamente argomentati dal punto di vista giuridico. Sfera di competenza del giudice dell’esecuzione. Correttamente, poi, il Tribunale ha riconosciuto che rientra nella sfera di competenza del giudice dell’esecuzione il potere di disporre il sequestro preventivo dei beni ai sensi dell’art. 321 c.p.p., considerato che egli è competente ad adottare il provvedimento di confisca in virtù dell’art. 12 – sexies del d.l. n. 306/1998 e che, pertanto, si può ricorrere al sequestro preventivo in fase esecutiva per salvaguardare la conservazione dei beni. Infatti, precisa ulteriormente il Collegio, l’esigenza di disporre il sequestro preventivo, al fine appunto di salvaguardare la conservazione dei beni oggetto di confisca, può verificarsi in qualsiasi fase e grado del procedimento, dunque anche in quella esecutiva. Poiché tale misura cautelare, ex art. 321, comma 2, c.p.p., può essere disposta anche quando la cosa è suscettibile di confisca, ciò può avvenire anche nel procedimento ex art. 12 – sexies del d.l. n. 306/1998. L’unica sottigliezza è che in questo caso il giudice è tenuto ad una serie di accertamenti e valutazioni per verificare se sussistono le condizione della misura da applicare. Per tali ragioni, la S.C. ha rigettato il ricorso e condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 3 – 24 febbraio 2015, n. 8188 Presidente Gentile – Estensore Pellegrino Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza in data 25.03.2014, la Corte d'appello di Reggio Calabria, in funzione di giudice dell'esecuzione, disponeva il sequestro e la contestuale confisca di beni di titolarità di R.C. , condannato per il reato di cui all'art. 629 cod. pen 2. Avverso detto provvedimento, veniva proposto ricorso per riesame avanti al Tribunale di Reggio Calabria che, con ordinanza in data 31.07.2014, confermava l'ordinanza impugnata. 3. Avverso quest'ultimo provvedimento, nell'interesse di R.C. , viene proposto ricorso per cassazione, lamentando - erronea applicazione della legge con riferimento agli artt. 321 cod. proc. pen. e 12 sexies d.l. 08.06.1992, n. 306 primo motivo - mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione secondo motivo . In relazione al primo motivo, si contesta il potere del giudice dell'esecuzione di adottare il sequestro preventivo, dal momento che quest'ultimo costituisce una misura cautelare che può essere assunta nel corso del procedimento dal giudice competente a pronunciarsi sul merito, né diversa disciplina è applicabile allorché il sequestro sia finalizzato alla confisca prevista dall'art. 12 sexies d.l. 08.06.1992, n. 306, atteso che tale norma fa espresso richiamo, al comma 4, alla previsione generale dell'art. 321 cod. proc. pen. e presuppone un procedimento in corso . Per giurisprudenza di legittimità, la confisca dei beni è applicabile solo con la sentenza che definisce il giudizio, per cui è da ritenersi illegittimo il sequestro preventivo che intervenga dopo la pronuncia sul punto del giudice di merito ovvero in grado di appello qualora il giudizio di primo grado si sia concluso senza l'applicazione della misura in quanto ciò avverrebbe in violazione del principio devolutivo e del divieto di reformatio in pejus . In relazione al secondo motivo, si censura il provvedimento impugnato secondo cui sussiste il fondato motivo di ritenere che i beni confiscati siano frutto di denaro di illecita provenienza e che non vi sia compatibilità tra questi ultimi e i redditi dichiarati sia dal R.C. che dalla C.R. ndr., coniuge del R. , o tantomeno dal R.G. che tra il 2006 ed il 2010 percepiva dei redditi del tutto esigui . Invero, l'ordinanza impugnata ha omesso di motivare sulle argomentazioni addotte dalla difesa relative alla liceità dei beni oggetto di sequestro preventivo nonché sulla documentazione prodotta, limitandosi a respingere i motivi d'impugnazione specificamente proposti richiamando la contestata motivazione del giudice di primo grado in termini apodittici e meramente ripetitivi. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato e, come tale, va rigettato. 2. Con riferimento al thema decidendum vanno preliminarmente rammentate le regole in tema di impugnazione del provvedimento di sequestro preventivo. Innanzitutto, va considerato che con il ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 325 cod. proc. pen. può essere dedotta la violazione di legge e non anche il vizio di motivazione. Ma, secondo la giurisprudenza di questa Corte, ricorre violazione di legge laddove la motivazione stessa sia del tutto assente o meramente apparente, non avendo i pur minimi requisiti per rendere comprensibile la vicenda contestata e l’ iter logico seguito dal giudice del provvedimento impugnato. In tale caso, difatti, atteso l'obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali, viene a mancare un elemento essenziale dell'atto. 3. Va anche ricordato che, anche se in materia