Precaria installazione della caldaia, monossido nell’appartamento di sopra: tecnico responsabile

Nessun dubbio, alla luce della vicenda, sulle colpe dell’installatore, che ha provocato, a causa delle proprie negligenze, una fuoriuscita consistente di monossido di carbonio nell’appartamento del piano soprastante. Condanna scontata, ma a salvare il tecnico è la prescrizione.

Davvero un pessimo lavoro, quello relativo alla installazione di una caldaia nell’appartamento di un condominio. A lamentarsi, però, non tanto i clienti, quanto, piuttosto, due donne – collocate nell’appartamento soprastante quello dei lavori – che, indirettamente, hanno dovuto sopportare le ripercussioni delle carenze professionali del tecnico. Ripercussioni, sia chiaro, non lievi le due donne, difatti, son state trasportate al ‘Pronto Soccorso’, a causa di una intossicazione da monossido di carbonio. E ciò legittima la condanna del tecnico per il reato di lesioni colpose Cass., sent. n. 51766/2014, Quarta Sezione Penale, depositata il 12 dicembre . Monossido. Chiarissima, e senza ‘coni d’ombra’, la ricostruzione della vicenda un tecnico installatore di caldaie, su esplicita richiesta, è intervenuto in un appartamento di un condominio, ma ha eseguito male il lavoro, installando sì la caldaia ma, allo stesso tempo, limitando, e di molto, lo scarico della caldaia piazzata nei locali dell’immobile soprastante . E tale errore ha rischiato di avere effetti drammatici le due donne presenti nell’appartamento al piano superiore a quello dove ha operato il tecnico, difatti, sono state esposte, a lungo, al monossido di carbonio fuoriuscito dalla loro caldaia, a causa – ecco il punto decisivo – della ostruzione della canna fumaria, determinata dai lavori negligentemente posti in essere nell’abitazione del piano di sotto . Tutto ciò conduce, ad avviso dei giudici di merito, alla condanna dell’installatore per il reato di lesioni colpose . E le accuse avrebbero potuto essere più gravi, se le due donne non fossero state trasportate al ‘Pronto Soccorso’, e curate per una evidente intossicazione da monossido di carbonio . Pessimo lavoro. Ebbene, le responsabilità del tecnico sono ritenute evidenti anche dai giudici della Cassazione, i quali, difatti, considerano irrilevante il suo ricorso, centrato sull’ipotesi che la patologia fosse semplicemente conseguenza di perdita di gas , anche considerando il breve lasso di tempo in cui si erano svolti i fatti . Secondo l’uomo, in sostanza, non vi è comunque la prova che l’eventuale dispersione di gas fosse stata sufficiente per determinare un’intossicazione tale da definirsi malattia . Tutti i punti interrogativi posti, però, vengono a cadere, secondo i giudici del ‘Palazzaccio’, alla luce delle prove documentali e testimoniali da cui sono emerse, nei giudizi di merito, sia la situazione di pericolo venutasi a creare per le esalazioni presenti nell’appartamento a seguito dell’ostruzione della canna fumaria – conseguenza del pessimo lavoro del tecnico –, sia il malessere avvertito dalle due donne, ossia mal di testa, bruciore agli occhi, debolezza , come confermato dalla documentazione sanitaria rilasciata dal ‘Pronto Soccorso’ il giorno successivo al fattaccio. Nessun dubbio, quindi, sulle colpe del tecnico. Che, però, viene salvato dalla prescrizione.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 26 novembre – 12 dicembre 2014, n. 51766 Presidente Brusco – Relatore Piccialli Ritenuto in fatto Il Tribunale di Tolmezzo, confermando la sentenza del giudice di pace di Gemona, dichiarava C.M., nella qualità di totale dell'impresa omonima, responsabile del reato di lesioni colpose in danno di F.C. e V. Anna ex articolo 590 c.p. , per avere cagionato alle medesime una intossicazione da monossido di carbonio attraverso la installazione di una caldaia nell'appartamento condominiale sottostante a quello delle persone offese, che di fatto aveva limitato lo scarico della caldaia nei locali dell'immobile soprastante fatto del 3 ottobre 2005 . Il giudicante, attraverso le prove testimoniali e documentali, ha ritenuto provata la sussistenza dell'alterazione funzionale dell'organismo delle persone offese, come conseguenza della esposizione delle medesime al monossido di carbonio fuoriuscito nell'appartamento dalle stesse abitato a causa dell'ostruzione della canna fumaria determinata dai lavori negligentemente posti in essere dal C. nell'abitazione dei condomini al piano di sotto. Contro la sentenza C.M. ha proposto ricorso per cassazione deducendo la prescrizione del reato, intervenuta prima della sentenza di appello e dal giudicante contraddittoriamente rilevata solo nella motivazione della sentenza impugnata -il vizio di motivazione laddove il giudice di appello ha modificato l'originario capo d'imputazione contestando al C. di avere installato un generatore di calore, contro tubando la canna fumaria esistente, limitando così di fatto lo scarico della caldaia della F. mentre l'originaria formulazione era quella di avere installato un generatore di calore non funzionante a causa della mancanza di tiraggio dei camino il vizio di motivazione della sentenza, anche sotto altro profilo, nella parte in cui il