Quali sono i limiti della valutazione prognostica rimessa al Giudice?

La natura squisitamente processuale della determinazione rimessa al giudicante in sede di udienza preliminare impone che non si possa scendere nel merito dell’affidabilità degli elementi di prova, a meno che per la loro strutturale ridotta valenza processuale non sia possibile ipotizzare, a condizione immutate, sviluppi successivi nel dibattimento.

E’ quanto emerge dalla sentenza della Cassazione n. 49792/14, depositata lo scorso 28 novembre. Il caso. Il Giudice dell’Udienza Preliminare presso il Tribunale di Roma dichiarava non doversi procedere perché i fatti non sussistono nei confronti di M.F., F.C., R.G., E.P. e U.S. – tutti componenti della Squadra Mobile della Questura di Roma – in ordine ai reati di peculato, concussione e violenza sessuale loro rispettivamente ascritti commessi, secondo l’impostazione accusatoria, nella loro qualità di pubblici ufficiali. In particolare, secondo l’Ufficio di Procura, gli imputati si sarebbero appropriati di somme di denaro sequestrate presso una bisca clandestina frequentata da cittadini cinesi, nonché avrebbero richiesto prestazioni sessuali non retribuite ad una prostituta cinese. Il GUP ha ritenuto insufficienti, contraddittorie e prive di riscontro alcuno le dichiarazioni accusatorie delle persone offese e, per l’effetto, ha pronunciato sentenza ex art. 425 c.p.p. . Avverso tale decisione ha proposto ricorso per Cassazione il Pubblico Ministero, sostanzialmente lamentando vizio di motivazione e violazione di legge del provvedimento impugnato. Sostiene, tra l’altro, il ricorrente che la valutazione di merito operata dal GUP relativamente alle dichiarazioni delle persone offese abbia valicato i limiti processuali afferenti l’udienza preliminare, in quanto avrebbe dovuto costituire tema del giudizio dibattimentale, caratterizzato dalla formazione della prova nel contraddittorio tra le parti. Inoltre, sostiene il Pubblico Ministero, la dedotta assenza di riscontri alle dichiarazioni accusatorie non corrisponde alla realtà del compendio processuale, nel cui alveo, invece, sussistono delle captazioni telefoniche che avvalorano le propalazioni delle persone offese. Identificazione dei limiti del potere di approfondimento demandato al GUP. La Sesta Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il ricorso del Pubblico Ministero, ed ha disposto l’annullamento della sentenza del GUP con rinvio al Tribunale di Roma per un nuovo esame. In particolare, oggetto della richiesta analisi di legittimità era la definizione del corretto ambito di approfondimento demandato al Giudice dell’Udienza Preliminare laddove gli elementi di prova siano prevalentemente di natura dichiarativa. Orbene, in linea generale – chiariscono i Supremi Giudici – la valutazione prognostica rimessa al GUP non può che essere circoscritta all’accertamento della presenza di elementi di accusa ricavabili dalle informazioni rese, e non può estendersi alla valutazione di attendibilità dei dichiaranti o di eventuale insufficienza e/o contraddittorietà sostanziale del narrato. Altrimenti detto, il Giudice, in presenza di fonti di prova che si prestano ad una molteplicità di soluzioni valutative, deve limitarsi a verificare se tale situazione possa essere superata attraverso le verifiche e gli approfondimenti propri della fase dibattimentale, senza svolgere valutazioni di tipo sostanziale che devono essere sviluppate dal giudice naturale, e deve quindi limitare il suo vaglio ad un profilo elusivamente processuale. Pertanto, secondo la Corte Regolatrice, la natura squisitamente processuale della determinazione rimessa al giudicante in sede di udienza preliminare impone che non si possa scendere nel merito dell’affidabilità degli elementi di prova, a meno che per la loro strutturale ridotta valenza processuale non sia possibile ipotizzare, a condizione immutate, sviluppi successivi nel dibattimento. Donde, non è consentita una valutazione di merito della risultanza probatoria in sede di udienza preliminare, essendo tale tipo di attività rimessa alla fase del