Il possibile testimone fa mea culpa? Occorre sentirlo sin da subito con l’assistenza dell’avvocato

Sono inutilizzabili nei confronti dell’imputato le dichiarazioni autoindizianti rese dal testimone che doveva essere sentito sin da subito in qualità di imputato o di persona sottoposta ad indagini. Tale censura può essere proposta per la prima volta in sede di ricorso per cassazione poiché la valutazione di questa doglianza, diretta a cancellare elementi probatori del processo, non presuppone una specifica disamina della situazione fattuale che vi è sottesa.

Così ha stabilito la sez. I della Suprema Corte, con la sentenza n. 51068, depositata il 5 dicembre 2014, accogliendo il ricorso dell’imputato. Il testimone che si autoaccusa ha diritto alla difesa. E’ un principio basilare del nostro sistema processuale tendenzialmente accusatorio. Un soggetto, sentito in dibattimento come testimone o, durante le indagini, come persona informata sui fatti narra circostanze dalle quali emerge una responsabilità a proprio carico chi procede all’esame dovrà interromperlo, lo avvertirà che potranno essere condotte indagini per approfondire eventuali sue responsabilità e lo inviterà a nominare un difensore. Fin qui, siamo nel campo della prassi comune. Che fine fanno, però, le dichiarazioni che il futuro indagato ha reso fino al momento in cui si è tradito”? Saranno soggette ad una inutilizzabilità soggettivamente relativa non potranno, infatti, essere adoperate contro chi le ha rese ma saranno pienamente utilizzabili nei confronti di terzi. Evidente la ratio della norma, tesa a bilanciare la finalità dell’accertamento di un fatto-reato, propria del processo penale, con il cosiddetto privilegio contro l’autoincriminazione” il testimone ha diritto a non rispondere, benché abbia un generale obbligo di verità, a quelle domande che possono far sorgere indizi di una propria responsabilità penale. Se sceglie di rispondere, fermo restando l’avvio di un procedimento a suo carico, il codice sottopone le sue propalazioni al regime di utilizzabilità appena descritto. Lo scenario cambia in presenza di originari indizi di responsabilità. Ben diverso è il regime delle dichiarazioni rese da chi sin dall’inizio doveva essere sentito in qualità di indagato o imputato in questo caso, con una espressione più netta, il codice di rito, all’art. 63, comma 2, prevede semplicemente che quanto dichiarato non possa essere utilizzato. L’assenza di ulteriori specificazioni nella norma richiamata porta necessariamente a concludere che questa inutilizzabilità deve intendersi operare a trecentosessanta gradi. Siamo, quindi, davanti a dichiarazioni soggettivamente del tutto inutilizzabili, nel senso che di esse non potrà farsi uso nemmeno per valutare la responsabilità di soggetti terzi rispetto al dichiarante. Nel caso vagliato dagli Ermellini, la decisione di condanna impugnata dall’imputato era in buona parte fondata sulla testimonianza resa da un soggetto che, in quanto reo confesso” di una condotta evidentemente illecita si trattava della predisposizione di alcuni certificati medici falsi , sarebbe dovuto essere sentito sin dall’inizio con le garanzie previste per le persone sottoposte ad indagini. La norma, evidentemente, serve a scongiurare il rischio che la mancata iscrizione nel registro degli indagati dell’indiziato sia strumentalmente volta a cavarne dichiarazioni parzialmente utilizzabili, rese sotto il vincolo dell’impegno a dire la verità. Lo status di indagato/imputato va riconosciuto sin da subito. Il riconoscimento di tale posizione, nell’articolato contesto di un procedimento penale, è fondamentale al dichiarante vanno resi gli avvertimenti che fanno parte delle arcinote regole generali dell’interrogatorio, tra le quali spicca la comunicazione della facoltà di astenersi dal rispondere ad alcuna domanda , fatta eccezione per quelle sulle proprie generalità. La omissione di questo avviso comporta la totale ed assoluta inutilizzabilità delle dichiarazioni. Altro importante avvertimento è quello col quale si