Rumori molesti causati dai condizionatori di un bar: è punibile (e in che modo) il titolare?

L’inquinamento acustico causato dall’impianto di condizionamento di una sala giochi, installato fuori dal locale, è strumentalmente necessario per l’attività lavorativa? Dalla risposta, si ricava la norma applicabile.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 7912, depositata il 23 febbraio 2015. Il caso. Il tribunale di Avellino condannava, ai sensi dell’art 659 c.p., il titolare di un esercizio commerciale perché, mediante emissioni sonore, provenienti dagli impianti di condizionamento utilizzati per l’attività di bar e sala giochi, disturbava le occupazioni ed il riposo delle persone. L’imputato ricorreva in Cassazione, lamentando l’erronea applicazione del D.P.C.M. del 14 novembre 1997 determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore in relazione all’art. 659 c.p Il tribunale aveva ritenuto sussistente la fattispecie penale, solo perché era stato superato il limite differenziale mentre i valori di immissione erano inferiori ai limiti massimi. Se il valore di immissione non supera il limite massimo fissato dal D.P.C.M., non c’è violazione della norma. Deduce, inoltre, che il solo superamento dei limiti massimi o differenziali nell’esercizio di mestieri rumoroso integra l’illecito amministrativo ex art. 10, comma 2, l. n. 447/1995 legge quadro sull’inquinamento acustico . Per quale reato è stato condannata? La Corte di Cassazione, innanzitutto, sottolinea la poca chiarezza della sentenza impugnata riguardo al reato per cui la ricorrente è stata condannata. Se si tiene conto del capo di imputazione, dovrebbe ritenersi che sia stato contestato il reato previsto dall’art. 659, comma 1, c.p. disturbo del riposo e delle occupazioni . Se, invece, si tiene conto della motivazione della sentenza, fondata solo sul superamento o meno dei limiti di emissione nell’esercizio della sala giochi, si potrebbe ritenere che il giudice avesse ritenuto integrato il reato previsto dall’art. 659, comma 2, c.p., se non invece l’illecito amministrativo ex art. 10, comma 2, l. n. 447/1995. Differenza tra fattispecie. L’elemento che differenzia le due fattispecie di reato, configurate dal comma 1 e dal comma 2 dell’art. 659 c.p., è rappresentato dalla fonte del rumore prodotto se questo proviene dall’esercizio di una professione o di un mestiere rumorosi, la condotta rientra nella previsione del comma 2 per il semplice fatto dell’esorbitanza rispetto alle disposizioni legislative o alle prescrizioni dell’autorità, presumendosi la turbativa della pubblica tranquillità. Se, invece, i rumori non siano causati dall’esercizio dell’attività lavorativa, ricorre l’ipotesi del comma 1, per cui occorre che i rumori superino la normale tollerabilità ed investano un numero indeterminato di persone, disturbando le loro occupazioni o il riposo. Inoltre, l’inquinamento acustico conseguente all’esercizio di mestieri rumorosi, che si concretizza nel mero superamento dei limiti massimi o differenziali di rumori fissati, integra l’illecito amministrativo ex art. 10, comma 2, l. n. 447/1995 e non la contravvenzione di disturbo delle occupazioni o del riposo. Nel caso di specie, i giudici avrebbero dovuto accertare se l’inquinamento acustico provenisse o meno dall’esercizio di un mestiere rumoroso i rumori provenivano dai condizionatori d’aria che servivano il locale, installati all’esterno, sotto il balcone di un’abitazione. Doveva, perciò, essere verificato se i condizionatori fossero uno strumento indispensabile per l’esercizio dell’attività autorizzata o se fossero indipendenti da tale esercizio. Necessario all’attività lavorativa? Se l’impianto era strumentalmente necessario per l’esercizio dell’attività autorizzata sicché tale attività era da qualificarsi come rumorosa ed erano stati superati i limiti assoluti o differenziali previsti, è configurabile l’illecito amministrativo ex art. 10, comma 2, l. n. 447/1995. Se, invece, si trattava di rumori non emessi nell’esercizio di un’attività autorizzata rumorosa, allora sarebbe configurabile il reato ex art. 659, comma 1, c.p., se sussistono gli elementi costitutivi. Infatti, per l’integrazione della fattispecie del comma 1, è necessario che il fastidio non sia limitato agli appartamenti contigui alla sorgente rumorosa o agli abitanti dell’appartamento sovrastante o sottostante la fonte, ma che la propagazione sia estesa a danno, almeno potenzialmente, di un numero indeterminato di persone. La sentenza impugnata, invece, riferiva solo di valori non molto lontani dal limite notturno riferito a zone residenziali diverse. Inoltre, solo una persona, che abitava nell’appartamento sovrastante, si era lamentata dei rumori, per cui non era stata dimostrata l’idoneità dei macchinari a recare disturbo potenzialmente ad un numero indeterminato di persone. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e rimanda la decisione al tribunale di Avellino.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 27 gennaio – 23 febbraio 2015, n. 7912 Presidente Teresi – Relatore Franco Svolgimento del processo Con la sentenza in epigrafe, il giudice del tribunale di Avellino dichiarò C.M. colpevole del reato di cui all'articolo 659 cod. pen. perché, quale titolare dell'esercizio commerciale Las Vegas S.r.l. con sede in , mediante emissioni sonore, provenienti dai gruppi di raffreddamento asserviti alla predetta attività bar, sala giochi , disturbava le occupazioni ed il riposo delle persone, e la condannò alla pena di Euro 200,00 di ammenda. Osservò il giudice che il tecnico dell'Arpac aveva accertato che in orario notturno il rumore misurato nell'abitazione del denunciante a finestre aperte si innalzava da 37 dB a 43 dB per effetto dell'immissione sonora provocata dai motori dei condizionatori. Tale incremento si poneva in contrasto con i dettati dell'articolo 4 del D.P.C.M. 14 novembre 2007 il quale fissa i valori limiti differenziali di immissione di 5 dB in orario diurno e di 3 dB in orario notturno. Inoltre, le rilevazioni fonometriche non soltanto evidenziavano un differenziale superiore a quello normativamente previsto fra rumore ambientale e rumore residuo pari a 6 dB , ma anche livelli significativi di rumorosità prossimi al limite assoluto. Il valore di 43 dB calcolato dai tecnici dell'Arpac non era molto lontano dal limite notturno di 45 dB previsto per le zone residenziali II , di 50 dB previsto per le aree di tipo misto III e di 55 dB per quelle ad intensa attività umana IV . Nella specie l'immobile in questione era inquadrabile nell'area III, o al più nell'area IV. L'imputata, a mezzo dell'avv. Gaetano Aufiero, propone ricorso per cassazione deducendo 1 erronea applicazione del d.p.c.m. 14.11.1997 in relazione all'articolo 659 cod. pen. Lamenta che il giudice ha ritenuto sussistente il reato di cui all'articolo 659 cod. pen. solo perché era stato superato il limite differenziale mentre i valori di immissione erano inferiori, e non di poco, ai limiti massimi. Ora, se il valore di immissione non supera il limite massimo fissato dal dpcm 14.11.1997, non vi è violazione della norma. Ricorda inoltre che secondo la giurisprudenza il solo superamento dei limiti massimi o differenziali nell'esercizio di mestieri rumorosi integra l'illecito amministrativo di cui all'articolo 10, comma 2, della l. 447/95. 2 mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione. Lamenta che il giudice si è basato solo sulla consulenza tecnica, senza valutare le numerose doglianze difensive circa la corretta applicazione della normativa sull'inquinamento acustico. Il giudice poi da atto che i valori fonometrici riscontrati sono ben al di sotto dei limiti massimi, ma definisce comunque i macchinari come idonei a recare potenzialmente disturbo , anzi afferma con assoluta certezza che non possono nutrirsi dubbi circa la loro, capacità di molestia della quiete e riposo, senza però spiegare come condizionatori d'aria, che producono una quantità di rumore al di sotto del massimo consentito possano disturbare la quiete e il riposo altrui. La motivazione è manifestamente illogica anche nella parte in cui ritiene che il valore numerico 43 misurato a seguito dei rilievi fonometrici, essendo prossimo a quelli massimi stabiliti per le classi abitative di fascia inferiore rispetto a quelle ove si trovava l'esercizio commerciale scenario degli eventi 45 , possa essere elemento a supporto del giudizio di colpevolezza. È invero manifestamente illogico affermare che il valore rilevato benché solo prossimo a quello massimo consentito in una classe abitativa diversa da quella ove si trova l'esercizio commerciale dell'imputata, possa essere posto a supporto di un giudizio di colpevolezza. Motivi della decisione Il ricorso è fondato per le ragioni che seguono. Non è chiaro quale reato sia stato contestato all'imputata se quello di cui al primo comma dell'ari 659 cod. pen. o quello di cui al secondo comma. E nemmeno è chiaro per quale reato