dibattimento. L’assenza di motivazione relativamente alla dedotta impossibilità di un giudizio dibattimentale. Nel caso di specie risulta evidente – secondo la Suprema Corte – la fuoriuscita della decisione giudiziale in esame dal ristretto ambito conoscitivo rimesso alla fase processuale di riferimento. In effetti, quello che emerge ictu oculi dalla motivazione della sentenza oggetto di ricorso per Cassazione è l’assenza di determinazione in concreto dell’impossibilità di un chiarimento dibattimentale, poiché il dato che ha costituito oggetto di analisi da parte del giudicante è stato ricostruito comparando l’attendibilità delle fonti di prova, con allegazioni delle parti, aprioristicamente ed immotivatamente escludendo la potenzialità chiarificatrice del fase dibattimentale. Conseguentemente, le considerazioni esposte, hanno imposto l’annullamento della sentenza ed il rinvio per nuova determinazione in punto di immutabilità degli elementi di prova acquisiti in relazione alla singole accuse formulate, e conseguente persistenza delle contraddittorietà tra gli stessi, al Tribunale di Roma.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 11 – 28 novembre 2014, numero 49792 Presidente Garribba – Relatore Petruzzellis Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 26/11/2013 il Gup del Tribunale di Roma ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di B.M. , C.F. , G.R. , P.E. e S.U. in ordine ai reati di peculato, concussione, tentata e consumata, e violenza sessuale, loro rispettivamente ascritti, compiuti nella qualità di pubblici ufficiali, da loro rivestita quali componenti della squadra mobile della Questura di Roma, perché i fatti non sussistono. La vicenda riguarda le accuse, mosse da alcuni cittadini cinesi, di appropriazione di somme sequestrate nella bisca clandestina frequentata da quel gruppo di stranieri, che si assumono indicate nel verbale di sequestro solo in parte - capi B , B2 - o pagamento di importi pretesi dal titolare di quell'attività illecita, - capo C -. Tali accuse sono state valutate contraddittorie dal giudice sulla base della mancanza di coerenza del racconto reso dalle persone offese, e di assenza di riscontri a quanto riferito dal principale accusatore, Z. , vittima del reato sub C , al quale si attribuisce l'interesse ad accusare coloro i quali avevano eseguito plurimi controlli ai suoi danni, per la rilevanza dell'attività illecita da lui svolta. Le ulteriori imputazioni riguardano la richiesta di prestazioni sessuali non retribuite ad una prostituta con la quale B. aveva avuto contatti in ragione del suo ufficio - capo D1 -, per cui è stata esclusa l'eziologia costrittiva o induttiva sulla base delle dichiarazioni della donna, nonché il delitto di concussione e violenza sessuale attribuito al solo S. - capo E - che è stato escluso sulla base della contraddittorietà degli elementi forniti al riguardo dall'accusatrice. 2. Il P.m. impugnante contesta il vizio di motivazione della sentenza, con riferimento alla valutazione di insussistenza dei reati di peculato e concussione di cui ai capi B , B2 e C . Si chiarisce al riguardo che la determinazione di inattendibilità delle persone offese ha inevitabilmente costituito il perno dell'analisi contenuta in sentenza, malgrado tale esame sia escluso dall'ambito degli approfondimenti rimessi al Gup in sede di decisione sul rinvio a giudizio, in quanto costituisce tema del dibattimento, e deve essere eseguito sulla base delle prove assunte nel contraddittorio delle parti la circostanza esclude la legittimità della decisione del giudice sul punto, ai sensi dell'ari . 