L’oblazione per l’incauto acquisto impedisce il giudizio sulla distrazione fallimentare dei medesimi beni

Il caso affrontato dalla Suprema Corte è emblematico delle difficoltà che nella pratica giudiziale si incontrano, allorché si commettano errori pro reo e si voglia successivamente ed in un separato processo porvi rimedio attraverso alchimie accusatorie, protese a trasformare fatti giudicati in ipotesi di reato nuove ed autonome e, per l’effetto, non assorbite dal giudicato.

Il caso. Nella specie è accaduto che l’imputato era stato condannato in appello, tra l’altro, per bancarotta per distrazione con riferimento a merci per le quali in precedenza era stato [erroneamente] giudicato per incauto acquisto, reato estinto a seguito del pagamento di oblazione, e non anche per ricettazione. In primo grado il Tribunale aveva ritenuto non perseguibile l’accusato ex art. 649 c.p.p., in quanto il tutto doveva intendersi coperto dal giudicato. La Corte d’appello, invece, ha ritenuto l’inapplicabilità della disciplina in questione in quanto il reato di incauto acquisto è strutturalmente diverso da quello di bancarotta, non fosse altro che per il diverso profilo dell’elemento psicologico previsto nelle due norme. La Corte di Cassazione sent. n. 51134/14, depositata il 9 dicembre , sollecitata dal ricorso dell’imputato, ha cassato senza rinvio il capo decisorio in questione, osservando innanzi tutto che il provvedimento dichiarativo dell’estinzione per oblazione del reato di acquisto di cose di sospetta provenienza [ha] natura sostanziale di sentenza con conseguente idoneità a determinare il divieto di un secondo giudizio per il medesimo fatto ex art. 649 c.p.p. , quand’anche si sia provveduto con decreto motivato di archiviazione stante il disposto dell’art. 141 dist. att. c.p.p Se così è, constatata l’identità materiale della condotta, è evidente che la diversità strutturale paventata dalla corte territoriale non è altro che una diversa considerazione del titolo di reato vietata dall’art. 649 c.p.p., non risultando né un rapporto di specialità tra le disposizioni in questione né la sussistenza di un reato complesso. Da qui l’enunciazione del seguente principio nella specie si verte in un caso di diversa qualificazione dello stesso fatto materiale, con conseguente operatività del ne bis in idem e quindi improcedibilità dell’azione penale , da un lato in quanto la disomogeneità dell’elemento psicologico delle due fattispecie incriminatrici non sono in rapporto di reciproca specialità, dall’altro ancora perché l’incauto acquisto non è elemento costitutivo del reato complesso di bancarotta patrimoniale nel quale quindi non può essere assorbito . Conclusioni. La sentenza sul punto qui affrontato appare equilibrata e corretta. E’ oltremodo evidente che per la decisione la Corte è dovuta entrare, come si suol dire, nel merito, cioè effettuare una indagine sulla identità del fatto ai fini dell’applicazione dell’art. 649 c.p.p Ciò non è vietato allorché si tratta di applicare l’istituto in questione, attesa la sua valenza di garanzia e trattandosi di vizio procedurale. Una sola osservazione appare necessaria e cioè che la condanna di appello, avvenuta in totale riforma della sentenza di primo grado, non sembra violare i principi da ultimo espressi dalla CEDU vedi sentenza Dan vs Moldavia del 5.7.2011 , posto che il tutto si sarebbe svolto avendo riguardo non già ad un diverso apprezzamento delle prove dichiarative ma ad una diversa interpretazione di norme giuridiche. Se così in effetti fosse – e non si crede di possa mettere in dubbio l’assunto data l’affermazione in proposito avanzata dalla Cassazione – non si ha alcuna violazione della CEDU, dal momento che il proscioglimento era stato pronunciato, per quel che qui interessa, facendo leva su istituti processuali.