Cartellino timbrato e via dall’ufficio: truffa evidente, ma i problemi psichici salvano il lavoratore

Confermata la decisione del gup di optare per il ‘non luogo a procedere’ per difetto di imputabilità dell’uomo, dirigente medico di un’Azienda sanitaria. Decisivo il disturbo delirante cronico da cui è affetto. Tali precarie condizioni, però, non possono certo rappresentare una giustificazione per le assenze dal luogo di lavoro

Bluff clamoroso a lavoro come da italica abitudine, cartellino regolarmente timbrato dal dipendente – dirigente medico di un’Azienda sanitaria –, il quale, però, poi pensava bene di salutare i colleghi d’ufficio e andarsene in giro Evidente la sostanza dell’accusa di truffa, certificata dai compensi illegittimamente percepiti dall’uomo per ben due mesi, e pari a quasi 22mila euro. A salvare il dirigente dell’Azienda sanitaria, però, è una perizia sulle sue condizioni psichiche, perizia che evidenzia un disturbo delirante cronico e che conduce alla pronuncia di non imputabilità, pur non mettendo minimamente in discussione la sostanza del reato compiuto ai danni della struttura pubblica Cassazione, sentenza n. 4397, sez. II Penale, depositata oggi . Psiche. Nessun dubbio, alla luce della ricostruzione della vicenda, sulle accuse mosse nei confronti del dirigente medico di un’Azienda sanitaria . Quest’ultimo, difatti, timbrava i cartellini segnatempo attestanti la presenza sul luogo di lavoro , da cui, però, egli si allontanava senza effettuare le prestazioni lavorative, inducendo così in errore l’amministrazione di appartenenza che gli corrispondeva, dall’aprile 2011 al giugno 2011, l’importo non dovuto di oltre 21mila e 800 euro. Inevitabile, quindi, il rinvio a giudizio , ma a modificare la situazione provvede una perizia che certifica un disturbo delirante cronico che affligge l’uomo. Per questo, il giudice dell’udienza preliminare del Tribunale opta per il non luogo a procedere per difetto di imputabilità . Truffa. Ciò, però, non soddisfa il dirigente dell’Azienda sanitaria, il quale decide addirittura di proporre ricorso in Cassazione, sostenendo la tesi della non configurabilità del reato e richiamando, a questo proposito, una certificazione medica confermativa della perizia e attestante il suo precario stato di salute mentale, a causa del quale egli si era assentato dal lavoro . Questa visione, però, viene ritenuta non accoglibile dai giudici del ‘Palazzaccio’, i quali confermano sì la decisione del gup, ma, allo stesso tempo, ritengono evidente e acclarata la sostanza delle accuse mosse al dipendente dell’Azienda sanitaria. Su quest’ultimo punto, in particolare, viene ricordato che anche il giudice dell’udienza preliminare ha rilevato che, quanto ai fatti oggetto d’imputazione, l’esposto, in atti, dell’Asl, con documenti allegati, consente di ritenere accertata la configurabilità, in termini materiali e di colpevolezza, il reato attribuito all’uomo ciò significa, aggiungono i giudici, che la documentazione in atti non consentiva alcun proscioglimento, ma, anzi, imponeva il rinvio a giudizio . E, difatti, proprio il dirigente medico non ha contestato di essersi assentato dopo avere timbrato i ‘cartellini segnatempo’ . Però, ribadiscono ora i giudici della Cassazione, non si è potuto procedere semplicemente perché quel comportamento – integrante gli estremi del contestato reato di truffa aggravata – fu tenuto dall’uomo quando egli si trovava in stato di non imputabilità alla luce del suo precario stato di salute , che, tuttavia, non può certo determinare il ‘non luogo a procedere’ per motivi di merito .

