L’intervento va qualificato come ristrutturazione edilizia, se…

In tema di reati edilizi, e specificamente di differenza fra risanamento conservativo e ristrutturazione edilizia, quest’ultima, diversamente dalla prima, non è vincolata al rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell’edificio esistente, comprendendo il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti, mentre il restauro ed il risanamento conservativo non possono modificare in modo sostanziale l’assetto edilizio preesistente. Al fine di collocare le opere all’interno di una delle due categorie, esse vanno considerate nella loro globalità, tenendo conto delle finalità perseguite con la loro realizzazione.

Lo ha stabilito la Terza Sezione della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 49221/2014, depositata il 26 novembre. La natura giuridica della DIA edilizia Nella sentenza in commento, la Suprema Corte richiama opportunamente l’istituto della Dichiarazione di Inizio Attività DIA . Come affermato dalla giurisprudenza amministrativa CdS n. 717/2009 , la DIA non è un provvedimento amministrativo, ma la dichiarazione di un privato in forza della quale il soggetto è abilitato all'esercizio dell'attività direttamente dalla legge, e non in base all'atto di consenso della Pubblica Amministrazione. La DIA altro non sarebbe che l'autorizzazione implicita all'effettuazione dell'attività, in virtù di una valutazione legale tipica. Secondo questa impostazione, la DIA dovrebbe rappresentare una semplificazione procedimentale, che consente al privato di conseguire un titolo abilitativo a seguito del decorso del termine di trenta giorni dalla presentazione della denunzia. Per effetto della previsione della DIA, la legittimazione del privato all'esercizio dell'attività non è più fondata sull'atto di consenso della P.A., secondo lo schema norma-potere-effetto , ma è una legittimazione ex lege , secondo lo schema norma-fatto-effetto , in forza del quale il soggetto è abilitato allo svolgimento dell'attività direttamente dalla legge, la quale disciplina l'esercizio del diritto eliminando l'intermediazione del potere autorizzatorio della Pubblica Amministrazione. Con la DIA, al principio autoritativo si sostituisce il principio dell'autoresponsabilità dell'amministrato, che è legittimato ad agire in via autonoma, valutando l'esistenza dei presupposti richiesti dalla normativa in vigore. ed il titolo abilitativo necessario per la ristrutturazione edilizia. Per l’individuazione del concetto di totale difformità dell’intervento edilizio rispetto al progetto iniziale, occorre riferirsi all’articolo 31 del TUE Testo Unico dell’Edilizia – d.P.R. n. 380/2001 , a norma del quale sono interventi eseguiti in totale difformità quelli che comportano la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche, plano-volumetriche o di utilizzazione rispetto a quelle oggetto del permesso stesso. Rispetto al permesso di costruire, dunque, la difformità totale si delinea allorché i lavori riguardino un’opera diversa per conformazione e strutturazione da quella contemplata nel provvedimento in tale ipotesi, si applica la pena di cui all’art. 44, lett. b TUE. La difformità parziale si delinea invece allorché i lavori tendano ad apportare variazioni, circoscritte in senso qualitativo e quantitativo, alle opere così come identificate nel provvedimento in siffatta ipotesi, si applica la pena di cui all’art. 44, lett. a TUE. La difformità totale, in effetti, si verifica allorché si costruisca aliud pro alio , in una situazione nella quale l’esecuzione dei lavori è assistita da un permesso di costruire meramente apparente o non pertinente. Altra ipotesi è quella in cui i lavori eseguiti esulino radicalmente dal progetto approvato, nel senso che essi tendano a realizzare opere aggiuntive a quelle consentite e che abbiano una loro autonomia e novità, oltre che sul piano costruttivo, anche su quello della valutazione economico-sociale come ad esempio allorché venga realizzato un edificio a più piani in aggiunta a quello o a quelli stabiliti dal permesso . Il concetto di difformità parziale si riferisce, invece, ad ipotesi residuali, tra le quali possono farsi rientrare gli aumenti di cubatura o di superficie di scarsa consistenza da valutarsi in relazione al progetto approvato , nonché le variazioni relative a parti accessorie che non abbiano specifica rilevanza e non siano suscettibili di utilizzazione autonoma. Il permesso di costruire è sempre necessario? Non sempre le ristrutturazioni necessitano di permesso di costruire. La pronuncia in esame consente pure