Rabbia di donna: “Se scendi, ti taglio le p...e”. Ignoranza e linguaggio mediatico non rendono il fatto meno grave

Confermata, in via definitiva, la condanna nei confronti di una donna che ha scaricato la propria rabbia nei confronti di un anziano uomo. Inaccettabile la tesi difensiva, poggiata sul basso livello culturale, e sul fatto che la frase incriminata sia stata ispirata da suggestioni cinematografiche e televisive.

Basso livello culturale, da un lato, e bombardamento – di livello altrettanto basso – mediatico, dall’altro. Ciò nonostante, però, per una persona senziente – seppur ignorante – è facile capire in pieno il senso di una minaccia, a maggior ragione quando essa è rivolta alla virilità del proprio ‘nemico’ Conseguenziale la condanna per una donna che ha diretto la propria rabbia contro un uomo, esprimendo la propria intenzione di tagliargli le p e” Cassazione, sentenza n. 3855, sez. V Penale, depositata oggi . Intimidazione. Parole chiarissime, non equivocabili, quelle utilizzate dalla donna nei confronti di un uomo anziano Se scendi, ti taglio le p e”. Ecco spiegata la decisione del Giudice di pace, il quale ha ritenuto la donna colpevole del reato di minaccia . Decisivi tre elementi il tenore della querela, acquisita anche ai fini probatori le dichiarazioni della badante straniera dell’uomo infine, la informativa di reato . Questione chiusa? Assolutamente, e incredibilmente, no! Perché il difensore della donna propone ricorso in Cassazione, contestando la portata minacciosa della frase incriminata, alla luce del limitato livello culturale della donna, suggestionata , sempre secondo il difensore, dal linguaggio degli odierni mezzi di comunicazione . Ma la linea difensiva proposta dal legale, e poggiata, in sostanza, sugli effetti negativi provocati da cinema, televisione e web, viene ritenuta risibile dai giudici del ‘Palazzaccio’. Impensabile, quindi, escludere la configurabilità della minaccia , per il carattere , secondo quanto sostenuto dal legale, stereotipato dell’espressione utilizzata, ispirata da suggestioni cinematografiche e televisive . Assolutamente evidente, invece, la idoneità della condotta – della frase , in questo caso – a intimidire la persona offesa. Su quest’ultimo punto, in conclusione, si soffermano i giudici, evidenziando che la minaccia di tagliare le p e”, rivolta in un contesto di elevata conflittualità, è certamente idonea a produrre effetti intimidatori sulla persona offesa, a prescindere dal fatto che il turbamento psichico si verifichi, oppure no, in concreto . Tutto ciò conduce alla conferma definitiva della condanna della donna per il reato di minaccia .

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 26 settembre 2014 – 27 gennaio 2015, n. 3855 Presidente Bevere – Relatore Oldi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 6 giugno 2013 il giudice di pace di Taurianova ha dichiarato R.L. colpevole del delitto di minaccia in danno di R.L., per avergli rivolto la frase Se scendi ti taglio le palle . Ha ritenuto il giudicante che il reato fosse provato dal tenore della querela, acquisita anche ai fini probatori, nonché dalle dichiarazioni della badante della persona offesa. 2. Ha proposto ricorso per cassazione l'imputata, per il tramite del difensore, deducendo violazione di legge. Nell'illustrazione del ricorso si sostiene che l'accusa è il portato di una persecuzione calunniosa posta in essere a più riprese dal L. e dalla E. nei confronti dell'imputata, sfrattata di fatto dalla sua abitazione attraverso un ingiusto provvedimento del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palmi. Si nega quindi la sussistenza del fatto, del quale comunque si contesta la portata minacciosa in relazione al limitato livello culturale dell'imputata, suggestionata dal linguaggio degli odierni mezzi di comunicazione. Considerato in diritto 1. II ricorso è inammissibile, in parte perché generico e in parte perché manifestamente infondato. 2. Inosservante del requisito di specificità è la doglianza con la quale la ricorrente sostiene l'infondatezza dell'accusa rivoltale, siccome frutto di una persecuzione calunniosa ai suoi danni, senza addurre concrete censure nei confronti della sentenza che all'ipotesi accusatoria ha dato motivatamente credito. 3. Manifestamente infondato è l'assunto secondo cui sarebbe da escludere la configurabilità della minaccia a motivo del carattere stereotipato dell'espressione utilizzata, assertivamente ispirata da suggestioni cinematografiche e televisive. In proposito va ricordato che, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale v. per tutte Sez. 1, n. 47739 dei 06/11/2008, Giuliani, Rv. 242484 , il delitto di minaccia è reato di pericolo che non presuppone la concreta intimidazione della persona offesa, ma solo la comprovata idoneità della condotta ad intimidirla. La minaccia di tagliare le palle , rivolta in un contesto di elevata conflittualità, è certamente idonea a produrre effetti intimidatori sul soggetto passivo, indipendentemente dal fatto che il turbamento psichico si verifichi, oppure no, in concreto. Correttamente, pertanto, i giudici di merito hanno ritenuto applicabile alla fattispecie il disposto dell'art. 612 cod. pen 4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso conseguono le statuizioni di cui all'art. 616 cod. proc. pen P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.