Controllo della Polizia, citofono fatale per l’uomo ai domiciliari

Elemento decisivo è il resoconto fatto dagli agenti, i quali hanno provato a contattare ripetutamente l’uomo, tramite citofono, senza mai ottenere risposta. Tale verifica è sufficiente per considerare acclarata l’assenza illegittima dell’uomo dal proprio domicilio.

Pregasi citofonare ”, e gli agenti di Polizia hanno pienamente rispettato il ‘consiglio’, provando a contattare, così, ripetutamente, l’uomo, bloccato ai ‘domiciliari’. Risposte? Nessuna. E ciò basta per ritenere acclarato il reato di evasione Cassazione, sentenza n. 53550, sez. Feriale Penale, depositata oggi . Controllo. Evidente, per i giudici della Corte d’appello – i quali ribaltano la decisione assunta in Tribunale –, l’ assenza dell’uomo dal domicilio . Decisiva la verifica effettuata dalla Polizia. Ma è davvero così? A porre la domanda è, ovviamente, l’uomo, che, sottoposto agli arresti domiciliari , sostiene che la mancata risposta , da parte sua, alle chiamate al citofono, in orario notturno non è elemento sufficiente per portare a una condanna. Secondo l’uomo, in sostanza, quella mancata risposta è elemento equivoco , anche tenendo presente l’ orario notturno del controllo effettuato dagli agenti della Polizia. Dubbi assolutamente inutili, ribattono ora i giudici della Cassazione, confermando la condanna dell’uomo per il reato di evasione . Ciò perché è acclarato che la polizia, che svolgeva i controlli, ha proceduto alla ricerca della persona, presso il domicilio, mediante l’uso delle apposite suonerie, e con azione ripetuta , e tale dato di fatto è sufficiente per ritenere che l’uomo, sottoposto ai ‘domiciliari’, fosse, quella notte, fuori di casa. Assolutamente improponibile, quindi, sostenere la tesi di un accertamento differente della assenza dal domicilio .

Corte di Cassazione, sez. Feriale Penale, sentenza 11 settembre – 23 dicembre 2014, n. 53550 Presidente Cassano – Relatore Di Stefano Ritenuto in fatto A.G.G. propone ricorso a mezzo dei proprio difensore avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma del 3 marzo 2014 che, in riforma della sentenza del Tribunale di Roma del 10 luglio 2009, lo condannava per il reato di evasione commesso il 15 aprile 2007. A sostegno della impugnazione deduce la violazione di legge per essere stata ritenuta la sua responsabilità senza un effettivo accertamento della assenza dal domicilio, accertamento che certamente non poteva essere limitato al tentativo di chiamata al citofono in orario notturno in quanto la mancata risposta era elemento equivoco per le varie ragioni che la potevano giustificare pur essendo il ricorrente in casa. Considerato in diritto Il ricorso è infondato. Il ricorso deduce esservi una violazione di legge per la prova utilizzata a carico, ma tale violazione non è configurabile in quanto l'accertamento della evasione va effettuato secondo le normali regole in tema di libero convincimento senza alcuna previsione di prova legale. Perciò la questione relativa alla possibilità di un accertamento non diretto dell'assenza del domicilio, nel caso in esame desunto da una condotta di non risposta alla polizia recatasi per il controllo, va affrontata sotto il profilo dell'adeguatezza di una motivazione fondata sulla modalità di accertamento sopra indicata. Tale adeguatezza va considerata in relazione all'onere che non può che fare carico alla parte sottoposta al regime di detenzione domiciliare di porsi in condizione di garantire la possibilità di effettivo controllo della sua presenza in casa, in qualsiasi orario. In tale contesto, quindi, l'aver dato atto che la polizia giudiziaria che svolgeva i controlli ha proceduto alla ricerca della persona presso il domicilio mediante l'uso delle apposite suonerie e con azione ripetuta è motivazione adeguata ed esente da vizi logici. Il diverso tema dell'apprezzamento delle modalità concrete di esercizio di tale controllo rientra, invece, nell'ambito delle valutazioni di esclusiva competenza del giudice di merito le questioni che il ricorrente pure pone quanto a tali modalità non sono valutabili perché non deducono alcun vizio logico deducibile in questa sede. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.