Non è necessario l’inganno del cliente perché ci sia commercio di prodotti con marchi contraffatti

La fattispecie criminosa di cui all’art. 474 c.p. è un reato di pericolo e, quindi, si configura ogni volta che venga accertato lo svolgimento del commercio con marchio contraffatto, non risultando necessaria l’avvenuta realizzazione dell’inganno del cliente sulla genuinità della merce. L’oggetto della tutela, infatti, non è rappresentato dalla libera determinazione dell’acquirente, ma dalla pubblica fede, intesa come affidamento nei marchi o segni distintivi, che individuano le opere dell’ingegno o i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione.

Questo quello che è emerso nella sentenza numero 51698 depositata in data 11 dicembre 2014, con la quale la quinta sezione penale della Corte di Cassazione chiarisce i contorni della fattispecie criminosa di cui all’art. 474 c.p. diretta a reprimere il fenomeno del commercio di prodotti con marchi contraffatti. Marchio debole e risultato globale. Nel caso di specie la Corte di Appello territoriale aveva riformato la sentenza del giudice di prime cure, con la quale il ricorrente era stato condannato perché deteneva per vendita borselli, portachiavi, portamonete, borse ed altri articoli in pelletteria, recanti il logo del marchio Seven X”, riproducente, contraffacendolo, il logo del marchio Louis Vuittonumero Al riguardo i giudici dell’appello assolvevano l’imputato dal reato di cui all’art. 648 c.p. perché il fatto non sussiste e rideterminavano la pena per il residuo reato in mesi dieci di reclusione ed € 2600 di multa. La condanna scaturiva dalla valutazione operata dai giudici sul tema del marchio debole, costituito dalle sole lettere dell’alfabeto, per il quale occorre fare riferimento non solo al marchio, ma al risultato globale, cioè al contesto generale nel quale le lettere sono inserite, come nel caso di specie, dove i due loghi tendono a confondersi nell’identità generale. In realtà, è proprio quest’ultimo l’aspetto che non riuscirà a superare le censure della Corte di Cassazione in sede di ricorso. Infatti, secondo i giudici di Piazza Cavour, la valutazione del giudice di appello sul risultato globale non risulta compatibile con la testuale previsione dell’art. 474 c.p. che è diretta a sanzionare la contraffazione del marchio, cioè la riproduzione integrale in tutta la sua configurazione emblematica e denominativa, di un marchio o di un segno distintivo ovvero la riproduzione parziale di essi realizzata in modo tale da potersi confondere con il marchio o con il segno distintivo protetto. Marchio registrato. Nella fattispecie concreta non ricorre alcuna di tali ipotesi, vista la differenza delle lettere e delle cifre che compongono il marchio – LV in un caso e 7X nell’altro -, nonché una scritta laterale aggiuntiva nel caso del marchio 7X. Infine, non risulta trascurabile che il marchio Seven X” fosse stato registrato diverso tempo prima del sequestro dei prodotti oggetto di giudizio. Come si può leggere nella sentenza, per i giudici del Palazzaccio la circostanza che il tessuto sul quale è stato apposto il marchio della Seven X si presente del tutto simile a quello utilizzato dalla casa francese non è idonea ad incidere sull’oggetto della tutela di cui all’art. 474 c.p., limitato all’affidamento dei cittadini nel marchio, la cui funzione naturale ed essenziale consiste nell’individuazione dell’origine del prodotto, o del servizio contrassegnato, per distinguere senza confusione possibile il prodotto specifico da quelli di provenienza diversa, offrendo la garanzia che tutti i prodotti o servizi che ne sono contrassegnati sono stati fabbricati, o forniti, sotto il controllo di un’unica impresa alla quale possa attribuirsi la responsabilità della loro qualità. Nel caso de quo , concludono i giudici della Suprema Corte, si potrebbe al più fare questione sulla mera confondibilità del marchio, che in ogni caso risulta esclusa dall’ambito di applicabilità dell’art. 474 c.p. Da qui