di approfondire la tematica relativa al titolo abilitativo di volta in volta necessario nel caso di ristrutturazioni aventi una portata più o meno innovativa” rispetto all’edificio preesistente. A tal proposito, occorre rilevare che sono sempre realizzabili con Dichiarazione di Inizio Attività oggi parzialmente sostituita dalla Segnalazione Certificata di Inizio Attività le ristrutturazioni edilizie di portata minore, quelle, cioè, che determinano una semplice modifica dell'ordine in cui sono disposte le diverse parti che compongono la costruzione, in modo che, pur risultando complessivamente innovata, questa conserva la iniziale consistenza urbanistica. Gli interventi di ristrutturazione di cui all'art. 10, comma 1, lett. c del Testo Unico dell’Edilizia non di portata minore sono subordinati a permesso di costruire ma, in alternativa, possono essere realizzati con DIA se portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, e comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A , comportino mutamenti della destinazione d'uso. Se però comportano la preventiva demolizione dell'edificio, il risultato finale deve coincidere nella volumetria e nella sagoma con l'edificio precedente. La ricostruzione su ruderi costituisce invece sempre nuova costruzione. La demolizione, per essere ricondotta anche alla nuova nozione legislativa di ristrutturazione edilizia, deve essere contestualizzata temporalmente nell'ambito di un intervento unitario, volto alla conservazione dell'edificio che risulti ancora esistente e strutturalmente identificabile al momento dell'inizio dei lavori.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 6 – 26 novembre 2014, numero 49221 Presidente Squassoni – Relatore Ramacci Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale del riesame di Firenze, con ordinanza del 18/7/2014 ha accolto l'appello proposto da C.M. avverso l'ordinanza emessa il 28/5/2014 dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, con la quale veniva rigettata la richiesta di dissequestro di un immobile interessato da interventi edilizi, rispetto ai quali venivano ipotizzati i reati di cui agli artt. 44, lett. b , 93, 95 d.P.R. 380/01, 19, comma 6 I. 7 agosto 1990, numero 241 fatti accertati in OMISSIS . In particolare, il C. , unitamente ad altri, veniva indagato per aver eseguito, in assenza di permesso di costruire, lavori di ristrutturazione di un preesistente immobile, comportanti la suddivisione in 4 unità immobiliari e la demolizione dei solai del sottotetto finalizzata alla realizzazione di nuovi volumi abitabili nel vano sottotetto, ritenuti non rientranti nell'ambito del mero risanamento conservativo, in relazione al quale era stata presentata una S.C.I.A Al medesimo veniva inoltre contestato di aver proseguito i lavori nonostante l'ordine di sospensione e la realizzazione degli stessi, in zona sismica, senza la preventiva presentazione del progetto all'ufficio competente, mentre ad altro coindagato, direttore dei lavori, veniva contestata anche la falsa rappresentazione, nella planimetria allegata alla S.C.I.A., della condizione originaria dell'immobile rispetto alle altezze del piano sottotetto e dei vani prospicienti la via Antonio Giannini di Firenze, nonché la falsa asseverazione della conformità dell'intervento agli strumenti urbanistici ed i regolamenti edilizi. 2. Avverso il provvedimento, con il quale il Tribunale ha disposto la restituzione dell'immobile in sequestro a C.M. , propone ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Firenze. Con un unico motivo di ricorso deduce la violazione di legge, osservando che il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto la legittimità dell'intervento edilizio solo per il fatto che l'amministrazione comunale, con un provvedimento del 7/3/2014, aveva ripristinato la validità ed efficacia della S.C.I.A. presentata, senza approfondire la questione concernente la corretta qualificazione dell'intervento edilizio. Assume infatti il ricorrente che le opere realizzate andrebbero inquadrate nell'ambito della ristrutturazione edilizia e non anche tra quelle di risanamento conservativo come ritenuto dal Tribunale sulla base di quanto rilevato dall'amministrazione comunale. Insiste, pertanto, per l'accoglimento del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato nei termini di seguito specificati. Occorre preliminarmente ricordare che questa Corte non ha accesso agli atti e documenti allegati al fascicolo processuale, cosicché una ricostruzione, ancorché sommaria, dell' iter procedimentale seguito nel caso in esame è possibile solo attraverso le informazioni ricavabili dal provvedimento impugnato e dal ricorso, informazioni che pare opportuno riassumere per una migliore comprensione della vicenda. 