Furto con destrezza o di lieve entità? Attenzione a quello che si mette nel carrello della spesa!

Nel concetto di destrezza è sussumibile qualsiasi modalità dell’azione furtiva che, seppure non connotata da particolare abilità, si sostanza nell’approfittamento di una situazione idonea ad attenuare la normale attenzione della parte offesa. Per cui, ci sono tutti i presupposti dell’aggravante di cui all’art. 625, comma 1, n. 4 c.p. nella condotta di chi inserisce nel carrello del supermercato il proprio carrello privato per infilarvi i beni da sottrarre per oltrepassare le casse senza pagarli, trattandosi di condotta oggettivamente diretta ad eludere la normale vigilanza.

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza n. 5406, depositata il 5 febbraio 2015. Il fatto. L’ipotesi contestata nel caso in commento è quella di furto con l’aggravante della destrezza. Due uomini entrano in un supermercato con un carrello privato, posizionato nel carrello del negozio, ed iniziano a collocare generi alimentari in quest’ultimo. Giunti alla barriera delle casse, uno dei due le oltrepassava e, dopo essersi guardato intorno, faceva un cenno al complice che spostava la merce dal carrello del supermercato a quello privato e a conclusione dell’operazione glielo passava, pagando un conto di € 64,00, mentre il valore della merce asportata era complessivamente di € 470. L’attività svolta dai due non sfuggiva all’addetto della sorveglianza che li fermava e li assicurava alla giustizia. In sede di appello la Corte territoriale confermava la pronuncia di condanna a quattro mesi di reclusione e € 300 di multa emessa all’esito del giudizio abbreviato dal Tribunale territoriale. L’imputazione nei confronti del ricorrente in cassazione si configurava come impossessamento di generi alimentari, prelevati dai banconi dell’esercizio commerciale, con l’aggravante di aver commesso il fatto con destrezza, uscendo dai varchi di ingresso, eludendo le barriere antifurto e con la recidiva ex art. 99, comma 4, c.p. La pena era determinata con la concessione delle circostanze attenuanti generiche equivalenti alla recidiva ed alla aggravante contestate ed operata la riduzione per il rito. Furto di lieve entità . In sede di ricorso per cassazione, l’imputato contesta la mancata valutazione da parte dei Giudici del merito dell’istanza di diversa qualificazione giuridica del reato come furto punibile a querela dell’offeso ai sensi dell’art. 626, comma 1, n. 2, c. p. e l’istanza di esclusione dell’aggravante della destrezza. In buona sostanza, per la difesa risulta determinante per l’esito del giudizio la carente valutazione da parte del Giudice di appello di quei fatti diretti ad evidenziare la precaria situazione sociale ed economica dell’imputato, domiciliato presso una casa di accoglienza per adulti, disoccupato e affetto da disturbi di natura psichiatrica per la cura dei quali vengono richieste forti spese per farmaci. Inoltre, quanto alla contestata destrezza, il ricorrente evidenzia che l’azione di porre il carrello privato all’interno di quello del supermercato aveva al contrario attirato l’attenzione dell’addetto alla sicurezza, dimostrando pertanto una atteggiamento privo di quella speciale astuzia e di quella sveltezza necessaria per configurare la destrezza. La destrezza non è intesa come particolare abilità . La Corte di Cassazione risponde alle doglianze del ricorrente ritenendo infondato il ricorso. Infatti, ricordano gli Ermellini, nel concetto di destrezza è sussumibile qualsiasi modalità dell’azione furtiva che, seppure non connotata da particolare abilità, si sostanza nell’approfittamento di una situazione idonea ad attenuare la normale attenzione della parte offesa. Ciò che rende immune da vizi di illogicità la decisione del giudice di merito di ravvisare i presupposti dell’aggravante di cui all’art. 625, comma 1, n. 4 c.p. nella condotta degli imputati che avevano inserito nel carrello del supermercato il loro carrello privato per infilarvi i beni da sottrarre per oltrepassare le casse senza pagarli, trattandosi di condotta oggettivamente diretta ad eludere la normale vigilanza. Carenza del grave e urgente bisogno . Quanto alla mancata