di sequestro preventivo il codice di rito non richiede che sia acquisito un quadro probatorio serio come per le misure cautelari personali, non è però sufficiente prospettare un fatto costituente reato, limitandosi alla sua mera enunciazione e descrizione è invece necessario valutare le concrete risultanze istruttorie per ricostruire la vicenda anche al semplice livello di fumus al fine di ritenere che la fattispecie concreta vada ricondotta alla figura di reato configurata è inoltre necessario che appaia possibile uno sviluppo del procedimento in senso favorevole all'accusa nonché valutare gli elementi di fatto e gli argomenti prospettati dalle parti. A tale valutazione, poi, dovranno aggiungersi le valutazioni in tema di periculum in mora che, necessariamente, devono essere riferite ad un concreto pericolo di prosecuzione dell'attività delittuosa ovvero ad una concreta possibilità di condanna e, quindi, di confisca cfr., Sez. 6, sent. n. 6589 del 10/01/2013, dep. 11/02/2013, Gabriele, Rv. 254893 . 4. Come è noto, in forza del combinato disposto degli artt. 12 sexies d.l. n. 306/1992 e 321, comma 2 cod. proc. pen., il legislatore ha previsto che possa essere disposto il sequestro preventivo di cose di cui è consentita la confisca e, tra tali beni, rientrano certamente denaro, beni o altre utilità di cui il condannato per delitti tra i quali rientrano quello oggetto di contestazione non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica trattasi di speciale ipotesi di confisca con la quale il legislatore ha operato una presunzione di illecita accumulazione, senza distinguere se i beni di valore sproporzionato al reddito o all'attività economica dell'imputato siano o meno collegati da un nesso pertinenziale con il reato per il quale si procede ed a prescindere dall'epoca dell'acquisto, che però non deve risalire ad un'epoca talmente precedente la commissione del reato da far venir meno, ictu oculi , la presunzione che la loro disponibilità sia riconducibile all'attività delittuosa Sez. 1, sent. n. 11409 del 05/02/2001, dep. 21/03/2001, Di Bella, Rv. 226051 . Sotto tale profilo, la condizione di confiscabilità del bene a norma degli artt. 12 sexies l. 356/1991, 321, comma 2 cod. proc. pen., consiste nella presenza di seri indizi di esistenza delle medesime condizioni che legittimano la confisca, sia per ciò che riguarda la sproporzione del valore dei beni rispetto al reddito o alle attività economiche del soggetto, sia per ciò che attiene alla mancata giustificazione della lecita provenienza dei beni stessi Sez. U, sent. n. 920 del 17/12/2003, dep. 19/01/2004, Montella, Rv. 226491 Sez. 6, sent. n. 5452 del 12/01/2010, dep. 11/02/2010, Mancin e altro, Rv. 246083 . L'oggetto della confisca è costituito non solo dai beni sui quali il condannato sia titolare di diritti a lui facenti capo formalmente ovvero attraverso lo schema simulatorio dell'interposizione fittizia, ma investe anche i beni dei quali il condannato abbia la disponibilità a qualsiasi titolo , con ciò intendendosi riferirsi a quella speciale relazione effettiva con il bene connotata dall'esercizio di poteri di fatto in forza dei quali l'indagato può autonomamente determinare la destinazione, l'impiego e il godimento del bene stesso Sez. 1, sent. n. 11732 del 09/03/2005, dep. 24/03/2005, De Masi ed altro, Rv. 231390 . 5. Poste tali premesse, ritiene questo Collegio come le valutazioni e gli apprezzamenti probatori operati dai giudici di merito, e nella specie espressi nel provvedimento impugnato, trovino una giustificazione che risulta completa nonché fondata su argomentazioni giuridicamente corrette, adeguate e coerenti, il tutto in presenza di un ragionamento probatorio indenne da vizi logici. 6. In relazione al primo motivo, il Tribunale di Reggio Calabria, ha riconosciuto come il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di cui all'art. 12 sexies del D.L. 8 giugno 1992, n. 306, convertito in L. 8 agosto 1992, n. 356, rientri nella competenza del giudice dell'esecuzione, che deve provvedervi con la forma de plano contemplata dall'art. 667, comma 4 cod. proc. pen. Sez. 6, sent. n. 5018 del 17/11/2011, dep. 09/02/2012, Chafik, Rv. 251792 nello stesso senso, Sez. 6, sent. n. 33964 del 02/05/2005, dep. 22/09/2005, PG in proc. Morabito, Rv. 232575, secondo cui rientra nella sfera di attribuzioni del giudice dell'esecuzione il potere di disporre il sequestro preventivo dei beni ai sensi dell'art. 321 cod. proc. pen., considerato che egli è competente ad adottare il provvedimento di confisca in virtù dell'art. 12 sexies D.L. 8 giugno 1992, n. 306 convertito nella legge 8 agosto 1992, n. 356, e che pertanto si può ben ricorrere in fase esecutiva al sequestro preventivo per salvaguardare la conservazione dei medesimi beni . Invero, il riconoscimento al giudice dell'esecuzione della competenza a adottare un provvedimento di confisca implica