l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 10 giugno – 11 dicembre 2014, numero 51698 Presidente Dubolino – Relatore Pezzullo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 14.10.2013 la Corte di Appello di Napoli riformava la sentenza emessa in data 23.2.2010 dal Tribunale di Napoli, in composizione monocratica, con la quale C.C. era stato condannato alla pena di anni uno e mesi otto di reclusione ed Euro 800,00 di multa, per i delitti di cui agli artt. 474 c.p., 648 c.p. e 127 D.Lgs numero 30/2005 - quest'ultimo reato assorbito nell'articolo 474 c.p. - perché deteneva per la vendita numero 44.600 borselli, portachiavi, portamonete, borse ed altri articoli in pelletteria, recanti il logo del marchio Seven X , riproducente, contraffacendolo, il logo del marchio Louis Vuitton, assolvendo l'imputato dal reato di cui all'articolo 648 c.p. perché il fatto non sussiste e rideterminando la pena per il residuo reato in mesi dieci di reclusione ed Euro 2600,00 di multa. In particolare, evidenziava la Corte territoriale, che in tema di tutela del marchio debole, ossia quello costituito dalle sole lettere dell'alfabeto, occorre far riferimento non solo al marchio, ma a tutto il risultato globale, ossia al contesto generale nel quale esse sono inserite e, nel caso in esame, è proprio tale contesto, nel quale i due loghi tendono a confondersi nell'identità generale, che evidenzia l'attività illecita. 2. Avverso tale sentenza l'imputato, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione, lamentando la violazione dell'articolo 606, primo comma, lett. b ed e c.p.p., in relazione agli articolo 474, 9 c.p. e 192 c.p.p. In particolare, il giudice d'appello avrebbe dovuto valutare l'attendibilità della relazione della parte offesa, circa la presunta somiglianza dei marchi, proveniente da un soggetto più che interessato, a fronte della consulenza tecnica presentata dall'imputato a confutazione dell'ipotesi accusatoria la relazione di parte della Louis Vuitton, avveniva con modalità a dir poco irrituali, atteso che il teste di P.G. riferiva di aver inviato delle foto digitali alla ditta interessata e la stessa a mezzo del suo ufficio legale, dichiarava la contraffazione del marchio da parte di un non meglio identificato soggetto che sottoscriveva con firma illeggibile la Corte territoriale con motivazione manifestamente illogica, il cui vizio risulta dal provvedimento impugnato, condivideva quanto sostenuto dal Giudice di prime cure, in relazione alla tutela di un c.d. marchio debole , ossia quello costituito da sole lettere dell'alfabeto, nonostante l'imputato avesse richiesto regolarmente la registrazione del marchio SEVEN X all'Ufficio Brevetti, depositando il marchio in data 19.07.2005 e successivamente in data 18.05.2007, con avvenuto riconoscimento da parte l'Ufficio Brevetti della legittimità e liceità del marchio predetto, di cui la difesa dava prova mediante deposito della citata documentazione all'udienza del 13.11.2007 il conferimento della dignità di marchio alla registrazione del segno distintivo Seven X esclude che nel caso in esame possa determinarsi confusione di marchi in ogni caso, ove mai si possa qualificare l'ipotesi della falsificazione, la stessa è avvenuta in territorio estero – Cina - e l'articolo 9 c.p., prevede l'ipotesi del delitto comune del cittadino all'estero, con possibilità di esercitare la giurisdizione in territorio italiano solo per i delitti con pena edittale non inferiore nel minimo a tre anni, laddove l'articolo 474 c.p. prevede quale pena nel minimo anni uno e nel massimo anni quattro, con conseguente difetto di giurisdizione inoltre la sentenza merita censura anche nella parte in cui ritiene assorbito il reato di cui al capo c nel capo a , in considerazione del fatto che il comma primo dell'articolo 127 del D.Lgs. numero 30 del 10.02.2005 è stato abrogato dall'articolo 15 comma secondo della legge 23 luglio 2009 numero 99 e, pertanto, alcun rapporto poteva sussistere tra i due reati, con la consequenziale sentenza di assoluzione anche per il capo e della rubrica. Considerato in diritto Il ricorso è fondato per quanto di ragione. 