Richiesta di rinvio a giudizio: il sequestro preventivo può venir da sé

Il fumus di un illecito penale, configurabile nei fatti ricostruiti dall’accusa, non coincide con la gravità di un quadro indiziario indicativo dell’alta probabilità di commissione del reato da parte del soggetto. Perciò, il vaglio operato nel decreto dispositivo del giudizio costituisce una garanzia sufficiente ad evitare abusive limitazioni della disponibilità di beni.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 51147, depositata il 9 dicembre 2014. Il caso. Il tribunale per il riesame di Genova confermava il decreto di sequestro preventivo delle quote di una società intestate ad un imputato, a garanzia delle obbligazioni civili su di lui gravanti, per i reati di appropriazione indebita aggravata e bancarotta fraudolenta pluriaggravata. I giudici ritenevano che i gravi indizi di colpevolezza fossero dimostrati sufficientemente dall’esercizio dell’azione penale nei confronti dell’uomo, attraverso la richiesta di rinvio a giudizio. L’imputato ricorreva in Cassazione, deducendo che il fumus boni iuris non possa essere accertato semplicemente sulla base di una valutazione dell’organo inquirente, operata attraverso la richiesta di rinvio a giudizio, ma deve essere, al contrario, accertato in concreto. Disposizione del giudizio. La Cassazione richiama l’orientamento che nega l’estensione alla materia cautelare reale dei principi enunciati dalla pronuncia n. 71/1996 della Corte Costituzionale, la quale aveva dichiarato la parziale illegittimità degli artt. 309 riesame delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva e 310 appello c.p.p. nella parte in cui non prevedevano la possibilità di valutare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza nel caso in cui fosse stato emesso il decreto dispositivo del giudizio ai sensi dell’art. 429 c.p.p. decreto che dispone il giudizio . Il fumus di un illecito penale, configurabile nei fatti ricostruiti dall’accusa, non coincide con la gravità di un quadro indiziario indicativo dell’alta probabilità di commissione del reato da parte del soggetto. Perciò, il vaglio operato nel decreto dispositivo del giudizio costituisce una garanzia sufficiente ad evitare abusive limitazioni della disponibilità di beni. Gli Ermellini sottolineano, inoltre, che rispetto al sequestro conservativo non è richiesto il fumus commissi delicti , bensì un generico fumus boni iuris . Valutazione del gup. La ratio di tale preclusione deve essere però agganciata all’intervento di una valutazione del gup di idoneità e sufficienza degli elementi acquisiti a sostenere l’accusa in giudizio, che reca in sé una positiva delibazione di sussistenza dell’ipotizzata fattispecie di reato, più intensa della mera valutazione sommaria compiuta in sede di emissione della misura cautelare. Ciò non può dirsi della richiesta di rinvio a giudizio, che non contiene una valutazione del genere, trattandosi di un atto della pubblica accusa. Nel caso di specie, i giudici del riesame non si erano limitati a dare atto della richiesta di rinvio a giudizio, ma avevano basato la loro decisione, tra gli altri elementi, sulla relazione del curatore fallimentare della società da cui si era ricavata la sua posizione di amministratore di fatto e sulla dimostrazione della sua qualità di socio per quote rilevanti. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 2 ottobre – 9 dicembre 2014, n. 51147 Presidente Marasca – Relatore Lignola Ritenuto in fatto 1. Con decreto in data 8 febbraio 2013, il G.U.P. presso il Tribunale di Genova, su richiesta della parte civile D.A.E., disponeva il sequestro conservativo dei 95% delle quote, della immobiliare An.Fi. Sri, dal valore nominale di euro 44.460,00, intestate a F.G.B., a garanzia delle obbligazioni civili su di lui gravanti, in relazione alle imputazioni di appropriazione indebita aggravata nonché di bancarotta fraudolenta pluriaggravata documentale e per distrazione. 