Può il giudice giudicare la stessa persona, per fatti diversi, ma su identiche fonti probatorie?

Non dà luogo ad una ipotesi di ricusazione la circostanza che il magistrato abbia già preso parte ad un giudizio a carico dell’imputato per fatti diversi sebbene caratterizzati dalla pretesa identità delle fonti probatorie valutate e da valutare, atteso che una stessa fonte di prova, considerata importante ed attendibile in un processo, potrebbe non esserlo altrettanto in un altro.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione nella sentenza n. 5653, depositata il 6 febbraio 2015. Il fatto. La Corte d’appello di Lecce rigettava la dichiarazione di ricusazione dei giudici della Corte d’assise di Lecce, con la quale l’imputato chiedeva la ricusazione dei giudici per avere essi già valutato come attendibili, in altro procedimento concluso con sentenza di condanna, i medesimi collaboratori di giustizia da sentire nel corso del processo di cui si tratta. Contro tale ordinanza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione. Con un primo motivo di ricorso, l’imputato si lamenta in ordine alla nullità ex art. 117 c.p.p. per avere la Corte effettuato l’avviso di fissazione dell’udienza camerale a un difensore non più munito di incarico difensivo. Sufficiente, in questa sede, riportare che il Collegio ha ritenuto manifestamente infondato tale motivo. Ricusazione dei giudici. Per quanto riguardo, invece, il motivo di ricorso in ordine al rigetto della ricusazione dei giudici, il Collegio rileva che l’istanza di ricusazione è stata proposta con esclusivo riferimento all’identità delle fonti di prova collaboratori di giustizia valutate nel giudizio indicato come pregiudicante e da escutere in quello ritenuto pregiudicato, sicché restano del tutto estranee al thema decidendum le doglianze, contenute nel ricorso, disancorate dalla causa di ricusazione invocata. Ciò posto, il Collegio ha ribadito il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo il quale non dà luogo ad una ipotesi di ricusazione la circostanza che il magistrato abbia già preso parte ad un giudizio a carico dell’imputato per fatti diversi sebbene caratterizzati dalla pretesa identità delle fonti probatorie valutate e da valutare, atteso che una stessa fonte probatoria, considerata importante ed attendibile in un processo, potrebbe non esserlo altrettanto in un altro . Per tale ragione, la S.C. ha rigettato il ricorso e condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 11 novembre 2014 – 6 febbraio 2015, n. 5653 Presidente Palla – Relatore Caputo Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza deliberata in data 13/03/2014, la Corte di appello di Lecce, in sede di rinvio a seguito dell'annullamento disposto dalla Prima Sezione di questa Corte con sentenza n. 3786/14, ha rigettato la dichiarazione di ricusazione dei giudici della Corte di assise di Lecce dott. Roberto Tanisi presidente e dott.ssa Maria Francesca Mariano giudice a latere nel procedimento n 7/10 R.G. Corte Assise Lecce proposta personalmente da G.D.T La Corte di appello premette che D.T. ha ricusato i giudici indicati per avere essi già valutato come attendibili nel procedimento n. 5/10 R.G.C.A., definito con sentenza di condanna in data 11/04/2013, i medesimi collaboratori di giustizia da sentire nel corso del processo di cui si tratta n. 7/10 R.G.C.A. e perché, per l'effetto, gli stessi non potranno ritenerlo non colpevole. Rileva la Corte di appello che, secondo un solido orientamento della giurisprudenza di legittimità, non sussiste l'incompatibilità dei giudici a giudicare la stessa persona per un fatto diverso sebbene sulla base di asseritamente identiche fonti probatorie. 2. Avverso l'indicata ordinanza ha proposto personalmente ricorso per cassazione G.D.T., articolando le doglianze di seguito enunciate nei limiti di cui all'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen. In data 14/02/2014 il ricorrente aveva revocato la nomina dell'avv. Paolo Spalluto e aveva nominato quale suo difensore l'avv. Daniella D'Amurri, ma l'avviso notificatogli il 17/02/2014 non prevedeva la notifica dello stesso avviso al nuovo difensore, non presente all'udienza camerale sussiste dunque la nullità ex art. 177 cod. proc. pen. e la decisione del 13/03/2014 deve essere annullata. 