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 5 novembre – 9 dicembre 2014, n. 51134 Presidente Lombardi – Relatore Lapalorcia Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 23-9-2013 la Corte d'Appello di Venezia, su appello del PM, in riforma di quella del tribunale di Padova in data 16-12-2010, riconosceva B.T. , in concorso con R.R. , amministratore della Euro Trading srl, dichiarata fallita il omissis , responsabile del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale in relazione da un lato alla distrazione della somma complessiva di Euro 478.000 circa mediante versamento sul proprio conto corrente di assegni tratti dal R. sui conti della fallita e di assegni tratti da clienti della società all'ordine di questa, dall'altro alla distrazione di mercé provento di truffa del valore di circa Euro 14.000, trovata presso la sua abitazione un mese prima della dichiarazione di fallimento. 2. Il tribunale, quanto alla distrazione delle merci, aveva fatto applicazione dell'art. 649 cod. proc. pen. sul rilievo che il B. aveva in altro procedimento fatto oblazione per il reato di acquisto di cose di sospetta provenienza, quanto alla distrazione delle somme aveva ritenuto che, pur essendo provato il giro di assegni dal R. all'imputato, non vi fosse prova della consapevolezza di questi di porre in essere una condotta volta a privare i creditori sociali della garanzia rappresentata dal patrimonio della società. 3. La corte territoriale riteneva invece che la prova della consapevolezza del rischio insolvenza stesse nella reiterazione della condotta e nell'entità degli importi, e che fosse confermata dalla conoscenza privilegiata delle vicende sociali dovuta al fatto che i figli dell'imputato erano dipendenti della Euro Trading e dalla circostanza che egli si era prestato a tenere presso di sé beni provento di truffa, in relazione ai quali escludeva la ricorrenza del bis in idem stante la differenza strutturale tra l’”incauto acquisto” e la bancarotta, quest'ultimo reato, a differenza del primo, di natura dolosa. 4. Il ricorso personale dell'imputato è articolato in cinque motivi. 5. Primo erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione in relazione all'art. 649 cod. proc. pen. in mancanza della prova del dolo della bancarotta. 6. Secondo motivo le stesse censure investono l'affermazione di responsabilità per il concorso in bancarotta in mancanza di prova della consapevolezza dello stato di insolvenza della società, che, nel periodo in cui si colloca l'attività del B. secondo semestre del 2002 , neppure ricorreva, essendosi manifestata, secondo il CT del PM, a partire dalla fine del marzo 2003, senza contare che l'imputato non poteva conoscere le operazioni poste in essere dal R. , mentre la circostanza che i figli lavorassero per la società era idonea a renderlo consapevole della solidità economica di questa. 7. Con il terzo motivo si deduce vizio di motivazione con riferimento alle condotte ritenute distrattive. Infatti l'imputato non aveva distratto somme, ma monetizzato assegni, e, quanto alla merce, l'attribuzione in altro procedimento del reato di incauto acquisto” ne indicava la buona fede, senza contare che egli era rappresentante delle vendite per conto di Euro Trading, con conseguente mancato raggiungimento della prova dell'elemento psicologico. 8. Il quarto motivo, per quanto nell'intestazione contenga il riferimento all'art. 62 n. 4 cod. pen., lamenta in realtà la mancata concessione delle generiche. 9. Il quinto motivo deduce violazione di legge per essere stata ribaltata la sentenza assolutoria senza rinnovare l'assunzione della prove orali Corte EDU 5-7-2011, Dan contro Moldavia . Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato nei limiti e per le ragioni sotto indicate, essendo per il resto da disattendere. 2. Va premesso che, per quanto il provvedimento dichiarativo dell'estinzione per oblazione del reato di acquisto di cose di sospetta provenienza di cui capo B n. 2 dell'imputazione, sia un decreto di archiviazione, la violazione dell'art. 141 norme di att. cod. proc. pen., da cui si evince che l'estinzione del reato per tale causa deve essere dichiarata con sentenza anche in fase di indagini preliminari, comporta che tale decreto abbia natura sostanziale di sentenza con conseguente idoneità a determinare il divieto di un secondo giudizio per il medesimo fatto ex art. 649 cod. proc. pen 3. Che poi il fatto alla base del decreto di cui sopra e quello oggetto del capo B n. 2 dell'imputazione siano il medesimo, risulta dalla sentenza di primo grado che lo ha argomentato dal decreto di sequestro della mercé del PM di Savona ed è confermato nella decisione impugnata la quale tuttavia ha concluso per la possibilità di concorso formale dei due reati, e quindi per l'inapplicabilità dell'art. 649 citato, valorizzando la diversità strutturale tra la contravvenzione e il delitto, nonostante l'identità, nel caso in esame, dell'oggetto materiale della condotta. 