Richiesta di foto a luci rosse: è induzione al mercimonio sessuale

Il delitto di induzione alla prostituzione minorile si configura nei soli limiti in cui colui che invita il minore al compimento di atti sessuali dietro corrispettivo non sia al tempo stesso fruitore del mercimonio. Il confine dell’induzione, infatti, è segnato dal soggetto cui è destinata la prestazione sessuale.

Lo ha stabilito la Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione con la sentenza n. 6821, depositata il 17 febbraio 2015. Lo scambio di foto intime. La pronuncia della Suprema Corte trae origine dalla condanna in sede di giudizio abbreviato, confermata dalla Corte d'Appello territoriale, per il delitto di cui all'art. 600 bis , comma 1, c.p. in aggiunta ad ulteriori fattispecie di reato, anch'esse in materia di delitti contro la persona nei confronti dei tre imputati. In particolare, l’accusa è stata quella di aver ottenuto, da parte di minorenni e in cambio di ricariche telefoniche, l’invio di alcune foto che ritraevano la loro intimità. L'induzione alla prostituzione minorile. L' iter logico svolto nei primi due gradi di giudizio si è addensato sul concetto di prostituzione. In virtù di quanto disposto dalla legge n. 75/58, questa deve essere intesa come il comportamento di chi pone in essere atti sessuali anche laddove manchi un contatto fisico tra i soggetti dietro un compenso, di qualunque tipo. L'elemento centrale deve, dunque, ravvisarsi nel rapporto di scambio tra atto sessuale e controprestazione. In base a queste premesse - hanno spiegato i giudici del merito - la condotta dei tre imputati doveva assumersi quale induzione alla prostituzione minorile. Tanto, sia perché ricorreva il nesso tra atto sessuale posto in essere dalle minorenni l'invio di foto concernenti le proprie zone erogene e la condotta degli imputati ricarica del cellulare sia perché sussisteva un'attività suggestiva e persuasiva finalizzata a convincere le vittime a far mercimonio del proprio corpo per il soddisfacimento della libidine dei richiedenti. L'induttore non può essere anche fruitore. Il descritto iter argomentativo è stato oggetto di doglianza da parte delle difese degli imputati, i quali hanno chiesto alla Cassazione di annullare la sentenza emessa dalla Corte d'Appello evidenziando come difettassero nei fatti contestati gli elementi costitutivi richiesti per l'integrazione della fattispecie di cui all'art. 600 bis , comma 1, c.p La Corte capitolina, nell'accogliere in parte qua il ricorso presentato avverso le condanne, ha annullato senza rinvio il capo della sentenza concernente l'induzione alla prostituzione minorile con formula il fatto non sussiste”. Secondo gli Ermellini, infatti, la tesi svolta dalla Corte territoriale mal si allineava con i principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, in particolare con la recente pronuncia delle Sezioni Unite n. 16207/2013. Quest'ultima, risolvendo un contrasto alimentato dalle sezioni semplici, ha affermato il principio di diritto in virtù del quale la condotta di chi elargisce ad un minore d'età denaro o altra utilità in cambio del compimento di atti sessuali rientra nel secondo comma di cui all'art. 600 bis c.p., e non già nella più grave fattispecie contemplata dal primo comma. A tali conclusioni si è giunti partendo dalla differenza che intercorre tra la prostituzione minorile e quella posta in essere da soggetti maggiorenni nel primo caso, infatti, manca quella sfera di libertà, viceversa presente nella seconda ipotesi. Da ciò consegue che la condotta del cliente che elargisca qualsivoglia utilità in cambio dell'attività sessuale del minore rientra nell'area dell'illecito penale, a differenza di quanto accade per i maggiorenni. In definitiva, la condotta induttiva alla prostituzione minorile, per rimanere attratta nell'ambito applicativo del primo comma, implica la necessaria alterità tra colui che induce e il destinatario della prestazione sessuale. Solo in questi termini, infatti, è possibile garantire l’esatta autonomia applicativa della fattispecie induttiva rispetto a quella di cui al secondo comma, laddove il cliente, oltre che indurre, finisce per fruire esso stesso della prestazione.