Le ragioni del sequestro svaniscono solo con il completamento rateale concordato

Il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente del profitto del reato corrispondente all’ammontare dell’imposta evasa nei reati tributari può legittimamente permanere fino a quando permane l’indebito arricchimento derivante dall’azione illecita, che cessa con l’adempimento dell’obbligazione tributaria.

Questo l’orientamento della Suprema Corte ribadito nell’ordinanza n. 1364, depositata il 14 gennaio 2015. Il fatto. Il Tribunale di Trento rigettava l’istanza di riesame presentata dall’indagato, quale titolare di una ditta per omesso versamento di ritenute certificate e omesso versamento di IVA, avverso il decreto con cui il gip del Tribunale di Rovereto aveva disposto sequestro preventivo su beni di proprietà o in disponibilità dell’indagato. Contro tale decisione l’indagato ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo che non possa disporsi il sequestro di cose confiscabili se è in corso il pagamento rateizzato dei debiti tributari. Infatti, il titolare della ditta sostiene di aver ottemperato alle richieste di pagamento pervenutegli dall’Agenzia delle Entrate, sottoscrivendo un impegno di pagamento rateale con ratei trimestrali, in seguito regolarmente pagati alla scadenza. Lamenta, altresì, la violazione del principio di uguaglianza, chiedendo la configurabilità di una disparità di trattamento tra i contribuenti in grado di adempiere al piano di rientro in un’unica soluzione e coloro che non ne abbiano le capacità finanziarie. Le ragioni che legittimano il sequestro preventivo. Il Collegio, riporta l’assesto della giurisprudenza di legittimità sulla tematica, la quale riconosce che il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente del profitto del reato corrispondente all’ammontare dell’imposta evasa nei reati tributari può legittimamente permanere fino a quando permane l’indebito arricchimento derivante dall’azione illecita, che cessa con l’adempimento dell’obbligazione tributaria . Pertanto, in caso di rateizzazione quale piano di rientro dal debito tributario, le ragioni del sequestro possono venir meno solo con il completamento rateale concordato . La rateizzazione può incidere sul quantum. Tale assunto non significa che la rateizzazione non incida sulla cautela penale, ma incide solo in termini di quantum , legittimando la decurtazione dell’importo corrispondente a quello che nel frattempo è già stato pagato. Sul punto, osserva il Collegio, il ricorrente non ha chiesto tale riduzione. La prospettazione del ricorrente che mira a superare tale assetto interpretativo appare, per usare le parole della Corte, artificiosa e irrilevante . Nessuna discriminazione. Sostenere, come voluto dal ricorrente, che vi sia una scriminante tra il soggetto che ha le risorse per adempiere integralmente in un’unica soluzione il suo debito tributario rispetto a quello che economicamente può soltanto avvalersi della rateizzazione è chiaramente irrilevante. Infatti, il ricorrente non ha in alcun modo dimostrato che l’utilizzazione del pagamento rateale sia stato frutto di una sua inadeguatezza economica e non, invece, di una scelta di gestione delle risorse della sua ditta. Il sequestro non è pena. Inoltre, conclude il Collegio, non c’è alcun contrasto tra il sequestro preventivo finalizzato alla confisca disposto durante un pagamento rateale rispetto al principio della rieducazione del reo come denunciato dal ricorrente , poiché il sequestro non è pena, e la confisca non è ancora stata disposta. Risultando, alla luce di tali considerazioni, il motivo infondato, la S.C. ha rigettato il ricorso e condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, ordinanza 12 novembre 2014 – 14 gennaio 2015, n. 1364 Presidente Fiale – Relatore Graziosi Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 15 aprile 2014 il Tribunale di Trento ha rigettato l'istanza di riesame, presentata da A.S. indagato quale titolare di una ditta per omesso versamento di ritenute certificate per l'anno 2010 e omesso versamento di Iva per l'anno 2011 - avverso decreto del 28 marzo 2014 con cui il gip del Tribunale di Rovereto aveva disposto sequestro preventivo fino alla concorrenza di € 570.097,26 su beni di proprietà o in disponibilità dell'indagato. 2. Hanno proposto ricorso i difensori, denunciando violazione dell’articolo 321 c.p.p. Adducono che non può disporsi il sequestro di cose confiscabili se è in corso il pagamento rateizzato dei debiti tributari, come ha riconosciuto la giurisprudenza di legittimità per l’avvenuto integrale pagamento, altrimenti incorrendosi in illegittimità costituzionale per irragionevolezza/disuguaglianza e in rapporto al principio della rieducazione della pena. Occorre pertanto discostarsi dalla giurisprudenza contraria, in quanto il pagamento rateale non è un pagamento parziale e l’obbligatorietà della confisca non ne comporta l'automatismo. Considerato in diritto 3. Il ricorso è infondato. Nell'unico motivo si adduce che nell'agosto 2003 che erano pervenute alla ditta di cui il ricorrente è il titolare richieste di pagamento dall'Agenzia delle Entrate, cui il ricorrente ottemperava sottoscrivendo un impegno di pagamento rateale con ratei di circa euro 28.000 trimestrali , in seguito regolarmente pagati alla scadenza. Al Tribunale del riesame si era pertanto evidenziato che il pagamento dell'imposta evasa fa venir meno la ratio del sequestro per equivalente, sicché il pagamento rateale - ove realizzato, come nella specie, con serietà e puntualità - fa venir meno la funzione anticipatoria del sequestro , la cui persistenza pregiudicherebbe le finalità per cui esso è predisposto e cioè il completo adempimento dell'obbligazione tributaria . Su questo profilo, il Tribunale ha osservato che di per sé la sottoscrizione di piani di rientro concordati con l’Erario non incide sulla misura cautelare, poiché, come insegna giurisprudenza nomofilattica, solo il