2. Secondo quanto ricordato dal Tribunale, il 18/3/2013 la Polizia Municipale aveva accertato l'esecuzione, sull'immobile poi sequestrato, di interventi di manutenzione ordinaria demolizione di controsoffitti e sostituzione di sanitari finalizzati ad un successivo frazionamento dell'unità abitativa per il quale sarebbero stati successivamente richiesti i necessari titoli abilitativi. Veniva quindi presentata una S.C.I.A. numero 2553/2013 per il frazionamento in 4 unità immobiliari, qualificato come risanamento conservativo ai sensi dell'articolo 6 comma 3 della Norme Tecniche di Attuazione del P.R.G. del Comune di Firenze, in quanto le opere, dirette a suddividere la preesistente unità immobiliare, ristrutturare il sottotetto e realizzare un soppalco, non avrebbero comportato la modifica di prospetti e copertura. Una ulteriore S.C.I.A. numero 4363/2013 veniva presentata successivamente al fine di procedere a modifiche interne ed alla realizzazione di locali sottotetto non abitabili. L'esecuzione dell'intervento veniva però interrotta il 20/6/2013, essendosi constatato che le opere non rientravano nell'ambito del risanamento conservativo e l'amministrazione comunale, dichiarata l'inefficacia delle S.C.I.A. presentate, ordinava, il 25/7/2013, la rimessa in pristino. L'ordinanza dichiarativa di inefficacia delle S.C.I.A. veniva però sospesa dal giudice amministrativo e, previa presentazione degli atti di partecipazione al procedimento che prevedevano ulteriori soluzioni di conformazione alla disciplina urbanistica vigente, con ordinanza del 7/3/2014, l'amministrazione comunale ripristinava la validità ed efficacia della S.C.I.A. presentata il 13/6/2013 come integrata e modificata dall'atto di partecipazione al procedimento del 19/9/2013. Chiarivano i giudici dell'appello che le opere erano state considerate conformi allo strumento urbanistico ed assentibili mediante S.C.I.A., considerando il soppalco quale elemento accessorio non determinante incremento della superficie utile lorda in base all'articolo 6, comma 3 delle NTA del PRG, cosicché l'intervento poteva qualificarsi come mero risanamento conservativo. Sulla scorta di tale valutazione, operata dall'autorità comunale, il Tribunale ha ritenuto la legittimità dell'intervento e la conseguente fondatezza dell'atto di appello, mentre, come si è già detto, il Pubblico Ministero ricorrente contesta tali conclusioni, ritenendo che le opere, in quanto qualificabili come ristrutturazione edilizia determinante aumento di volume e di superficie, avrebbe richiesto il permesso di costruire o la d.i.a. alternativa. 3. Ciò premesso, un primo rilievo cui si espone l'ordinanza impugnata riguarda l'assenza di qualsivoglia valutazione, da parte dei giudici dell'appello, sulla validità ed efficacia dei provvedimenti assunti dall'amministrazione comunale, il cui contenuto appare passivamente recepito dal Tribunale che, prendendo semplicemente atto di tali determinazioni, ha concluso per la legittimità dell'intervento. Un tale approccio, tuttavia, non può essere condiviso, perché, come più volte rilevato da questa Corte, il sindacato del giudice penale sul titolo abilitativo edilizio non costituisce esercizio del potere di disapplicazione, bensì doverosa verifica dell'integrazione della fattispecie penale da ultimo, Sez. 3, numero 37847 del 14/05/2013, Sorini, Rv. 256971. Si vedano anche Sez. 3, numero 21487 del 21/03/2006, Tantillo, Rv. 234469, contenente dettagliata ricostruzione dell'evoluzione della giurisprudenza sul tema, nonché Sez. 3, numero 35391 del 14/07/2010, Luciani, non massimata Sez. 3, numero 34809 del 02/07/2009, Giombini, non massimata Sez. 3, numero 14504 del 20/01/2009, Rv. 243474, non massimata sul punto Sez. 3, numero 9177 del 13/01/2009, Corvino, non massimata Sez. 3, numero 35389 del 27/06/2008, Gallo, non massimata Sez. 3, numero 28225 del 09/05/2008, Di Stefano, non massimata Sez. 3, numero 41620 del 02/10/2007, Emelino, Rv. 237995 Sez. 3, numero 1894 del 14/12/2006 dep. 2007 , Bruno, Rv. 235644 Sez. 3, numero 40425 del 28/09/2006, Consiglio, Rv. 237038 . Si è anche precisato come, anche nell'accertare che per un determinato intervento occorre il permesso di costruire in luogo del diverso titolo ritenuto sufficiente dall'amministrazione, il giudice penale non eserciti alcun sindacato sull'attività della pubblica amministrazione Sez. 3, numero 19076 del 24/03/2009, Piparo, Rv. 243722, non massimata sul punto . 