Il rapinatore suona due volte, ma quanti sono i reati?

Si ha un solo tentativo di rapina, anche in presenza di molteplici atti di violenza o minaccia, se questi risultano sorretti da un’unica e continua determinazione che non registri, sul piano della volontà, interruzioni o desistenze, e costituiscano quindi singoli momenti di un’unica azione.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 2542, depositata il 21 gennaio 2015. Il caso. La Corte d’appello di Potenza condannava un imputato per due tentate rapine pluriaggravate, unite in continuazione, perché commesse nelle medesime circostanze di tempo e di luogo ed in danno della medesima persona offesa. L’imputato ricorreva in Cassazione, lamentando il fatto che i due tentativi di rapina costituissero in realtà un’unica vicenda. Stesso fine, stesso reato. La Corte di Cassazione afferma che, in tema di unità o pluralità dei reati, le diverse condotte di violenza o minaccia finalizzate a procurarsi un ingiusto profitto mediante impossessamento di cose mobili altrui, sottratte a chi le detenga, costituiscono autonomi tentativi di rapina, unificabili sotto il vincolo della continuazione, se, singolarmente considerate in relazione alle circostanze del caso concreto e, in particolare, alle modalità di realizzazione ed all’elemento temporale, appaiono dotate di una propria completa individualità. Invece, si ha un solo tentativo di rapina, anche in presenza di molteplici atti di violenza o minaccia, se questi risultano sorretti da un’unica e continua determinazione che non registri, sul piano della volontà, interruzioni o desistenze, e costituiscano quindi singoli momenti di un’unica azione. Nel caso di specie, le distinte condotte violente dell’imputato erano tutte finalizzate a conseguire lo stesso obiettivo rapinare la gioielleria e questa determinazione non aveva registrato, sul piano della volontà, interruzioni o desistenze. Costituivano, perciò, singoli momenti di un’unica azione posta in essere nelle medesime circostanze di tempo e di luogo e in danno dello stesso soggetto, prima per rapinarlo e poi per fuggire. Per questi motivi, la Corte di Cassazione dichiara assorbito uno dei due reati.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 16 ottobre 2014 – 21 gennaio 2015, n. 2542 Presidente Gentile – Relatore Beltrani Ritenuto in fatto Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Potenza ha confermato la sentenza emessa in data 15.1.2013 dal Tribunale di Melfi, che aveva dichiarato M.C.D. , in atti generalizzato, colpevole di 2 tentate rapine pluriaggravate, lesioni aggravate e porto illegale in luogo pubblico aggravato di una pistola, in continuazione fatti commessi in OMISSIS il OMISSIS , condannandolo alla pena ritenuta di giustizia. Contro tale provvedimento, l'imputato con l'ausilio di un difensore iscritto all'apposito albo speciale ha proposto ricorso per cassazione, deducendo i seguenti motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173, comma 1, disp. att. c.p.p. I - erronea applicazione di legge artt. 628 ed 81 c.p. , poiché i distinti reati di cui ai capi A e B costituirebbero in realtà un'unica vicenda II - insussistenza della circostanza aggravante speciale del travisamento poiché l'imputato indossava soltanto un paio di occhiali da sole III - illogicità della motivazione quanto al trattamento sanzionatorio ed al diniego delle circostanze attenuanti generiche. All'odierna udienza pubblica, è stata verificata la regolarità degli avvisi di rito all'esito, la parte presente ha concluso come da epigrafe, e questa Corte, riunita in camera di consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti, pubblicato mediante lettura in pubblica udienza. Considerato in diritto Il primo motivo è fondato il ricorso, nel resto, va rigettato perché, nel complesso, infondato. 1. Il primo motivo è fondato. 1.1. La Corte di appello ha ritenuto la sussistenza, in continuazione, delle tentate rapine di cui ai capi A e B , commesse nelle medesime circostanze di tempo e di luogo ed in danno del medesimo soggetto-persona offesa il gestore della rapinanda gioielleria . 1.2. La fattispecie pone il problema di valutare se le predette condotte integrino, o meno, una pluralità di reati. A tal fine, occorre prima accertare se ci si trovi in presenza di una azione unica o meno, e ciò alla stregua del duplice criterio finalistico e temporale. Azione unica, infatti, non equivale ad atto unico, ben potendo la stessa essere composta da una molteplicità di atti che, in quanto diretti al conseguimento di un unico risultato, altro non sono che un frammento dell'azione, una modalità esecutiva della condotta delittuosa. A sua volta, l'unicità del fine non basta ad imprimere all'azione un carattere unitario, essendo necessaria la c.d. contestualità , vale a dire l'immediato succedersi dei singoli atti, sì da rendere l'azione unica. Ne consegue che le diverse condotte di violenza o minaccia poste in essere per procurarsi un ingiusto profitto, finalizzate ad impossessarsi di cose mobili altrui, sottraendole a chi le detenga, costituiscono autonomi tentativi di reato, unificabili sotto il vincolo della continuazione, quando singolarmente considerate in relazione alle circostanze del caso concreto ed, in particolare, alle modalità