completamento del pagamento rateale concordato può far venir meno le ragioni del sequestro e avendo la difesa prospettato profili di incostituzionalità, il Tribunale li ha esclusi rilevando che è rimessa alla discrezionalità del legislatore la previsione e la graduazione di istituti premiali volti ad incentivare un adempimento tardivo dell'obbligazione tributaria , e negando altresì la configurabilità di disparità di trattamento tra i contribuenti in grado di adempiere al piano di rientro in un'unica soluzione e coloro che non ne abbiano le capacità finanziarie. La questione è riproposta, quindi, con il ricorso, che, dopo avere richiamato la giurisprudenza per cui, appunto, il pagamento integrale della imposta evasa fa venir meno la ragione giustificativa del sequestro finalizzato alla confisca e della confisca stessa, propugna una equiparazione all'integrale pagamento del pagamento rateale tuttora in atto da parte del ricorrente, ripresentando asseriti aspetti di illegittimità costituzionale qualora una simile lettura non sia adottata. In particolare, si profilerebbero pesanti dubbi di costituzionalità del combinato disposto degli articoli 321 c.p.p., 322 ter c.p. e 1, comma 143, I. 244/2007 per evidente irragionevolezza delle conseguenze , violazione del principio di uguaglianza e del principio per cui le pene devono tendere alla rieducazione del reo. Sussisterebbe, infatti, una discriminazione tra chi può rientrare in un'unica soluzione e chi non è in grado se non con modalità rateale. Il pagamento rateale, poi, non potrebbe essere ritenuto parziale, perché il pagamento della rata non è un adempimento parziale e a sé stante, ma è una delle fasi in cui si attua nel tempo il pagamento integrale dell'obbligazione, che fin dall'inizio va dunque considerato nel suo complesso . Come riconosce lo stesso ricorrente, su questa tematica la giurisprudenza di questa Suprema Corte si è assestata in modo chiaro e non conforme alla impostazione del ricorso. Si è riconosciuto che il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente del profitto del reato corrispondente all'ammontare della imposta evasa nei reati tributari può legittimamente permanere fino a quando permane l'indebito arricchimento derivante dall'azione illecita, che cessa con l'adempimento dell'obbligazione tributaria così, tra gli arresti più recenti, Cass. sez. IlI, 12 luglio 2012 n. 46726 pertanto, in caso di rateizzazione quale piano di rientro dal debito tributario, le ragioni del sequestro possono venir meno solo con il completamento rateale concordato così S.U. 30 gennaio 2014 n. 10561, in motivazione, pagina 17 . Il che non significa che la rateizzazione non incida sulla cautela penale incide peraltro solo in termini di quantum, legittimando la decurtazione dell'importo corrispondente a quello che frattanto è già stato pagato da ultimo Cass. sez. IlI, 8 gennaio 2014 n. 6635 in tema di reati tributari, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, qualora sia stato perfezionato un accordo tra il contribuente e l'Amministrazione finanziaria per la rateizzazione del debito tributario, non può essere mantenuto sull'intero ammontare del profitto derivante dal mancato pagamento dell'imposta evasa, ma deve essere ridotto in misura corrispondente ai ratei versati per effetto della convenzione, poiché, altrimenti, verrebbe a determinarsi una inammissibile duplicazione sanzionatoria, In contrasto con il principio secondo il quale l'ablazione definitiva di un bene non può mai essere superiore al vantaggio economico conseguito dall'azione delittuosa . Tanto premesso, la prospettazione del ricorrente che mira a superare l'assetto interpretativo appena sintetizzato appare da un lato artificiosa e dall'altro irrilevante. Sotto il primo aspetto, invero, non può che definirsi una evidente forzatura logica, ovvero una artificiosità argomentativa, l'equiparazione del pagamento rateale con il pagamento integrale, poiché fino a quando non si è giunti a quest'ultimo l'adempimento della obbligazione tributaria non è compiuto, onde l'inserimento del pagamento della rata in un pagamento plurimo progressivo di per sé non può certo comportare immediatamente l'adempimento suddetto. Sotto il secondo aspetto, sostenere che vi sia una discriminazione tra il soggetto che ha le risorse per adempiere integralmente in un'unica soluzione il suo debito tributario rispetto a quello che economicamente può soltanto avvalersi della rateizzazione, a tacer d'altro, è chiaramente irrilevante, non avendo in alcun modo il ricorrente dimostrato che l'utilizzazione del pagamento rateale sia stato frutto di una sua inadeguatezza economica e non piuttosto di una scelta gestionale delle risorse della sua ditta. Né, poi, è individuabile alcun contrasto tra il sequestro preventivo finalizzato alla confisca disposto anche durante un pagamento rateale rispetto al principio della rieducazione del reo mediante la pena, poiché il sequestro non è pena, e la confisca non è stata ancora disposta, il che rende irrilevante anche questa eccezione di incostituzionalità. D'altronde, definire irragionevole la misura cautelare reale in questione perché impedirebbe l'adempimento dell'obbligazione tributaria ancora una volta, sempre a prescindere da ogni altro rilievo, risulta irrilevante censura nel caso di specie, poiché non si tratta della immobilizzazione sotto il vincolo della cautela penale di tutto il patrimonio, e non risulta quindi dimostrato che il ricorrente non abbia più nella sua disponibilità risorse sufficienti per procedere nell'adempimento, tra l'altro rateizzato, dell'obbligazione tributaria. E infine non si può non dare atto che il ricorrente, nel caso di specie, non ha chiesto neppure la riduzione dell'oggetto del sequestro tramite la detrazione degli importi delle rate già versate per l'adempimento dell'obbligazione suddetta. In conclusione, risultando infondato l'unico motivo, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.