la stessa sia stata condannata. Se si tiene conto del capo di imputazione dove si contesta di avere disturbato le occupazioni e il riposo delle persone dovrebbe ritenersi che sia stato contestato il reato di cui al primo comma dell'articolo 659. Se invece si tiene conto della motivazione della sentenza impugnata fondata esclusivamente sul superamento o meno dei limiti di emissione nell'esercizio della sala giochi potrebbe ritenersi che il giudice abbia ritenuto integrato il reato di cui al secondo comma dell'articolo 659, se non invece l'illecito amministrativo di cui all'articolo 10, comma secondo, della legge 26 ottobre 1995, n. 447. Va quindi ricordato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, L'elemento che differenzia le due autonome fattispecie configurate rispettivamente dal primo e dal secondo comma dell'articolo 659 cod.pen. è rappresentato dalla fonte del rumore prodotto, giacché ove esso provenga dall'esercizio di una professione o di un mestiere rumorosi la condotta rientra nella previsione del secondo comma del citato articolo per il semplice fatto della esorbitanza rispetto alle disposizioni di legge o alle prescrizioni dell'autorità, presumendosi la turbativa della pubblica tranquillità. Qualora, invece, le vibrazioni sonore non siano causate dall'esercizio della attività lavorativa, ricorre l'ipotesi di cui al primo comma dell'articolo 659 cod.pen., per la quale occorre che i rumori superino la normale tollerabilità ed investano un numero indeterminato di persone, disturbando le loro occupazioni o il riposo Fattispecie nella quale la S. C. ha ritenuto applicabile il primo comma dell'articolo 659 cod.pen., in quanto le emissioni rumorose non erano state provocate dalla attività di una discoteca, bensì dal relativo impianto di condizionamento ” Sez. I, 17.12.1998, n. 4820 del 1999, Mannelli, Rv. 213395 . La giurisprudenza più recente ha peraltro precisato che L'inquinamento acustico conseguente all'esercizio di mestieri rumorosi, che si concretizza nel mero superamento dei limiti massimi o differenziali di rumore fissati dalle leggi e dai decreti presidenziali in materia, integra l'illecito amministrativo di cui all'articolo 10, comma secondo, della legge 26 ottobre 1995 n. 447 legge quadro sull'inquinamento acustico e non la contravvenzione di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone articolo 659, comma secondo, cod. pen. ” Sez. I, 13.11.2012, n. 48309, Carrozzo, Rv. 254088 e che In tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, la condotta costituita dal superamento dei limiti di accettabilità di emissioni sonore derivanti dall'esercizio di professioni o mestieri rumorosi non configura l'ipotesi di reato di cui all'articolo 659, comma secondo, cod. pen., ma l'illecito amministrativo di cui all'articolo 10, comma secondo, della legge 26 ottobre 1995 n. 447 legge quadro sull'inquinamento acustico , in applicazione del principio di specialità contenuto nell'articolo 9 della legge 24 novembre 1981 n. 689” Sez. III, 31.1.2014, n. 13015, Vazzana. Rv. 258702 . Ancor più recentemente si è precisato che In tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone nell'ambito di una attività legittimamente autorizzata, è configurabile A l'illecito amministrativo di cui all'articolo 10, comma secondo, della legge 26 ottobre 1995, n. 447, ove si verifichi solo il mero superamento dei limiti differenziali di rumore fissati dalle leggi e dai decreti presidenziali in materia B il reato di cui al comma primo dell'articolo 659, cod. pen., ove il fatto costituivo dell'illecito sia rappresentato da qualcosa di diverso dal mero superamento dei limiti di rumore, per effetto di un esercizio del mestiere che ecceda le sue normali modalità o ne costituisca un uso smodato C il reato di cui al comma secondo dell'articolo 659 cod. pen. qualora la violazione riguardi altre prescrizioni legali o della Autorità, attinenti all'esercizio del mestiere rumoroso, diverse da quelle impositive di limiti di immissioni acustica” Sez. III, 18.9.2014, n. 42026, Claudino, Rv. 260658 . Nel caso in esame, pertanto, il giudice avrebbe innanzitutto dovuto accertare se il denunciato inquinamento acustico proveniva o meno dell'esercizio di un mestiere rumoroso. Dalla sentenza impugnata risulta che si trattava di una sala giochi amministrata dall'imputata e che i rumori provenivano dai condizionatori d'aria che servivano il locale e che erano stati installati all'esterno, al di sotto del balcone