ammonisce l’imputato/indagato che, se renderà dichiarazioni eteroaccusatorie, assumerà in ordine alle stesse l’ufficio di testimone la sanzione processuale derivante dall’omissione di questo avviso è duplice inutilizzabilità erga alios delle dichiarazioni rese e impossibilità di far assumere al dichiarante la veste di testimone. In buona sostanza, si perde del tutto il contributo probatorio così ottenuto. E’ ammissibile il vizio di inutilizzabilità sollevato per la prima volta in Cassazione? Nella specifica ipotesi la Suprema Corte afferma che, se la censura è finalizzata ad escludere elementi probatori dal processo, può benissimo essere sollevata per la prima volta in sede di ricorso per cassazione. Ciò, evidentemente, perché la questione – prospettata in questi termini – rimane nell’ambito del puro diritto e non comporta nessuna specifica valutazione della situazione fattuale sottostante. Anche in assenza di specifica doglianza sollevata con i motivi di appello, pertanto, la questione di inutilizzabilità di un certo elemento probatorio fondata su ragioni puramente giuridiche è pienamente ammissibile.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 25 febbraio – 5 dicembre 2014, n. 51068 Presidente Cortese – Relatore Tardio Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 27 ottobre 2011 il Tribunale militare di Napoli ha dichiarato C.C. , maresciallo ordinario della Guardia di finanza, già effettivo presso il gruppo Pronto Impiego Guardia di Finanza di Napoli, responsabile - del reato di diserzione aggravata, di cui agli artt. 47 n. 2 e 148 n. 1 cod. pen. mil. pace, per essersi allontanato senza autorizzazione dal servizio, rimanendo arbitrariamente assente dal reparto dal 14 al 20 giugno 2007 - del reato di simulazione di infermità aggravata continuata, di cui agli artt. 81 cod. pen., 47 n. 2 e 159 cod. pen. mil. pace, per avere simulato uno stato di malattia, producendo al reparto di appartenenza certificazioni mediche rilasciate da medico convenzionato con il servizio sanitario nazionale, attraverso la intermediazione di tale Corinna Salvatore, compagna dell'app. Santoro, attestanti patologie insussistenti per giustificare illegittimamente le sue assenze dal reparto in data 14 giugno 2007, 19 marzo 2008, 8 ottobre 2008 e 2 gennaio 2009. Il Tribunale, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, con giudizio di prevalenza sulla contestata e sussistente circostanza aggravante del grado rivestito, e ritenuta la continuazione tra i reati, ha condannato l'imputato alla pena di mesi tre di reclusione militare, concedendogli i benefici di cui agli artt. 163 e 175 cod. pen. e assolvendolo per insussistenza del fatto dal reato di truffa militare pluriaggravata continuata, di cui agli artt. 81 cod. pen., 47 n. 2 e 234, commi 1 e 2, n. 1 cod. pen. mil. pace, contestato al capo 3 . 2. Con sentenza del 3 ottobre 2012 la Corte militare di appello di Roma, decidendo sugli appelli proposti dall'imputato e dal Procuratore Generale militare, in riforma della impugnata sentenza, ha assolto l'imputato dal reato di diserzione aggravata, ascritto al capo 1 , per insussistenza del fatto e ha dichiarato il medesimo colpevole del reato di truffa militare pluriaggravata continuata, ascrittogli al capo 3 , e, concesse le attenuanti generiche, prevalenti sulle aggravanti contestate, e ritenuta la continuazione interna tra i fatti di truffa e quella esterna tra gli stessi e il reato di simulazione di infermità di cui al capo 2 , ha rideterminato la pena in mesi sei di reclusione militare. 