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 13 – 30 gennaio 2015, n. 4397 Presidente Esposito – Relatore Rago Fatto e diritto 1. Con sentenza del 07/03/2014, il giudice dell'udienza preliminare del tribunale di Roma disponeva il non luogo a procedere nei confronti di N.G. - imputato per il reato di cui all'art. 640/2 cod. pen. - per difetto di imputabilità essendo il medesimo affetto da un disturbo delirante cronico così come accertato dal perito. 2. Avverso la suddetta sentenza, l'imputato, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione deducendo la VIOLAZIONE DELL'ART. 425 COD. PROC. PEN. per avere il giudice pronunciato sentenza di non luogo a procedere per mancanza di imputabilità nonostante non vi fosse alcuno elemento per sostenere la configurabilità del reato attribuitogli. Con memoria depositata il 30/12/2014, il ricorrente ha ribadito ed ulteriormente illustrato quanto dedotto con il ricorso. 3. II ricorso è infondato. Il ricorrente era stato imputato del reato di truffa aggravata perché, nella sua qualità di dirigente medico dell'ASL RMC timbrava i cartellini segnatempo attestanti la presenza sul luogo del lavoro dal quale, però, si allontanava senza effettuare le prestazioni lavorative inducendo così in errore l'Amministrazione di appartenenza che gli corrispondeva, dal 18/04/2011 al 30/06/2011, l'importo non dovuto di € 21.842,52. Ora, secondo la costante e consolidata giurisprudenza di questa Corte di legittimità, il giudice dell'udienza preliminare può pronunciare sentenza di non luogo a provvedere solo quando il materiale probatorio sia assolutamente inidoneo a sostenere l'accusa in giudizio e cioè quando mancano le condizioni per una prognosi favorevole all'accusa il giudizio del giudice dell'udienza preliminare quindi, dev'essere di mera valutazione processuale e non un vero e proprio giudizio di merito sulla colpevolezza dell'imputato, giudizio che compete solo al giudice del dibattimento in terminis Cass. 22864/2009 riv 244202 - Cass. 45046/2008 riv 242222 - Cass. 14034/2008 rv 239514 - Cass. 13163/2008 rv 239701 - Cass. 45275/2001. Il giudice dell'udienza preliminare infatti, ha una funzione di filtro e, nel rispetto di tale funzione, gli spetta solo decidere se il materiale probatorio offerto dall'accusa sia o meno idoneo a sostenere l'accusa in giudizio giudizio prognostico che, con tutta evidenza, è, però, di natura processuale e non di merito, sicché dev'essere escluso il proscioglimento in tutti quei casi in cui le fonti di prova a carico dell'imputato si prestino a soluzione alternative o aperte o, comunque che possano essere diversamente rivalutate in terminis, Cass. sez II 8/10/2008 n° 40406 - Cass. 35178/2008 Rv. 242092 Cass. 13922/2012. In sintesi, il giudice dell'udienza preliminare nel pronunciare sentenza di non luogo a provvedere a norma dell'art. 425/3 c.p.p. deve valutare, sotto il solo profilo processuale, se gli elementi acquisiti risultino insufficienti, contraddittori o comunque non idonei a sostenere l'accusa in giudizio. Il giudice dell'udienza preliminare nell'effettuare la suddetta valutazione, non può entrare in una complessa ed approfondita disamina del merito del materiale probatorio ed esprimere, quindi, un giudizio sulla colpevolezza dell'imputato, essendo tale valutazione riservata al Tribunale all'esito del dibattimento ed essendogli inibito il proscioglimento in tutti quei casi in cui le fonti di prova a carico dell'imputato si prestino a soluzione alternative, aperte o, comunque ad essere diversamente rivalutate. Ora, nel caso di specie, il giudice dell'udienza preliminare ha rilevato che, quanto ai fatti oggetto d'imputazione, l'esposto in atti dell'Asl Roma C, del 30/09/2011, prot. 59554, con documenti allegati, consente di ritenere accertata la configurabilità, in termini materiali e di colpevolezza il reato attribuito all'imputato il che significa che la documentazione in atti non consentiva alcun proscioglimento ma, anzi, imponeva il rinvio a giudizio. Poiché, però, era emersa una pacifica causa di non imputabilità, correttamente, il giudice dell'udienza preliminare ha dichiarato il non luogo a provvedere per difetto di imputabilità. Sul punto va osservato che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, a seguito della modifica dell'art. 425 cod. proc. pen., introdotta con l'art. 23 della L. n. 479 del 1999, deve ritenersi ricompresa nella disposizione normativa secondo cui il giudice può pronunciare sentenza di proscioglimento nei confronti di persona non punibile per qualsiasi causa anche l'ipotesi di difetto di imputabilità per incapacità di intendere e di volere, a condizione che non debba essere applicata una misura di sicurezza personale, in considerazione dell'assenza di pericolosità sociale dell'imputato Cass. 21826/2014 Rv. 259577. Il che deve ritenersi avvenuto nel caso di specie in quanto non risulta che il ricorrente, benché incapace d'intendere e volere, fosse anche pericoloso infatti, il giudice - nonostante fosse stata disposta una perizia ad hoc - nulla dice in motivazione sulla pericolosità e nulla dispone in dispositivo essendosi solo limitato a dichiarare il non luogo a procedere per difetto di imputabilità. E, d'altra parte, è lo stesso ricorrente che, pur insistendo nel concordare con la diagnosi del perito nominato d'ufficio e, quindi, di trovarsi in uno stato di non imputabilità , tuttavia non ha mai sostenuto di essere pericoloso socialmente. Il ricorrente in questa sede, si è limitato a produrre ulteriore certificazione medica confermativa della perizia ed attestante il suo precario stato di salute mentale a causa del quale egli si era assentato dal lavoro ma non spiega per quali ragioni la suddetta documentazione dovrebbe provare l'infondatezza dell'ipotesi accusatoria. In altri termini, è lo stesso ricorrente che non contesta di essersi assentato dopo avere timbrato i cartellini segnatempo ciò implica l'astratta configurabilità del contestato reato, reato per il quale, però, non si poteva procedere in considerazione del fatto che quel comportamento - integrante gli estremi del contestato reato di truffa aggravata - fu tenuto dall'imputato quando si trovava in stato di non imputabilità. Di conseguenza, la correttezza della decisione impugnata resta ancor di più confermata proprio perché lo stato precario di salute mentale, se costituisce una causa di non imputabilità, non può certo determinare il non luogo a procedere per motivi di merito. In conclusione, l'impugnazione deve rigettarsi con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.