4. Alla luce dei richiamati principi, appare dunque evidente che il Tribunale non poteva automaticamente dedurre la legittimità dell'intervento edilizio sulla base di un acritico recepimento delle determinazioni dell'autorità comunale che avrebbe dovuto, al contrario, valutare, seppure nel limitato ambito di cognizione riservatogli nel giudizio di appello relativo ad un provvedimento di revoca di una misura cautelare reale. Tale valutazione si rendeva peraltro ancor più necessaria anche in considerazione della pluralità di violazioni contestate, le quali, come si desume dall'imputazione riportata in ricorso, oltre a riguardare la violazione dell'articolo 44 lett. b d.P.R. 380/01 e l'ulteriore violazione delle disposizioni, contenute nel medesimo decreto, concernenti la normativa antisismica, avevano ad oggetto anche la falsa attestazione, in una delle S.C.I.A., dell'originario stato dei luoghi e della conformità dell'intervento allo strumento urbanistico ed al regolamento edilizio. Non viene inoltre neppure dato atto dei contenuti degli atti di partecipazione al procedimento che, secondo il Tribunale, prevedevano ulteriori soluzioni di conformazione alla disciplina urbanistica vigente ”, né della concreta incidenza degli stessi sulle S.C.I.A. precedentemente presentate, confermando così la sussistenza di un mero recepimento delle determinazioni dell'amministrazione comunale denunciata dal Pubblico Ministero ricorrente. 5. L'atteggiamento censurato si riverbera, inoltre, sulla qualificazione dell'intervento, che costituisce l'aspetto determinante della vicenda, ricavandosi dalla stessa la tipologia di titolo abilitativo richiesto e, conseguentemente, la liceità o meno della condotta posta in essere. Tale qualificazione viene dunque effettuata dal Tribunale semplicemente richiamando quanto affermato dall'amministrazione comunale, ma la conclusione cui si perviene non è condivisibile. Sempre secondo quanto è dato ricavare dalla lettura del ricorso e dell'ordinanza impugnata, i lavori, descritti nell'imputazione, riguardavano la suddivisione in 4 unità immobiliari e la demolizione dei solai del sottotetto finalizzata alla realizzazione di nuovi volumi abitabili nel vano sottotetto, qualificabili, secondo il ricorrente, come ristrutturazione soggetta a permesso di costruire o d.i.a. alternativa al permesso e, secondo l'amministrazione comunale, come risanamento conservativo soggetto a S.C.I.A 6. Va a tale proposito rilevato, in linea generale, che la nozione di ristrutturazione edilizia risulta notevolmente ampliata, rispetto all'originaria formulazione, dopo le modifiche apportate al d.P.R. 380/01 dapprima ad opera del d.lgs. 301/2002 e, più recentemente, dal d.l. 21 giugno 2013, numero 69, convertito con modificazioni dalla L. 9 agosto 2013, numero 98 e dal d.l.12 settembre 2014, numero 133 non ancora convertito in legge quando la presente decisione è stata deliberata. L'articolo 10, comma primo, lettera c d.P.R. 380/01, nella formulazione attualmente in vigore, indica come soggetti a permesso di costruire gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino modifiche della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d'uso nonché gli interventi che comportino modificazioni della sagoma di immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, numero 42 e successive modificazioni ”. Gli interventi di ristrutturazione sono così descritti dall'articolo 3, comma primo, lettera d del medesimo D.P.R., nella formulazione attualmente vigente interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica, nonché quelli volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, numero 42 e successive modificazioni, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove sia rispettata la medesima sagoma dell'edificio preesistente” . 7. Come è agevole rilevare dal dato letterale della disposizione, rientrano nella nozione di ristrutturazione edilizia gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione nei termini dianzi specificati. Non tutti gli interventi di ristrutturazione edilizia richiedono, però, il permesso di costruire, come si ricava dalla lettura dell'articolo 10, comma 1, lett. c d.P.R. 380/01. È inoltre previsto, in base a quanto disposto dall'articolo 22, comma 3, lett. a , che per detti interventi l'interessato possa optare per la d.i.a. alternativa al permesso di costruire. La ristrutturazione edilizia si caratterizza, dunque, anche per la previsione di possibili incrementi volumetrici, ma ciò rende necessaria una lettura della norma nel senso che l'aumento di cubatura deve essere senz'altro contenuto, in modo da mantenere netta la differenza con gli interventi di nuova costruzione. 