2.1. La Corte, richiamata analiticamente la vicenda processuale e illustrate le ragioni della decisione e le censure svolte dagli appellanti, - si soffermava in via preliminare sulla questione, che la vicenda involgeva, relativa ai rapporti tra i reati di simulazione di infermità capo 2 e di diserzione capo 1 , per i quali era stata affermata la responsabilità penale e oggetto dell'appello dell'imputato - richiamava i principi di diritto affermati da questa Corte con riguardo alla simulazione di infermità e, condividendoli, riteneva la sussumibilità del fatto contestato nella norma incriminatrice di cui all'art. 159, comma 1, prima previsione, cod. pen. mil. pace, e quindi nella simulazione finalizzata a sottrarsi all'obbligo di servizio temporaneamente, nel caso di specie , non assimilabile alle altre ipotesi tipizzate dallo stesso art. 159, seconda previsione sottrazione a un particolare servizio di un corpo, di un'arma o di una specialità , e dal successivo art. 161 sottrazione ad alcuno dei doveri inerenti al servizio militare , comportando l'omessa prestazione anche temporanea del servizio la sottrazione a tutti i doveri al medesimo connessi - riteneva che a tali rilievi conseguissero la correttezza della qualificazione del fatto contestato secondo l'imputazione e la irrilevanza della omessa richiesta del comandante del corpo ai fine della procedibilità del reato - condivideva le valutazioni del primo Giudice circa la commissione della condotta simulatoria contestata nelle occasioni indicate nelle imputazioni, avuto riguardo alle dichiarazioni del medico estensore dei quattro certificati, univoche e piane, che aveva escluso di avere sottoposto a visita il paziente, le ragioni della induzione a detta condotta e le modalità di rilascio delle certificazioni, e tenuto conto dell'alterazione di un certificato con la indicazione di patologia disconosciuta dal medico e della mancata sottoposizione da parte dell'imputato a controlli specialistici, pur nella rilevanza della patologia diagnosticata - rilevava che, alla luce di dette considerazioni, era da ritenere accertata l'assoluta simulazione delle addotte patologie ed erano da ritenere integrati gli elementi costitutivi del reato, essendo la condotta tipizzata a forma libera e dovendo in essa comprendersi la mera produzione di certificazione medica non veridica, e consumato il reato nel momento in cui la competente Autorità militare aveva emanato il provvedimento autorizzativo alla mancata prestazione del servizio - rappresentava che, alla luce dei principi di diritto pure affermati da questa Corte, non poteva ritenersi sussistente il reato di diserzione senza il necessario requisito della mancanza di autorizzazione per l'assenza, conseguita sia pure con la commissione del reato di simulata infermità - riteneva non condivisibili le argomentazioni poste dal Tribunale a fondamento della pronuncia assolutoria per il reato di diserzione rectius truffa , poiché la produzione di certificazioni sanitarie attestanti patologie insussistenti aveva integrato un artificio e raggiro, volto a indurre in errore l'Amministrazione Militare sia in ordine alla concessione dei giorni di riposo medico domiciliare sia in ordine alla corresponsione degli emolumenti, con ingiusto vantaggio per l'imputato, consapevole della natura delle certificazioni e beneficiario delle loro produzioni, e poiché era irrilevante l'indicato automatismo del pagamento da parte dell'Amministrazione, essendo l'erogazione delle competenze connessa alla regolare prestazione del servizio, e conseguendo alla concessione del riposo medico domiciliare per patologie inesistenti la interruzione del rapporto sinallagmatico tra la retribuzione e il servizio. Né rilevava ai fini della sussistenza del reato la mancata quantificazione in concreto del danno subito dall'Amministrazione Militare, quantificabile per relationem sulla base del trattamento stipendiale dell'imputato all'epoca dei fatti. 3. Avverso la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione, con il ministero dell'avvocato Antonio Maria La Scala, l'imputato che ne chiede l'annullamento sulla base di tre motivi. 3.