Vigilanza senza licenza o portierato? Ciò che dice la Prefettura è legge per l’imputato

Ricorre la buona fede, come causa di esclusione dell’elemento soggettivo dei reati contravvenzionali, qualora l’agente si sia determinato sulla base di un fattore oggettivo esterno che lo abbia indotto nella convinzione sulla liceità del comportamento tenuto.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 51829, depositata il 12 dicembre 2014. Il caso. Ai sensi degli artt. 134 e 140 TULPS, un imputato veniva condannato per aver svolto, come titolare di una società, attività di vigilanza privata senza la prescritta autorizzazione del prefetto e mediante personale sprovvisto di nomina di guardia particolare giurata, effettuando prestazioni di vigilanza e custodia di beni mobili ed immobili. L’uomo ricorreva in Cassazione, contestando ai giudici di merito di non aver valutato le dichiarazioni del viceprefetto, secondo cui l’attività svolta dall’imputato era di portierato, con il subappalto dell’attività di vigilanza ad altra società. Inoltre, prima di intraprendere l’attività, il ricorrente si era consultato con il personale della prefettura, verificando la legittimità della propria attività. La Corte di Cassazione ricorda che integra la contravvenzione prevista dall’art. 140 TULPS lo svolgimento di attività di vigilanza passiva di proprietà immobiliari, in assenza della licenza prefettizia. Portierato, non vigilanza. Nel caso di specie, la Prefettura aveva riconosciuto che la società stesse svolgendo attività di portierato e non di vigilanza, archiviando il procedimento amministrativo. Lo stesso viceprefetto aveva confermato che la società avesse svolto solo attività di portierato, avendo anche stipulato un contratto di vigilanza con altra società. Secondo i giudici di merito, però, non veniva comunque escluso l’elemento soggettivo del reato, consistente in colpa per negligenza, in quanto l’imputato non avrebbe preventivamente contattato le autorità competenti. Non si capisce, tuttavia, nel caso di specie, perché la Corte territoriale avesse ritenuto inattendibili le affermazioni contrarie del ricorrente, il quale aveva invece detto di aver preso contatti con la Prefettura, che aveva confermato la non necessità dell’autorizzazione per l’attività di portierato. Buona fede dell’imputato. Gli Ermellini ricordano che ricorre la buona fede, come causa di esclusione dell’elemento soggettivo dei reati contravvenzionali, qualora l’agente si sia determinato sulla base di un fattore oggettivo esterno che lo abbia indotto nella convinzione sulla liceità del comportamento tenuto. Nel caso di specie, erano evidenti le condizioni, derivanti dal comportamento dell’organo di controllo, che avevano indotto l’imputato a ritenere non necessaria l’autorizzazione per lo svolgimento dell’attività. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non costituisce reato.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 14 novembre – 12 dicembre 2014, n. 51829 Presidente Caiazzo – Relatore Locatelli Ritenuto in fatto Con sentenza del 27.11.2012 il Tribunale di Brindisi dichiarava F.V. colpevole del reato contravvenzionale previsto dagli articolo 134 e 140 T.U.L.P.S. perché, quale titolare della C.G.S s.r.l., svolgeva attività di vigilanza privata senza la prescritta autorizzazione del Prefetto e mediante personale sprovvisto della nomina di guardia particolare giurata, effettuando prestazioni di vigilanza e custodia di beni mobili ed immobili in diversi siti interessati alla installazione di pannelli fotovoltaici.In Brindisi e San Vito dei Normanni fino al 21.4.2010. Per l'effetto condannava l'imputato alla pena di mesi 4 di arresto ed euro 200 di ammenda, con i benefici della sospensione e della non menzione. Con sentenza del 20.12.2013 la Corte di appello di Lecce confermava la decisione del Tribunale. Avverso la sentenza il difensore ricorre per violazione di legge,mancanza , illogicità e contraddittorietà della motivazione i giudici hanno omesso di apprezzare le circostanze concrete della vicenda ed il contenuto della testimonianza resa dal viceprefetto Aprea in ordine al fatto che l'attività svolta dall'imputato era di portierato e che aveva appaltato l'attività di vigilanza ad altra società omessa valutazione delle dichiarazioni dell'imputato il quale aveva affermato che prima di intraprendere l'attività si era consultato con il personale della prefettura verificando la legittimità della propria attività. Considerato in diritto Il ricorso è fondato. 1.La Corte di appello ha ritenuto la sussistenza dell'elemento materiale del reato contestato richiamando la giurisprudenza di legittimità secondo cui integra la contravvenzione prevista dall'art. 140 del T.U.L.P.S. Io svolgimento di attività di vigilanza passiva di proprietà immobiliari, in assenza della licenza prefettizia prevista dall'art. 134 del citato T.U. Sez. 3, n. 1821 dei 03/12/2010 - dep. 20/01/2011, Brognano, Rv. 249138 . 2.La sentenza risulta invece viziata con riguardo alla valutazione dell'elemento soggettivo del reato. La Corte di appello ha preso atto che la Prefettura di Lecce con nota del 8.7.2010 aveva riconosciuto che la società C.G. S. svolgeva attività di portierato e non di vigilanza, con conseguente archiviazione del procedimento amministrativo e richiamo all'apposita circolare prefettizia del 29.4.2010 che chiariva gli elementi distintivi tra attività di vigilanza privata ed attività di portierato ha menzionato la deposizione del vice prefetto Aprea, il quale aveva confermato che la società C.G.S. svolgeva solo attività di portierato e che aveva stipulato altro contratto di vigilanza con la società cooperativa La Volante, debitamente autorizzata allo svolgimento di tale attività tuttavia ha reputato tali risultanze probatorie non idonee ad escludere l'elemento soggettivo del reato, sotto il profilo della colpa per negligenza, per non avere l'imputato preventivamente compulsato le autorità competenti. Sul punto i motivi di ricorso sono fondati. Il giudice di appello, pur censurando l'imputato per la mancata preventiva interlocuzione con la competente autorità amministrativa, non indica per quali ragioni ha ritenuto inattendibili le contrarie dichiarazioni dei ricorrente, che nel giudizio di appello affermava di aver preso contatti con personale della Prefettura dal quale riceveva conferma della non necessità della autorizzazione per lo svolgimento della propria attività di portierato. Secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, ricorre la buona fede, quale causa di esclusione dell'elemento soggettivo dei reati contravvenzionali, allorché l'agente si sia determinato sulla base di un fattore oggettivo esterno che lo abbia indotto nella convinzione circa la liceità del comportamento tenuto Sez. 3, n. 49910 dei 04/11/2009 , Cangialosi e altri, Rv. 245863 Sez. 3, n. 172 del 06/11/2007 - dep. 07/01/2008, Picconi, Rv. 238600 Sez. 3, n. 46671 del 05/10/2004 , Sferlazzo, Rv. 230889. Nel caso in esame la stessa Corte di appello ha evidenziato la sussistenza delle condizioni, derivanti dal comportamento positivo dell'organo deputato al controllo, idonee ad indurre nell'imputato la convinzione circa la non necessità della autorizzazione per lo svolgimento della propria attività circolare prefettizia in tal senso provvedimento prefettizio di archiviazione del procedimento amministrativo iniziato a carico dell'imputato a seguito della segnalazione della Questura circa lo svolgimento di attività di vigilanza senza autorizzazione deposizione testimoniale vice-prefetto Aprea . La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata senza rinvio per mancanza dell'elemento soggettivo del reato contestato. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non costituisce reato.