configurazione del furto lieve per bisogno, i Giudici del Palazzaccio ribadiscono la necessità che la cosa sottratta sia di tenue valore e sia effettivamente destinata a soddisfare un grave e urgente bisogno, con la conseguenza che per far degradare l’imputazione da furto comune a furto lieve, non è sufficiente la sussistenza di un generico stato di bisogno o di miseria del colpevole, occorrendo, invece, una situazione di grave ed indilazionabile bisogno alla quale non possa provvedersi se non sottraendo la cosa. Ciò che non risulta essersi verificato nel caso di specie, come rilevato dai Giudici di merito. Da qui il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 27 gennaio – 5 febbraio 2015, numero 5406 Presidente Sirena – Relatore Serrao Ritenuto in fatto 1. La Corte di Appello di Milano, con sentenza del 3/10/2013, ha confermato la pronuncia di condanna alla pena di mesi quattro di reclusione ed euro 300,00 di multa emessa il 6/03/2013 all'esito di giudizio abbreviato dal Tribunale di Milano nei confronti di M.E., imputato di avere tentato, in concorso con altro imputato, di impossessarsi di generi alimentari prelevandoli dai banconi dell'esercizio commerciale Esselunga per un valore complessivo di euro 470,72 con l'aggravante di aver commesso il fatto con destrezza, uscendo dai varchi d'ingresso, eludendo le barriere antifurto e con la recidiva ex articolo 99, quarto comma, cod. penumero I giudici di merito sono pervenuti alla suindicata determinazione della pena previa concessione delle circostanze attenuanti generiche equivalenti alla recidiva ed alla aggravante contestate ed operata la riduzione per il rito. 2. E. M. ricorre per cassazione censurando la sentenza impugnata per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, deducendo che la Corte territoriale non ha preso in considerazione i motivi dedotti dalla difesa nell'atto di gravame e, in particolare, l'istanza di qualificazione giuridica del reato come furto punibile a querela dell'offeso ai sensi dell'articolo 626, primo comma, numero 2 cod. penumero e l'istanza di esclusione dell'aggravante di cui all'articolo 625, primo comma, numero 4 cod. penumero 2.1. Con riferimento alla prima istanza, il ricorrente rimarca di aver descritto ed analizzato nell'atto di appello una serie di fattori idonei a mettere in evidenza la precaria situazione sociale, economica e di vita in cui versa, essendo domiciliato da tempo presso una Casa di Accoglienza per adulti, disoccupato e percettore della sola pensione di invalidità, nonché affetto da disturbi di natura psichiatrica per la cura dei quali occorrono spese per farmaci. Evidenzia, quindi, che i giudici di merito hanno attribuito rilievo a tali elementi esclusivamente ai fini della concessione delle circostanze attenuanti generiche e non ai fini della diversa qualificazione giuridica del fatto. 2.2. In merito alla seconda istanza, il ricorrente ritiene che la Corte territoriale abbia fornito motivazione viziata nel punto in cui ha ritenuto che la manovra posta in essere dai due imputati, che avevano trasferito alcuni beni dal carrello del supermercato a quello privato preventivamente posizionato all'interno del primo, integrasse l'aggravante della destrezza, posto che tale azione ha sortito l'effetto contrario di attirare l'attenzione dell'addetto alla' sicurezza, dimostrando un atteggiamento privo di quella speciale astuzia e di quella sveltezza necessarie per configurare la destrezza. Considerato in diritto 1. II ricorso è infondato. 2. Nella sentenza impugnata il fatto è stato descritto come segue l'addetto alla sorveglianza presso il supermercato aveva notato un italiano e un nordafricano entrare con un carrello privato, che era stato posizionato nel carrello del supermercato aveva, quindi proseguito nell'osservare l'azione delle due persone, che avevano posto generi alimentari nel carrello del supermercato giunti alla barriera delle casse, l'italiano le aveva oltrepassate e si era guardato intorno, facendo un cenno al complice, che aveva, quindi, spostato i generi alimentari dal carrello del supermercato a quello privato l'italiano aveva preso il carrello, trovandosi oltre le casse, mentre il