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione di legge e vizio della motivazione, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. c ed e , cod. proc. pen Secondo il ricorrente, sono inutilizzabili le dichiarazioni rese dal Dott. R.P. in sede di esame dibattimentale, perché lo stesso doveva essere sentito non come semplice testimone, ma nelle forme di cui all'art. 210 cod. proc. pen., con violazione dell'art. 63, ultimo comma, cod. proc. pen., alla cui stregua non sono utilizzabili erga omnes le dichiarazioni rese da chi doveva essere esaminato fin dall'inizio con le garanzie in esso previste. L'indicato teste, già in sede di sommarie informazioni dinanzi al Pubblico Ministero, ha, infatti, reso dichiarazioni autoindizianti in ordine al reato di falsità di cui all'art. 480 cod. pen., sicuramente incidenti in ordine all'accertamento dei fatti a carico di esso ricorrente, e, anche nel corso del dibattimento, è stato sentito come semplice testimone. Entrambe le sentenze di merito hanno dato atto nel richiamare le dichiarazioni dell'indicato testimone che la sua posizione sarebbe stata oggetto di separata valutazione da parte dell'A.G.O., cui gli atti di interesse erano stati inviati dal Pubblico Ministero. 3.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce ancora violazione di legge e vizio della motivazione, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. c ed e , cod. proc. pen., con riguardo alla sua ritenuta responsabilità per il reato di simulata infermità. Secondo il ricorrente, la Corte del gravame, che ha ripreso pedissequamente la motivazione della prima sentenza, è incorsa nei denunciati vizi non avendo chiarito con estrema certezza, in relazione a ciascuna delle quattro certificazioni mediche, la sussistenza o meno della patologia in capo a esso ricorrente e l'espletamento o meno della previa visita medica, né avendo considerato se a prescindere dall'espletamento della visita medica egli fosse o no affetto dalla patologia lamentata. Dallo stesso verbale stenotipico delle dichiarazioni del predetto teste R. , riportato per stralci, emergono, ad avviso del ricorrente, circostanze dubitative in merito alle modalità di rilascio dei certificati, la sua impossibilità a raggiungere lo studio medico, le spiegazioni data circa la natura dell'eritema solare, le visite fattegli in sostituzione del padre, impossibilitato a esercitare la professione medica per motivi di salute, e la loro compatibilità con quelle certificate. Né è risultato, secondo il ricorrente, dalla intera attività investigativa che egli nei giorni di prognosi per il suo stato di infermità si sia trovato in luoghi diversi dall'abitazione o impegnato in attività incompatibili con la malattia da cui era affetto. 3.3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce ulteriore violazione di legge e vizio della motivazione, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. c ed e , cod. proc. pen., con riguardo alla ritenuta configurabilità a suo carico del reato di truffa militare pluriaggravata. Il ricorrente muove dal rilievo che la condotta nel reato di truffa presuppone il concretizzarsi di un danno patrimoniale, conseguente a un atto di disposizione al quale la persona offesa si sia determinata per lo stato di errore causato dall'inganno del reo, e che, secondo le disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare, la corresponsione dello stipendio avviene mensilmente a prescindere dalla richiesta dell'interessato, a differenza degli emolumenti per straordinario o altri servizi che richiedono l'iniziativa di parte. Nella specie, pertanto, la sua condotta non è stata causa del versamento dello stipendio, mentre egli non ha richiesto indennità diverse e ulteriori. Né è stato provato il danno subito dall'Amministrazione ed è da escludere che vi sia stato un suo atteggiamento doloso durante l'intero iter criminoso. 4. In data 19 giugno 2013 sono pervenuti motivi nuovi nell'interesse del ricorrente. 4.