8. Gli interventi di ristrutturazione edilizia diversi da quelli indicati nell'articolo 10, comma primo, lettera c , invece, sono soggetti a s.c.i.a Si tratta, in questo caso, di interventi di ristrutturazione edilizia di portata minore, che la giurisprudenza di questa Corte individua come quelli che determinano una semplice modifica dell'ordine in cui sono disposte le diverse parti che compongono la costruzione, in modo che, pur risultando complessivamente innovata, questa conserva la sua iniziale consistenza urbanistica. La stessa giurisprudenza ricorda che, al contrario, le ristrutturazioni edilizie che comportano integrazioni funzionali e strutturali dell'edificio esistente, ammettendosi limitati incrementi di superficie e di volume, necessitano del permesso di costruire ovvero della denunzia di inizio attività alternativa al permesso v. Sez. 3, numero 47046 del 26/10/2007, Soldano, Rv. 238460 Sez. 3, numero 40173 del 26/09/2006, Balletta, non massimata . 9. Va anche rilevato come, rispetto alle formulazioni precedente, l'articolo 10, comma 1, lett. c d.P.R. 380/01 non comprenda più, tra gli interventi di ristrutturazione soggetti a permesso di costruire, quelli comportanti aumento di unità immobiliari e mutamenti della sagoma ad eccezione, in quest'ultimo caso, degli interventi eseguiti in zone sottoposte a vincolo ai sensi del d.lgs. 42/2004 , fermo restando, comunque, il divieto di apportare modifiche alla volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti. 10. Gli interventi di restauro e risanamento conservativo sono invece definiti dall'articolo 3, comma primo, lett. c del d.P.R. 380/01 come gli interventi edilizi rivolti a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano destinazioni d'uso con essi compatibili. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio, l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso, l'eliminazione degli elementi estranei all'organismo edilizio” . Dalla lettura della definizione, come osservato dalla giurisprudenza di questa Corte Sez. 3, numero 28840 del 09/07/2008, Dantoni, Rv. 240836, non massimata sul punto Sez. 3, numero 40189 del 27/09/2006, Di Luggo, Rv. 235453, non massimata sul punto , si comprende agevolmente che la finalità degli interventi di restauro e risanamento conservativo è quella di rinnovare l'organismo edilizio in modo sistematico e globale, ma pur sempre nel rispetto dei suoi elementi essenziali tipologici, formali e strutturali ” trattandosi, appunto, di conservazione. L'attività di restauro e risanamento conservativo si qualifica, pertanto, per un insieme di opere che lasciano inalterata la struttura dell'edificio, sia all'esterno che al suo interno, dovendosi privilegiare la funzione di ripristino della individualità originaria dell'immobile così Sez. 3, numero 33536 del 10/06/2009, Tarallo, non massimata . Lo scopo è, in altre parole, quello di realizzare . un insieme di opere riguardanti gli adeguamenti tipologici, igienico - sanitari e strutturali, finalizzato ad un uso più appropriato rispetto alle esigenze attuali degli edifici ed alloggi esistenti” Sez. III, numero 21100 del 29/03/2007, Colli, non massimata . L'ulteriore requisito richiesto è, inoltre, quello del rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali” dell'organismo edilizio oggetto di intervento, dei quali, tuttavia, la norma in esame non fornisce alcuna definizione, individuata, però, in precedenti pronunce di questa Corte v. Sez. 3, numero 16048 del 21/04/2006, D'Antoni, Rv. 234265. Conf. Sez. 3, numero 39062 del 21/05/2009, Cioffi, non massimata Sez. 3 numero 28840/2008, cit. , nelle quali si è stabilito che la qualificazione tipologica ” riguarda i caratteri architettonici e funzionali del manufatto preesistente che ne consentono la qualificazione in base alle tipologie edilizie ad es. edificio urbano o rurale, industriale o residenziale etc. , gli elementi formali ” attengono alla disposizione dei volumi, elementi architettonici che distinguono in modo peculiare il manufatto, configurando la sua immagine caratteristica mentre gli elementi strutturali” sono quelli che materialmente compongono la struttura dell'organismo edilizio. 