Falso innocuo da escludere se la P.A. deve fare fatica a scoprire la verità

La grossolanità del falso si inquadra nell’ipotesi del reato impossibile e deve essere intesa come inidoneità assoluta dell’azione falsificatoria a trarre altri in errore e, quindi, a ledere la pubblica fede. L’art. 49 c.p. reato supposto erroneamente e reato impossibile trova pertanto applicazione, per la grossolanità della falsificazione, soltanto nei casi in cui sia del tutto impossibile il verificarsi dell’evento dannoso o pericoloso, costituito proprio dall’inganno della pubblica fede.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 51106, depositata il 9 dicembre 2014. Il caso. La Corte d’appello di Roma condannava un imputato per il delitto di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico, in quanto aveva fatto domanda per un concorso pubblico in cui aveva attestato di aver svolto, contrariamente al vero, periodi di lavoro con contratti di prestazione di servizio temporaneo presso una prefettura. L’imputato ricorreva in Cassazione, contestando le valutazioni degli elementi soggettivi ed oggettivi del reato. Il primo era stato desunto erroneamente dalla presenza dello stemma della Repubblica e dall’indicazione della parte dichiarativa riempita dall’imputato del valore di autocertificazione della dichiarazione, ma il modulo era stato compilato all’interno di un ufficio postale su fogli non incollati, non bollati e non vidimati, che quindi non potevano far ritenere di compilare un atto pubblico. Riguardo all’elemento oggettivo, non era emerso alcun danno per la pubblica amministrazione. L’imputato conosceva le conseguenze. La Cassazione sottolinea, però, che nella parte dichiarativa della domanda, riempita dall’imputato, era espressamente riportata la formula di consapevolezza del valore autocertificativo delle dichiarazioni rese e delle conseguenze penali in caso di falsità, per cui non potevano esservi dubbi in proposito da parte del ricorrente. Gli elementi formali, cioè lo stemma statale e l’intestazione ministeriale, erano circostanze ulteriori. Reato impossibile. Riguardo all’elemento oggettivo, i giudici di merito correttamente avevano escluso la ricorrenza del falso innocuo o grossolano, poiché la non corrispondenza al vero delle dichiarazioni era emersa solo in seguito a degli specifici accertamenti, altrimenti la pubblica amministrazione non si sarebbe potuta avvedere del falso. La grossolanità del falso si inquadra nell’ipotesi del reato impossibile e deve essere intesa come inidoneità assoluta dell’azione falsificatoria a trarre altri in errore e, quindi, a ledere la pubblica fede. L’art. 49 c.p. reato supposto erroneamente e reato impossibile trova pertanto applicazione, per la grossolanità della falsificazione, soltanto nei casi in cui sia del tutto impossibile il verificarsi dell’evento dannoso o pericoloso, costituito proprio dall’inganno della pubblica fede. Di conseguenza, è configurabile il falso innocuo solo qualora non possa ledere e neppure mettere in pericolo gli interessi specifici che trovano una garanzia nella genuinità e veridicità dei mezzi probatori. Per questi motivi, la Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 14 ottobre – 9 dicembre 2014, n. 51106 Presidente Lombardi – Relatore Lignola Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza impugnata, la Corte d'appello di Roma confermava quella dei G.U.P. del Tribunale della stessa città, in data 26 marzo 2009, con la quale G.A., all'esito di rito abbreviato, era condannato alla pena di giustizia per il delitto di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico, in relazione alla domanda per un concorso pubblico nella quale attestava di aver svolto, contrariamente al vero, periodi di lavoro con contratto di prestazione di servizio temporaneo presso la prefettura di Arezzo. 