4. Tale assunto non è condivisibile per la contraddizion che nol consente” stante l'incompatibilità sotto il profilo dell'elemento psicologico delle due fattispecie incriminatrici, l'una colposa l'altra dolosa il che ha fatto illogicamente propendere la corte territoriale per la possibilità di concorso formale , vertendosi, quindi, in un caso di diversa considerazione per il titolo dello stesso fatto, riqualificato erroneamente nel decreto di archiviazione da ricettazione in acquisto di cose di sospetta provenienza, nel presente procedimento configurato, correttamente, come reato fallimentare essendo le merci trovate nell'abitazione del B. provento di truffa e oggetto di distrazione dal patrimonio della Euro Trading srl poi dichiarata fallita. 5. Né i due reati sono in rapporto di specialità reciproca in assenza di un'area di coincidenza comune fra le norme incriminatici, per la diversità delle condotte nel primo reato quella di acquisto/ricezione di beni di dubbia provenienza, nel secondo quella di sottrazione alla garanzia dei creditori di beni dell'impresa o della società poi dichiarate fallite , la diversità dei beni tutelati le prevenzione dei delitti contro il patrimonio nel primo caso, la garanzia del ceto creditorio nel secondo , la diversità dell'elemento psicologico, rispettivamente la colpa e il dolo. 6. Il caso in esame non può neppure ritenersi regolato dall'istituto del reato complesso art. 84 cod. pen. non essendo l'acquisto di cose di sospetta provenienza elemento costitutivo della bancarotta per distrazione, con conseguente inapplicabilità dell'indirizzo giurisprudenziale di questa corte relativo all'ipotesi in cui i beni distratti siano già stati qualificati come oggetto di appropriazione indebita. 7. Ipotesi in relazione alla quale è stato escluso il concorso formale dei reati Cass. 37298/2010 e ritenuto l'assorbimento dell'appropriazione indebita nella bancarotta sul rilievo che, essendo quest'ultimo reato complesso, se vi è identità del bene rispettivamente appropriato e distratto, l'agente non risponde di entrambi i reati, ma solo di quello complesso, ex art. 84 comma primo cod. pen., con la conseguenza che, qualora il delitto di appropriazione indebita sia stato oggetto di sentenza di condanna prima della dichiarazione di fallimento, non è preclusa nel successivo procedimento per bancarotta la contestazione del reato fallimentare, in cui va considerato assorbito, con scioglimento dell'eventuale giudicato, quello sanzionato ai sensi dell'art. 646 cod. pen. che ne rappresenta elemento costitutivo Cass. 37567/2003 . 8. Il collegio ritiene, in conclusione, che nella specie si verta, come preannunciato, in un caso di diversa qualificazione dello stesso fatto materiale, con conseguente operatività del ne bis in idem e quindi improcedibilità dell'azione penale per il reato di cui al n. 2 del capo B, da un lato in quanto la disomogeneità dell'elemento psicologico delle due fattispecie incriminatici preclude il riconoscimento del concorso formale, dall'altro perché le due norme non sono in rapporto di reciproca specialità, dall'altro ancora perché l’”incauto acquisto” non è elemento costitutivo del reato complesso di bancarotta patrimoniale nel quale quindi non può essere assorbito. 9. Deve seguire, sul punto, l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata con eliminazione della pena di un anno di reclusione inflitta a titolo di aumento, per l'aggravante dei più fatti di bancarotta, della pena base di anni tre, aggravante che, per effetto della decisione di cui sopra, va esclusa in quanto, eliminato il reato relativo alle merci, residua in capo all'imputato un unico reato di concorso nella distrazione delle somme di denaro. 10. A quest'ultimo riguardo il gravame merita nel complesso rigetto. 