di realizzazione e soprattutto all'elemento temporale, appaiano dotate di una propria completa individualità al contrario, si ha un solo tentativo di rapina, pur in presenza di molteplici atti di violenza o minaccia, allorché questi, alla stregua dei criteri sopra enunciati, risultino sorretti da un'unica e continua determinazione che non registri, sul piano della volontà, interruzioni, desistenze o quant'altro, e costituiscano perciò singoli momenti di un'unica azione. Ad esempio, si è già ritenuto Sez. VI, sentenza n. 9952 del 22.1.2003, CED Cass. n. 224040 che, in tema di tentativo di rapina impropria, le minacce rivolte nei confronti di più persone, che siano state presenti o siano intervenute immediatamente dopo il fatto, anche diverse da quella che ha subito la tentata sottrazione, se proferite nell'ambito del medesimo ed unico contesto illecito, senza un'apprezzabile soluzione di continuità ed all'unico fine di garantirsi l'impunità, non integrano una pluralità di condotte illecite, ma costituiscono un'unica azione criminosa. Va, in proposito, affermato il seguente principio di diritto In tema di unità o pluralità di reati, le diverse condotte di violenza o minaccia finalizzate a procurarsi un ingiusto profitto mediante impossessamento di cose mobili altrui, sottratte a chi le detenga, costituiscono autonomi tentativi di rapina, unificabili sotto il vincolo della continuazione, quando singolarmente considerate in relazione alle circostanze del caso concreto ed, in particolare, alle modalità di realizzazione ed all'elemento temporale, appaiano dotate di una propria completa individualità al contrario, si ha un solo tentativo di rapina, pur in presenza di molteplici atti di violenza o minaccia, allorché questi ultimi risultino sorretti da un'unica e continua determinazione che non registri, sul piano della volontà, interruzioni o desistenze, e costituiscano perciò singoli momenti di un'unica azione”. 1.3. In applicazione di tali argomentazioni, appare evidente, nel caso concreto, che le distinte condotte violente contestate all'imputato risultino sorrette da un'unica e continua determinazione di rapinare la gioielleria de qua, che non ha registrato, sul piano della volontà, interruzioni o desistenze, e costituiscono perciò singoli momenti di un'unica azione posta in essere nelle medesime circostanze di tempo e di luogo, ed in danno del medesimo soggetto prima per rapinarlo, poi per darsi utilmente alla fuga . Il reato di cui al capo B risulta, pertanto, assorbito nel reato di cui al capo A . 2. Il secondo motivo è infondato. Questa Corte ha già chiarito, in proposito, che, ai fini della sussistenza della circostanza aggravante del travisamento nel delitto di rapina, è sufficiente anche una lieve alterazione dell'aspetto esteriore della persona, conseguita con qualsiasi mezzo, anche rudimentale, purché idonea a rendere difficoltoso il riconoscimento di essa Sez. II, sentenza n. 18858 del 27.4.2011, CED Cass. n. 250114, in fattispecie nella quale si è ritenuto che la circostanza aggravante de qua fosse integrata da un travisamento posto in essere dal rapinatore indossando un cappello con visiera ed un paio di occhiali scuri . A questo orientamento si è correttamente attenuta la Corte di appello nel ritenere la sussistenza della contestata aggravante de qua. 3. Il terzo motivo è inammissibile perché assolutamente privo di specificità in tutte le sue articolazioni, reiterando, più o meno pedissequamente, censure già dedotte in appello e già non accolte Sez. IV, sentenza n. 15497 del 22 febbraio - 24 aprile 2002, CED Cass. n. 221693 Sez. VI, sentenza n. 34521 del 27 giugno - 8 agosto 2013, CED Cass. n. 256133 , in modo del tutto assertivo, e comunque manifestamente infondato, a fronte dei rilievi con i quali la Corte di appello - con argomentazioni giuridicamente corrette, nonché esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede - ha motivato la determinazione del trattamento sanzionatorio ed il diniego delle circostanze attenuanti generiche, valorizzando f. 5 s. la gravità del fatto motivatamente desunta dalla notevole spregiudicatezza criminale, essendo stata la rapina commessa durante la sottoposizione ad una misura alternativa alla detenzione, dalla spiccata aggressività, palesata dall'uso della violenza e dalla partecipazione di due complici, con l'uso di una pistola per minacciare la vittima, nonché dal notevole allarme sociale, essendo stato il fatto delittuoso commesso all'interno di una gioielleria situata nel centro abitato” ed i numerosi e specifici precedenti penali dell'imputato, a fronte dei quali è apparsa priva di contrario rilievo la confessione, necessitata dalla flagranza di reato, e quindi non sintomatica di significativa meritevolezza. 4. La sentenza impugnata va, pertanto, annullata limitatamente al reato di cui al capo B , perché assorbito nel reato di cui al capo A , con rinvio alla Corte di appello di Salerno per la determinazione del nuovo trattamento sanzionatorio. Gli ulteriori motivi di ricorso vanno rigettati. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo B perché assorbito nel reato di cui al capo A , con rinvio alla Corte di appello di Salerno per la rideterminazione del nuovo trattamento sanzionatorio. Rigetta nel resto il ricorso.