425 cod. proc. penumero . L'impugnante, dopo aver richiamato il contesto nel quale si erano sviluppate le accuse del teste Z.C. confluite nel capo C , oltre che le indicazioni da questi fornite sulle ulteriori imputazioni di cui ai capi B e B2 , sottolinea il riscontro all'esistenza delle richieste di denaro formulate da parte dei pubblici ufficiali, ricavabile dalle intercettazioni acquisite evidenzia le improprie analisi contenute nella pronuncia sui motivi di rancore nutriti dalla persona offesa nei confronti dei denuncianti, che sarebbero contraddette da una serie di elementi di fatto. Si lamenta una lettura riduttiva delle risultanze, che ha condotto a svalutare una serie di elementi, quali la presenza di denuncie a carico degli indagati da parte di stranieri di diversa nazionalità la mancanza di iniziative delle persone offese, che non avevano presentato denuncia, e sono state sentite solo a seguito dello svolgimento di indagini volte alla loro identificazione la difficoltà mostrata dai dichiaranti prima di fornire la loro collaborazione alle indagini. Si sottolinea l'erroneità della determinazione di inaffidabilità delle dichiarazioni offerte dallo Z. , svolta con riguardo ai rapporti intrattenuti con il verbalizzante Se. che sono stati ritenuti forieri della possibile predisposizione di accuse infondate, oltre che sulla pretesa sottrazione del dichiarante al confronto, desunta da una irreperibilità momentanea, contrastata dall'impugnante nel suo fondamento di fatto, in forza della presenza di una citazione, successivamente andata a buon fine, per diverso procedimento. L'esame complessivo degli atti smentisce la strumentalità del narrato, con riguardo a possibili accuse mosse a carico del dichiarante, ipotesi travolta dalla sollecitazione, offerta dal dichiarante al P.m., di trarre elementi di conforto alle sue affermazioni dall'audizione delle conversazioni intercettate a suo carico. Complessivamente si contesta la logicità della valutazione negativa operata dal Gup, tratta dall'analisi di singoli aspetti di vicende riguardanti il denunciante, o da atti processuali, privi di chiavi di lettura univoche, che si illustrano specificamente nel ricorso. Si contesta la ricostruzione degli eventi contenuta in sentenza che condussero tre agenti a richiedere il pagamento della somma di cui al capo C , i cui dati di certezza si ricavano dall'incontro, che è stato confermato dagli indagati, sia pure giustificato con altre finalità. Analoghe censure vengono mosse quanto alla ritenuta scarsa credibilità dei testi di accusa relativi al capo di imputazione sub B2 , in quanto fondata sull'analisi parziale delle risultanze, ed anche in questo caso suscettibile di approfondimento nel corso dell'esame dibattimentale. 3. In relazione alla concussione di cui al capo D1 si deduce vizio di motivazione e violazione di legge. Si identificano gli elementi costitutivi della condotta costrittiva o induttiva nell'aver l'indagato richiesto una prestazione sessuale ad una persona conosciuta in occasione della presentazione di una denuncia, prendendo poi con essa contatti evocando la sua qualità professionale, funzione di cui si ritiene sia stato fatto abuso, con vantaggio che gli è stato assicurato, non esigendo il prezzo, esclusivamente per la qualità richiamata, secondo le stesse parole della donna. Vizi di logicità della motivazione attengono, secondo il ricorrente, anche all'imputazione sub E , in relazione alla quale il giudice è giunto ad un assunto di scarsa attendibilità delle accuse, nel presupposto di conclamato risentimento nutrito dalla parte offesa nei confronti del denunciato. Il giudice ha sul punto omesso di considerare che, malgrado l'indubbia circostanza di fatto, l'interessata non ha preso iniziative in danno degli indagati, poiché ha formulato le sue accuse solo a seguito di audizione disposta sulla base delle indagini autonomamente svolte. Si sottolinea l'erronea determinazione nell'individuazione del chiamante nelle conversazioni intervenute tra il pubblico ufficiale accusato, S. , e la denunciante, poiché emerge dalle risultanze che sia stato prevalentemente il primo a chiamarla, elemento di fatto considerato in sentenza in maniera erronea. In definitiva si contesta la considerazione di scarsa affidabilità della ricostruzione resa dalla donna, intervenuta senza considerare le conferme derivanti dalle dichiarazioni del suo compagno e delle intercettazioni telefoniche, mentre nella situazione data è del tutto illogico ipotizzare un contatto affettivo tra le parti, come invece ritenuto in sentenza. Ciò in quanto l'ipotesi non trova conferma negli atti, ed è del tutto dissonante rispetto a specifici elementi di fatto elencati in ricorso. 