2. Con due distinti atti dall'identico contenuto, sottoscritti personalmente dall'imputato, sono articolati due motivi di ricorso, con i quali il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento all'affermazione di responsabilità sotto il profilo dell'elemento soggettivo del reato, si evidenzia che erroneamente esso viene desunto dalla presenza dello stemma della Repubblica e dalla indicazione della parte dichiarativa riempita dall'imputato dei valore di autocertificazione della dichiarazione, poiché il modulo fu compilato all'interno di un ufficio postale su fogli non incollati, né bollati, ne vidimati che non potevano far ritenere di riguardare un atto pubblico. Sotto il profilo oggettivo si osserva che dall'istruttoria non è emerso alcun danno per la pubblica amministrazione. Considerato in diritto 1. Preliminarmente deve darsi atto che non può tenersi conto delle conclusioni dei difensore di fiducia, che è risultato sospeso a tempo indeterminato dall'albo professionale a partire dal 9 luglio 2013. In ogni caso, il ricorso è inammissibile per genericità. 1.1 I due motivi, infatti, per un verso si risolvono in censure in fatto della decisione impugnata, con la quale si richiede una nuova e diversa valutazione delle risultanze processuali non consentita in questa sede di legittimità e per l'altro ripropongono doglianze già avanzate con l'atto d'appello e nella discussione in primo grado , senza provvedere ad un effettivo confronto critico con l'apparato giustificativo del provvedimento impugnato. 1.2 Sotto questo profilo l'atto di impugnazione non rispetta il requisito di cui all'art. 581, lett. c , cod. proc. pen., secondo il quale devono essere enunciati nell'atto di impugnazione i motivi, con l'indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta . Tale norma ha l'evidente significato di imporre al titolare del diritto di impugnazione di individuare i capi e i punti dell'atto impugnato che si intende sottoporre a censura e di esprimere un vaglio critico in ordine a ciascuno di essi formulando argomentazioni che espongano critiche analitiche e, in definitiva, le ragioni del dissenso rispetto alle motivazioni del provvedimento impugnato le quali siano capaci di contrastare quelle in esso contenute al fine di dimostrare che il ragionamento del giudice è carente o errato. 1.3 La Corte territoriale, con motivazione esauriente e priva di profili di illogicità, ha ricostruito gli elementi del delitto di falso ideologico del privato in atto pubblico. 1.4 Così, con riferimento all'elemento soggettivo, si evidenzia che nella parte dichiarativa della domanda, che l'imputato ha riempito, è espressamente riportata la formula di consapevolezza del valore autocertificativo delle dichiarazioni rese e delle conseguenze penali in caso di falsità, sicché non potevano esservi dubbi in proposito da parte dell'imputato, senza considerare, altresì, ulteriori aspetti formali dell'atto l'apposizione dello stemma statale e l'intestazione ministeriale . Da questo punto di vista l'interferenza di altri soggetti nella presentazione della domanda, sostenuta anche in ricorso, rappresenta un elemento di fatto, puramente assertivo e privo di qualsiasi dimostrazione. 1.5 Sotto il profilo oggettivo è stato correttamente esclusa la ricorrenza del falso innocuo o grossolano, poiché la non corrispondenza al vero delle dichiarazioni, che documentavano un titolo valutabile nella procedura selettiva, è emersa all'esito di specifici accertamenti, non avendo altrimenti la pubblica amministrazione modo di avvedersi dei falso. 2. Va ribadito il principio di diritto, già altre volte affermato da questa Sezione, secondo cui la grossolanità del falso si inquadra nell'ipotesi del reato impossibile e deve essere intesa come inidoneità assoluta dell'azione falsificatoria a trarre altri in errore e, perciò, a ledere la pubblica fede. L'art. 49 cod. pen., quindi, può trovare applicazione, per la grossolanità della falsificazione, solo nelle ipotesi in cui sia del tutto impossibile il verificarsi dell'evento dannoso o pericoloso, che è costituito appunto dall'inganno della pubblica fede. Ciò significa che il falso innocuo è configurabile soltanto quando esso non può ledere e neppure mettere in pericolo gli interessi specifici che trovano una garanzia nella genuinità e veridicità dei mezzi probatori. 3. In conclusione il ricorso dell'imputato va dichiarato inammissibile. Alla declaratoria di inammissibilità segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del ricorrente cfr. Corte Costituzionale sent. n. 186 del 7-13 giugno 2000 al versamento alla Cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in euro 1.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.