1. Ed invero, dalla sentenza impugnata - che si è riportata integralmente alla sentenza di primo grado, richiamandola non solo per la ricostruzione dei fatti, ma anche per l'attività valutativa in essa compiuta circa la ricorrenza della fattispecie in contestazione - emerge che in data 10.8.2006 venivano sequestrati ma successivamente restituiti, come da provvedimenti di annullamento del Tribunale del riesame a C.C. , titolare della ditta Seven X, a seguito di una verifica a campione da parte dell'Agenzia delle Dogane della Circoscrizione di Napoli dei colli importati da tale ditta, trasportati a bordo di una motonave cinese giunta nel porto di Napoli, borselli portachiavi e portamonete, siccome riportanti monogrammi e motivi decorativi su tutta la tela utilizzata per la formazione degli accessori, ritenuti somiglianti per colori forma e linee a quelli registrati dalla società straniera Louis Vuitton Mallettier per il marchio Louis Vuitton . 2. Dall'istruttoria dibattimentale è emerso che sui prodotti sequestrati il 10.8.2006 era riportato il marchio - per il quale era stata già richiesta la registrazione nell'interesse di C.C. , titolare della ditta Seven X, formato dal monogramma - ottenuto attraverso la sovrapposizione di un 7 e di una X, sul cui asse, orientato da sinistra verso destra, è riportata in bianco la scritta SEVEN X. L'imputato, nel corso del giudizio, ha depositato documentazione relativa alla registrazione numero 0001048526 in data 18.5.2007 dell'Ufficio Italiano brevetti e marchi, in accoglimento della domanda presentata in data 19.7.2005 della ditta Seven X di C.C. , avente ad oggetto la registrazione del marchio Severi X, composto da un simbolo rappresentante una sovrapposizione di una X e di un 7 ed in particolare la X di colore nero è composta da un asse più spesso orientato da sinistra verso destra, riportante lungo quasi tutta la sua estensione la scritta per esteso del marchio SEVEN X in colore bianco e da un asse orientato da destra verso sinistra, ridotto di dimensioni rispetto al primo, entrambi gli assi hanno le estremità allungate verso l'esterno. Il 7 interamente di colore oro ha la parte superiore leggermente inclinata ed il gambo inferiore che termina al centro della parte inferiore della X sopra le basi dei due assi della X con le estremità allungate . 3. Tanto precisato, si osserva che non possono essere condivise le conclusioni alle quali sono pervenute le sentenze di merito circa la riconducibilità della fattispecie in esame all'ipotesi delittuosa di cui all'articolo 474 c.p. in contestazione. 3.1. Ed invero, va premesso che la fattispecie di reato prevista dall'articolo 474 c.p. è volta a tutelare, in via principale e diretta, non la libera determinazione dell'acquirente, ma la pubblica fede, intesa come affidamento dei cittadini nei marchi o segni distintivi, che individuano le opere dell'ingegno o i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione. Trattandosi di reato di pericolo, per la cui configurazione non è necessaria l'avvenuta realizzazione dell'inganno del cliente sulla genuinità della mercé, il reato sussiste ogniqualvolta venga accertato lo svolgimento del commercio con marchio contraffatto Sez. II, 03/06/2010, numero 25073 Sez. 5, numero 918 del 14/05/1969, Angiolini, Rv.112504 . 3.2. Ciò premesso, va rilevato che la condotta addebitata al C. è quella di detenere per la vendita vari accessori borselli portachiavi portamonete, borse ed altri articoli di pelletteria , recanti il logo del marchio Seven X, che riprodurrebbe contraffacendolo il logo del marchio Louis Vuitton, ma le stesse sentenze di merito smentiscono tale contestazione, atteso che non rilevano nel logo SEVEN X , consistente nella sovrapposizione di una X e di un 7 - con la scritta di colore bianco per esteso SEVEN X sull'asse più spesso della X - la contraffazione del logo Louis Vuitton, bensì ricavano la contraffazione dal risultato grafico globale, scaturente dalla disposizione del monogramma 7X su tessuti simili a quelli utilizzati dalla casa francese, reputando che nel caso di marchio debole - ossia quello costituito da sole lettere dell'alfabeto - occorre far riferimento non solo al marchio, ma a tutto il risultato globale. 