4. La difesa di G. ha depositato memoria nei termini con la quale si sollecita l'accertamento di inammissibilità del ricorso, o in subordine il suo rigetto. Dopo aver richiamato l'ambito valutativo rimesso al Gup in sede di decisione sul rinvio a giudizio, si rileva che, a fronte del rispetto da parte del giudicante dei limiti della cognizione a lui rimessa, il P.m. ha riversato nel ricorso gli elementi opposti su cui ritiene di fondare la diversa determinazione che sollecita, ed ha così sottoposto a questa Corte un ambito di valutazione estraneo al giudizio di legittimità. Si richiamano inoltre le decisioni del Tribunale del riesame, in punto di credibilità delle persone offese, che all'epoca si svilupparono nella stessa linea poi seguita dal Gup, per avvalorare la fondatezza delle determinazioni contenute nella sentenza sul punto. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. Oggetto dell'analisi rimessa a questa Corte nel caso concreto è la definizione del corretto ambito di approfondimento demandato al Gup in sede di udienza preliminare, ove gli elementi di prova offerti siano prevalentemente di natura dichiarativa, e siano proiettati all'acquisizione nel contraddittorio delle parti, nella sede processuale del dibattimento, a tal fine deputata. Nell'ipotesi richiamata la valutazione prognostica rimessa al Gup non può che essere circoscritta all'accertamento della presenza di elementi di accusa ricavabili dalle informazioni rese, e non può estendersi alla valutazione di attendibilità dei dichiaranti, come avvenuto nel caso di specie. Infatti, come già chiarito in precedenti della Corte di legittimità Sez. 6, numero 6765 del 24/01/2014 - dep. 12/02/2014, Pmt in proc. Luchi e altri, Rv. 258806 il Gup, in presenza di fonti di prova che si prestano ad una molteplicità di soluzioni valutative, deve limitarsi a verificare se tale situazione possa essere superata attraverso le verifiche e gli approfondimenti propri della fase del dibattimento, senza svolgere valutazioni di tipo sostanziale che devono essere sviluppate dal giudice naturale, e deve limitare il suo vaglio ad un profilo esclusivamente processuale Sez. 2, Sentenza numero 48831 del 14/11/2013, imp. Maida, Rv. 257645 . Proprio la natura squisitamente processuale della determinazione rimessa al giudicante in sede di udienza preliminare impone che non si possa scendere nel merito dell'affidabilità degli elementi di prova, a meno che per la loro strutturale ridotta valenza processuale non sia possibile ipotizzare, a condizioni immutate, sviluppi successivi nel dibattimento. Ciò può verificarsi nell'ipotesi della dichiarazione accusatoria resa dal correo o dall'imputato di reato connesso, di cui il sistema processuale stabilisce all'art. 192 comma 3 e 4 cod. proc. penumero una minore valenza dimostrativa in conseguenza di ciò ove la richiesta di rinvio a giudizio fosse fondata esclusivamente sulla singola dichiarazione si potrebbe legittimamente giungere ad una decisione di non luogo a procedere per l'impossibilità di conferirle valenza di prova, anche nel prevedibile sviluppo dibattimentale. Nel caso di dichiarazione proveniente dalla persona offesa, al contrario, non sussiste alcuna regola processuale che privi tale elemento di prova di una potenziale forza dimostrativa, poiché si richiede esclusivamente, per la sua considerazione al fine di decidere, lo svolgimento di un penetrante approfondimento di attendibilità che può anche sfociare nella ricerca di riscontri, ma che non si snoda necessariamente in tali ambiti formali Sez. U, numero 41461 del 19/07/2012 - dep. 24/10/2012, Bell'Arte ed altri, Rv. 253214 la valutazione della risultanza in tal caso richiede un'approfondita analisi di merito che non può precedere l'acquisizione della prova. Conseguentemente tale analisi non può esaurirsi nella comparazione astratta degli elementi acquisiti nelle indagini, poiché richiede il raffronto e la sottoposizione al teste dei possibili elementi valutativi di contrasto, per consentire