3. Avverso l'indicata ordinanza ha altresì proposto ricorso per cassazione nell'interesse di G.D.T. l'avv. D. D'Amurri, articolando le doglianze di seguito enunciate nei limiti di cui all'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen. 3.1. L'avviso di fissazione dell'udienza camerale è stato effettuato a un difensore non più munito di incarico difensivo che, con atto comunicato alla Corte di appello, aveva dichiarato di non essere più legittimato a rappresentare D.T L'avv. Paolo Spalluto aveva comunicato di non essere più investito della difesa di D.T. e, in ogni caso, di aderire all'astensione proclamata in via permanente dal proprio Consiglio dell'Ordine, sicché, in costanza di una astensione ad oltranza , la Corte di appello non avrebbe dovuto ignorare la disponibilità di altro difensore le notifiche all'avv. Spalluto per l'udienza dei 06/03/2014 e per l'udienza dei 13/03/2014 sono nulle come nulla è la trattazione camerale per violazione dell'art. 127 cod. proc. pen. 3.2. Si procede nel giudizio relativo al procedimento n. 5/10 R.G.C.Ass. a carico di D.T. per il delitto di omicidio pluriaggravato anche ai sensi dell'art. 7, del d.l. n. 152 dei 1991 in danno di Italo Pinto, commesso il 12/02/1987. La Corte di assise nelle persone degli stessi giudici ricusati ha sostenuto la permanenza delle esigenze cautelare richiamando lo spessore criminale di D.T La dichiarazione di ricusazione è stata depositata nel termine prescritto, decorrente dalla data di deposito della motivazione della sentenza. La Corte di appello ha trascurato l'esame degli atti, mentre dalla sentenza di condanna risulta che l'associazione cui faceva riferimento l'aggravante ad effetto speciale era la stessa oggetto dell'attuale imputazione associativa. L'autonomia delle funzione giudicante che deve analizzare la credibilità delle stesse fonti probatorie valutate nel primo giudizio è fortemente compromessa. La valutazione di merito, in presenza di imputazione di aggravante ex art. 7 cit. si annida nell'atto formale, ossia l'ordinanza del 11/04/2013 di rigetto di revoca della misura cautelare. Considerato in diritto Il ricorso è infondato. L'atto di ricorso proposto personalmente dall'imputato e le doglianze del ricorso a firma dell'avv. D'Amurri riportate supra al punto 3.1. dei Ritenuto in fatto non sono fondate. In premessa rileva il Collegio quanto segue. In primo luogo, la dedotta nomina in data 14/02/2014, non risultante in atti, non è stata allegata al ricorso personale di G.D.T., né a quello a firma dell'avv. D'Amurri, ove anzi si precisa che il ricusante aveva a suo dire inoltrato ulteriore dichiarazione attestante l'avvenuta nomina dell'avv. Daniela d'Amurri . In secondo luogo, all'udienza del 06/03/2014, l'avv. Spalluto, come rilevato dal P.G. presso questa Corte, ha genericamente dichiarato che il rapporto fiduciario con D.T. è stato interrotto, aggiungendo di aderire all'astensione proclamata dal locale Consiglio dell'ordine. In terzo luogo, come risulta dal verbale della medesima udienza del 06/03/2014, la Corte di appello ha rinviato all'udienza camerale del 13/03/2014. Alla luce di quanto rilevato, ritiene il Collegio che la dichiarazione resa dall'avv. Spalluto non integri una rinuncia al mandato, costituendo la mera segnalazione al Giudice procedente della cessazione del rapporto fiduciario, cessazione non accompagnata dall'indicazione - tanto meno documentata - del nuovo difensore di fiducia correttamente, pertanto, la Corte di appello ha disposto il rinvio ad altra udienza rendendone edotto lo stesso avv. Spalluto. Né la nota a firma dell'avv. Spalluto e indirizzata alla cancelleria della Corte di appello risulta accompagnata dall'atto di nomina di diverso difensore. Di conseguenza, correttamente la successiva udienza dei 13/03/2014 si è svolta nell'assenza dell'unico difensore di fiducia che risultava nominato dal ricusante e che era ritualmente a conoscenza del rinvio. Le censure sopra indicate, pertanto, non meritano accoglimento. L'ulteriore motivo dei ricorso a firma dell'avv. D'Amurri è manifestamente infondato. In premessa, deve rilevarsi che l'istanza di ricusazione è stata proposta con esclusivo riferimento all'identità delle fonti di prova collaboratori di giustizia valutate nel giudizio indicato come pregiudicante e da escutere in quello ritenuto pregiudicato, sicché restano dei tutto estranee al thema decidendum le doglianze, contenute nel ricorso, disancorate dalla causa di ricusazione invocata. Ciò posto, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte, non dà luogo ad una ipotesi di ricusazione la circostanza che il magistrato abbia già preso parte a un giudizio a carico dell'imputato per fatti diversi sebbene caratterizzati dalla pretesa identità delle fonti probatorie valutate e da valutare, atteso che una stessa fonte probatoria, considerata importante ed attendibile in un processo, potrebbe non esserlo altrettanto in un altro Sez. 3, n. 11546 del 19/02/2013 - dep. 12/03/2013, Frezza, Rv. 254760 conformi, ex pluríbus Sez. 1, n. 45470 del 25/10/2005 - dep. 15/12/2005, D'Ausilio, Rv. 233378 e, con riferimento alla dedotta identità dei collaboratori di giustizia del procedimento penale per reati di omicidio commessi al fine di agevolare un'associazione di tipo mafioso rispetto al procedimento in cui lo stesso imputato era stato condannato per il reato associativo, Sez. 1, n. 21064 dei 12/05/2010 - dep. 04/06/2010, Abbruzzese, Rv. 247578 . Sulla base di tale orientamento, la censura rivolta all'ordinanza impugnata non merita accoglimento. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.