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 4 dicembre 2014 – 17 febbraio 2015, n. 6821 Presidente Fiale – Relatore Gazzara Ritenuto in fatto Il Gup presso il Tribunale di Milano, con sentenza del 14/4/2011, resa a seguito di rito abbreviato, dichiarava V.S. , D.F.R. e R.N. corresponsabili dei reati di cui agli artt. 600 bis co. 1 e 600 ter co. 1 cod.pen., per avere indotto alla prostituzione ed utilizzato per la produzione di materiale pornografico C.E. e P.M.A. , entrambe minori degli anni 18, offrendo loro ricariche telefoniche in cambio di mms, che le raffiguravano nude e che riproducevano primi piani delle loro parti intime il solo R. dei reati continuati di cui agli artt. 609 quater e 609 bis, commessi in danno di P.M.A. , soggetto infraquattordicenne, con la quale intratteneva rapporti sessuali, costringendola anche a subirli, nonostante l'esplicito dissenso di costei, nonché del reato di cui all'art. 600 quater, co. 1 e 2, cod.pen. per avere consapevolmente detenuto, su supporti informatici, materiale pornografico realizzato utilizzando minori degli anni 18. Riconosciute al V. e al D.F. le attenuanti ex artt. 62 bis e 62 n. 6 cod.pen., applicata la diminuente del rito, condannava ciascuno di costoro alla pena di anni 2, mesi 6 di reclusione ed Euro 16.000,00 di multa condannava il R. ad anni 6, mesi 4 di reclusione ed Euro 30.000,00 di multa, nonché al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile, da liquidarsi in separato giudizio. La Corte di Appello di Milano, chiamata a pronunciarsi sugli appelli interposti negli interessi dei prevenuti, con sentenza del 25/10/2012, in parziale riforma del decisum di prime cure, qualificato il reato ex art. 600 ter co. 1 cod.pen. quale ex art. 600 quater cod.pen., esclusa quanto al R. la continuazione interna tra i capi 1 e 2 della rubrica, ha rideterminato la pena per V. e D.F. in anni 2, mesi 4 di reclusione ed Euro 15.000,00 di multa per R. in anni 5, mesi 4 di reclusione ed Euro 26.000,00 di multa, con assoluzione di quest'ultimo dai reati di cui ai capi 1 e 2 della imputazione, limitatamente alla posizione della p.o. C. , con conferma nel resto. Propongono autonomi ricorsi per cassazione i prevenuti - il V. , a mezzo del proprio difensore con i seguenti motivi ha errato la Corte di Appello di Milano nel non ritenere meritevole di accoglimento la eccezione di insussistenza del reato ex art. 600 bis co. 1 cod.pen., visto che le emergenze istruttorie hanno dato agio di rilevare che l'imputato non ha posto in essere mai alcuna attività induttiva alla prostituzione nei confronti delle minori, le quali contattavano il prevenuto senza che costui le sollecitasse sono state le presunte vittime a convincere il V. a porre in essere il poco edificante comportamento in ogni caso non risultano ravvisabili gli elementi cristallizzanti il reato contestato la Corte territoriale territoriale è, di poi, incorsa in ulteriore erronea applicazione della legge penale, laddove, dopo avere ritenuto di derubricare la imputazione di cui al capo dal reato previsto e punito dall'art. 600 ter co. 1 cod.pen. a quello di cui all'art. 600 quater cod.pen., non abbia, altresì, rilevato, come quest'ultima fattispecie delittuosa dovesse considerarsi assorbita dal reato di cui all'art. 600 bis, co. 1, cod.pen. il decidente avrebbe dovuto ritenere, in accoglimento di specifico motivo di appello sul punto, il concorso doloso delle persone offese nei reati contestati al V. il trattamento sanzionatorio applicato risulta eccessivo e non adeguato alle condotte poste in essere. La stessa difesa del prevenuto ha inoltrato in atti memoria, con la quale formula le seguenti eccezioni nullità della sentenza per omessa dichiarazione di contumacia dell'imputato e conseguente omessa notifica allo stesso dell'estratto contumaciale della sentenza la condotta contestata al V. andava inquadrata nella fattispecie di cui all'art. 600 bis co. 2 cod.pen. quanto ai fatti attinenti alla C. e nella fattispecie di cui all'art. 609 quater, co. 4, cod.pen. quanto a quelli attinenti alla P. . - il D.F. , a mezzo del proprio difensore, con il primo motivo di annullamento ribadisce l'eccezione di nullità della sentenza per omessa dichiarazione di contumacia e mancata notifica dell'estratto contumaciale, come sollevata con i motivi aggiunti dal V. contesta il difetto di riscontro da parte della Corte distrettuale ai