11. Questa Corte ha inoltre posto in evidenza anche le differenze tra gli interventi di risanamento e restauro e quelli di ristrutturazione edilizia, osservando che quest'ultima non è vincolata al rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'edificio esistente, comprendendo il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti, mentre il restauro ed il risanamento conservativo non possono modificare in modo sostanziale l'assetto edilizio preesistente e consentono soltanto variazioni d'uso compatibili con l'edificio conservato Cass. Sez. 3, numero 35897, del 14/05/2008, Altarozzi, non massimata. V. anche Sez. 3, numero 28458, 30/04/2009, Aversa, non massimata . Infine, come emerge dalla seconda parte della definizione, la funzione conservativa degli interventi di restauro e risanamento può anche effettuarsi attraverso l'eliminazione di elementi estranei all'organismo edilizio ma, comunque, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali. Anche la giurisprudenza amministrativa è orientata nel senso di ritenere che gli interventi edilizi che alterino, anche sotto il profilo della distribuzione interna, l'originaria consistenza fisica di un immobile e comportino l'inserimento di nuovi impianti e la modifica e ridistribuzione dei volumi non si configurano come manutenzione straordinaria né come restauro o risanamento conservativo , ma rientrano nell'ambito della ristrutturazione edilizia, che è pertanto ravvisabile nella modificazione della distribuzione della superficie interna e dei volumi e dell'ordine in cui sono disposte le diverse porzioni dell'edificio anche per il solo fine di rendere più agevole la destinazione d'uso esistente infatti anche in questi casi si configura il rinnovo di elementi costitutivi dell'edificio ed un'alterazione dell'originaria fisionomia e consistenza fisica dell'immobile, incompatibili con i concetti di manutenzione straordinaria e risanamento conservativo, che invece presuppongono la realizzazione di opere che lascino inalterata la struttura dell'edificio e la distribuzione interna della sua superficie” v., da ultimo, Cons. St. Sez. V numero 4523, del 05/09/2014, con richiami ai prec. . 12. Venendo alle disposizioni contenute nelle NTA del PRG del Comune di Firenze, che il Tribunale richiama, citando Particolo 6, comma 3, la definizione generale di risanamento conservativo ” non si discosta da quella prevista dal TU dell'edilizia ed è quella di un intervento rivolto a conservare l'organismo edilizio e ad assicurare la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici formali e strutturali, consentano destinazioni d'uso con esso compatibili. L'intervento comprende il consolidamento, il ripristino ed il rinnovo degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze d'uso, nonché la eliminazione degli elementi estranei all'organismo edilizio” . Nel medesimo comma 3, al punto 2, rispettivamente alle lettere g , h ed i è precisato che, quando ne sia adeguatamente dimostrata la compatibilità con i caratteri storici architettonici dell'edificio, rientrano inoltre in tale tipologia di intervento il mutamento di destinazione d'uso, la utilizzazione di spazi sottotetto esistenti, anche con consolidamento e/o sostituzione delle strutture orizzontali, con tecnologie conformi alle caratteristiche storico-architettoniche dell'organismo edilizio, ferma restando la quota di imposta delle medesime e le opere che comportano la variazione del numero delle unità immobiliari, compatibile con l'organismo edilizio. Al successivo punto 5 è inoltre stabilito che rientra nella tipologia di intervento in esame anche il recupero dei sottotetti a fini abitativi ai sensi della legge regionale 8 febbraio 2010, numero 5, con le prescrizioni di cui al successivo articolo 6-bis delle NTA, sempreché sia contestualmente verificato il rispetto dell'articolo 6.3.2, lett. h , nonché di ogni altra prescrizione di tutela degli elementi tipologici, formali e strutturali degli edifici. L'articolo 7 definisce, invece, gli interventi di ristrutturazione edilizia come quelli rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad una unità edilizia in tutto o in parte diversa dalla precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, la eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti” . Detti intervento sono a loro volta distinti in tre diverse categorie - Ristrutturazione edilizia R1 che ricomprende, oltre alle opere delle categorie precedenti, anche quelle che comportino la riorganizzazione funzionale interna delle singole unità immobiliari, senza che ne siano alterate le superfici utili, con modifiche agli elementi verticali strutturali e non strutturali, limitatamente alla apertura e chiusura di porte, fermi restando i caratteri architettonici e decorativi dell'edificio, nonché agli elementi costituenti arredo urbano. Tali opere dovranno, comunque, essere realizzate