3.4. Tale valutazione, tuttavia, non si presenta compatibile con la testuale previsione dell'articolo 474 c.p., che è volta a sanzionare — la contraffazione del marchio o segno distintivo, ossia la riproduzione integrale, in tutta la sua configurazione emblematica e denominativa, di un marchio o di un segno distintivo, ovvero la riproduzione parziale di essi, realizzata in modo tale da potersi confondere col marchio o col segno distintivo protetto alterazione Sez. 5, numero 5427 del 07/04/1995 Sez. 5, numero 38068 del 09/03/2005 . Nel caso di specie non ricorre alcuna di tali ipotesi, atteso che il logo della ditta francese Louis Vuitton è costituito da LV , mentre quello della Seven X è costituito da 7X , con la scritta laterale di colore bianco Seven X. Peraltro il marchio Seven X risulta registrato in data 18.5.2007, in accoglimento della domanda presentata in data 19.7.2005 della ditta Seven X di C.C. , diverso tempo prima del sequestro dei prodotti oggetto di giudizio. 3.5. La circostanza, poi, che il tessuto sul quale è stato apposto il marchio della Seven X si presenti del tutto simile a quello utilizzato dalla casa francese, sul quale è apposto il logo LV - circostanza questa, peraltro non compiutamente sviluppata nelle sentenze di merito - non è idonea ad incidere, comunque, sull'oggetto della tutela di cui all'articolo 474 c.p., limitato all'affidamento dei cittadini nel marchio , la cui funzione naturale ed essenziale consiste nell'individuazione dell'origine del prodotto, o del servizio contrassegnato, per distinguere senza confusione possibile il prodotto specifico da quelli di provenienza diversa, offrendo la garanzia che tutti i prodotti o servizi che ne sono contrassegnati sono stati fabbricati, o forniti, sotto il controllo di un'unica impresa alla quale possa attribuirsi la responsabilità della loro qualità sul punto si vedano il codice della proprietà industriale, approvato con D.Lgs. 10 febbraio 2005, numero 30, che ha abrogato il R.D. 21 giugno 1942, numero 929 in giurisprudenza, Cass. Civ. Sez. 1^, numero 4034 del 06/12/1974, Rv. 372631 e le sentenze Corte giustizia CE 23 maggio 1978, numero 102/77, Hoffmann - La Roche, 18 giugno 2002, numero C299/99, Philips, e la più recente 17 marzo 2005, numero 228, The Gillette Company e Gillette Group Finland Oy contro LA - Laboratories Ltd Oy . 3.6. Nel caso di specie, a tutto voler concedere, potrebbe farsi questione di una mera confondibilità del marchio, che, tuttavia, è esclusa dalla sfera di applicabilità dell'articolo 474 c.p Tale ipotesi, invece, potrebbe evocare il reato di cui all'articolo 517 c.p., che ha per oggetto la tutela dell'ordine economico, e richiede la semplice imitazione del marchio Sez. 5, numero 31482 del 19/06/2007 , prescindendo dalla falsità, rifacendosi alla mera, artificiosa equivocità dei contrassegni, marchi ed indicazioni illegittimamente usati, tali da ingenerare la possibilità di confusione con prodotti similari da parte dei consumatori comuni Sez. 5, numero 38068 del 09/03/2005 Sez. III 30.4.2009 numero 23819 , ma tale situazione di confondibilità , come già accennato, non risulta compitamente sviluppata nelle sentenze di merito. Peraltro, nel caso in esame, risulta attribuita all'imputato la condotta della detenzione per la vendita dei prodotti recanti il marchio Seven X, laddove la condotta di cui all'articolo 517 c.p. attiene alla messa in vendita od in circolazione dei prodotti con marchi mendaci Sez. 3, numero 4066 del 25/03/1997 Rv. 207765 Sez. III, 26/4/2001, numero 26754 . 6. La sentenza impugnata, pertanto, va annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste. P.Q.M. annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.