di determinare la resistenza e la coerenza delle dichiarazioni offerte tale analisi, ove esercitata solo sulla base di quanto acquisito, risulta inevitabilmente condizionata da scelte soggettive e discrezionali, irragionevolmente sottratte al principio della formazione in contraddittorio della prova, che invece domina obbligatoriamente, ai sensi dell'art. 111 Cost. il metodo legale di acquisizione della prova, al fine di sostenere la valutazione del suo risultato con il più ampio bagaglio di acquisizioni possibili. Per l'effetto, non possono essere individuati oggettivi elementi di scarsa attendibilità, ove essi non siano stati sottoposti al testimone, per giungere a determinazioni coerenti e scevre dalla suggestione di una lettura unilaterale. Da tali premesse deve necessariamente discendere che, fatta salva l'ipotesi di un'informazione resa dalla persona sentita nel corso delle indagini intrinsecamente contraddittoria, possa sempre ipotizzarsi una chiarificazione delle emergenze al fine della valutazione di attendibilità, che giustifica la sottoposizione delle prove dichiarative al vaglio dibattimentale. Negli stessi termini in precedente arresto Sez. 1, numero 39980 del 16/10/2008 - dep. 27/10/2008, P.M. in proc. Schiavone, Rv. 241565 si è ritenuto che il Gup non possa semplicemente prendere atto della ritrattazione di precedenti dichiarazioni autoaccusatorie dell'indagato, per escludere il rinvio a giudizio, ma debba rinviare l'audizione dell'interessato alla fase dibattimentale. Tornando al caso di specie l'analisi svolta dal giudice dell'udienza preliminare sulla base della verbalizzazione delle informazioni acquisite risulta essersi snodata in forza di una preconcetta svalutazione del dato acquisito, non sottoposta alla verifica congiunta delle parti. In tal senso non coglie nel segno l'eccezione dei difensori in ordine all'inammissibilità del gravame, perché fondata su elementi di fatto di cui in questa sede sembrerebbe richiesta una difforme valutazione. Infatti, l'argomentazione sviluppata dal giudicante - rinvenibile, ad esempio, con riguardo alla possibilità di audizione diretta del principale teste di accusa Z. , o all'esame dei riscontri delle chiamate, in entrata o in uscita dal telefono di S. , per quel che riguarda il capo E - è risultata strettamente legata alla non consentita analisi di attendibilità delle informazioni rese, al di fuori di un vaglio nel contraddittorio della prova, ed è basata sulla valorizzazione di circostanze non accertate univocamente. Ciò produce, quale conseguenza della fuoriuscita della decisione giudiziale in esame dal ristretto ambito conoscitivo rimesso alla fase processuale di riferimento, la necessità per l'impugnante, anche al fine di dimostrare l'estraneità della sentenza al campo di indagine che le è proprio, di contestare le situazioni di fatto poste a fondamento della decisione. L'interpretazione qui ritenuta appare necessitata in conseguenza della natura processuale della valutazione, come tale intrinsecamente connessa agli sviluppi futuri del procedimento. Come già ricordato dalla Corte di legittimità in precedente arresto Sez. 6, numero 35668 del 28/03/2013 - dep. 28/08/2013, Abbamonte e altri, Rv. 256605 , sia pure ad altri fini L'art. 192 c.p.p indica il metro d'induzione probatoria nella resa puntuale di conto dei risultati acquisiti, cioè elementi di prova verificati certi, e dei criteri adottati. E, se si tratta di indizi, questi devono essere dimostrati innanzitutto inconfutati gravi , quindi di valenza univoca precisi e concordi. E non si vede come questo disposto, relativo alla motivazione di convincimento intorno ad accertamento svolto in termini di potenziale condanna, si possa conciliare con quella di un convincimento esclusivamente prognostico negativo di tale condanna, che si riassume in una valutazione di inidoneità dell'accusa . Si deve infatti ricordare che la decisione di cui all'art. 425 cod. proc. penumero ha natura provvisoria, la cui resistenza è condizionata alla persistenza della identità dello stato degli atti, ed è suscettibile di superamento con l'intervento