Chiamate e messaggi a raffica sul telefonino dell’ex moglie: condannato per stalking

Mettendo da parte i contenuti, è evidente la gravità della condotta dell’uomo, soprattutto tenendo presenti gli effetti provocati nella donna. Quest’ultima ha vissuto un fortissimo turbamento a livello emotivo, perché ha vissuto quel pressing telefonico come intimidatorio e pericoloso non solo per sé ma anche per le figlie e per l’attuale compagno.

Addio definitivo per i due coniugi. Ma lui non si arrende, e prova a chiedere una seconda opportunità alla moglie separata Lo fa, però, nel modo peggiore, ricorrendo ossessivamente allo strumento telefonico, tempestando il cellulare della donna con telefonate e messaggi, dai contenuti poco rassicuranti non solo per lei ma anche per il suo attuale compagno. Acclarate le difficoltà emotive della donna – testimoniate da tensione, preoccupazione, nervosismo, paura –, è assolutamente corretta la condanna dell’uomo per il reato di stalking Cassazione, sentenza n. 5316, quinta sezione penale, depositata oggi Cellulare. Dieci mesi da incubo, da gennaio a ottobre 2012, per una donna, a causa del pressing telefonico messo in atto dall’ ex marito. Telefonate e messaggi a raffica sul suo cellulare, tutti caratterizzati da contenuti assai negativi nei confronti di lei e dell’attuale compagno. Evidente, per i giudici di merito, la gravità della condotta dell’uomo, qualificabile come atti persecutori in piena regola. Conseguenziale la condanna a un anno e tre mesi di reclusione . Secondo l’uomo, però, è mancato un approfondimento – indispensabile – sulla reale e concreta potenzialità offensiva , a suo dire inesistente, dei messaggi e delle telefonate. E per rendere più fragili le accuse nei suoi confronti, l’uomo aggiunge un altro particolare alcune telefonate minacciose risultano essere state effettuate con un telefono che era nella disponibilità della donna. Persecuzione. Tutte le contestazioni mosse rispetto alla condanna emessa in Corte d’Appello, però, si rivelano assolutamente inutili. Ciò perché, evidenziano i Giudici della Cassazione, è di facile lettura la vicenda , a partire da un dato chiarissimo i tabulati hanno dimostrato che dalle utenze sicuramente in uso esclusivo dell’uomo sono partite, in un ristretto arco di tempo, settantacinque chiamate sulle due utenze della donna, oltre ad altre quattordici chiamate su una ulteriore utenza della donna. Rilevante, però, è soprattutto l’ effetto destabilizzante della condotta dell’uomo sull’equilibrio psichico della donna , testimoniato dal timore per l’incolumità propria e per le persone a lei legate , come, ad esempio, l’attuale compagno. Indiscutibile, poi, il dis valore dei comportamenti dell’uomo, che – peraltro, già condannato per condotte analoghe – ha commesso, in un arco di tempo caratterizzato da particolare pressione psicologica, una serie di comportamenti proiettati a polemizzare sul rapporto cessato e a convincere la donna a una riapertura del dialogo in vista della ripresa della relazione . Senza dimenticare, va aggiunto, all’interno di questo quadro di aggressività , il comportamento intimidatorio che l’uomo ha tenuto nei confronti delle figlie e del compagno della donna. Tutto ciò conduce a confermare, senza alcun tentennamento, la condanna dell’uomo a un anno e tre mesi di detenzione per lo stalking compiuto ai danni dell’ ex moglie.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 16 settembre 2014 – 4 febbraio 2015, n. 5316 Presidente Marasca – Relatore Bevere Fatto e diritto Con sentenza 15.11.2013, la corte di appello di Bari, in parziale riforma della sentenza emessa ex art. 438 c.p.p. il 27.3.2013 dal tribunale di Foggia, sezione di Trinitapoli , ha assolto V.R. dal reato di incendio doloso dell'auto di proprietà della moglie separata P.O. per non aver commesso il fatto e ha rideterminato nella misura di un anno e tre mesi di reclusione la pena inflitta per il reato di atti persecutori in danno della predetta. Nell'interesse del V. è stato presentato ricorso per i seguenti motivi 1. violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento all'art. 612 bis c.p. l'esame delle telefonate e dei messaggi inviati attraverso il telefono cellulare non hanno contenuto minaccioso e quindi non hanno la potenzialità di porre la persona offesa in stato d'ansia o di paura . La reiterazione di queste comunicazioni costituisce di per sé elemento costitutivo non esclusivamente del delitto di cui all'art. 612 bis c.p. , ma anche della contravvenzione ex art. 660 c.p Sotto questo profilo, la corte ha errato laddove ha affermato che le ripetute telefonate e i ripetuti messaggi costituiscono elemento fondante del delitto contestato, senza aver esaminato la loro potenzialità offensiva nel senso voluto dalla norma ex art. 612 bis c.p. 2. vizio di motivazione in riferimento al travisamento del contenuto delle dichiarazioni della P. e del sua compagno Rinaldi , avendo attribuito a costoro atteggiamenti dettati dal timore, mentre tali dichiarazioni dimostrano che erano essi ad aver agito nei confronti dell'imputato . L'illogicità della motivazione emerge anche dalla interpretazione del fatto che alcune telefonate minacciose risultano essere state effettuate con un telefono che era nella disponibilità della figlia della persona offesa . Questo dato logicamente interpretato fa venir meno l'attendibilità delle dichiarazioni della P. e della figlia. Il ricorso è inammissibile. I motivi sono manifestamente infondati, in quanto propongono,in chiave critica, valutazioni fattuali, sprovviste di specifici e persuasivi addentellati storici, nonché prive di qualsiasi coerenza logica, idonea a soverchiante e a infrangere la lineare razionalità , che ha guidato le conclusioni della corte di merito. Con esse,in realtà , il ricorrente pretende la rilettura del quadro probatorio e, contestualmente , il sostanziale riesame nel merito. Questa pretesa è tanto più inammissibile nel caso in esame la struttura razionale della motivazione sulla responsabilità in ordine al delitto di atti persecutori facendo proprie e integrando le analisi fattuali e le valutazioni logico-giuridiche della sentenza di primo grado ha determinato un organico e inscindibile accertamento giudiziale , avente una sua chiara e puntuale coerenza argomentativa, che è saldamente ancorata ai risultati dell'istruttoria dibattimentale alla luce dei quali è emerso che 1. nell'arco di tempo, compreso tra il 19 gennaio e il 19 ottobre 2012 , la donna è stata investita da una serie di telefonate, e di messaggi telefonici provenienti dal marito separato V.R., accompagnati da appostamenti presso l'abitazione e il luogo di lavoro 2. il contenuto di tali messaggi è stato razionalmente e insindacabilmente ritenuto dai giudici di merito ingiurioso e intimidatorio , a danno della persona offesa e dell'attuale compagno Rinaldi Antonio 3. questi dati provenienti prevalentemente dalle dichiarazioni della P., sono stati sottoposti ad attenta analisi da parte dei giudici di merito che ne hanno posto in rilievo la coerenza logica, la precisione, unitamente alla assenza di convincenti smentite 4. quanto alla provenienza di alcune telefonate da un'utenza intestata all'imputato , ma nella disponibilità della figlia della donna, a nome S., la corte di merito ha razionalmente rilevato che, a prescindere della titolarità dell'utenza , riferibile all'imputato, e dalla naturale possibilità che sia stata utilizzata anche da costui, i tabulati hanno dimostrato che dalle utenze sicuramente in uso esclusivo del V. sono partite -in un ristretto arco di tempo 75 chiamate sulle due utenze della persona offesa e 14 su un'altra utenza della donna 5. l'effetto destabilizzante di queste condotte sull'equilibrio psichico della donna, il timore per l'incolumità propria e per le persone a lei legate , la loro incidenza negativa sulle sue scelte di vita sono stati rilevati dai giudici di merito , con argomentazioni perfettamente fedeli alle risultanze processuali e alla loro razionale interpretazione il V. , aveva ostacolato,dopo la separazione nuove relazioni sentimentali della donna D.F.G., aveva interrotto il rapporto con la P. a causa delle intimidazioni del V. lo stesso imputato ha ammesso di aver fermato il Rinaldi e di avergli preannunciato una brutta fine a causa dell'ossessiva presenza del V. nei pressi dell'abitazione , la P. aveva proibito alle figlie di affacciarsi alla finestra Deve quindi ritenersi pienamente fondata probatoriamente e razionalmente la conclusione dei giudici di merito il V. già condannato per condotte analoghe ha commesso in un arco di tempo caratterizzato da particolare pressione psicologica, una serie di comportamenti proiettati a polemizzare sul rapporto cessato e a convincere la donna a una riapertura del dialogo, in vista della ripresa della relazione. In questo quadro di aggressività dal molteplice profilo in danno della donna, si è inserito un correlato comportamento percepito correttamente come intimidatorio nei confronti delle figlie e del compagno della persona offesa . Le conclusioni dei giudici di merito sulla sussistenza di un atteggiamento persecutorio in danno della P. sono quindi pienamente conformi alle risultanze delle indagini e alla loro razionale interpretazione. L'evento scaturito da questo piano di violenza materiale e psicologica è costituito naturalmente da un stato turbamento psicologico della donna,derivante non da un singolo fattore di stimolo ansiogeno, ma da una serie di comportamenti persecutori , che hanno evidentemente determinato una rottura nell'equilibrio emotivo della donna che si è espressa in un crescendo, di tensione,preoccupazione, nervosismo, paura, di grave spessore e perdurante nel tempo , data la stabilità dell'atteggiamento intimidatorio rancoroso e vendicativo dell'uomo . Questo perdurante stato di turbamento emotivo è stato ragionevolmente ritenuto idoneo a essere inquadrato nell'evento di cui all'art. 612 bis c.p Ne consegue la dichiarazione di inammissibilità del ricorso con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1000 in favore della Cassa delle Ammende. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.