11. Privi di fondamento sono il secondo ed il terzo motivo che prospettano la condotta del prevenuto come non sorretta dall'elemento psicologico del reato in quanto carente della consapevolezza dello stato di insolvenza della società e comunque delle finalità delle operazioni del R. . L'assunto alla base di tale rilevo, che cioè, nel periodo in cui si colloca l'attività del B. secondo semestre del 2002 , la società non si sarebbe trovata in tale stato essendosi l'insolvenza manifestata soltanto a partire dalla fine del marzo 2003, non è seriamente sostenibile. 12. Va invero considerato, a smentire i dedotti vizi di violazione di legge e vizio di motivazione e a ritenere pienamente adempiuto dalla corte territoriale l'obbligo di motivazione rafforzato incombente al giudice in caso di riforma della pronuncia di primo grado, che, come evidenziato in sentenza, mentre l'attività posta in essere dall'imputato non era di mera monetizzazione di titoli contrariamente a quanto sostenuto, senza riscontri, dal R. e sottolineato nel terzo motivo , ma di incasso sul proprio conto di assegni tratti dall'amministratore su conti della fallita ipotesi per la quale l'ipotesi della monetizzazione non è ipotizzabile neppure in astratto e di assegni emessi da debitori della società a favore di questa, la reiterazione della condotta e l'entità degli importi movimentati erano logicamente sintomatiche della conoscenza del rischio insolvenza, stato che, essendo necessariamente preesistente al momento in cui, di lì a qualche mese, si sarebbe manifestato con i primi protesti, era plausibilmente oggetto del patrimonio conoscitivo dell'imputato, grazie anche al suo osservatorio privilegiato determinato dal rapporto di dipendenza dei suoi figli dalla società, e alla sua dimostrata disponibilità a detenere mercé provento di truffa, sottratta alla fallenda. 13. Senza contare comunque che, come affermato dalla consolidata giurisprudenza di legittimità, la consapevolezza del terzo estraneo all'impresa o alla società fallite deve investire non già necessariamente lo stato d'insolvenza di queste, ma soltanto la natura di depauperamento delle garanzie del ceto creditorio della condotta posta in essere, fermo restando che, se la conoscenza dello stato di decozione costituisce dato significativo della consapevolezza del terzo di arrecare danno ai creditori, ciò non significa che questa non possa ricavarsi da diversi fattori, quali esemplificativamente la natura fittizia o, come nella specie, l'entità dell'operazione che incide negativamente sul patrimonio della società Cass. 10941/1996, 23675/2004, 10742/2008, 9299/2009, 16579/2010, 16388/2011 . 14. Il quarto motivo che, sotto l'apparente riferimento, nell'intestazione, all'art. 62 n. 4 cod. pen., stigmatizza in realtà la mancata concessione delle generiche, è visibilmente privo di consistenza. 15. Infatti, ai fini dell'assolvimento dell'obbligo di motivazione di tale diniego, è sufficiente che il giudice di merito giustifichi l'uso del potere discrezionale conferitogli dalla legge con l'indicazione delle ragioni ostative alla concessione senza essere tenuto ad esaminare tutte le circostanze prospettate o prospettabili dalla difesa, peraltro nella specie neppure evidenziate. La sentenza impugnata si è attenuta a tale principio, e non è quindi censurabile, avendo ancorato il diniego alla reiterazione della condotta in un arco temporale considerevole e alla cospicua entità delle somme distratte con il contributo del B. , sintomatiche dell'intensità del dolo. 16. Di non maggior consistenza il quinto motivo che pretenderebbe di ravvisare violazione di legge per mancata rinnovazione dell'assunzione delle prove orali invocando giurisprudenza comunitaria Corte EDU 5-7-2011, Dan contro Moldavia che si riferisce, però, al caso, estraneo a quello in esame, nel quale il ribaltamento in secondo grado della sentenza assolutoria si basa su una diverso apprezzamento dell'attendibilità delle prove dichiarative. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al n. 2 del capo B perché l'azione penale non poteva essere esercitata ai sensi dell'art. 649 cod. proc. pen. ed, esclusa l'aggravante di cui all'art. 219, comma 2 n. 1, legge fall., elimina il relativo aumento di pena di anni uno di reclusione. Rigetta nel resto il ricorso.