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce nullità della sentenza, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b ed e , cod. proc. pen., per inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale con riferimento all'art. 159 cod. pen. mil. di pace e per vizio delle motivazione, in ordine alla sussistenza dell'obbligo del servizio militare come previsto dall'art. 159, prima parte, stesso codice. Secondo il ricorrente, che ripercorre il sistema di incriminazioni che riguarda le fraudolente modificazioni delle condizioni fisiche o psichiche del militare in vista della incidenza sulla disponibilità al servizio militare, è punto di riferimento comune il concetto di servizio militare, da considerare in rapporto alle singole fattispecie incriminatrici. Nella specie, doveva essere correttamente valorizzato il carattere episodico e sporadico delle certificazioni e quello limitato dei giorni di prognosi, che portavano a escludere l'elemento soggettivo del dolo specifico, rappresentato dalla volontà di sottrarsi all'obbligo del servizio militare, invece che ai soli doveri inerenti al servizio nei giorni di prognosi di cui alle certificazioni mediche. 4.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce nullità della sentenza ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. e , cod. proc. pen., per vizio delle motivazione in ordine alla ritenuta simulazione della infermità, richiamando e ulteriormente illustrando le ragioni della dedotta carenza motivazionale oggetto del terzo motivo del ricorso. 5. L'udienza del 9 luglio 2013 è stata rinviata, a seguito della dichiarata adesione del difensore del ricorrente all'astensione delle udienze indetta dall'O.U.A., all'udienza del 30 ottobre 2013, nel corso della quale, a seguito di istanza di rinvio presentata dal difensore e ritenuta giustificata, si è disposto il rinvio a nuovo ruolo con ulteriore sospensione dei termini di prescrizione. Anche la nuova udienza del 14 gennaio 2014 è stata rinviata con sospensione dei termini di prescrizione, per adesione del difensore ad altra astensione delle udienze indetta dall'O.U.A., all'udienza odierna, nella quale, all'esito della requisitoria del Procuratore Generale e della esposizione da parte del difensore delle sue conclusioni, nei termini riportati in epigrafe, si è data lettura, dopo la deliberazione, del dispositivo riportato in calce alla presente sentenza. Considerato in diritto 1. Il ricorso deve essere accolto per la fondatezza del primo motivo, che, decisivo ai fini dell'affermazione di responsabilità, ha carattere assorbente rispetto a ogni ulteriore considerazione afferente alla verifica delle ragioni poste a fondamento degli ulteriori motivi proposti. 2. Si rileva, innanzitutto, che l'esame del motivo attinente alla contestata utilizzabilità delle dichiarazioni rese, in sede di esame dibattimentale, dal Dott. R.P. per violazione della previsione normativa dell'art. 63, comma 2, cod. proc. pen., non è precluso in questa sede in dipendenza dell'omessa formulazione della censura con i motivi di appello. 2.1. Movendo dal rilevo che la inutilizzabilità, intesa come inidoneità dell'atto ad assumere validamente la funzione probatoria in forza di un divieto stabilito dalla legge, può essere dedotta e rilevata in ogni stato e grado del procedimento, questa Corte ha puntualizzato che tale regola deve essere raccordata alla norma che limita la cognizione del giudice di legittimità, oltre i confini del devolutum , alle sole questioni di puro diritto, sganciate da ogni accertamento sul fatto Sez. 6, n. 12175 del 21/01/2005, dep. 29/03/2005, Tarricone e altri, Rv. 231484 . Sulla base di tale premessa, si è, quindi, rimarcato che non possono essere proposte per la prima volta, nel giudizio di legittimità, questioni di inutilizzabilità la cui valutazione richieda accertamenti di merito, che come tali sono incompatibili con il sindacato di legittimità e, come confermato sistematicamente dall'art. 569, comma 3, cod. proc. pen., devono essere necessariamente sollecitati nella sede naturale del merito, salva la possibilità di sindacare i relativi provvedimenti, mediante un successivo ricorso per cassazione, nei limiti segnati dall'art. 606, comma primo lett. b , cod. proc. pen. Sez. 6, n. 12175 del 21/01/2005, citata Sez. 6, n. 37767 del 21/09/2010, dep. 22/10/2010, Rallo, Rv. 248589 Sez. 4, n. 2586 del 17/12/2010, dep. 26/01/2011, Bongiovanni e altro, Rv. 249490 Sez. 6, n. 21877 del 24/05/2011, dep. 01/06/2011, C. e altro, Rv. 250263 Sez.6, n. 43534 del 24/04/201, dep. 09/11/2012, Lubiana, Rv. 253798 . 