motivi di appello evidenzia come gli unici contatti a mezzo sms e mms erano intercorsi tra il prevenuto e la C. , mai con la P. non sono emerse prove in ordine alla trasmissione di foto pornografiche dalla C. al D.F. irrilevanza penale delle due foto inviate dalla C. all'imputato, in quanto non a contenuto pornografico ha errato la Corte di merito nel ritenere che l'imputato fosse a conoscenza delle minore età della C. - il R. con il ricorso contesta l'omesso riscontro da parte dei giudici di merito alla eccezione di insussistenza del reato ex art. 600 bis co. 1, cod.pen. la mancanza di motivazione in relazione alla ritenuta cristallizzazione degli elementi costitutivi dei reati di cui ai capi 1 e 2 della imputazione ha errato la Corte di Appello nel condividere l'iter motivazionale seguito dal Tribunale, ritenendo la condotta dell'imputato inquadrabile nella fattispecie di violenza sessuale inadeguata valutazione della credibilità della P. improcedibilità della azione penale in relazione al reato di cui all'art. 609 quater cod.pen. stante la mancata connessione con il capo 5 della imputazione art. 600 quater co. 1 e 2 e la insussistenza dei fatti contestati ai capi 1 , 2 e 4 della rubrica vizio di motivazione in punto di qualificazione giuridica dei fatti di cui al capo 2 della imputazione 600 quater cod.pen. di poi, l'imputato, ritenuto responsabile del reato di cui all'art. 600 bis, co. 1, cod. pen. non avrebbe potuto rispondere anche dei delitti ex artt. 609 bis e 609 quater cod.pen., dovendosi considerare queste ultime fattispecie assorbite dalla prima omesso riscontro alla richiesta di applicazione della ipotesi di lieve entità di cui al co. 3 dell'art. 609 bis cod.pen. nonché alla richiesta di esclusione della aggravante della ingente quantità, contestata al capo 5 della imputazione mancanza di motivazione in relazione agli artt. 133 e 62 bis cod.pen Considerato in diritto I ricorsi sono fondati per quanto di ragione. In via preliminare è opportuno esaminare la eccezione sollevata dalle difese del V. e del D.F. in relazione alla mancata dichiarazione di contumacia dei prevenuti e all'omessa notifica agli stessi dell'estratto delle sentenze di primo e secondo grado. La censura è del tutto destituita di fondamento, non solo per la genericità con cui è stata formulata in appello peraltro dal solo V. , ma anche perché il vizio denunciato determinerebbe una nullità di carattere generale, ex art. 178 co. 1, lett. b e c , cod.proc.pen A questo proposito, però, la giurisprudenza di legittimità ha escluso la sussistenza di tale nullità nel caso in cui risulti dimostrata l'avvenuta piena conoscenza della sentenza da parte di chi aveva diritto alla impugnazione, e il mezzo è stato ritualmente esperito, con il conseguente raggiungimento delle finalità alle quali l'atto omesso era preordinato Cass. 3/11/03, Gualà Cass. 15/10/03, Caiano Cass. 18/5/01, Sforza Cass. 1/2/00, Palmegiani Cass. 5/11/98, Scaringella circostanza, questa, verificatasi nel caso in questione. Inoltre, va rilevato che, come risulta dall'annotazione in calce alla sentenza della Corte di Appello di Milano, il relativo estratto contumaciale è stato notificato al V. e al D.F. , rispettivamente in data 18/3/13 e in data 2/9/13. Di contro, i motivi di annullamento con cui i prevenuti contestano la sussistenza del reato ex art. 600 bis co. 1 cod.pen., si palesano fondati. La Corte territoriale, sul punto, ha osservato come nel concetto di prostituzione, ex L. 75/58, sia possibile includere il comportamento di chi si presta ad esibizioni sessuali dietro compenso, in qualsiasi forma esso sia corrisposto e poiché l'attività di prostituzione si configura come il compimento di atti sessuali in cambio di denaro o di altra utilità economica e visto che per atto sessuale deve intendersi ogni condotta manifestante esteriormente l'istinto sessuale umano, ne deriva che l'offerta di una ricarica telefonica a delle ragazzine perché si fotografino nude rappresenta induzione alla prostituzione induzione in quanto si concreta come attività idonea a determinare, persuadere o convincere il soggetto passivo a prostituirsi prostituzione perché riduce la persona della vittima a pura mercé di scambio, mero oggetto che circola sui telefonini per il valore di pochi Euro. Orbene, il discorso