1.1 Il Tribunale per il riesame di Genova, con ordinanza dei 2 maggio 2014, confermava il decreto, rilevando, quanto ai gravi indizi di colpevolezza, che questi fossero sufficientemente dimóstrati dall'esercizio dell'azione penale nei confronti dell'imputato, attraverso la richiesta di rinvio a giudizio. In particolare all'imputato era contestato il ruolo di amministratore di fatto nella società fallita R. Sri, con conseguente contestazione di responsabilità dell'intera gestione sociale e dunque anche dell'episodio di appropriazione di due quadri del valore di euro 110.000,00, venduti senza versamento dei corrispettivo alla parte civile. 2. Con ricorso sottoscritto dal difensore del F., avv. C.M., si deduce la violazione dell'articolo 606 lettera B, poiché il fumus boni iuris non può essere accertato sulla base di una semplice valutazione dell'organo inquirente, operata attraverso la richiesta di rinvio a giudizio, ma va accertato in concreto. Motivi della decisione 1. Il ricorso va rigettato. Se infatti è fondata la doglianza in relazione all'efficacia preclusiva della richiesta di rinvio a giudizio alla delibazione del fumus boni iuris, trattandosi di atto di parte, va rilevato che la motivazione dell'ordinanza del Tribunale per il riesame di Genova non si limita a tale argomento. 1.1 Quanto al primo punto, innanzi tutto il Collegio reputa di dover ribadire l'orientamento Sez. 2, n. 2210 del 05/11/2013 - dep. 20/01/2014, Bongini, Rv. 259420 Sez. 5, n. 30596 del 17/04/2009, Cecchi Gori, Rv. 244476 con specifico riferimento al sequestro conservativo, Sez. 2, n. 805 del 12/11/2003 - dep. 14/01/2004, Tuzzolo, Rv. 227802 che nega l'estensione alla materia cautelare reale dei principi enunciati dalla sentenza n. 71 del 1996 della Corte costituzionale, che ha dichiarato la parziale illegittimità costituzionale degli artt. 309 e 310 cod. proc. pen., nella parte in cui non prevedevano la possibilità di valutare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza nell'ipotesi in cui fosse stato emesso il decreto dispositivo del giudizio a norma dell'art. 429 cod. proc. pen Si è infatti osservato Sez. 2, n. 805 del 12/11/2003 - dep. 14/01/2004, Tuzzolo, Rv. 227802 che il fumus di un illecito penale, configurabile nei fatti ricostruiti dall'accusa, non coincide con la gravità di un quadro indiziario indicativo dell'alta probabilità di commissione del reato da parte del soggetto, con la conseguenza che il vaglio operato nel decreto dispositivo del giudizio costituisce garanzia sufficiente ad evitare abusive limitazioni della disponibilità di beni. Per giunta va ricordato che rispetto al sequestro conservativo non è richiesto il fumus commissi delicti, ma un generico fumus boni iuris. 1.2 La ratio della preclusione è però collegata all'intervento di una valutazione del giudice dell'udienza preliminare di idoneità e sufficienza degli elementi acquisiti a sostenere l'accusa in giudizio, che reca in sè una positiva delibazione di sussistenza dell'ipotizzata fattispecie di reato, più intensa della mera valutazione sommaria compiuta in sede di emissione della misura cautelare lo stesso non può però dirsi rispetto alla richiesta di rinvio a giudizio, che tale valutazione non reca, trattandosi di atto della pubblica accusa. 1.3 Quanto al secondo aspetto, va rilevato che l'ordinanza del Tribunale di Genova non si limita a dare atto della richiesta di rinvio a giudizio, come denunciato dal ricorrente il giudice del riesame infatti ricorda il ruolo del F. di amministratore di fatto della R. s.r.l., desumibile dalla relazione dei curatore fallimentare. Inoltre evidenzia che l'estraneità dell'imputato rispetto alla società è stata esclusa sulla base dell'esame della documentazione prodotta dalla parte civile, che ha dimostrato la qualità di socio per quote rilevanti, attraverso società a lui riconducibili infine sottolinea come questi si sia spogliato di tutto il proprio consistente patrimonio immobiliare, conferendolo ad un trust di cui è beneficiaria l'anziana madre novantenne, a riprova del tentativo di sottrarre detti beni alla garanzia dei credito vantato dalla parte civile D.A 1.4 In conclusione il ricorso va rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.