senza alterare l'impianto distributivo principale. Sono inoltre ammessi interventi volti al recupero di superfici non utilizzate a fini abitativi, anche tramite aperture di finestre sui fronti secondari” - Ristrutturazione edilizia R2, riguardante a le opere che, in deroga agli artt. 7, 8 e 9 del D.M. 2.4.1968 numero 1444, comportino la riorganizzazione funzionale degli edifici anche mediante costruzione di servizi igienici in ampliamento della volumetria esistente rialzamento della copertura dell'ultimo piano, nel caso che questo risulti abitato e senza che si costituiscano nuove unità immobiliari b le opere di trasformazione incidenti sugli elementi verticali strutturali dell'edificio, anche con variazione della posizione dei medesimi c le opere di trasformazione delle coperture che comportino incremento volumetrico, di altezza o di S.U.L. d le opere di trasformazione di edifici esistenti che comportino in qualsiasi parte del medesimo, ivi compresi i sottotetti od il sottosuolo, la formazione di nuova S.U.L. e le opere di ristrutturazione finalizzate al mutamento di destinazioni d'uso”. — Ristrutturazione edilizia R3 comprendenti anche le opere che comportino la ristrutturazione e la modifica di elementi strutturali fino allo svuotamento dell'involucro edilizio” . 13. Ciò posto, le definizioni sopra indicate andavano prese in considerazione al fine di qualificare gli interventi eseguiti i quali, secondo le determinazioni dell'amministrazione comunale recepite dal Tribunale, andavano collocate tra gli interventi di risanamento conservativo, in quanto la realizzazione del soppalco non avrebbe determinato incrementi della Superficie Utile Lorda SUL . Va peraltro considerato che, secondo quanto prospettato dal ricorrente, l'intervento eseguito avrebbe determinato un incremento volumetrico e che i preesistenti solai sarebbero demoliti e poi abbassati al fine di aumentare l'altezza del vano sottotetto. Tale stato di cose, se accertato, andrebbe valutato al fine di verificare, in primo luogo, se l'intervento, nella sua consistenza effettiva, quale ritenuta in fatto, rientri nella definizione di risanamento conservativo fornita dal d.P.R. 380/01 e, segnatamente, se assicuri o meno il necessario rispetto degli elementi tipologici, formali e, sopratutto, strutturali dell'organismo edilizio originario. In secondo luogo, la medesima tipologia di intervento andava considerata con riferimento al rispetto della compatibilità con i caratteri storici architettonici dell'edificio e della quota di imposta richiesto dalle NTA, all'articolo 6, comma 3, punto 2, lett. h . Sempre sulla base di quanto ricavabile dagli atti accessibili a questa Corte, sembra peraltro escludersi la possibilità che le opere rientrino nell'ambito di operatività della legge regionale numero 5/2010 richiamata dalle NTA, in quanto l'articolo 3, comma 4 stabilisce espressamente che gli interventi di recupero dei sottotetti di cui la legge tratta, sono consentiti esclusivamente in ampliamento delle unità abitative esistenti e non possono determinare un aumento del numero di esse. 14. Resta da precisare che la valutazione da effettuarsi, ai fini della qualificazione dell'attività edilizia posta in essere, deve riguardare i lavori nel loro complesso, tenendo conto del fine perseguito con la loro realizzazione, indipendentemente dal fatto che il ciascun intervento eseguito, singolarmente considerato, sia astrattamente riconducibile a diverse tipologie. È appena il caso di osservare, poi, che avuto riguardo alla natura del procedimento nell'ambito del quale il Tribunale si è pronunciato, le richieste valutazioni non possono certo risolversi in una anticipata decisione della questione di merito, dovendo ovviamente riguardare il solo controllo di compatibilità tra la fattispecie concreta e quella legale. 15. Va conseguentemente affermato il principio secondo il quale la ristrutturazione edilizia, diversamente dal restauro conservativo non è vincolata al rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'edificio esistente, comprendendo il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti, mentre il restauro ed il risanamento conservativo non possono modificare in modo sostanziale l'assetto edilizio preesistente. Al fine di collocare le opere all'interno di una delle due categorie esse vanno considerate nella loro globalità tenendo conto le finalità perseguite con la loro realizzazione. Il provvedimento impugnato deve pertanto essere annullato con rinvio la Tribunale di Firenze per nuovo esame. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Firenze.