giustificativo, svolto dalla Corte di merito, a sostegno della ritenuta configurazione delle condotte contestate ai prevenuti al capo A della rubrica nel reato ex art. 600 bis co. 1 cod.pen., si palesa non corretto e disancorato dai principi in materia dettati dalla giurisprudenza di legittimità. Rilevasi che per prostituzione si intende il commercio del proprio corpo mediante il compimento di atti sessuali in cambio del corrispettivo di una somma di denaro o di altra utilità economica. È stato precisato, altresì, che rientra nella nozione di prostituzione ogni attività sessuale, posta in essere dietro corrispettivo, anche se priva di contatto fisico tra i due soggetti, i quali possono anche trovarsi in luogo diverso, pure a distanza, ovverosia a mezzo telefono o altre apparecchiature di comunicazione elettronica, essendo unicamente richiesta la possibilità per gli stessi di interagire Cass. sent. n. 18/1/2012, n. 7368 Cass. sent. n. 37076/2012 Cass. sent. n. 25464/2004 l'elemento caratterizzante l'atto di prostituzione, quindi, non è necessariamente costituito dal contatto fisico tra le parti del rapporto, bensì dalla correlazione atto sessuale-corrispettivo e che detto atto risulti finalizzato, in via diretta e immediata, a soddisfare la libidine di colui che ha richiesto ed è destinatario della prestazione, e sia connotato dall'influenza reciproca e contestuale dei due soggetti. Con riferimento, nello specifico, al reato di cui al co. 1 dell'art. 600 bis cod.pen. per induzione deve intendersi ogni condotta suggestiva o persuasiva idonea a sollecitare e convincere la vittima a compiere determinati atti sessuali, di qualsiasi natura, anche su sé stessa, in presenza di chi ha chiesto la prestazione. Con recente pronuncia le Sezioni Unite di questa Corte n. 16207/2013 , risolvendo un contrasto interpretativo insorto nella giurisprudenza di legittimità, hanno affermato che la condotta di promessa o dazione di denaro o altra utilità, attraverso cui si convinca una persona minore di età ad intrattenere rapporti sessuali con il soggetto agente, integra gli estremi della fattispecie di cui al comma secondo e non al primo dell'art. 600 bis del codice penale , precisando, altresì, che - l'atto sessuale compiuto dal minore prostituito, a differenza di quanto avviene per i maggiorenni, non può essere inquadrato in un'area di libertà - da tale assenza di libertà della prostituzione minorile di cui il fruitore della prestazione sessuale non può non essere a conoscenza, discende, in forza della precisa incriminazione prevista dal co. 2 dell'art. 600 bis cod.pen., la punibilità della condotta del cliente medesimo, che diversamente è immune da sanzione quando viene in rapporto, sempre da cliente, con la prostituzione del soggetto adulto - in tale logica punitiva del cliente del minorenne, la condotta di induzione alla prostituzione minorile di cui al primo comma della citata disposizione deve essere sganciata dal rapporto sessuale con l'agente, dovendo avere riguardo alla prostituzione esercitata nei confronti di terzi, anche identificabili in un solo soggetto, purché diverso dall'induttore. Le considerazioni svolte, in uno al richiamato principio, affermato dal Supremo Collegio nomofilattico, consentono di cogliere l'errore in cui è incorso il giudice di merito nell'affermare la colpevolezza degli imputati in ordine al reato ex art. 600 bis co. 1 cod.pen., rilevato come, nella specie, le condotte poste in essere dal V. , dal D.F. e dal R. non possano farsi rientrare nella sfera dell'illecito previsto e punito dalla predetta disposizione codicistica, non ravvisandosi in esse alcuno degli elementi cristallizzanti detta fattispecie delittuosa. Conseguentemente, la impugnata pronuncia sul punto va annullata senza rinvio per insussistenza del fatto. In ordine alla ritenuta ravvisabilità del reato 600 quater cod.pen. da parte del decidente, non sono rilevabili i vizi denunciati dai ricorrenti, i quali, peraltro, nei rispettivi gravami, mossi avverso la decisione del Tribunale, avevano proprio invocato, pur se in via subordinata, che la condotta contestata fosse inquadrata nell'alveo dello schema normativo di cui all'art. 600 quater, citato, e non in quella di cui alla genetica imputazione ex art. 600 ter cod.pen La Corte territoriale è pervenuta