dell'abitazione, posta al secondo piano del palazzo, di un condomino che se ne era lamentato ed aveva fatto la denuncia. Doveva perciò accertarsi se i condizionatori erano uno strumento indispensabile per l'esercizio dell'attività autorizzata, o se erano indipendenti da tale esercizio. Si tratta di un accertamento di fatto che spetta al giudice del merito e che non può essere compiuto in questa sede di legittimità, anche per la mancanza di qualsiasi elemento di valutazione. Qui può solo ricordarsi che, sia pure nella giurisprudenza non proprio recente, sono rinvenibili alcune massime riferite a casi in cui i rumori provenienti dall'impianto di condizionamento sono stati ritenuti, in quelle specifiche situazioni concrete, estranei all'esercizio dell'attività autorizzata cfr. Sez. I, 21.12.2006, n. 7962 del 2007, Valentini, Rv. 236356, in relazione ad un laboratorio di sartoria Sez. I, 17.12.1998, n. 4820 del 1999, Mannelli, Rv. 213395, in relazione ad una discoteca . Si tratta comunque di una valutazione di merito che va compiuta in riferimento al singolo caso concreto. Se dovesse essere accertato che nella specie l'impianto di condizionamento era strumentalmente necessario per l'esercizio dell'attività autorizzata sicché tale attività era da qualificarsi come rumorosa e che erano stati superati i limiti assoluti o differenziali fissati dalle leggi e dai decreti presidenziali in materia, allora sarà configurabile l'illecito amministrativo di cui all'articolo 10, comma secondo, della legge 26 ottobre 1995, n. 447 così come ritenuto dal Procuratore generale nella sua requisitoria . Se invece dovesse essere accertato che nella specie si trattava di rumori non emessi nell'ambito dell'esercizio di una attività autorizzata rumorosa, allora potrebbe essere configurabile il reato di cui all'articolo 659, primo comma, cod. pen. sempre che ne sussistano gli elementi costitutivi e che di ciò sia data congrua ed adeguata motivazione. La sentenza impugnata è invece totalmente priva di qualsiasi motivazione sulla sussistenza degli elementi costitutivi del reato contestato. Secondo la giurisprudenza, invero, per integrare il reato di cui all'articolo 659, primo comma, è necessario che il fastidio non sia limitato agli appartamenti attigui alla sorgente rumorosa Sez. III, 13.5.2014, n. 23529, Ioniez, Rv. 259194 , o agli abitanti dell'appartamento sovrastante o sottostante alla fonte di propagazione Sez. I, 14.10.2013, n. 45616, Rv. 257345 , occorrendo invece che la propagazione delle onde sonore sia estesa quanto meno ad una consistente parte degli occupanti l'edificio, in modo da avere una diffusa attitudine offensiva ed una idoneità a turbare la pubblica quiete. Difatti, La rilevanza penale della condotta produttiva di rumori, censurati come fonte di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, richiede l'incidenza sulla tranquillità pubblica, in quanto l'interesse tutelato dal legislatore è la pubblica quiete, sicché i rumori devono avere una tale diffusività che l'evento di disturbo sia potenzialmente idoneo ad essere risentito da un numero indeterminato di persone, pur se poi concretamente solo taluna se ne possa lamentare ” ex plurimis, Sez. I, 29.11.2011, n. 47298, lori, Rv. 251406 . La sentenza impugnata si è invece limitata ad accertare il superamento dei valori differenziali di immissione, peraltro in modo incongruo perché parla di valori non molto lontani ” dal limite notturno riferito, a quanto sembra, a zone residenziali diverse da quella in esame. La sentenza impugnata, poi, si limita esclusivamente a dire che in merito all'idoneità di quei macchinari a recare potenzialmente disturbo a una pluralità di persone non possono nutrirsi dubbi ”. Si tratta di affermazione apodittica e congetturale, non essendo spiegato sulla base di quali concreti elementi sia possibile ritenere che il rumore aveva una tale diffusività che l'evento di disturbo fosse potenzialmente idoneo ad essere risentito da un numero indeterminato di persone. Del resto, dalla sentenza impugnata risulta che si sia lamentato solo un tale sig. L.G. , abitante nell'appartamento sovrastante, mentre non risulta che i rumori fossero stati percepiti anche da altri abitanti nel palazzo o che costoro fossero stati sentiti. La sentenza impugnata deve dunque essere annullata per mancanza di motivazione, con rinvio al tribunale di Avellino. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione annulla la sentenza impugnata con rinvio al tribunale di Avellino.