2.2. Nella specie, la inutilizzabilità dedotta dal ricorrente si fonda sull'assunto che il teste indicato non è stato esaminato con le garanzie previste dall'art. 63 cod. proc. pen., pur avendo reso dichiarazioni autoindizianti in ordine al reato di falsità di cui all'art. 480 cod. pen., e sulla rappresentazione fatta nelle sentenze di merito pag. 8 della sentenza del Tribunale e pag. 5 di quella della Corte di appello - nel richiamare quanto riferito dal teste R. circa la mancata esecuzione da parte sua di alcuna visita medica dell'imputato nelle quattro circostanze di cui alla imputazione - della separata valutazione da farsi della sua posizione da parte dell'A.G.O., cui gli atti erano stati già inviati. È coerente con i predetti condivisi principi affermare che la inutilizzabilità così dedotta, diretta a cancellare elementi probatori del processo, non presuppone una specifica valutazione della situazione fattuale, non essendo fondata su accertamenti in punto di fatto che possano costituire il presupposto indispensabile per la declaratoria di inidoneità dell'atto a costituire prova Sez. 6, n. 12175 del 21/01/2005, citata , risolvendosi, invece, in una questione di diritto. 3. La censura proposta, ammissibile nonostante proposta solo con il ricorso per cassazione, è anche fondata nel merito. 3.1. È coerente insegnamento di legittimità che l'inutilizzabilità assoluta, ai sensi dell'art. 63, comma 2, cod. proc. pen., delle dichiarazioni rilasciate da persona che fin dall'inizio avrebbe dovuto essere sentita in qualità di indagato o imputato, è subordinata, in ogni caso, alla condizione che il dichiarante sia colpito da indizi precisi, anche se non gravi, in ordine al medesimo reato ovvero al reato connesso o collegato attribuito al terzo ed è finalizzata ad impedire che l'utilizzazione di dette dichiarazioni possa risolversi, comunque, sia pure indirettamente, in un possibile nocumento nei confronti di chi le ha rese, dovendo, invece, ritenersi utilizzabili le dichiarazioni rese allorquando, rispetto al delitto attribuito al terzo, il dichiarante, indagato di altro reato, assuma solo la specifica veste di testimone Sez. 4, n. 15451 del 14/03/2012, dep. 20/04/2012, Di Paola, Rv. 253510 . Né l'indicata condizione può farsi derivare automaticamente dal solo fatto che i dichiaranti risultino in qualche modo coinvolti in vicende potenzialmente suscettibili di dar luogo alla formulazione di addebiti penali a loro carico Sez. 2, n. 51732 del 19/11/2013, dep. 23/12/2013, Carta e altri, Rv. 258109 , poiché non rilevano a tal proposito eventuali sospetti o intuizioni personali Sez. U, n. 21832 del 22/02/2007, dep. 05/06/2007, Morea, Rv. 236370 Sez. U, Sentenza n. 23868 del 23/04/2009, dep. 10/06/2009, Fruci, Rv.243417 occorre che le vicende in questione, per come percepite dall'autorità inquirente, presentino connotazioni tali da non poter formare oggetto di ulteriori indagini se non postulando necessariamente l'esistenza di responsabilità penale a carico dello stesso soggetto Sez. 1, n. 8099 del 29/01/2002, dep. 27/02/2002, Pascali, Rv. 221327 Sez. 1, n. 4060 del 08/11/2007, dep. 25/01/2008, Sommer e altri, Rv. 239195 l'attribuibilità al dichiarante della qualità di indagato nel momento in cui le dichiarazioni vengono rese deve essere verificata in termini sostanziali, e quindi al di là del riscontro di indici formali, come l'eventuale già intervenuta iscrizione nominativa nel registro delle notizie di reato, non potendo farsi assurgere la condotta del pubblico ministero a requisito positivo di operatività della disposizione di cui all'art. 63, comma 2, e.p.p., quando sarebbe invece proprio la omissione antidoverosa di quest'ultimo a essere oggetto del sindacato in vista della dichiarazione di inutilizzabilità Sez. 6, n. 23776 del 22/04/2009, dep. 09/06/2009, Pagano, Rv. 244360 Sez. U, n. 15208 del 25/02/2010, dep. 21/04/2010, Mills, Rv. 246584 Sez. 2, n. 51840 del 16/10/2013, dep. 30/12/2013, Caterino, Rv. 258069 . 