a ritenere concretizzato il delitto, così come riqualificato, di detenzione di materiale pornografico, a seguito di una disamina compiuta ed esaustiva degli elementi costituenti la piattaforma probatoria, dai quali sono emersi i diversi contatti tramite sms, intrattenuti tra le minori e gli imputati, con certa individuazione delle utenze telefoniche del V. , del D.F. e del R. le richieste di questi ultimi di trasmissione di foto delle ragazze in pose pornografiche, in cambio delle ricariche telefoniche, come corrispettivo il rinvenimento nella disponibilità del D.F. di due foto della C. , raffiguranti un primo piano della ragazza con seno scoperto in vista e un primo piano del viso della stessa con la lingua sul labbro superiore. Inoltre, in particolare, a seguito della perquisizione domiciliare a carico del R. furono rinvenuti 46 video, nonché numerose immagini, di carattere pedopornografico, ritraenti minori intente a compiere atti sessuali tra loro o con adulti dalla consulenza esperita sul materiale sequestrato risultò la presenza di file attinenti alla P. . Va, peraltro osservato che tutte le censure, mosse sul punto dai ricorrenti, anche se proposte sotto forma di denuncia di vizio motivazionale, sostanzialmente, si muovono nella sfera del fattuale, tendendo, in maniera evidente, ad una rilettura delle emergenze istruttorie, sulle quali al giudice di legittimità è precluso procedere a nuovo esame estimativo. Quanto da ultimo rilevato, vale, di poi, in specie, per i motivi di annullamento formulati dal R. a sostegno della contestata sussistenza del reato di violenza sessuale, commesso in danno della minore P. . Infatti, con le censure mosse il ricorrente procede ad un riesame valutativo della attendibilità e credibilità della p.o., degli elementi ritenuti dal giudice di merito riscontri estrinseci al narrato offerto dalla vittima in relazione alle brutali modalità con le quali il R. aveva costretto la minore a subire i rapporti sessuali in particolare quello dell'agosto XXXX, documentato dal referto dell'ospedale di XXXX del XXXXXXX, la cui diagnosi di dismenorrea è del tutto compatibile con la brutale condotta posta in essere dall'uomo , contro il suo volere, sordo ad ogni invito a desistere. L'imputato si limita a rappresentare una diversa ricostruzione della vicenda, non proponibile in sede di legittimità, perché il motivo, così come formulato, si pone al di fuori dai canoni dettati dall'art. 606 co. 1 lett. e cod.proc.pen. il difetto di motivazione, valutabile in cassazione, può consistere solo in una mancanza, o in una manifesta illogicità, della motivazione stessa, ma esclusivamente se il vizio risulta dal provvedimento impugnato il che significa che deve mancare del tutto la presa in considerazione del punto sottoposto alla analisi del giudice e che non può costituire vizio, comportante controllo di legittimità, la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali ex multis Cass. S.U. 2/7/1997, n. 6402 . Le ulteriori doglianze mosse dal R. sono del tutto destituite di fondamento, in quanto la esplicita previsione di cui all'art. 609 sexies cod.pen. esclude, in relazione ai reati ex artt. 609 quater e 609 bis cod.pen., la rilevanza della eventuale ignoranza della età della persona offesa di poi, la eccezione di improcedibilità della azione penale per mancanza di querela è elisa dal disposto di cui all'art. 609 septies, co. 4 nn. 1 e 5, nella specie applicabile, che prevede espressamente la procedibilità di ufficio. Pertanto, questo Collegio ritiene di annullare la decisione gravata nei confronti di tutti i prevenuti, senza rinvio limitatamente al reato ex art. 600 bis co. 1 cod.pen. per insussistenza del fatto e con rinvio, affinché il giudice ad quem proceda alla rideterminazione della pena in relazione ai residui delitti superfluo si rende, pertanto, l'esame delle ulteriori doglianze, attinenti, proprio, al trattamento sanzionatorio. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione annulla la sentenza impugnata nei confronti di tutti i ricorrenti, limitatamente al reato di cui all'art. 600 cod.pen., perché il fatto non sussiste e con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Milano per la rideterminazione del trattamento sanzionatorio quanto ai residui reati rigetta nel resto i ricorsi.