Tribunale aveva omesso di valutare, travisando le prove testimoniali, se l'asserita patologia fosse la conseguenza diretta dell'attività professionale dell'imputato o piuttosto la conseguenza di perdita di gas, o comunque, considerato il breve lasso di tempo in cui si erano svolti i fatti, l'eventuale dispersione fosse stata sufficiente per determinare un'intossicazione delle parti offese in grado di definiri malattia .Si deduce, altresì, con lo stesso motivo l'erronea valutazione delle prove documentali, con particolare riferimento al referto medico rilasciato dal pronto soccorso il giorno successivo all'evento, dal quale, contrariamente a quanto sostenuto in sentenza, non emergerebbe la sussistenza di alcuna patologia. Considerato in diritto L'impugnata sentenza va annullata senza rinvio per essere decorso il termine di prescrizione prima della pronunci della stessa. Ed invero, come emerge anche dalla sentenza impugnata, la prescrizione era maturata in data 3.4.2013, essendo decorso il termine stabilito dall'articolo 157 c.p. e non essendo intervenute cause di sospensione della stessa. La questione non è stata dedotta in appello. In proposito tuttavia, secondo l'orientamento ormai maggioritario v. da ultimo Sezione III, 30 gennaio 2014, n. 14438, P. ed i riferimenti in essa contenuti , più favorevole all'imputato, si ritiene che il giudice di legittimità può rilevare d'ufficio la prescrizione del reato maturata prima della pronunzia della sentenza impugnata e non rilevata dal giudice d'appello, pur se non dedotta con il ricorso e nonostante i motivi dello stesso vengano ritenuti inammissibili. Ciò premesso, va rilevato che in presenza della causa estintiva della prescrizione, l'obbligo di declaratoria di una più favorevole causa di proscioglimento ex articolo 129 , comma 2, c.p.p. da parte della Corte di cassazione, postula in concreto che gli elementi idonei ad escludere l'esistenza del fatto, la rilevanza penale di esso e la non commissione dei medesimo da parte dell'imputato emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, sicché la valutazione che deve essere compiuta appartiene più al concetto di constatazione che a quello di apprezzamento v. tra le tante, Sezione VI, 11 novembre 2009, n. 49877, R.C. e Blancaflor, ed i riferimenti in essa contenuti . In altri termini, la formula di proscioglimento nel merito prevale sulla dichiarazione di improcedibilità per intervenuta prescrizione soltanto nel caso in cui sia rilevabile, con una mera attività ricognitiva, l'assoluta assenza della prova di colpevolezza a carico dell'imputato ovvero la prova positiva della sua innocenza, e non anche nel caso di mera contraddittorietà o insufficienza della prova che richiede un apprezzamento ponderato tra opposte risultanze. La fattispecie in esame si caratterizza proprio per la mancanza dei ricordati presupposti per l'assoluzione dell'imputato nel merito. Il giudice di appello ha confermato il giudizio di responsabilità, facendo riferimento alle dichiarazioni rese, oltre che dalle persone offese, anche da altri testimoni, i quali hanno affermato sia la situazione di pericolo venutasi a crare per le esalazioni presenti nell'appartamento a seguito dell'ostruzione della canna fumaria, determinata dai lavori posti in essere dal C., sia il malessere avvertito dalle persone offese mal di testa, bruciore agli occhi, debolezza , confermato dalla documentazione sanitaria rilasciata dal pronto soccorso il giorno successivo all'evento. Rispetto a tale argomentare le doglianze di parte ricorrente si risolvono in una censura di merito, inaccoglibile in considerazione dei limiti del sindacato di legittimità. Anche la censura afferente la modifica dell'originario capo d'imputazione è infondata. Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, in tema di reati colposi, non sussiste la violazione del principio di correlazione tra l'accusa e la sentenza di condanna se la contestazione concerne globalmente la condotta addebitata come colposa, essendo consentito al giudice di aggiungere agli elementi di fatto contestati altri estremi di comportamento colposo o di specificazione della colpa, emergenti dagli atti processuali e, come tali, non sottratti al concreto esercizio del diritto di difesa v. da ultimo, Sezione IV, 21 giugno 2013, n. 51516, Miniscalco ed altro, rv 257902 . In questa prospettiva non è ravvisabili il vizio denunciato nella fattispecie in esame in cui è stato addebitato al titolare dell'impresa che aveva effettuato i lavori sulla caldaia nell'appartamento sottostante quello delle persone offese di avere installato una caldaia non funzionante a causa della mancanza di tiraggio del camino mentre è stato condannato a seguito di malriuscito intervento relativo all'installazione di caldaia nello stesso appartamento, effettuato contro tubando la canna fumaria esistente, così limitando,di fatto, lo scarico della caldaia posta al piani superiore dell'immobile. Alla luce di tali considerazioni, si impone l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione, con la conseguente conferma delle statuizioni civili. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione. Conferma le statuizioni civili.