Scritture contabili, lettura interessante ma non decisiva

La responsabilità per il delitto di bancarotta per distrazione richiede l’accertamento della previa disponibilità, da parte dell’imputato, dei beni non rinvenuti presso l’impresa.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 52219, depositata il 16 dicembre 2014. Il caso. La Corte d’appello di Genova condannava un imputato per i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e bancarotta semplice documentale. L’uomo, accomandatario di una società fallita, aveva distratto dei beni e, nei tre anni precedenti alla dichiarazione di fallimento, aveva omesso di istituire il libro giornale e quello degli inventari. L’imputato ricorreva in Cassazione, deducendo che per l’affermazione della responsabilità per bancarotta distrattiva serve la prova dell’esistenza, in un determinato periodo della vita sociale, dei beni che si assumono distratti. Tale prova non poteva essere desunta dalle sole scritture contabili, qualora il fallito adduca l’inattendibilità delle stesse. Con un secondo motivo di ricorso, poi, sosteneva che la tenuta informatica della contabilità esonerava l’imprenditore dalla tenuta dei registri previsti dall’art. 2214 c.c Valore di prova delle scritture contabili. La Corte di Cassazione ricorda che la responsabilità per il delitto di bancarotta per distrazione richiede l’accertamento della previa disponibilità, da parte dell’imputato, dei beni non rinvenuti presso l’impresa. L’accertamento non è condizionato dalla presunzione di attendibilità del corredo documentale dell’impresa, che non obbedisce alla qualificazione, in termini di prova, ai sensi dell’art. 2710 c.c. I libri bollati e vidimati nelle forme di legge, quando sono regolarmente tenuti, possono fare prova tra imprenditori per i rapporti inerenti all'esercizio dell'impresa . Perciò, le scritture contabili del fallito, per costituire prova della presenza, in una determinata epoca, di beni all’interno dell’impresa, devono essere valutate nella loro intrinseca attendibilità, anche alla luce della documentazione contabile reperita e delle prove concretamente esperibili, per accertare la loro corrispondenza al reale andamento degli affari e delle dinamiche aziendali. Ciò vale soprattutto qualora l’imprenditore neghi la corrispondenza al vero delle scritture, fornendo delle spiegazioni su tale discordanza, così come il curatore. Nel caso di specie, questo accertamento non era stato effettuato dai giudici di merito, che si erano basati su un dato contabile motivatamente contestato per sviluppare un ragionamento presuntivo per la determinazione dei ricavi che, anche se consentito in sede fiscale per la determinazione del reddito d’impresa, non è, in sede penale, un procedimento da cui ricavare la prova della responsabilità, che deve essere ancorata a dati di incontrovertibile valore inferenziale. Tenuta dei libri. Il primo motivo di ricorso viene quindi accolto dalla Corte di Cassazione, che rigetta, al contrario, il secondo. Infatti, il regime tributario di contabilità semplificata, previsto per le imprese minori, non comporta l’esonero dall’obbligo di tenuta dei libri e delle scritture contabili, previsto dall’art. 2214 c.c L’inadempimento integra il reato di bancarotta fraudolenta documentale, se mirato ad impedire la ricostruzione del patrimonio, o quello di bancarotta documentale semplice, se tale fine manca.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 30 ottobre – 16 dicembre 2014, n. 52219 Presidente Savani – Relatore Settembre Ritenuto in fatto 1. La Corte d'appello di Genova, con sentenza del 12/11/2013, in parziale riforma di quella emessa dal Giudice dell'udienza preliminare del locale Tribunale, all'esito di giudizio abbreviato, ha condannato R.P. per bancarotta fraudolenta patrimoniale e bancarotta semplice documentale in relazione al fallimento della Gloria Gioielli sas, dichiarato il . Secondo l'accusa, condivisa dal giudicante, il R. , quale accomandatario della società fallita, distrasse, nel periodo antecedente al fallimento, beni per 413.000 Euro e, nel triennio antecedente alla dichiarazione di fallimento, omise di istituire il libro giornale e quello degli inventari. La prova della distrazione è stata tratta dall'analisi della documentazione contabile della società fallita e dalla relazione del curatore fallimentare, che hanno messo in evidenza ricavi per soli 122.872 nell'anno 2008, a fronte di un costo del venduto di 304.383 Euro indice, secondo la sentenza, della distrazione della mercé, ovvero dei ricavi conseguiti dalle vendite determinati applicando al costo del venduto il ricavo del 70%, risultante dalla media del triennio precedente . Quanto alla bancarotta documentale, la Corte d'appello ha disatteso la tesi difensiva, secondo cui la tenuta informatica della contabilità esonerebbe i piccoli imprenditori dalla tenuta dei libri previsti dall'art. 2214 cod. civ., ed ha messo in evidenza che, ad ogni modo, non sono state rispettate le prescrizioni dell'art. 2215-bis cod. civ. per la contabilità informatica. 