lo svolgimento di una fase corrispondente di cognizione, volta ad accertare la sussistenza dei presupposti del provvedimento ablativo. L'individuazione di questa fase anche nel processo di esecuzione ristabilisce la relazione tra cognizione, sequestro preventivo e confisca. Appare, pertanto, del tutto conseguente l'orientamento secondo il quale l'esigenza di disporre il sequestro preventivo può verificarsi in ogni fase e grado del procedimento e, pertanto, anche nella fase esecutiva al fine di salvaguardare la conservazione dei beni oggetto di confisca. È poiché tale misura cautelare può essere disposta pure quando la cosa è suscettibile di confisca art. 321, comma 2 cod. proc. pen. , ciò può avvenire anche nel procedimento ex art. 12 sexies D.L. 8 giugno 1992. In tal caso il giudice è tenuto ad una serie di accertamenti e valutazioni per verificare se sussistono le condizioni della misura da applicare cfr., Sez. 2, sent. n. 3292 del 21/06/1995, Limoneti Sez. 5, sent. n. 3818 del 18/09/1997, Cavallari ed altri Sez. 4, sent. n. 23165 del 18/03/2003, Guzzardo . Peraltro, sebbene l'art. 12 sexies disponga naturalmente con riguardo al processo di cognizione, ciò tuttavia non esclude sicuramente la competenza a ordinare la confisca - che la norma, al primo comma, definisce come obbligatoria è sempre ordinata e perciò rimessa alla competenza del giudice dell'esecuzione - da parte di quest'ultimo ove il giudice della cognizione non l'abbia ordinata. In tal caso, il richiamo dell'art. 12 sexies al secondo comma dell'art. 321 cod. proc. pen. opera con riferimento al procedimento di esecuzione Sez. 3, sent. n. 2743 del 11/07/2000, Spierto . Da qui l'infondatezza del primo motivo di gravame. 7. Parimenti infondato anche per la proposizione di censure in fatto non proponibili in questa sede è il secondo motivo di doglianza. La giurisprudenza di legittimità ha da tempo chiarito che, al fine di disporre la confisca conseguente a condanna per uno dei reati indicati nel D.L. 8 giugno 1992, n. 306, art. 12 sexies, commi 1 e 2, convertito con modificazioni nella L. 7 agosto 1992, n. 356 allorché sia provata l'esistenza di una sproporzione tra il reddito dichiarato dal condannato o i proventi della sua attività economica e il valore economico dei beni da confiscare e non risulti una giustificazione credibile circa la provenienza di essi, è necessario, da un lato, che, ai fini della sproporzione , i termini di raffronto dello squilibrio, oggetto di rigoroso accertamento nella stima dei valori economici in gioco, siano fissati nel reddito dichiarato o nelle attività economiche non al momento della misura rispetto a tutti i beni presenti, ma nel momento dei singoli acquisti rispetto al valore dei beni di volta in volta acquisiti, e, dall'altro, che la giustificazione credibile consista nella prova della positiva liceità della loro provenienza e non in quella negativa della loro non provenienza dal reato per cui è stata inflitta condanna. Si è anche specificato che le condizioni necessarie e sufficienti per disporre il sequestro preventivo di beni confiscabili a norma del D.L. 8 giugno 1992, n. 306, art. 12 sexies, commi 1 e 2, convertito con modificazioni nella L. 7 agosto 1992, n. 356 consistono, quanto al fumus commissi delicti , nell'astratta configurabilità, nel fatto attribuito all'indagato e in relazione alle concrete circostanze indicate dal pubblico ministero, di una delle ipotesi criminose previste dalle norme citate, senza che rilevino né la sussistenza degli indizi di colpevolezza, né la loro gravità e, quanto al periculum in mora , coincidendo quest'ultimo con la confiscabilità del bene, nella presenza di seri indizi di esistenza delle medesime condizioni che legittimano la confisca, sia per ciò che riguarda la sproporzione del valore dei beni rispetto al reddito o alle attività economiche del soggetto, sia per ciò che attiene alla mancata giustificazione della lecita provenienza dei beni stessi. Fermo quanto precede, il provvedimento impugnato, con motivazione del tutto congrua e priva di qualsivoglia vizio logico-giuridico, ha affermato la sussistenza di fondati motivi per ritenere che i beni confiscati siano frutto di denaro di illecita provenienza in presenza di forte sperequazione tra i redditi complessivi del nucleo familiare con . l'acquisto nel 2005 di un'autovettura Ford Mondeo del valore di euro 28.300,00 e . l'acquisto del figlio del R. di una quota di euro 10.000,00 per la costituzione della società allo stesso intestata , e ciò anche alla luce del fatto che tale quadro non può essere compatibile e, comunque, non risulta essere stato giustificato . con i redditi dichiarati sia dal R.C. che dalla C. , o tantomeno dal R.G. che tra il 2006 ed il 2010 percepiva dei redditi del tutto esigui . 8. Ne consegue il rigetto del ricorso e, per il disposto dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.