complice pagava un conto di euro 64,00 il valore della merce asportata era complessivamente pari a circa 470,00 euro. 3. Pur avendo riportato nella motivazione entrambi i motivi di appello richiamati nel ricorso, la Corte territoriale ha omesso di esaminare la prima censura ed ha replicato alla seconda ritenendo che la manovra posta in essere dai due imputati, così come descritta, in quanto facilitata dal medesimo livello dei due carrelli quello privato all'interno del carrello del supermercato fosse diretta ad eludere la sorveglianza con destrezza e che solo la particolare attenzione dell'addetto alla sicurezza avesse evitato che l'azione raggiungesse lo scopo alla quale era finalizzata. 4. Giova, con riguardo a quest'ultimo punto della decisione, ricordare che nel concetto di destrezza è sussumibile qualsiasi modalità dell'azione furtiva che, seppure non connotata da particolare abilità, si sostanzi nel l'approfitta mento di una situazione idonea ad attenuare la normale attenzione della parte offesa Sez.5, numero 640 del 30/10/2013, dep. 2014, Rainart, Rv.257948 Sez.6, numero 31973 del 20/05/2009, Bodoj, Rv.244862 . E', dunque, esente da illogicità, contraddittorietà o manifesta infondatezza la motivazione, in ogni caso insindacabile nel merito, in virtù della quale i presupposti dell'aggravante prevista dall'articolo 625, primo comma, numero 4 cod. penumero siano stati ravvisati nella condotta degli imputati che hanno inserito nel carrello del supermercato il loro carrello privato onde infilarvi i beni da sottrarre per oltrepassare le casse senza pagarli, trattandosi di condotta obbiettivamente finalizzata ad eludere la normale vigilanza. 5. II ricorso risulta, altresì, infondato con riguardo alla dedotta carenza di motivazione in merito alla richiesta di qualificazione del fatto ai sensi dell'articolo 626, primo comma, cod. penumero La fattispecie concreta si connota per il furto di beni di valore pari a circa 470,00 euro, onde non può ritenersi viziata la sentenza che abbia omesso di esplicitare le ragioni per le quali il giudice di merito non ha ritenuto sussumibile il fatto nell'ipotesi attenuata prevista dall'articolo 626 numero 2 cod. penumero 5.1. Nel caso di reati che, come il furto, ledono solo il patrimonio, ai fini della configurabilità dell'attenuante del cosiddetto furto lieve per bisogno è necessario che la cosa sottratta sia di tenue valore e sia effettivamente destinata a soddisfare un grave ed urgente bisogno ne consegue che, per far degradare l'imputazione da furto comune a furto lieve, non è sufficiente la sussistenza di un generico stato di bisogno o di miseria dei colpevole, occorrendo, invece, una situazione di grave ed indilazionabile bisogno alla quale non possa provvedersi se non sottraendo la cosa SezÁ, numero 42375 del 05/10/2012, Michelucci, Rv. 254348 . 5.2. Per determinare, poi, se si sia in presenza o meno di cose di tenue valore, occorre che il valore sia individuato dal punto di vista obiettivo ed in relazione alla sua funzione di soddisfare il bisogno al minimo livello Sez.S, numero 48732 del 13/10/2014, Santoro, Rv. 261231 . 5.3. Avendo la Corte territoriale riportato il relativo motivo di gravame, e non essendo state specificamente dedotte le circostanze dalle quali, nel caso concreto, si sarebbe potuta desumere la tenuità del valore dei beni sottratti, di cui non è contestato il valore di euro 470,00, può ritenersi implicita la pronuncia di rigetto dell'istanza di qualificazione del fatto ai sensi dell'articolo 626 numero 2 cod. penumero Va, infatti, ricordato che, in tema di valutazione degli elementi utili al giudizio di determinazione della pena e di limiti del sindacato di legittimità su detti punti, la giurisprudenza della Corte di Cassazione ammette la cosiddetta motivazione implicita Sez. 4, numero 23679 del 23/04/2013, Viale, Rv.256201 Sez. 6, numero 36382 del 04/07/2003, Dell'Anna, Rv. 227142 Sez. 1, numero 11991 del 15/11/1991, Pisano, Rv.189322 . 6. Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato segue, a norma dell'articolo 616 cod.proc.penumero , la condanna del ricorrente al pagamento delle spese C processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.