3.2. Di tali principi non è stata fatta nella specie esatta interpretazione e corretta applicazione. 3.2.1. La Corte di appello, nel procedere alla ricostruzione della vicenda ha dato ampio conto dell'analisi degli elementi costitutivi del reato di simulazione di infermità ascritto all'imputato, come operata da primo Giudice avendo riguardo alle dichiarazioni rese dal Dott. R. circa la consegna di certificati medici relativi allo stesso a diversa persona Corinna Salvatore, sua paziente e compagna di collega dello stesso imputato , senza una previa visita medica comprovante le patologie di media e lieve entità attestate nelle quattro circostanze contestate, e circa il carattere non veritiero di detti certificati. Nello sviluppo decisionale, la Corte, previa condivisione della correttezza della qualificazione del fatto in termini di simulazione di infermità, ha rimarcato le emergenze processuali relative alla recisa esclusione da parte del medico estensore dei quattro certificati medici, attraverso i quali l'imputato ha posto in essere la condotta simulatoria addebitatagli, di avere visitato lo stesso, e alla chiarezza e univocità delle dichiarazioni del medico circa il rilascio della certificazione in assenza del paziente, nonché alle modalità del rilascio descritte e riscontrate, pervenendo alla conclusione che le circostanze evidenziate dall'istruttoria erano integrative di un quadro indiziario grave, preciso e concordante nel senso dell'assoluta simulazione delle patologie addotte dall'imputato, non suscettibile di ragionevole spiegazione alternativa, anche sottolineando che un medico curante ben consapevole della qualità del paziente e dell'effetto dei certificati rilasciati avrebbe dovuto visitare il paziente se non fosse stato pienamente compiacente . Ulteriormente la Corte di appello, che ha accolto l'appello del Procuratore Generale sul punto dell'assoluzione dell'imputato dal reato di truffa, ha evidenziato che la produzione nelle quattro occasioni in oggetto da parte dello stesso di certificazione sanitaria attestante patologie insussistenti è stata artificiosa e ingannatoria ed è stata finalizzata a indurre in errore l'Amministrazione Militare, che ha ritenuto, contrariamente al vero, reali le patologie asserite esistenti dall'imputato, concedendogli corrispondenti giorni di riposo medico domiciliare e, poi, i consequenziali emolumenti. 3.2.2. In tale contesto argomentativo la Corte ha omesso di correlare, in coerenza con i predetti condivisi principi di diritto, la posizione e la qualifica soggettiva del Dott. R. , le cui dichiarazioni testimoniali ha valorizzato nel giudizio di responsabilità dell'imputato, con il precetto dell'art. 63, comma 2, cod. proc. pen., collegato sul piano sistematico con l'art. 210 cod. proc. pen. ordinanza n. 280 del 2009 Corte costituzionale , nonostante che l'audizione di detto teste, disposta sul presupposto di una contestazione di falsità dei certificati medici a carico del medesimo imputato, beneficiario degli stessi, presupponesse di per sé la sua qualificazione come sostanzialmente indagato, al di là dei tempi di inoltro della formale denuncia nei suoi confronti e della circostanza ed epoca della riferita sua previa assunzione da parte del P.M. in sede di sommarie informazioni. 3.3. L'evidente consistenza degli elementi di fatto indicati a comprovare, senza ulteriori valutazioni, la incorsa violazione del dovere di assunzione della deposizione del teste R. , in mancanza delle garanzie previste per la persona indagata, supporta logicamente il rilievo, in questa sede, della inutilizzabilità patologica della stessa testimonianza e la declaratoria della inidoneità della stessa a valere come prova. 4. Gli svolti rilievi, che assorbono le ulteriori doglianze e censure difensive, impongono l'annullamento della sentenza impugnata e il rinvio degli atti ad altra sezione della stessa Corte militare di appello per le sue conseguenti valutazioni e determinazioni. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte militare di appello di Roma.