di ulteriori elementi di prova idonei ad arricchire, nella prospettiva dibattimentale, le risultanze. Tale fisiologico sviluppo processuale verrebbe nei fatti fortemente limitato nell'ipotesi in cui fosse consentita un'analisi dell'affidabilità di un mezzo di prova, poiché qualsiasi ulteriore sopravvenienza sarebbe sottratta alla determinazione di arricchimento del quadro investigativo, ove non valutata idonea a superare la ritenuta inaffidabilità degli elementi già oggetto di esame da parte del Gup nella sentenza. In tali casi la contraddizione degli elementi di prova sarebbe potenzialmente insuperabile, non vertendo sul raffronto tra le acquisizioni cristallizzate in quella fase, ma su un contrasto ravvisato sul singolo elemento, insuperabile in quanto ad esso intrinseco. Così, per tornare al caso di specie, uno degli elementi su cui il Gup ha fondato la propria determinazione di insufficienza delle risultanze riguarda la pretesa irreperibilità del principale accusatore, dato di fatto non solo non acquisito con certezza, tanto da essere stato contestato dal P.m., ma che, a ben vedere, anche ove superato in fatto non potrebbe mai costituire un nuovo elemento suscettibile di consentire la riapertura delle indagini, in quanto non influente sul compendio di elementi di accusa, ma esclusivamente sulla possibilità di acquisizione della prova in dibattimento, a prescindere dalla sua portata dimostrativa. Ancora più evidente risulta l'invasione svolta dal Gup del campo di indagine riservato al giudice di merito ove, per la contestazione di cui al capo D , pur dando per certe tutte le emergenze di fatto espresse dalla parte lesa, ne ha analizzato la funzione rispetto ad astratti vantaggi da questa avuti di mira, senza considerare la possibilità di chiarimento ottenibile dalla diretta interessata sulle espressioni usate in argomento nel corso delle informazioni rese, che possano esaminare la visione prospettica sulla base della quale si era determinata o quanto al capo E ove, senza escludere le circostanze di fatto, è stata ipotizzata una natura diversa della relazione tra le parti, giungendo a valutarne la natura affettiva e non fisica, sulla base di una rivisitazione difensiva delle risultanze, sottratta al vaglio nel contraddittorio. Quel che rileva nella specie è l'assente determinazione in concreto dell'impossibilità di un chiarimento dibattimentale, poiché il dato che ha costituito oggetto di analisi del giudicante è stato ricostruito comparando l'attendibilità degli elementi di prova, con le allegazioni delle parti, aprioristicamente escludendo la potenzialità chiarificatrice del dispiegamento delle opposte chiavi di lettura nel confronto dibattimentale e la possibilità che la persona informata possa rendere ragguagli sui punti oggetto delle osservazioni della controparte. 3. Sulla base delle considerazioni espresse, mentre l'esclusione dell'utilità del vaglio dibattimentale ha un serio radicamento ove plurime dichiarazioni della persona informata sui fatti si contraddicano vicendevolmente e siano illuminate da una chiara giustificazione sull'alternanza di versioni rese, non altrettanto può riscontrarsi nel caso in cui si scenda a valutare l'attendibilità di un dichiarante sulla base di considerazioni astratte, quali i pretesi interessi contrapposti, o la difficoltà di acquisire la testimonianza diretta, operata sulla base di elementi di fatto privi del requisito dell'oggettività, ambito rigorosamente rimesso alla valutazione al giudice del dibattimento, poiché ogni determinazione discrezionale non può che avvenire a seguito dell'acquisizione degli elementi su cui deve dispiegarsi il giudizio nel contraddittorio delle parti. 4. Le considerazioni esposte impongono l'annullamento della sentenza ed il rinvio per nuova determinazione in punto di immutabilità degli elementi di prova acquisiti in relazione alle singole accuse formulate, e conseguente persistenza della contraddittorietà tra gli stessi, al Tribunale di Roma, in diversa composizione. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuova deliberazione al Tribunale di Roma.