2. Contro la sentenza suddetta ha proposto ricorso per Cassazione, nell'interesse dell'imputato, l'avv. Ennio Pischedda, con due motivi. 2.1. Col primo denunzia una violazione degli artt. 216 e 223 della legge fall., e illogicità della motivazione in ordine all'affermazione della responsabilità per la distrazione. Deduce che, in base alla giurisprudenza di legittimità, l'affermazione della responsabilità per bancarotta distrattiva presuppone la prova dell'esistenza - in un determinato periodo della vita sociale - dei beni che si assumono distratti prova che, aggiunge, non può essere desunta dalle sole scritture contabili, allorché - come nella specie - il fallito adduca l'inattendibilità delle stesse. 2.2. Col secondo ripropone la tesi, già sostenuta nel corso del giudizio di merito, che la tenuta informatica della contabilità esonerasse l'imprenditore dalla tenuta dei registri di cui all'art. 2214 cod. civ Considerato in diritto Il ricorso è fondato nei limiti di seguito esposti. 1. In base alla più accreditata giurisprudenza di questa Corte - richiamata anche nel ricorso della parte - la responsabilità per il delitto di bancarotta per distrazione richiede l'accertamento della previa disponibilità, da parte dell'imputato, dei beni non rinvenuti in seno all'impresa accertamento non condizionato dalla presunzione di attendibilità del corredo documentale dell'impresa, che non obbedisce - per quel che concerne il delitto in questione - alla qualificazione in termini di prova, ex art. 2710 cod. civ. infatti, ai sensi dell'art. 192 cod. proc. pen., la risultanza deve essere valutata anche nel silenzio del fallito con ricerca della relativa intrinseca attendibilità, secondo i consueti parametri di scrutinio, di cui deve essere fornita motivazione Cass., n. 7588 del 26/1/2011 Cass., n. 40726 del 6/11/2006 . Ciò significa che le scritture contabili del fallito, per costituire prova della presenza - in una determinata epoca - di beni all'interno dell'impresa, devono essere valutate nella loro intrinseca attendibilità, anche alla luce della documentazione contabile reperita fatture, ricevute, lettere, messaggi postali, contratti, ecc. e delle prove concretamente esperibili, al fine di accertare la loro corrispondenza al reale andamento degli affari e delle dinamiche aziendali. Tale accertamento si impone, a maggior ragione, allorché la corrispondenza al vero delle scritture sia negata dall'imprenditore interessato - il quale fornisca spiegazioni della affermata discordanza - e sia, come nella specie, dubitata dal curatore, che abbia messo in luce incongruenze riferibili all'andamento delle giacenze di magazzino, rimaste, per tre anni, praticamente immutate nonostante il variare dello scenario economico di riferimento e delle fortune dell'impresa. Tale accertamento non risulta effettuato dal giudice di merito, che ha sussunto, nel proprio ragionamento, un dato contabile motivatamente contestato, oltre che screditato, ed ha sviluppato, su di esso, un ragionamento presuntivo per la determinazione dei ricavi che - se è consentito, in sede fiscale, per la determinazione del reddito d'impresa - non rappresenta, in sede penale, un procedimento da cui ricavare, con tranquillità, la prova della responsabilità, che deve rimanere ancorata a dati di incontrovertibile valore inferenziale. 2. Il secondo motivo è manifestamente infondato. In base al costante indirizzo di questa Corte, da cui il Collegio non intravede motivi per discostarsi, il regime tributario di contabilità semplificata, previsto per le cosiddette imprese minori, non comporta l'esonero dall'obbligo di tenuta dei libri e delle scritture contabili, previsto dall'art. 2214 cod. civ., con la conseguenza che il suo inadempimento può integrare - ove preordinato a rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio dell'imprenditore - la fattispecie incriminatrice del reato di bancarotta fraudolenta documentale e, ove tale preordinazione manchi, il delitto di bancarotta documentale semplice da ultimo, Cass., n. 656 del 13/11/2013 . Peraltro, nella specie la Corte d'appello ha messo in evidenza che neanche le prescrizioni dell'art. 2215-bis - invocato dal ricorrente - sono state rispettate osservazione degli obblighi di numerazione progressiva, vidimazione ed altri obblighi previsti dalle disposizioni di legge o di regolamento . La tesi difensiva si rivela, pertanto, fallace nei presupposti e infondata in concreto. 3. In conclusione, la sentenza va annullata limitatamente al reato di cui al capo A distrazione affinché, con libertà di giudizio, ma senza incorrere nell'errore sopra censurato, il giudice di merito proceda alla rivalutazione del materiale probatorio relativo alla contestata distrazione e, ove ritenga non adeguatamente raggiunta la prova della stessa, ridetermini la pena per il reato residuo. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Genova, altra sezione.