Ordinanza non tradotta per lo straniero, ma l’opposizione alla custodia parla l’esperanto

La contestazione nel merito dell’ordinanza impugnata deve ritenersi sanante della nullità derivante dalla mancata traduzione nella lingua conosciuta dall’indagato, in quanto manifesta da parte dell’interessato un esercizio del proprio diritto di difesa, che fa presupporre la piena e completa comprensione del provvedimento cautelare.

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza n. 51148, depositata il 9 dicembre 2014. Il caso. Il tribunale del riesame confermava l’ordinanza del gip di custodia cautelare ai danni di un indagato straniero. L’uomo ricorreva in Cassazione, lamentando la mancata traduzione dell’ordinanza cautelare nella lingua da lui conosciuta. Contestazione nel merito. La Cassazione ribatte però che la proposizione di richiesta del riesame, anche se ad opera del difensore, ha effetti sananti della nullità conseguente all’omessa traduzione dell’ordinanza cautelare personale nella lingua conosciuta dall’indagato, a meno che la richiesta di riesame non sia stata presentata soltanto per dedurre la mancata formulazione oppure per formulare ulteriori questioni pregiudiziali di carattere strettamente procedurale. Infatti, la contestazione nel merito dell’ordinanza impugnata deve ritenersi sanante della nullità derivante dalla mancata traduzione, in quanto manifesta da parte dell’interessato un esercizio del proprio diritto di difesa, che fa presupporre la piena e completa comprensione del provvedimento cautelare. La traduzione c’era stata. Inoltre, nel caso di specie, la Corte ritiene che si fosse trattato non di un’omissione, bensì di una semplice irregolarità l’ordinanza era stata effettivamente tradotta, anche se solo in forma orale. In più, riguardo al provvedimento di riesame, era presente in udienza anche l’interprete e l’ordinanza era stata depositata lo stesso giorno. Di conseguenza, si poteva presumere, fino ad emergenza contraria , che anche il provvedimento impugnato fosse stato tradotto oralmente all’indagato.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 16 ottobre – 9 dicembre 2014, n. 51148 Presidente Vessichelli – Relatore Demarchi Albengo Ritenuto in fatto 1. B.G. è stato sottoposto a custodia cautelare con ordinanza dei gip di Roma del 6 giugno 2014 per il reato di riduzione in schiavitù e di sfruttamento della prostituzione minorile il tribunale del riesame ha confermato l'ordinanza impugnata. 2. B.G. propone ricorso per cassazione contro l'ordinanza di rigetto del tribunale per i seguenti motivi a. violazione degli articoli 143, 292 del codice di procedura penale e 6 della CEDU per mancata traduzione dell'ordinanza cautelare nella lingua conosciuta dall'imputato la difesa osserva che il nuovo testo dell'articolo 143, comma 2, prevede la traduzione scritta dell'ordinanza applicativa della misura cautelare della custodia in carcere, indipendentemente dalla richiesta dell'indagato e dalla avvenuta traduzione orale. b. Violazione e falsa applicazione dell'articolo 273 del codice di procedura penale, nonché difetto di motivazione in ordine all'individuazione del ricorrente quale usuario dell'utenza telefonica numero 40763536374. c. Violazione e falsa applicazione della norma di cui all'articolo 273 del codice di procedura penale, nonché difetto, contraddittorietà ed illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico del B. Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso è infondato la proposizione della richiesta di riesame, infatti, anche se ad opera del difensore, ha effetti sananti della nullità conseguente all'omessa traduzione dell'ordinanza cautelare personale nella lingua conosciuta dall'indagato alloglotta, sempre che la richiesta di riesame non sia stata presentata solo per dedurre la mancata traduzione ovvero per formulare ulteriori questioni pregiudiziali di carattere strettamente procedurale Sez. 3, n. 1475 dei 19/11/2013, Jovanoski, Rv. 258369 conff. Sez. 2, Sentenza n. 32555 del 07/06/2011, Rv. 250763 Sez. 6, Sentenza n. 38584 del 22/05/2008, Rv. 241403 Sez. 6, Sentenza n. 14588 del 20/03/2006, Rv. 234036, che osserva come la proposizione della richiesta di riesame anche su questioni diverse ed ulteriori rispetto alla mancata traduzione dell'ordinanza cautelare sani la nullità conseguente all'omessa traduzione, sul rilievo che, in tal caso, sarebbe stato raggiunto lo scopo tipico dell'atto . 2. Ed invero, la contestazione nel merito dell'ordinanza impugnata deve ritenersi sanante della nullità derivante dalla mancata traduzione, poiché manifesta da parte dell'interessato un esercizio del proprio diritto di difesa, in modo tale da far presupporre la piena e completa comprensione del provvedimento cautelare Sez. 4, 22.11.2007, n. 10481, Parasko, m. 238960 . 3. Trattasi di orientamento applicabile anche nella vigenza della nuova normativa, la quale, nel disciplinare le modalità della traduzione, non ha invero preso esplicita posizione in ordine alle conseguenze derivanti dalla sua omissione anzi, il nuovo testo dell'art. 143, comma 2, afferma esplicitamente che l'autorità procedente dispone la traduzione scritta entro un termine congruo tale da consentire l'esercizio dei diritti e delle facoltà della difesa, implicitamente confermando la correttezza del richiamato indirizzo giurisprudenziale infatti, se la funzione della norma è quella di consentire l'esercizio dei diritti e delle facoltà de/la difesa, allora lo svolgimento di censure di merito contro il provvedimento ha effetto sanante perché dimostra che l'atto ha raggiunto il suo scopo, per averne l'imputato compreso appieno il significato e per aver esercitato con pienezza le sue facoltà difensive . 4. Nel caso di specie, peraltro, più che di omissione sembra doversi parlare di semplice irregolarità, posto che l'ordinanza era stata effettivamente tradotta, sebbene solo in forma orale anche per quanto riguarda il provvedimento di riesame, occorre rilevare che all'udienza del 20.06.2014 era presente l'interprete Spornic risulta dal verbale e l'ordinanza risulta depositata lo stesso giorno, unitamente alla motivazione, così che è verosimile ritenere, fino ad emergenza contraria, che anche il provvedimento oggi impugnato sia stato tradotto oralmente all'indagato presente. 1. Il secondo motivo di ricorso è anch'esso infondato sebbene non vi sia sul punto una specifica motivazione nell'ordinanza del riesame, la circostanza non assume efficacia determinante, posto che emergono già dall'ordinanza cautelare indizi gravissimi di colpevolezza del B., risultanti dalle dichiarazioni di C.C.D., riscontrate da quelle di C.A.L. Tali elementi di prova sono ulteriormente avvalorati dalle intercettazioni telefoniche, che costituiscono però un riscontro non necessario e non decisivo, essendovi già elementi sufficienti a sostenere l'ordinanza cautelare, anche a prescindere dal contenuto delle captazioni telefoniche. 2. Il terzo motivo di ricorso, anche alla luce della ritenuta infondatezza del secondo, è inammissibile per genericità. 3. Ne consegue che il ricorso deve essere rigettato ai sensi dell'art. 616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento. 4. La cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all'articolo 94, comma 1 ter, delle disposizioni di attuazione cod. proc. pen. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'articolo 94, comma 1 ter, delle disposizioni di attuazione dei codice di procedura penale.